Lucy – la reunion del gruppo

Lucy – la reunion del gruppo

Lucy – La reunion del gruppo

L’evento all’origine di quella rimpatriata non era di certo di quelli lieti.
Un improvviso ictus si era portata via Roberta, una ragazza appartenuta a quello che era, in gioventù, il nostro gruppo della “zona”, e molti di noi si erano ritrovati per il funerale.
Ovviamente, cogliendo l’occasione, si era poi deciso di organizzare qualcosa di molto più ameno, specie considerando il fatto che le esequie si sarebbero tenute di sabato e quindi avrebbero potuto cogliere l’occasione di fare un salto qui anche quelli che, negli anni, si erano spostati in altre città o regioni.
Era il caso, tra gli altri, di Paolo e Angelo, uno trasferito a Roma e l’altro vicino a Firenze. Il romano avrebbe raccolto a metà strada il toscano, e avrebbero prenotato una camera d’albergo in città, non avendo più familiari su cui appoggiarsi. Dal momento che io avevo la casa libera, perché tutta la famiglia era andata in montagna, proposi loro, senza malizia alcuna, di risparmiare sull’albergo e venire a passare la notte da me, cosa che accettarono immediatamente entrambi.
Una volta compiuti tutti i riti funebri, partimmo per una città poco fuori Torino dove avrebbe avuto luogo il pranzo che avevamo organizzato: nonostante il cielo autunnale, perfettamente intonato alla giornata di commiato, all’interno del locale l’atmosfera si fece immediatamente più solare.
Il copione era quello tipico delle rimpatriate, un susseguirsi di aneddoti a partire da quelli riguardanti l’amica che non c’era più per poi proseguire con quelli più boccacceschi, e l’inevitabile flusso di sguardi e pensieri tra le coppiette dell’epoca.
Daniela rideva di ogni battuta, mentre io più volte ammiravo le sue cosce abbronzate e senza un filo di cellulite. Maria e Davide, dopo tanti anni, si ritrovavano lì a fare il gioco dell’elastico che li aveva caratterizzati, senza mai riuscire a concludere, per tutta la giovinezza. Mario faceva come al solito il piacione con tutto quello che avesse un nome femminile e perlomeno respirasse. Poi quando, inevitabilmente, dopo il caffè, il gruppo iniziò a perdere pezzi, qualcuno propose di proseguire la serata in un locale cittadino.
Paolo e Angelo, come all’andata, erano in macchina con me, anche perché nel bagagliaio avevo i loro zainetti. Lungo il tragitto le battute su uno o sull’altro si sprecavano, così come le ipotesi su quanti e quali flirt sarebbero nati quella sera, al riparo sotto quella grande regola non scritta secondo cui quello che accade nelle rimpatriate rimane segreto.
Ormai si era fatto buio anche se non era ancora tardi, e alcune strade iniziavano ad essere popolate da quel variegato catalogo che offre il mercato del sesso a pagamento. Vicino al locale, soprattutto, alcuni bellissimi transessuali si mettevano in mostra suscitando le inevitabili battute dei miei amici, ignari del mio segreto. E fu allora che iniziai a vederli con occhi diversi, con gli occhi di Lucy.
Tra un paio di birre e un cocktail la serata volò via, e come in Dieci piccoli indiani un pezzo alla volta il gruppo si assottigliò ulteriormente, fino a che si decise di tornare a casa. Arrivati alla macchina, presi qualcosa nel bagagliaio quando Paolo, goliardicamente, approfittò della mia posizione per appoggiarmi il basso ventre contro il culo. Sentii come una scossa elettrica percorrermi, tanto che non mi sottrassi a quel contatto che, anzi, incentivai spingendo il culo indietro, e mi voltai guardando Paolo con uno sguardo forse interrogativo, forse vizioso, ma sicuramente non scherzoso. Il cervello iniziava a vorticare come un mulinello immaginando il proseguimento di una serata da sola con due ragazzi in casa mia…
Guidai fino a casa pensando a come potevo portare la situazione dove desideravo, e quando parcheggiai nel garage sotto il condominio, la risposta mi apparve davanti agli occhi.
Uscii dal box portando con me quella borsa da palestra che avevo visto alla luce dei fari, senza che i miei due amici mi ponessero domande. Arrivati in casa, mostrai loro le possibili sistemazioni tra il matrimoniale, i letti dei ragazzi ed il divano letto, e mi infilai in bagno prima di loro.
Quando lo lasciai libero, Angelo vi entrò e ben presto lo sentii commentare da dietro la porta riguardo a quanto vi aveva scoperto: dei capi di intimo da sexy shop più che da madre di famiglia.
I due pensarono immediatamente a mia moglie, forse invidiandomi ma mi sbrigai a precisare che non si trattava di roba sua. E, prima che immaginassero mia figlia in quelle vesti da sgualdrina, attirai la loro attenzione sul paio di scarpe col tacco a stiletto poste lì vicino. Il loro numero non era sicuramente quello di una ragazza!
Con quel mio annuncio la situazione divenne istantaneamente surreale. Pur mantenendo un’atmosfera generale di leggerezza, i due sicuramente erano perplessi. Era mai possibile che fossi serio? L’amico di una vita, assolutamente insospettabile, che stava confessando questi vizi segreti? O forse era tutto uno scherzo? E se non lo era, per quale scopo confessarlo proprio in quel momento? Anche io mi chiesi più di una volta se non l’avessi “fatta fuori dal vaso”, ma ormai ero in ballo e dovevo ballare.
Spiegai loro che, come tutti hanno un hobby che sia collezionare francobolli o suonare la chitarra, io avevo questo. Certo, non un hobby da andare a rendere pubblico ai quattro venti, ma niente di più che un vizietto innocente. E dovetti risultare convincente, dal momento che i due mi chiesero esplicitamente di vedermi “en femme”. Dissi loro che avevo bisogno solo di un attimo, e mi ritirai in camera, non prima di aver detto loro di fare come se fossero a casa loro e di usare il bagno se avessero voluto rinfrescarsi. Ero decisamente andata “all in”, non si tornava indietro.
Mi preparai con cura, mentre sentivo attraverso la porta lo scrosciare dell’acqua che non copriva pienamente le loro voci. Sicuramente si stavano interrogando sulla piega inattesa che aveva preso quella rimpatriata e se mai fosse davvero possibile quello che avevo appena confidato loro.
Quando uscii dalla camera, trovai i due nel salotto, seduti sul divano. Ormai avevano deciso anche loro di “vedere come andava a finire”, dal momento che erano entrambi nudi dopo la doccia, con il telo asciugamano avvolto alla vita a mò di pareo. Erano veramente due bei ragazzi dai fisici asciutti e atletici, che accendevano ancora di più la mia libido.
Anche io, nella mia versione femminile, superavo evidentemente le loro più rosee fantasie: dondolando sui miei tacchi a spillo che slanciavano ancora di più le mie lunghe gambe avvolte da calze nere e il mio culo a mandolino glabro per natura, mi avvicinavo a loro, che mi squadravano dalla testa ai piedi. Quella strana ed eccitante creatura, stretta in un corpetto da maitresse, con una parrucca bianca e nera stile Crudelia e un trucco vistoso sul viso, era così lontana dal loro amico di gioventù con cui avevano appena bevuto al pub. Ma a riportarli alla realtà erano quella ventina di centimetri di carne maschia trattenuti a stento da un perizoma di pizzo che svelavano il mio vero sesso.
Restai in piedi davanti al divano, e furono loro ad alzarsi e a venirmi vicino. Mi auguravo che, così, gli asciugamani cadessero a terra, ma al momento continuavano a nascondere le loro dotazioni virili.
“Sei… sei una figa pazzesca, Luca!” esclamò Angelo.
“Lucy… quando mi trasformo così sono Lucy… come Clark Kent e Superman!” risposi.
Paolo, per cercare di mantenere il suo solito tono scherzoso da caserma, dichiarò: “E quindi come c’è chi colleziona francobolli e farfalle, tu cosa collezioni? …uccelli?”
“Beh, non l’avevo mai vista così… ma allora credo che sia il caso di vedere se abbiamo due nuovi esemplari per la collezione…” dissi, stando al gioco; e rapidamente slacciai i due asciugamani, rivelando i due corpi nella loro splendida nudità.
I due cazzi, seppur ancora soltanto barzotti, lasciavano presagire delle dimensioni di tutto rispetto, e mentre mi leccavo viziosamente le labbra, allungai le mani per impugnarli sentendoli subito fremere a quel tocco.
Paolo e Angelo mi strinsero immediatamente in un doppio abbraccio, carezzandomi le cosce ed il culo, baciandomi il collo, le spalle e la schiena nuda, ma non osando, per ora, avventurarsi a cercare la mia bocca, forse ritenendolo un gesto troppo intimo.
Fui io stessa, allora, a rompere quel tabù: afferrata la nuca di Angelo, lo fissai negli occhi per un lungo istante e poi presi la sua bocca in un bacio rovente, per poi staccarmi da lui e, voltato il viso, infilare la lingua, simile ad un serpente dotato di vita propria, in bocca a Paolo.
Quei baci suggellavano il nostro scellerato patto di lussuria. Le loro mani continuando a vagare sul mio corpo mi avevano scostato il perizoma raggiungendo il buchetto goloso che, durante la preparazione, non avevo dimenticato di ungere con olio di mandorle, mentre, sul davanti, non disegnavano qualche contatto apparentemente casuale con il mio membro ormai liberato ed eretto.
“Andiamo di là…” dissi ai due con un filo di voce, dove “di là” non poteva indicare altro che la camera da letto. Entrai prima di loro e mi sedetti sul lettone, e come prevedevo i due si fermarono in piedi di fronte a me, porgendomi quelle due spade di carne. Impugnandole, baciai prima una, poi l’altra, poi leccai le due aste per, infine, prenderle in bocca per succhiarle alternativamente ingoiandole fino a soffocarmi di cazzo.
Sicuramente le mie abilità orali stavano facendo provare un piacere inaspettato ai due, e anche io godevo a mia volta. Godevo ad avere quei due membri in bocca, delle loro forme diverse, delle loro consistenze, dei loro sapori. E godevo nel sapere che quei due membri torreggianti e virili erano in quello stato per me, per la mia bocca, e che tra poco mi avrebbero sfondato il culo a ripetizione.
Non volevo ritardare oltre quel momento… sfilandomi dalla bocca il cazzo che stavo succhiando, salii sul lettone a quattro zampe, in modo da offrire ai due lo spettacolo delle mie natiche di panna e poi, separandole con le mani in modo da esporre il mio buchetto notevolmente allenato ed avvezzo alle penetrazioni, dissi viziosa: “Chi vuole essere il primo? Abbiamo tutta la notte per noi…”
Sentii uno dei due salire in ginocchio sul letto e mettersi dietro di me, per poi appoggiare la sua cappella a quel buco. Proprio mentre il mio sfintere cedeva e accoglieva dentro di sé i primi centimetri di quel cazzo ignoto, vidi Angelo porsi davanti a me per godere di nuovo della mia bocca, rivelando quindi che quello che ormai stava sprofondando nelle mie budella era il membro di Paolo.
“Che culo… hai un culo fantastico!” lo sentii gemere mentre aveva iniziato a pompare i suoi centimetri di cazzo avanti e indietro nel mio sfintere strappandomi mugolii di godimento, soffocati da quell’altro uccello che stavo succhiando devotamente.
Presa davanti e dietro ero persa nel mio nirvana, e pensai alla povera Roberta; da un evento triste come la sua dipartita era nata questa notte folle e perversa, nell’eterno scontro tra amore e morte. M
Smettendo per un attimo di succhiare il cazzo di Angelo, incitai Paolo: “Non aver paura, che non mi rompo di certo… non essere così delicato… sfondami il culo!”. Sapevo come pungerlo nell’orgoglio e infatti il mio scopatore prese a violentarmi l’ano con colpi da far tremare tutto il letto, insultandomi: “Ma senti questa troia… te lo sfondo questo culo, altro che!”
Da sempre, per uno strano meccanismo della psiche, se nei panni maschili sono sempre stato il tipo dominante, in quelli femminili scopro una strana tendenza al masochismo, alla sottomissione… essere presa con forza da uno o più maschi come stava facendo ora il mio amico.
“Sìì… fammi godere… fatemi godere… Sono una troia… la vostra troia…” urlai, sfilandomi per un attimo il cazzo di Angelo dalla gola, per poi riprendere a succhiarlo con ancora maggior impegno.
Sentii Paolo affondare il suo uccello nei miei intestini con due o tre colpi fortissimi, per poi fermarsi in fondo al mio retto e schizzarmi dentro tutto il suo sperma. Quasi contemporaneamente anche Angelo, togliendomi il cazzo di bocca, se ne venne con caldi fiotti di seme sul mio viso, prima che riprendessi a succhiarlo per gustarmi le ultime gocce della sua eiaculazione.
Restammo per un po’ sul lettone, uno accanto all’altro, per riprendere fiato e per meglio metabolizzare quell’esperienza inaspettata. I miei due amici, ora divenuti amanti, mi chiedevano informazioni su quella mia “seconda vita” inframmezzando i discorsi seri con le battute tipiche della nostra adolescenza, dimostrando così che lo spirito era ancora, per tutti e tre, quello dei nostri 16 anni. Anche se ne avevamo molti di più. E anche se io mi ero appena fatta scopare fino allo spasimo da loro due.
Mi alzai dal lettone per andare in bagno; lo sperma secco sul viso mi tirava la pelle e avevo tutto il trucco disfatto.
“Non provatevi ad addormentarvi, eh? La notte è ancora lunga e anche Angelo deve passare nel mio sederino…” dissi ai due, mandando loro un bacio…

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