Il mio capo ce l’ha storto

Il mio capo ce l’ha storto

Ho fatto sesso orale con Marco, il mio capo, durante la festa aziendale per il Natale. Penso che lo rifarò ancora con lui, non perchè mi attizza ma per il suo pene storto. Non ne avevo mai visto uno dal vivo e questo mi incuriosisce. Quella sera, quando gli ho abbassato i boxer, la sorpresa è stata tale che non ho potuto fare a meno di ridere. Ero in ginocchio dentro il suo ufficio, lui era seduto sulla sua poltrona davanti a me e l’aveva già duro. Marco ha guardato indifferente e ha aspettato che mi ricomponessi, tenendolo in mano. L’ha presa bene, tutto sommato, forse perché c’è abituato, oltre al fatto che in quel momento non gli conveniva fare il permaloso. Quando sono tornata lui, qualche giorno dopo, mi ha raccontato che i suo pene non è sempre stato così, una volta era normale.

“Mi sono dimenticato di avvertirti, le donne con cui ho fatto sesso hanno avuto le reazioni più disparate, ci sono abituato. Non è colpa della masturbazione, come mi dicono tutte, ho subito un trauma da ragazzo.”

Io avevo mille domande in testa, tipo: ma quando pisci, ti metti di lato? E quando scopi? Hai mai chiesto a tua moglie come lo sente dentro? Rimane storto anche quando è moscio? Sarei potuta andare avanti per ore, invece ho fatto spallucce sperando di potermi divertire ancora con quella cosa buffa.
La cappella di Marco è molto grossa e morbida, è la cosa che più mi piace del suo pene. Mentre glie lo succhiavo, col cappellino di carta in testa, mi era piaciuto sentirlo godere, lo avevo stimolato al punto da fargli tremare le gambe. L’avevo fatto venire in bocca ma il suo sperma faceva proprio schifo, quindi l’avevo sputato nel cestino e subito dopo avevo finito d’un fiato il bicchiere di vino che mi ero portata dietro dalla festa che si sviluppava appena fuori dalla porta. Non l’avevo fatto per un aumento di stipendio o per la carriera, e nemmeno perché lui me lo aveva chiesto. Semplicemente c’eravamo guardati negli occhi e avevamo brindato, poi gli avevo detto.

“Vorrei farti un pompino.” Ero carica di euforia alcolica, ma comunque cosciente di quello che volevo fare. Sapevo che era attratto da me, lo avevo capito dal momento in cui c’eravamo conosciuti, un anno prima. Dopo averglielo detto, lui si era guardato velocemente in giro con e poi mi aveva invitata nel suo ufficio senza la minima esitazione, cosa che mi aveva eccitato ancora di più. È stato facile, senza complicazioni, come piace a me.
Ero uscita soddisfatta e bagnata, tanto che più tardi c’erano volute due cariche di Roger Rabbit per placare la voglia che avevo addosso. Ci siamo rivisti qualche giorno dopo per definire i dettagli della trasferta.

[…]

Esco dal bar Zip felice ed eccitata, alzo lo sguardo e vedo in lontananza un nuovo germoglio del mio lavoro qui a Milano

“Ciao.” È il mio capo, Marco, col bavero della giacca alzata e un berretto in testa.

“Ciao. Cosa ci fai qui?”

“Betty mi ha detto che vieni spesso in questo locale.” Lo supero liquidandolo.

“Ci vediamo domani in ufficio.”

“Ti accompagno a casa.” Cammino ignorando la sua presenza al mio fianco. Il marciapiede si stringe in molti punti obbligandolo a lasciarmi passare avanti. Indosso un cappotto che mi arriva ai fianchi e una gonna aderente, sono certa che lui ne approfitta per sbirciarmi il culo. Possibile che ci abbia ripensato?

Il marciapiede si allarga se lui si affianca a me sfiorandomi per un attimo il sedere con una mano. A questo punto sono certa che lui mi vuole, lo guardo negli occhi e leggo l’avventatezza di quel giorno nel suo ufficio.

“Bentornato, mister Hide.” Lui capisce al volo.

“Facciamo presto, prima che cambi idea.” La sua voce ha un tono iracondo, mi cinge un fianco e sento la sua mano che fruga sull’imbottitura della giacca. Sento un campanello di allarme suonare nella mia testa. Un uomo offuscato dai vapori della libidine potrebbe perdere il controllo e fare male, molto male. Devo capire le sue intenzioni, anche a costo di smontare la sua eccitazione. Attendo di essere quasi arrivata davanti al mio palazzo, poi chiedo.

“Cosa hai in mente?”

“Lo vedrai presto. Apri, saliamo a casa tua.” Non mi convince ma decido di dargli qualche altro minuto di fiducia.

Entriamo nell’appartamento, i gridolini di Irina attraversano il muro divisorio, alla peggio mi metterò a urlare, lei mi sentirà di certo. Tolgo il cappotto e lo getto su una sedia, lui fa lo stesso, poi apre la patta dei pantaloni e aspetta. Il suo pene pende fuori dalla patta. Come avevo immaginato: pende anche quando è moscio. Mi sembra più piccolo di come lo ricordavo, l’alcool gioca strani scherzi, incluso l’effetto “lente di ingrandimento”.

“Non è quello che volevi? Eccolo, succhia.” È impaziente e disperato, pronuncia la frase in modo distonico, devo decidere prima che quel qualcosa che l’ha spinto verso di me esaurisca il suo effetto, prima che la pozione finisca il suo effetto e torni a essere il dottor Jekyll.

M’inginocchio davanti a lui e lo prendo in bocca. Con la mano massaggio l’asta e ritraggo il prepuzio, voglio sentire con la lingua la cappella di pelle morbida, cercando di correggere la piega con l’inclinazione della testa. Lui inizia ad ansimare quasi subito e mi prende la testa per invitarmi ad andare più a fondo, mi bastano alcuni istanti per perdermi nella sua libidine, facendola mia. Sono eccitata, non ho più paura di lui, lo voglio, motivo per cui mi alzo verificando la sua erezione e poi mi appoggio al tavolo di cristallo del salotto, dandogli la schiena. Voglio essere presa dove lui mi ha guardato poco prima, sono certo che vuole affondare il suo sesso da dietro. Lui però travisa, abbassa le calze, poi lo slip, infine sento la punta alle porte del fiorellino.

“Non sono pronta, lì.” Magari lo persuado a cambiare rotta, voglio godere anch’io, in quel modo prova piacere solo lui.

“Pazienza.” Sembra irremovibile, devo trovare un modo alternativo.

“Aspetta qui, spogliati.”

Mi avvio rapida in camera da letto e recupero lubrificante e Roger Rabbit, quando torno lui è nudo dalla cintola in giù e ha indossato un preservativo. Ha una discreta pancia, il mio capo, osservo il pisello e valuto la sua dimensione, paragonata agli altri che mi hanno penetrata nella porta di servizio: non è molto grosso, non dovrebbe farmi male. Appoggio il lubrificante sulla tavola e torno nella posizione di poco prima, con Roger in mano.

“Doppia penetrazione, sei una vera porca.” Non replico, capisco che sta usando frasi sconce per caricarsi.

Prende il tubetto, poco dopo sento un dito che entra nello sfintere anale.

“Ah, piano” È passato diverso tempo dall’ultima volta, serve tempo affinché si abitui alla dilatazione, poi tutto sarà facile.

“Sei sporca.” Stronzo, e io cosa ti ho detto? Sto per insultarlo ma cambia registro, non sembra dissuaso, peccato.

“Non importa, adesso ti inculo. Te lo voglio mettere nel culo da quando ti ho assunta. Hai un sedere da favola.” Bla bla bla, accendo Roger e lo appoggio al clitoride, proprio mentre lui allarga le natiche con le mani e torna ad appoggiare la punta sullo sfintere, poi si ferma. Cosa cazzo sta aspettando? L’ok dalla torre di controllo? Infilo Roger nella vagina e gli dico sospirando per il sollievo che mi provoca.

“Sono pronta, inculami. Piano, entra piano, è grosso.” Non è vero ma è una cosa che manda i maschi fuori di testa. Infatti lo sento vibrare, poi si fa strada nelle mie viscere.

Non ho mai fatto sesso a tre, uomini o donne, è successo spesso che abbia coinvolto Roger nei miei giochi, come in questo caso. Il sesso anale con un vibratore nella vagina ha due grandi vantaggi: fa godere me, il sesso anale non mi trasmette alcuna sensazione, e, soprattutto, fa venire quasi istantaneamente il maschio. Anche in questa occasione ho impostato Roger con la vibrazione massima in modo che si senta attraverso il sottile lembo di carne che separa i due orifizi, regalando a Marco il piacere della penetrazione coadiuvato dal massaggio del mio coniglietto di casa. Infatti, dopo alcuni affondi lo sento capitolare con un sonoro.

“Ah sì, cazzo, vengo!”

Non ho voglia di venire davanti a lui, che nel frattempo si è accasciato sul pavimento, così raccolgo slip e calze, e mi rifugio in bagno. Sono delusa, nella confusione del momento non sono riuscita a trovare risposta alle mie domande su come possa essere il sesso con un pisello a forma di boomerang.

Esco dal bagno quasi venti minuti dopo, Marco sembra essere rinsavito, non so se è una cosa buona o cattiva. Poi però si alza e si spoglia del tutto, quindi si dirige silenzioso in stanza da letto. Quando lo raggiungo, mi sbottona la camicetta e mi fa stendere sul letto. I miei capezzoli apprezzano le sue labbra umide. Usa i denti per strizzarli, lo sento, ma in modo dolce, senza mordere. Mi fa eccitare e presto inizio ad ansimare senza chiedermi quale parte del mio capo si sia invitato nel mio letto per farmi godere. Mi struscio sulla sua coscia pelosa piantata tra le mie gambe e lo bacio con passione riconoscendo il fondo amaro dovuto alla nicotina, lo stesso del suo seme.

“Posso?” L’animale si è placato, sul mio letto c’è il mio capo, intenzionato a mandare a puttane il suo matrimonio prima ancora di spegnere la prima candelina. Mi propone sesso naturale, senza protezione, il mio preferito. Apro le gambe e lo accolgo.

“Sì.”

[tratto da: “Le avventure erotiche di una pendolare – prima parte: Michela e il sesso”, di Laura Roppi, Kindle Store]

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