La Scuola – Parte 5

La Scuola – Parte 5

L’unico rumore nella stanza era quello della sua pipì che cadeva dentro al water, mentre si costringeva a farla un’ultima volta prima di uscire di casa.
Era passata circa una settimana dall’ultimo episodio nell’ufficio di Olmo e, fortunatamente, era riuscita ad evitare che la storia si ripetesse nei giorni successivi. Non l’aveva più chiamata per punizioni o appuntamenti nel suo ufficio, ma era comunque certa che di lì a poco l’avrebbe convocata nuovamente.
Quel giorno aveva la sua prima gita assieme a tutta la classe, una cosa che lei odiava con tutta se stessa. Aveva sempre detestato i viaggi organizzati dalla scuola, odiava doversi muovere in pullman assieme a tutti i compagni e professori e odiava dover girare a vuoto per le città fingendo interesse nei confronti di ciò che le veniva mostrato. Per non parlare dei musei e delle spiegazioni di ore che riuscivano a far perdere fascino alle opere d’arte stesse.
Ad ogni modo, il viaggio quel giorno sarebbe stato di circa tre ore e il prof. accompagnatore sarebbe stato ovviamente Olmo, ecco perché si stava impegnando per poter uscire di casa completamente vuota.
Non era costretta ad indossare la divisa, quindi l’aveva sostituita con una felpa, un paio di jeans chiari e le sue Converse nere ormai datate. Non appena uscì nell’aria fredda delle prime ore della mattina, fu costretta a stringersi nel giubbotto e a sparire con metà volto dietro la grande sciarpa nera.
Venti minuti di autobus e arrivò davanti a scuola dove tutti i suoi compagni erano già pronti per partire e Olmo aveva iniziato a fare l’appello, operazione che portò via un bel po’ di tempo aspettando gli ultimi ritardatari e ascoltando le numerose raccomandazioni pre-gita.
Erano le otto e mezza quando salirono finalmente nel pullman, dove si affrettò a prendere posto accanto a Marco.
“Stamattina non riuscivo proprio a svegliarmi…volevo fingermi malato e mandare a fanculo la gita”, le disse un attimo prima che Olmo prendesse il microfono del conducente e iniziasse a parlare.
“Ragazzi statemi bene a sentire. Stiamo per partire, vi prego di non fare confusione, di restare seduti ai vostri posti e di tenere ordinato il pullman. Il viaggio durerà circa tre ore, faremo una breve sosta a metà strada, se avete bisogno di qualcosa mi trovate nel sedile anteriore qui”.
La prima mezz’ora di tragitto fu veloce e sonnolenta, tanti di loro ne avevano approfittato per appoggiare la testa e schiacciare un pisolino, altri si erano messi le cuffie e avevano preferito ascoltare musica. Lei si limitava a guardare fuori dal finestrino bramando con tutta se stessa il momento in cui sarebbe tornata a casa la sera.
Fu solo quando l’orologio segnò le nove e quaranta che Marco aprì nuovamente gli occhi voltandosi a guardarla.
“Secondo te Olmo è completamente normale?”, le chiese facendola sobbalzare nell’udire il suono della sua voce.
“Non lo so…è strano. Perché me lo chiedi?”.
“Perché in certi momenti mi sembra un professore di una volta, troppo severo per niente e con delle regole tutte sue in testa”, sospirò prima di continuare: “Non mi hai ancora spiegato che tipo di punizione ti ha assegnato quando sei andata nel suo ufficio”.
Temeva quella domanda, ma era preparata.
“Niente, mi fa studiare, mi fa andare avanti coi compiti e ripassare…e mi fa puntualmente la ramanzina riguardo a quello che è successo in classe quel giorno”.
Marco sbuffò: “Assurdo. Per questo ti chiedevo se secondo te è normale, per me c’è qualcosa che non va in quell’uomo”.
Fortunatamente il discorso fletté in altro e Melania non si sentì tentata di dirgli la verità. Parlarono di tutto, di film, di musica, di viaggi, tutto ciò che non avesse nulla a che fare con la scuola, poi, vero le dieci, Olmo riprese in mano il microfono annunciando che si sarebbero fermati in un autogrill per fare una veloce sosta.
“Cercheremo di metterci il minor tempo possibile, non vorrei fare ritardi. Grazie”.
Fu proprio in quel momento che Melania si accorse di essere felice, non era al limite, ma iniziava decisamente a sentire il bisogno di fare pipì. Odiava gli autogrill, e odiava ancora di più i bagni pubblici, ma non aveva nessunissima intenzione di rischiare con Olmo nelle vicinanze.
Scese dal pullman e lasciò Marco, avviandosi a passo svelto verso il bagno seguendo le altre ragazze della sua classe.
Quando vi arrivò davanti, si accorse della notevole fila di donne in attesa e si mise l’anima in pace promettendosi che per niente al mondo sarebbe risalita in pullman senza averla fatta. Mentre aspettava ascoltò involontariamente numerose pisciate di altre persone e pregustò il momento in cui sarebbe toccato a lei, il bagno la stava stimolando più di quanto non le scappasse realmente.
“Melania!”, trasalì riconoscendo la voce e si voltò di scatto verso l’ingresso delle toilettes. “Per favore esci solo un momento, devo parlarti di una cosa”.
“Ma prof, è quasi il mio turno. Può aspettare due minuti?”.
“Ti sarei grato se venissi subito, è importante”.
Sbuffando appena guardò i volti delle altre donne che le stavano intorno, e decise di non fare la sceneggiata davanti a loro, quindi obbedì. Abbandonò la fila e raggiunse Olmo all’esterno del bagno.
“Torna nel pullman”, affermò non appena furono soli.
“Cosa?! No!”, “Ero in fila per il bagno!”.
“E non avresti dovuto esserci. Dovresti cogliere l’occasione per allenarti e imparare a trattenere, il viaggio non è lungo, speravo tu riuscissi a resistere fino alla fine. Non deludermi”.
Restò a fissarlo qualche istante prima di controbattere: “Lei ci gode, vero? Nel vedermi presa così. Si fa una sega quando io me ne vado umiliata, non è vero?!”.
Inorridito davanti a quelle parole, la fulminò con lo sguardo.
“Come ti permetti?! Solo perché tu sei una ragazzina viziata, che non sa contenere i propri stimoli, questo non significa che tutti quelli che ti stanno intorno siano dei pervertiti! Avrai una bella punizione per quello che hai detto! E ora torna immediatamente nel pullman!”.
Nonostante sapesse di avere ragione, quell’uomo la terrorizzava, ecco perché preferì fare come aveva detto e raggiungere Marco nel pullman.
Doveva parlarne con qualcuno, doveva sfogarsi e soprattutto, improvvisamente, doveva andare in bagno!
Sedendosi nuovamente accanto all’amico le fu impossibile non esternare la propria preoccupazione, voleva dirglielo, voleva sfogarsi, voleva piangere, e invece si limitò a sbuffare accavallando le gambe.
“Tutto a posto?”, le chiese Marco gettandole un’occhiata interrogativa.
“Sì…” borbottò di rimando costringendosi a non confessare tutto.
Quando il pullman si rimise in movimento Melania iniziò un calcolo forsennato dentro la sua testa, cercando di capire quando potesse mancare alla fine del viaggio. Se non avessero trovato traffico avrebbero dovuto arrivare a destinazione per le undici e mezza, il che significava un’altra ora e mezza di sofferenza.
Era incredibile come il suo stimolo fosse cresciuto dal momento in cui Olmo le aveva vietato di andare in bagno, forse era qualcosa di psicologico, pensò cercando di concentrarsi su altro.
Osservò il cielo fuori dal finestrino notando la velocità con cui si muovevano le nuvole, non promettevano nulla di buono. Ed ecco che l’immagine della pioggia le fece arrivare un brivido, e dal brivido alla vescica…serrò le gambe sentendo un forte stimolo.
Ma perché doveva sopportare tutto questo?! Perché se ne stava zitta quando avrebbe potuto raccontare tutto e far rinchiudere quel pervertito??
Dopo circa venti minuti da quando erano ripartiti trovarono una strada chiusa a causa di lavori, e furono costretti ad aspettare in coda per un po’ mentre Olmo si confrontava col conducente cercando strade alternative.
Avrebbe tanto voluto che al posto suo ci fosse un altro professore!
“Preferisco stare in coda piuttosto che sorbirmi le spiegazioni al museo”, disse Marco ridacchiando, ma lei non rispose.
Il bisogno del bagno era diventato impellente, aiutato dall’ansia, dalla consapevolezza di avere un professore come Olmo e dalla paura che il pullman restasse bloccato nel traffico per molto tempo.
Accavallò le gambe nuovamente, questa volta mettendo la destra sopra la sinistra per poi fare il contrario dopo nemmeno un minuto.
Era arrivata al punto in cui la sentiva premere contro l’uretra, quel punto in cui immaginava di arrivare in bagno correndo e di sedersi finalmente sul water, mentre l’immagine di tutto ciò la faceva impazzire. Si lasciò sfuggire un gemito appena accennato, che però non sfuggì a Marco.
“Stai bene? Sei strana”.
Si morse forte il labbro socchiudendo il occhi, ed infine rispose: “Sto bene”.
“Non è che soffri il mal d’auto e non me lo vuoi dire?”.
Davanti a quella domanda le fu impossibile stare seria e iniziò a piegare le labbra in un sorriso, finendo col ridere davvero.
“No Marco, non soffro il mal d’auto e non vomiterò qui, tranquillo”.
“Sicura? Mi è rimasto il trauma dalle elementari quando una mia compagna…”, lo interruppe con un gesto della mano: “Ti prego non continuare! Sennò me lo fai venire tu il mal d’auto”.
“Ah sì, scusa”, le sorrise guardandola negli occhi e lì, per la prima volta, Melania si accorse che forse quel ragazzo ci stava provando con lei.
Il pensiero in se era anche piacevole, e ci si accomodò per un po’, finché la vescica non ricominciò a richiamare la sua attenzione.
“Senti, ma se un giorno di questi andassimo a farci un giro insieme dopo la scuola? O a bere una cosa la sera?”. Le parole di Marco la fecero trasalire mentre si voltava immediatamente a guardarlo.
Stava per rispondere in modo positivo quando il pullman beccò una buca e sobbalzarono quel tanto che bastava per costringerla a mettersi una mano fra le gambe. A Marco tutto ciò non sfuggì, così come non gli sfuggì il modo in cui lei strinse le labbra fra di loro socchiudendo gli occhi.
“Melania stai bene? Guarda che a me lo puoi dire”.
Solo a quel punto sentì la barriera dentro di se cedere e le si formò un nodo in gola.
“S-sto…b-ene..”.
“Non si direbbe, ti agiti continuamente. Sembra quasi che tu debba…”.
Lo guardò con gli occhi rossi mentre cercava di non piangere: “Che io debba cosa?”.
“Ecco…andare in bagno”, diventò viola subito dopo aver concluso la frase.
Esitò qualche istante chiedendosi se fosse la cosa giusta da fare, poi confessò: “E’ perché è davvero così Marco, me la sto facendo addosso…”.
“Non ci sei andata prima?”.
“No, c’era la fila e Olmo…”, si bloccò rendendosi conto di non potergli raccontare tutto.
“Olmo cosa?”.
“Niente”.
“Melania. Olmo cosa?”, “Non ti ha lasciata andare in bagno per caso?”.
Scosse la testa guardando verso il basso. “Stai scherzando?! Come sarebbe a dire?”.
“Ero in fila ma lui mi ha chiamata per dirmi una cosa e poi non mi ha lasciata andare”.
Marco la fissava ad occhi sbarrati e lei poteva vedere la rabbia dipingergli il volto, che improvvisamente era cupo, serio e molto più maturo della sua età.
“Melania dimmi la verità, cosa ti sta facendo quell’uomo? Cosa fai nel suo ufficio durante le punizioni?”.
Si sentiva messa con le spalle al muro, si sentiva umiliata e in pericolo, e soprattutto sentiva la sua pisciata impellente pronta ad esplodere lì sul posto. Iniziò a piangere, incapace di trattenersi.
“E’ un pervertito…”, iniziò cercando di controllarsi.
“Dimmelo, cosa ti fa fare”. Sentì la mano di Marco afferrare la propria e per un momento si sentì al sicuro.
“Mi fa bere per tutto il tempo mentre facciamo i compiti, poi mi fa trattenere finché non me la faccio addosso. Dice che devo crescere, che devo imparare a trattenere…ma io non ce la faccio Marco…e puntualmente finisco col farla davanti a lui”, singhiozzò tirando su col naso: “Sono sicura che lui si eccita in tutto questo…sono…”.
“Shhh, ci sono io adesso”. Le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e provò a consolarla, ma lei si congelò subito dopo annunciando: “Mi scappa da morire, chiedigli se ci possiamo fermare…a te dirà di sì. Per favore”.
“Certo”. Marco si alzò immediatamente dal proprio posto e si diresse verso il sedile in cui stava Olmo. Lo vide parlare col professore per un istante, poi vide il bastardo annuire mentre prendeva il microfono del conducente.
“Ragazzi, ci fermiamo per un’altra velocissima sosta. Abbiamo perso tempo per via di lavori in corso ma siamo quasi arrivati. Che sia una pausa velocissima per favore”.
Melania sorrise e ringraziò Marco sottovoce non appena si sedette nuovamente accanto a lei.
“Starò con te finché non sarai entrata in bagno stavolta”.
“Se riuscirò ad arrivarci in bagno…”.
Voltandosi a guardarla la trovò piegata in due mentre ondeggiava sul sedile con una mano fra le gambe. Il bisogno era diventato urgentissimo, i brividi le correvano continuamente lungo la schiena e quella sensazione umida nelle mutandine le lasciava capire che il tempo a disposizione era davvero poco ormai.
Passarono dieci minuti fatti di sospiri, di cambi di posizione, di suppliche verso non si sa chi…
“Oddio non resisto più…me la faccio addosso”, “Cazzo Marco mi piscio addosso”, “Aiuto…”, “Devo fare pipì devo fare pipì devo fare pipì!!”.
“Ancora pochi minuti Mel, ancora poco”.
“No, no, io non resisto più!”.
Era grave, era decisamente grave, perché stava per allagare il sedile.
“Marco cazzo sta uscendo, me lo sento!”.
“No, resisti, adesso ci fermiamo”.
“Non posso…”, aveva appena finito di dirlo quando sentì uno stimolo fortissimo, a tal punto che le fu impossibile controllarlo, e un fiotto caldo le inondò le mutandine. Riuscì a fermarla subito ma, abbassando lo sguardo, si accorse di quando fosse evidente la macchia sui jeans.
Terrorizzata guardò l’amico.
“Cazzo” sussurrò lui nello stesso momento in cui il pullman accostò davanti ad un autogrill. “Dai, vieni!”, la afferrò per una mano costringendola ad alzarsi ma il movimento fu letale. Un altro schizzo uscì involontariamente e contribuì al disastro sui pantaloni.
“Piano…non riesco a camminare!”.
La coprì standole davanti mentre si facevano largo uscendo dal pullman. Passando accanto ad Olmo si sentì il suo sguardo addosso, sapeva che voleva dirle qualcosa, che voleva costringerla a non scendere, ma che la presenza di Marco non gli consentiva di farlo.
Quando furono all’aria aperta Melania si immobilizzò guardando l’amico con gli occhi sbarrati.
“Dai! Devi solo arrivare fin là, ce la puoi fare!”.
Ecco un terzo schizzo, un quarto, e la sua potente pisciata minacciò di esplodere lì, in quel preciso momento.
“Marco, non ci arrivo, mi sto pisciando addosso…è troppo tardi”.
Davanti a quelle parole lui la tirò nuovamente costringendola e mettersi dietro al pullman, davanti alla siepe del parcheggio in cui si trovavano, lì le fece segno di muoversi ma non ebbe il tempo di voltarsi dall’altra parte.
Senza preoccuparsi della presenza dell’altro, Melania si abbassò in modo frenetico i jeans e tentò di fare lo stesso con le mutandine ma ci riuscì solo a metà. Si chinò sull’asfalto quando la pipì aveva già iniziato ad uscire con una potenza impressionante. Era troppo disperata per rendersene conto, ma avrebbe potuto giurare che il sibilo si sentisse da dentro il pullman.
Il getto, che continuava a uscire senza ritegno, le bagnò completamente le mutandine abbassate a metà, ma non se ne preoccupò minimamente, si limitò a gemere per il sollievo mentre Marco in tutto ciò non la smetteva di fissarla.
Passarono due minuti prima che finisse di pisciare, e solo allora si rese conto del disastro che aveva appena fatto. Non solo aveva fatto pipì dietro al pullman, ma aveva anche bagnato in parte i jeans e tutte le mutandine.
“Cosa faccio adesso?”, gli chiese con aria preoccupata alzandosi e cercando di trovare una soluzione.
Tuttavia lo sguardo penetrante di Marco e la sua non risposta, le lasciarono capire che lui aveva ben altro in mente. La conferma arrivò quando le si mise davanti, ad un centimetro dalla bocca, senza smettere di fissarla negli occhi. Stava per chiedergli che intenzioni avesse ma lui non le lasciò il tempo di parlare, si limitò ad afferrarle il viso fra le mani afferrandole le labbra con le proprie e iniziando un bacio violento, spinto, passionale, forse porco, ma anche estremamente dolce.
Fra le sue braccia si sentiva al sicuro, e la sua erezione che premeva sui propri indumenti bagnati la fece eccitare nonostante la critica situazione in cui si trovavano.
Quando si staccarono l’uno dall’altra, Marco le sorrise appena, e con tanto provocatoria quanto protettiva, sussurrò: “Togliti le mutandine e dammele, da adesso in poi sarai al sicuro con me”.

CONTINUA…

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