La scolaretta ed il suo aguzzino

La scolaretta ed il suo aguzzino

Sono in posizione fetale. Ho diciotto anni, sono bassa, leggermente curvy. Ho i capelli biondi raccolti in due trecce. Sono vestita con l’uniforme della mia vecchia scuola. Ho un collare di ferro al collo dal quale parte una catena che è incastonata al muro. Dormo li, nel bassissimo sottoscala. Il padrone non mi ha concesso neppure una coperta sulla quale adagiarmi.
Un tempo ero una ragazza libera, facevo la scolaretta, ero all’ultimo anno di scuola. Mi sarei laureata con il massimo dei voti. Ma poi i miei hanno deciso di vendermi. Ora sono una schiava sessuale.
Il sottoscala si trova all’interno di un attrezzatissimo dungeon.
Sento la porta aprirsi e chiudersi. I passi del padrone. Inizio a tremare. Il cuore mi batte a tremila. Resto li, rannicchiata. Chiudo gli occhi. Prego che non voglia giocare con me ma con un altra schiava. Lui pronuncia il mio nome. Mi sento morire dentro.
Come sono stata addestrata a fare corro da lui a quattro zampe. La catena tintinna. Sono inginocchiata davanti a lui. Treo, sento gli occhi inumidirsi. Tengo lo sguardo basso. Come mi ha insegnato a fare.
Il padrone mi afferra con prepotenza i capelli e mi schiaffa la faccia a terra. Lo lascio fare ovviamente. Tremo: cosa sbaglio? Io cerco di fare tutto cio che mi dice…. perché è sempre così violento con me?
Mi mette un piede con tanto di scarpa sulla testa. Preme schiacciandomi la faccia sul freddo pavimento.

  • Oggi ti farò male puttanella. –
    No, ti prego no! Lo penso, ma non oso dirlo…
  • Farai tutto ciò che ti dico? –
  • Si. –
  • Si cosa? –
  • Si padrone! –
    Mi ordina in malo modo di sedermi su di una specie di sedia. Io obbedisco, ma non sono abbastanza veloce per lui. Mi prende per i capelli e mi butta sulla sedia. Mi toglie la parte superiore della divisa scoprendo le mie tette. Ormai sono abituata al fatto che lui mi veda nuda, ma la sensazione è comunque orripilante. Mi toglie le scarpette e le mutandine. Poi mi immobilizza le gambe in modo che possa fare quello che vuole con la mia fighetta senza che io possa chiuderla. Tremo.
    Sono rimasta solo con la minigonna (alzata) e le lunghe calze bianche in cotone della divisa.
    Il padrone mi accarezza il seno. Sono giovane e completamente tonda e morbida. Vedo che sul tavolo ha appoggiato un passo contenente quelle che sembrano… piante?
    Il padrone indossa dei guanti in lattice ed estrae dal panno delle piante che sembrano sfere con sopra centinaia di minuscule spine.
    Cosa vuole farmi?
  • No: la prego! –
    Mi schiaffeggia. Non ho più il coraggio di parlare ma soltanto di mugolare.
    Appoggia una di quelle sferette sul mio seno. Urlo di dolore. Lui la spinge, la muove su e giù. Uno supplico ma non mi ascolta. Poi poggia le sferette e mi infila un dilatatore nella fichetta. Che intenzioni ha? Tremo. So di non poter far niente per fermarlo, ma istintivamente muove di dita dei piedi.
    Lui mi infila una manciata di quelle sfere nella vagina. Io urlo. Poi estrae il dilatatore facendole restare dentro. Nel momento in cui l’oggetto di acciaio esce, le pareti della mia vagina si stringono intorno a quelle palline piene di spine. Non ho mai provato tanto dolore in via mia. Urlo e piango. Lui è incurante di me.
    Poi estrae una foglia di ortica dal sacchetto. Io urlo ma non mi ascolta. Preme la foglia sull’esterno della mia vagina. È un qualcosa di indescrivibile.
    Mi contorco per sfuggire, ma mi ha legata per benino. Mi arrendo al dolore. Poi lui prende un vibratore, lo usa per premere la foglia di ortica sulle labbra della mia vagina. Poi lo accende.
  • Urla se vuoi, ma tieni sempre la lingua fuori. Non: di più. Si così! –
    Andiamo avanti per ore.
    Sento il vibrare dello strumento sul mio clitoride. Il dolore della foglia che viene continuamente mossa. E infine’ per via della continua vibrazione, le sferette nella mia fighetta continuano a muoversi procurandomi una situazione impossibile da descrivere.
    All’inizio urlo, ovviamente senza ritirare la lingua all’interno della bocca nemmeno per un secondo. Poi, esausta inizio a piagnucolare. La lingua mi accarezza il labbro inferiore. Temo di metterla dentro anche solo per un secondo, così la mia bava inizia a colarmi sul mento.
    La tortura dura per un ora intera, alla fine, la vibrazione mi genera, contro la mia volontà, un paio di violenti orgasmi. Più sono disperata e finita, più il padrone gode.
    Alla fine poggia il vibratore su di un tavolo e mi stacca la foglia dalla vagina. Mi slega e mi rimette nel sottoscala.
  • Padrone ho ancora quelle cose dentro. –
    lo supplico. Sono così sfinita che non riesco più ne a muovermi ne a parlare.
    Lui ride.
  • Falli con la pipì. Oppure infilati le dita nella vagina e toglili. Non è un mio problema.
    E mi lascia li.
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