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Mattina. Un amico mi manda un messaggio

  • Buongiorno
    Ciao, buongiorno, lo vuoi?
  • Sì, certo, vieni
    Quando?
  • Anche ora se puoi
    No, non ce la faccio, più tardi…
  • Allora stasera
    Sì, va bene
    Nel pomeriggio vado dal mio amico, è più di un mese che non lo prendo, ne ho voglia. Mi sono preparato per l’incontro, ho sparso il buco con il lubrificante che ho comprato proprio ieri al distributore automatico della farmacia, il cazzo del mio amante è grosso e a me piace che scivoli bene. Durante il viaggio non faccio altro che pensare a lui, come sarà questa volta? Arrivo, cominciamo a parlare, i soliti convenevoli, mi chiede come sto, faccio lo stesso con lui, intanto chiude la porta d’ingresso del suo studio e oscura con la tenda la finestra della stanza dove ci troviamo, io mi giro di spalle e lui mi tocca il culo, infila la mano proprio nel mezzo a saggiare l’interno, fino ad arrivare al posto che lui conosce bene e dove si è dato da fare tante volte, io mi volto e vedo che ha già tirato fuori il cazzo e lo sta massaggiando, è semieretto, lo prendo in mano, muovo la mano su e giù e la consistenza aumenta, diventa più duro. Ho voglia di sentirlo dentro, mi abbasso i vestiti, allargo le gambe e mi appoggio al tavolo che ho davanti, un attimo e lui mi è addosso, mi strofina la verga nel solco delle natiche alla ricerca del buco. Lo trova e fa scivolare dentro il glande, poi infila anche tutto il resto. Io boccheggio, mi lamento piano, comicio a godere. Mi sdraio bene sul tavolo e spingo il culo in fuori perché lui entri meglio, comincia a montarmi e intanto mi parla -Che bel culo che hai, ci passerei le giornate qui dentro, perché non vieni più spesso? Ti inculerei tutti i giorni, ma oggi che sei qui mi devo rifare e te lo ficco nel culo fino a quando viene buio-. Annuisco in silenzio, sono contento che mi parli così, che mi dica quanto gli piace farmi il culo, che mi rinnovi le sue promesse di usarmi per il suo piacere tutte le volte che vuole. Penso a quando ero solo, alle strane vicende che mi sono capitate. Per godere usavo un fallo di silicone, e c’era tutto un rituale. Compravo dei giornali pornografici, prendevo quelli usati e ad ogni acquisto immaginavo che chi me li vendeva mi leggesse negli occhi l’uso che ne avrei fatto, proprio il mio su e giù sopra al cazzo finto, non altro, e me ne vergognavo. Arrivato a casa tiravo giù le tende della stanza da letto, accendevo una lampada e mi spogliavo, cospargevo bene il buco con il lubrificante e preparavo sul materasso tutto quello che serviva, i giornali davanti, poi una pila di cuscini tenuti fermi da un asciugamano e sopra il cazzo di silicone allacciato alla base perché stesse dritto. Salivo sul letto e lentamente mentre guardavo le foto delle scopate scendevo sul fallo di silicone e cercavo di farlo entrare. All’inizio soltanto un poco, piano piano, godendo la sensazione dell’apertura che si allargava per fargli posto, poi quando l’ingresso era pronto calavo giù deciso e mi facevo impalare. Seguiva un oscillare concitato con il cazzo dentro, rimbalzavo sui cuscini, ansimavo, non capivo più niente. Una volta ero tutto così preso da quella deliziosa fatica che solo quando era troppo tardi mi accorsi che una delle tendine a molla che oscuravano una finestra si era sollevata e che qualcuno da fuori avrebbe potuto vedermi. In fretta mi liberai del fallo, scesi dal letto e corsi alla finestra. A una certa distanza sul terrazzo di un edificio di fronte c’era una figura, una persona di mezza età, sembrava ridesse. In fretta abbassai di nuovo la tenda, poi misi tutto in ordine, mi allontanai dalla stanza e andai in bagno a lavarmi. Ma intanto c’era un pensiero che non mi dava pace, chi era quel tipo sul terrazzo, cosa aveva visto? Cercai di rassicurarmi con ipotesi di comodo, neppure io ci credevo, ma ormai non potevo farci più nulla, quello che era successo era successo. Si era fatto tardi, pensai che dovevo uscire per comprare qualcosa per la cena, avevo bisogno di respirare aria fresca. Andai all’alimentari dietro l’angolo, presi quello che mi serviva e mi avviai verso casa. A un tratto mi affiancò un passante, prese la borsa della spesa, disse che voleva aiutarmi a portarla. Lo guardai sorpreso, era un uomo sulla cinquantina, più del doppio della mia età, scuro di carnagione, con un fisico robusto e capelli riccioluti. Mi ricordai che nel palazzo di fronte al mio abitavano dei commercianti nordafricani, forse era lui quello che avevo visto ridere quando mi ero affacciato alla finestra? Quel dubbio mi tolse ogni volontà di reagire, protestai debolmente dicendo che non importava, ma lui ormai aveva la meglio. Arrivammo a casa e all’ingresso io cercai di congedarmi, ma quell’altro per tutta risposta si appoggiò contro di me, la verga eretta contro il mio fianco e -Dai, non fare tante storie, ho visto quello che fai con il culo-. Non c’era modo di replicare e poi qualcuno che voleva entrare avrebbe potuto vederci così, uno attaccato all’altro. Aprii la porta, salimmo con l’ascensore, entrammo in casa. Una volta dentro il mio accompagnatore mi fece la cortesia di presentarsi, si chiamava Khaled, era del Marocco e sì, abitava proprio nel palazzo di fronte al mio. Ormai era chiaro, Khaled doveva avermi visto e in un’esibizione che davvero non meritava di essere fatta in pubblico. Il mio nuovo ospite si prese la libertà di visitare la casa, andava da una stanza all’altra, disse che mi ero sistemato niente male, poi arrivato nel tinello prese una banana dal cesto della frutta e sventolandomela sotto gli occhi mi chiese se mi davo da fare anche con quella. Avvampai. Visto che non reagivo ormai Khaled la faceva da padrone, andò in sala, mi invitò a seguirlo, mi chiese di mettere un disco e intanto tirò le tende alle finestre. La musica si diffondeva nella stanza. Imbarazzato mi misi a guardare delle stampe che avevo alle pareti, con mia grande sorpresa quando mi girai mi accorsi che il mio ospite era seminudo e il suo grosso cazzo scuro oscillava semieretto fra le sue gambe. Khaled con tono perentorio mi disse di spogliarmi e visto che io esitavo mi slacciò i pantaloni e li tirò giù lui. Non so più se fui io da solo a togliere gli altri indumenti o se ci fu la sua collaborazione, ma in ogni caso i vestiti finirono in terra e in pochi minuti ci trovammo tutti e due mezzi nudi. In sala, contro una parete, c’era una grande e comoda poltrona di pelle, Khaled mi ci spinse sopra, finii con il petto contro il cuscino, ormai era chiaro quello che voleva fare ed io non ero in grado di resistergli in nessun modo. Ero lì appoggiato alla poltrona, a gambe larghe e con il culo in fuori, cosa altro poteva succedermi? Accadde proprio quello che era inevitabile, una grossa mano piena di saliva mi si infilò tra le natiche a bagnarmi il buco, due dita violarono per prime l’ingresso, poi la verga di Khaled cominciò a entrarmi dentro. Ah, se è per quello io ero allenato a prenderlo nel culo, Khaled però aveva un cazzo di dimensioni asinine. Entrò lo stesso, con decisione, ma io davvero non ne ebbi nessun disagio, anzi… solo pensavo che tutto quello avveniva senza la mia volontà anche se il mio corpo ne provava piacere. Ero ormai abbracciato alla poltrona, tutto era accaduto così in fretta! La musica risuonava con un crescendo sempre più veloce e ossessivo mentre Khaled mi inculava vigorosamente. Io stringevo i braccioli come un naufrago afferra un relitto per non affogare mentre il mare è in tempesta, una dopo l’altra le ondate mi sommergevano, il corpo di Khaled premeva con insistenza su di me fino a che dopo una sequenza di spinte più forte e irregolare delle altre il mio assalitore mi riempì con il suo seme. Fatto questo, senza badare ad altro Khaled si distaccò da me, si rivestì e sparì lasciandomi da solo. Ancora frastornato ma gravido del piacere appena vissuto andai a lavarmi. Sprofondai nella vasca piena di acqua bollente e ci rimasi a lungo, massaggiai con una crema lenitiva il buco che era stato così rudemente forzato, poi tutto nuovo mi avvolsi nell’accappatoio. Mi ero appena seduto davanti alla televisione che suonò il campanello. Andai alla porta, forse di nuovo lui? Aprii un poco e subito la porta mi venne spinta contro, un ragazzo entrò dentro. -Mi manda Khaled, dice che tu vuoi che te lo metto nel culo-. Era assurdo, come era potuto succedere, eppure quel ragazzo era lì e ormai era entrato in casa. -Facciamo presto, io poi devo vedere i miei amici-. Era una situazione surreale, come per sfuggirgli mi avviai per il corridoio e raggiunsi la camera da letto. Quella che per me era stata una fuga a lui parve un invito, mi venne dietro e mi spinse sul letto. In un istante mi trovai con l’accappatoio sollevato e il culo in aria e bene in mostra, poi fu un succedersi inarrestabile, il nuovo arrivato tirò fuori il cazzo e trovata la strada ben aperta e lubrificata me lo ficcò dentro. Anche adesso, sdraiato sul tavolo nello studio del mio amico, mentre penso a quella straordinaria avventura, lo sto prendendo di nuovo nel culo, lui ha mantenuto la promessa, è già un tempo interminabile che ce l’ho dentro, si è fatto buio e dalla finestra ormai filtrano nella stanza le luci della strada. Ora sento il corpo del mio compagno premere contro di me con tutto il suo peso, il mio amante mi dice -Mi piace quando siamo così attaccati, tu lo prendi così bene- -Te lo metto tutto dentro, dentro il tuo bel culo da sposa e sento che ti piace, ah, come ti piace prenderlo, sei una gran troia-. Sorrido, ma ormai è la fine, ancora un attimo, l’ultimo, e un fiume di sborra mi invade. Godiamo insieme.
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