Eravamo arrivati da poco in una nuova città di provincia e io sapevo già che anche lì non ci saremmo rimasti a lungo. I miei genitori si trasferivano spesso per lavoro ed eravamo sempre in movimento. Frequentavo la scuola ed ero quello che si dice un ragazzo per bene, con un piccolo particolare: qualche tempo prima avevo conosciuto cosa fosse il frutto proibito del sesso, o per dirla più chiaramente, un mio coetaneo sveglio e intraprendente, mi aveva persuaso a concedergli il didietro io avevo lasciato che lui godesse dentro di me. Il pomeriggio ci si trovava fra quelli del quartiere a giocare a pallone in piazzetta. Nelle sere d’estate quando faceva buio si giocava a nascondino. Di tanto in tanto capitava fra noi Franco, un ragazzo un po’ più grande. Lui aveva un ciclomotore scassatissimo che però per me costituiva un’attrazione irresistibile. Ci andava su e giù per un tratto di strada avviandolo con i pedali, era l’ebrezza della velocità e poi era un aggeggio che si muoveva da solo! Di tanto in tanto qualcuno di noi gli chiedeva di farci un giro e lui acconsentiva, con parsimonia però, non era per tutti. Attratto da quel mezzo straordinario cominciai a scambiarci due parole, Franco mi sembrava un tipo simpatico e poi aveva quella preda ambita… Finì che qualche volta mi ci fece fare un giro dell’isolato su quel motorino, guidava lui però, io stavo dietro sul portapacchi sballottato sulle buche. In seguito dopo numerose insistenze mi lasciò provare a guidarlo da solo per tre o quattrocento metri. Fu una cosa meravigliosa, la velocità, il vento, e poi andò tutto bene: ero riuscito a rimanerci sopra sobbalzando sulle pietre del selciato senza cadere. Quando gli riportai il motorino ero felice per la mia bravura. Lo vidi ancora qualche volta e mi portava a fare qualche giro lì intorno, guidava lui, ma anche stare dietro non era male, insomma era una cosa divertente. Si parlava del più e del meno fino a che un giorno mi venne a chiedere se io quella cosa lì l’avevo mai fatta. Dapprima evitai di rispondere, ma poi fidando nella sua discrezione e chiedendogli espressamente di non farne parola con nessuno gli confessai che insomma sì ne sapevo qualcosa e l’avevo già fatto, ma una volta sola. Penso che a dirglielo dovevo essere diventato tutto rosso, poi ammutolii per la vergogna e il timore che lui ne parlasse in giro. Passò un po’ di tempo, tutto normale, evidentemente Franco la cosa se l’era tenuta per sé come speravo. Gli ero molto riconoscente anche per questo. Un giorno però venne fuori che Franco avendo ben compreso che ne avevo ancora voglia mi chiese se volevo provarci di nuovo a fare quella cosa. Mi disse che c’era un suo amico che cercava un ragazzo da inculare e mi domandò se mi sarebbe piaciuto andarci insieme. Io gli risposi in maniera elusiva, non dissi né sì, né no, ma dentro di me le sue parole avevano acceso un incendio. Provavo un calore intenso proprio nel posto dove avevo goduto la prima volta, l’apertura che aveva già assaggiato la verga reclamava con forza di ripetere quell’esperienza e io pensavo che se fosse capitata l’occasione mi sarebbe stato impossibile resistere. Passarono due o tre giorni e poi una sera, finita la partita di pallone, mentre ognuno se ne andava a casa propria vidi comparire Franco all’angolo della strada con il suo scassatissimo motorino verde. I compagni di gioco ormai se ne erano andati tutti, lui si avvicinò e mi disse -Il mio amico, quello di cui ti ho parlato, è qui vicino e vuole sapere se ci stai. Tu mi hai detto che l’hai già preso e ti è piaciuto, perché non dai il culo anche a lui-? Sbiancai per la sorpresa e per il modo sbrigativo con cui mi veniva fatta la proposta, ma Franco proseguì -Lui è qui vicino, se ti va te lo faccio conoscere-. Non c’era bisogno d’altro per capire come la cosa sarebbe andata a finire, quella era l’occasione che mi veniva offerta, non potevo lasciarmela sfuggire. Dopo una breve esitazione mi decisi -Va bene, dissi, fammici parlare-. Franco mi accompagnò e svoltato l’angolo segnalò all’amico con parole accennate a fior di labbra e muovendo su e giù un braccio mimando un cazzo che chiava che l’opera di persuasione era riuscita e che il ragazzino con quel bel culo che aveva visto giocare a pallone poco prima ormai era a sua diposizione. Il mio pretendente era un giovane maschio biondo, indossava una tuta da meccanico e aveva sulle labbra un leggero sorriso. Mi aspettava seduto a cavallo di una vecchia bicicletta da uomo di colore nero. Ci salutammo, mi disse che si chiamava Antonio e mi fece sapere che per fare quella cosa saremmo potuti andare lì vicino in un posto tranquillo dove nessuno sarebbe venuto a disturbarci. Mentre parlava Antonio aveva fatto scorrere una mano sulla tuta mettendo in risalto i contorni di un membro dalle dimensioni considerevoli, io lo guardavo affascinato. Combattuto fra il desiderio e la paura cercavo di immaginare cosa avrei sentito quando Antonio me lo avrebbe messo dentro, e nonostante fosse così grosso o forse proprio per quello ne avevo una gran voglia, ormai ero perduto. Tremavo e a malapena mi reggevo in piedi, l’attesa di quello che stava per succedere mi riempiva di eccitazione e mi toglieva le forze. Cercai di far fronte alla novità tenendo sotto controllo l’emozione per quanto mi riusciva, non so se ero diventato bianco o rosso, pure la cosa aveva avuto avvio e ormai non la potevo più fermare. Antonio mi aiutò a salire sulla canna e approfittò dell’occasione per palparmi il culo, non dissi niente, anzi provai piacere per quella confidenza, pensai che gli piacevo e anche lui piaceva a me e immaginai l’intimità più profonda che presto ci sarebbe stata tra noi. Io tenevo le mani sul manubrio e guidavo, lui teneva una mano sul manubrio, con l’altra stava attaccato ad una spalla di Franco e si faceva trainare dal motorino. Di lì a poco arrivammo un poco fuori città dove sul lungofiume c’erano dei ruderi, fra quei ruderi c’erano degli anfratti dove si poteva stare al sicuro, inoltre una vegetazione alta e fitta forniva un riparo da sguardi indiscreti. Lasciati il motorino e la bicicletta ci avviammo sul pianoro dell’argine compreso tra il fiume e le mura, loro facevano strada, io li seguivo con il cuore in gola pensando a quello che stava per succedere. Mi condussero in una radura situata un po’ più in basso rispetto alla spianata dell’argine e protetta dalle vecchie mura dalla parte opposta rispetto al fiume, quel piccolo spazio sembrava fatto apposta per offrire un riparo. Io stavo lì in piedi senza sapere cosa fare. Antonio si era abbassato la tuta, aveva già tirato fuori il cazzo e lo stava accarezzando. Mi chiese cosa aspettavo a togliermi i pantaloni. Franco si mise a sedere in alto poco distante, doveva avvisarci se mai fosse arrivato qualcuno. Non tardai a fare quello che mi era stato chiesto, fu facile, avevo addosso solo i pantaloni corti senza le mutande, erano giorni che mi vestivo così immaginando che sarebbe successo quello che stava per succedere, poi mi sdraiai disteso sull’erba. Ero emozionato come non mai, Antonio era così grande e mi incuteva una tale soggezione! E poi avevo visto il suo cazzo che mi era parso veramente splendido, molto più grosso del mio e di quello di altri miei coetanei svettava in alto da una base contornata da un folto cespuglio di peli riccioluti. Antonio ci faceva scorrere su e giù la sua mano e ad ogni movimento in cima alla verga appariva la cappella lucida e di colore violaceo. Quando Antonio si avvicinò istintivamente allargai le gambe facendogli posto nel mezzo. Lui si chinò e mi chiese di sollevarmi sulle ginocchia e di spingere all’indietro -Vieni verso di me, lasciati andare che così è più facile mettertelo nel culo-. Obbedii automaticamente alla sua richiesta come ad un comando ipnotico. Lui si accostò, mi bagnò bene con la saliva e la sparse strusciando la cappella sul buco. Sentivo che il suo cazzo scivolava sulla pelle scorrendoci sopra. -Ora stai buono eh…- mi invitò con tono perentorio, poi cominciò a infilarmi dentro la verga. Io ci stavo a farmelo mettere nel culo, ero andato lì per quello, ma quel membro era davvero grande, mi sentii sopraffatto. Cominciai a lamentarmi debolmente, ma lui non se ne dava per inteso, però ormai il cazzo era già dentro per metà, il più era fatto e di lì a poco presi anche il resto. Guardai in alto verso Franco, quello scemo tratteneva a stento il riso, mica c’era lui al mio posto. Ma aveva l’uccello ritto sotto i pantaloni, si vedeva benissimo! Dopo che il cazzo fu entrato tutto dentro ogni fastidio scomparve e rimase solo la sensazione di pienezza prodotta dalla verga che mi aveva invaso completamente. Era un piacere nuovo e straordinario. -Non sarai più quello di prima- pensai tra me certo che dopo essere stato dilatato in quel modo il mio orifizio non sarebbe più tornato ad essere quello di una volta. Antonio cominciò a muoversi su e giù dentro di me. Poi sentendo che gemevo per il piacere mentre mi lui faceva il culo mi disse in tono di scherzo -Con quel didietro che hai il cazzo doveva piacerti per forza-. Stranamente mi sembrava un fatto degno di un particolare merito che io fossi riuscito a farlo entrare, “Ho preso nel culo un cazzo così grosso”! Quasi si trattasse di una conquista della quale uno potesse in qualche modo menar vanto, ma più d’ogni altra cosa mi appagava sentire che i nostri corpi attaccati l’uno all’altro godevano insieme. Ci dava dentro forte Antonio, vista la mia acquiescenza non aveva più tanti riguardi e me lo ficcava dentro tutto. Dopo poco venne con un grido liberatorio. Insomma mi accorsi di quello che era successo, sentivo che stava scaricando al mio interno qualcosa, per me era un fatto nuovo ma sapevo cos’era vista l’età che aveva Antonio. Quel liquido doveva essere anche abbondante a giudicare dai numerosi e ripetuti sussulti con i quali il mio compagno si stava svuotando dentro di me. Era una sensazione estremamente piacevole, sentivo che la verga di Antonio si ammorbidiva man mano che faceva uscire il suo liquido e tutto mi dava l’impressione di una strana calma pacificatrice al termine di un vigoroso assalto. Lentamente Antonio si sfilò da me e alla fine mi diede una pacca sulle natiche. Mi chiese com’era andata, io gli risposi che era stata un’esperienza bellissima e lo sentivo ancora dentro… Tornammo indietro. Io pensai a quello che dovevo fare, sarei andato subito in bagno a lavarmi. Avrei verificato con le dita cosa era successo lì dove Antonio era entrato facendomi godere. Poi messomi a posto mi sarei sentito di nuovo sicuro ma con la convinzione che per me qualcosa era cambiato per sempre.

