Viaggio di lavoro a Roma

Viaggio di lavoro a Roma

Il meeting aziendale a Roma era stato programmato già da diversi mesi; viaggio in treno, due notti in un albergo a quattro stelle non troppo lontano dal centro, camera matrimoniale deluxe con colazione inclusa. Dovevamo incontrare i rappresentanti delle altre filiali nazionali per una sorta di aggiornamento; insomma, si preannunciavano due giorni piuttosto noiosi tra dati, cifre, statistiche, grafici e altre cose del genere. C’era un solo aspetto positivo: le riunioni si sarebbero svolte in una hall interna all’albergo; quindi, non avrei dovuto sbattermi a prendere i mezzi pubblici mattina e sera.

Partiamo un martedì mattina, tutti i colleghi nella stessa carrozza. Non ho una bella cera, ho dormito poco e male a causa del recente divorzio (avevo firmato le ultime carte proprio il giorno prima). Prendo posto sul treno e di fronte a me siede Elena, la segretaria del mio reparto. Mora, riccia, con gli occhi verdi e una quarta abbondante. Esattamente il mio tipo di donna, infatti mi ha sempre attizzato parecchio. Non so quante volte, durante le ore di ufficio in cui non c’era un bel niente da fare, ho pensato a quanto sarebbe stato bello farsela sulla scrivania senza neanche spogliarsi. Il pensiero adesso era tornato, anche più forte, visto che ormai ero di nuovo libero e, cosa peggiore, non scopavo da un bel po’. Lei, poi, aveva sfoderato la camicetta delle grandi occasioni, un modello molto scollato e quasi trasparente: butto l’occhio e si vedono il reggiseno di pizzo color glicine e i capezzoli.

“Sai che bella una spagnola tra quelle tette…” penso tra me e me. Per fortuna la mascherina copre metà viso e la mia espressione non la nota nessuno.

Come se non bastasse, Elena aveva anche delle bellissime gambe (la palestra le faceva un gran bene). Indossava calze a rete nere e una gonna grigia sopra il ginocchio con uno spacco piuttosto profondo. Appena accavallava le gambe era come se portasse una minigonna inguinale. Tutto il viaggio così, ad accavallare e scavallare quelle magnifiche gambe. Dopo poco ho cominciato ad eccitarmi e per non fare una figura di merda ho appoggiato il cappotto sulle cosce per non far vedere quanto fossi arrapato.

Arrivati a Roma Termini, raggiungo l’albergo, check-in rapido e salgo in camera. Non riesco a togliermi dalla mente le tette di Elena strette in quel reggiseno di pizzo.

“Quasi quasi mi faccio una sega” è il primo pensiero che mi viene dopo aver tolto le scarpe. Poi però penso “che palle, sono mesi che non faccio altro, perché non provare qualcosa di diverso…”. Prendo il telefono e cerco “escort Roma” su Google, sfoglio un po’ di annunci finché non trovo quella giusta. Capelli rosso castano, occhi neri, una terza piena, carnagione scura, un po’ più bassa di me. È perfetta. Non ha problemi a raggiungermi in albergo, appuntamento per le nove. Nell’attesa faccio una doccia, mi rado e ordino la cena in camera (un toast prosciutto e formaggio).

Poco dopo le nove, bussano alla porta della mia camera. È la ragazza che ho contattato. La faccio entrare, e scambiamo due chiacchiere. Ha giusto qualche anno meno di me.

“Cominciamo? Cosa ti va?”

“Mah, non saprei”

“Ok, lascia fare a me”

Mi fa stendere sul letto e mi slaccia prima la camicia e poi i pantaloni. Io resto in mutande mentre lei si sfila la maglia: ha un reggiseno nero lucido e un bel paio di tette, praticamente perfette, pure meglio di quelle di Elena.

“Ti piacciono?”

“Eh già…”

“Puoi toccarle eh…”

“O-ok”

Ne prendo una in mano e la stringo leggermente: è tonica come mi aspettavo. Lei slaccia il reggiseno e io comincio a leccarle i capezzoli. Quando si accorge della mia erezione, mi sfila anche i boxer e mi infila un profilattico che avevo messo sul comodino.

“Lascia fare a me”. Neanche il tempo di rispondere e lei è sopra di me, muovendosi su e giù ad un ritmo regolare e non troppo sostenuto. Erano anni che non lo facevo così, le molle del materasso scricchiolano e sono già sul punto di venire. Lei mi chiede di cambiare posizione, dico subito di sì e comincio a prenderla da dietro afferrandole i fianchi. Le tiro anche uno schiaffo sul culo. I suoi gemiti fanno crescere così tanto la mia eccitazione che dopo poco sono già venuto.

“T’è piaciuto?”

“Sì…molto”

“Si vede che ti serviva”

“Eh sì, mi ci voleva”.

Ci rivestiamo con calma, lei mi saluta con un bacio a stampo sulle labbra e se va dicendomi “se hai bisogno ancora, richiamami”. Quella notte ho dormito bene come non mai.

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