Reggiseno di cinghie

Reggiseno di cinghie

Sei davanti a me, nuda. Indossi quel reggiseno fatto di cinghie, il che significa che vuoi giocare. Come se fosse un simbolo di dominazione, il tuo modo per dirmi “fai di me quello che vuoi”. E io non aspetto altro. Sotto, a differenza del solito, non sei nuda. Indossi un paio di mutandine che sembrano di cuoio, che ti fasciano quasi come una seconda pelle.

La mia mano destra scatta, afferra i capelli sulla nuca. Tu sorridi.

Ti spingo verso il basso, tu ti inginocchi. E non smetti di sorridere. Cerchi di aprirmi il bottone dei jeans, ma ti fermo. Tu ci riprovi, allora ti ordino di rimanere ferma, in ginocchio. Vado a prendere le polsiere, te le metto, e ti lego le braccia dietro la schiena.

Poi mi metto di nuovo davanti a te. Mi slaccio il bottone dei jeans e faccio scendere la zip. Mi tiro fuori il cazzo dai boxer e te lo mostro, a qualche centimetro dalla tua bocca. Si vede che lo vuoi.

«Leccami la cappella» ti dico.

Te lo avvicino di poco, tu tiri fuori la lingua e lo lecchi, piano. Se possibile diventa ancora più duro.

Ti fermo, mettendoti tutte e due le mani sulla nuca. Appoggio la punta del cazzo sulle tue labbra, e lo lascio lì, in attesa. Dopo qualche secondo tiro la tua testa verso la base del cazzo, e tu lo ingoi tutto, fino in fondo. Continuo a stringerti così per qualche secondo. Poi lo tiro fuori.

Poi ricomincio. Un’altra volta. Un’altra. Sempre più veloce. La tua saliva ti cola sul collo, l’ho spinto tanto a fondo che ti scende anche qualche lacrima. Ma tu non smetti di sorridere. Poi mi sposto, ti prendo di nuovo per i capelli e ti faccio alzare. Ti trascino verso la camera, ti faccio inginocchiare di nuovo, davanti alla porta. Ti slego le mani, per imprigionartele subito dopo ma verso l’altro, sopra la testa. Faccio passare la corda tra gli anelli, e adesso sei in ginocchio con le braccia alzate contro la porta. Mi offri le tette, imprigionate da cinghie di cuoio nero.

Comincio a giocare con il tuo capezzolo. Prima con le dita, piano. Lo stuzzico. Poi lo prendo in bocca; prima lo lecco, poi lo mordo piano. Tu ti mordi il labbro e mugoli, sono molto curioso di sapere quanto sei bagnata, sotto quella seconda pelle che ti avvolge i fianchi.

Prendo le pinze, le stringo prima attorno al tuo capezzolo sinistro, poi faccio girare la catena dietro il collo e stringo anche il tuo capezzolo destro. Non capisco se il verso che fai è di piacere o di dolore. Molto probabilmente entrambi, e mi eccita da morire.

Prendo il flagello.

Mi sorridi ancora.

Comincio a colpirti sulle cosce, colpi secchi e decisi che lasciano una mappa di segni rossi.

«Scopami» mi sussurri.

Io scuoto la testa.

Dalle cosce passo alla pancia, diminuisco un po’ la forza ma i segni rimangono.

Continuo sulle tette, e le pinze percosse dal frustino fanno tintinnare la catena

Mi dici di non smettere, di continuare.

Quando tutto il tuo corpo è un intrico di linee rosse sottili quasi me lo urli: «Scopami!».

«Oh no» ti dico. «Prima per una volta vengo io».

Ti do di nuovo il mio cazzo in bocca, e mentre me lo succhi passo a frustarti le braccia, salendo fino ai polsi.

Le linee rosse qui si perdono tra i colori del tuo braccio destro.

«Brava» ti dico, mentre lo succhi con impegno.

«Sei proprio una brava troia».

Mi guardi, sorridi.

Ti tolgo il cazzo dalla bocca.

«Sono una puttana. La tua puttana».

Appoggio il cazzo sulla tua testa, bastano un paio di colpi con la mano e ti vengo tra i capelli. Quando comincia a colare comincio a spalmartelo, tra i capelli e la faccia.

Mi avvicino, appoggio le labbra sul tuo orecchio sinistro e ti dico…

«Adesso facciamo venire te…»

Ti faccio alzare e ti giro, mentre sei ancora legata con le braccia in alto. ti faccio divaricare le gambe. Sulla superficie in pelle nere c’è una zip. Sarebbe quasi comica, se non fossi così eccitato. Se tu non fossi così eccitata. La apro, piano. È quasi un sussurro, un sospiro. La piccola apertura della zip lascia colare tutta l’eccitazione che avevi accumulato. Cola veloce all’interno delle cosce, arriva in pochissimo tempo quasi fino al ginocchio.

Appoggio la punta del cazzo sulle tue grandi labbra e rimango lì, fermo, a farmi bagnare. Come se ce ne fosse bisogno. Entro molto lentamente, ma fino in fondo. Esco piano, poi un colpo secco. Poi ricomincio, alternando lentezza e forza, forza e lentezza e comincio a scoparti. Ti abbraccio le tette, con una mano comincio a giocare con la catena delle pinze, senza smettere di scoparti. E tu mugoli, e io ti sussurro all’orecchio di venire in fretta, perché tra poco smetto.

Sento che stai per venire, ma decido che finora sei stata brava, quindi ti lascio questo orgasmo. Tu urli, e sei così bagnata che mi coli dalle palle.

Esco da te, ti slego dalla porta.

Ti faccio sdraiare sul letto a pancia in giù, prendo l’ovetto dalla scatola e te lo metto in fica. Mi chiedo se l’hai sentito, sei talmente bagnata che ci è scivolato dentro senza spingerlo. Chiudo la zip, che ha due cerniere. Apro l’altra, quella che parte dal culo. Prendo il plug, ci metto sopra del lubrificante, ma è solo per scrupolo. Le mutande hanno disperso il liquido, e sei tremendamente bagnata anche lì. Ci metto dentro un dito, e scivola senza problemi. E tu godi. Allora inserisco il plug, e poi chiudo di nuovo la cerniera. Adesso sembra che non stia succedendo nulla nelle tue mutande, e invece hai un ovetto vibrante nella fica e un pezzo di metallo nel culo. Ti faccio voltare a pancia in su e la tua faccia è quasi estasi. Lego di nuovo le tue braccia tese, stavolta alla testiera del letto. E comincio a giocare con il tuo capezzolo. Prima con la lingua, poi mordo, piano. Poi lo prendo tra le dita, poi ancora in bocca. Tutto questo mentre l’ovetto cambia ritmo e intensità, tutto questo mentre il plug viene mosso dal tessuto di pelle delle mutandine. E tu cominci a venire, a ripetizione. E io non smetto. Continuo per altri minuti che per te sembrano ore.

«Basta, ti prego, scopami!» mi dici.

Io aspetto ancora un attimo, fingendo di non averti sentito.

Poi ti slego le mani e la corda e prendo un gioco nuovo. Ti lego le caviglie, separate da una lunga barra in metallo. A metà della barra ci sono due polsiere, dove lego le tue mani. Ti alzo le gambe, apro una delle due zip, tolgo quello che c’è dentro.

«Adesso ti scopo nel culo» ti dico.

«Sì, per favore!» mi rispondi.

Un poco di lubrificante ed entro, piano. Poi aumento il ritmo, sempre più veloce. L’ovetto continua a vibrare, lo sento con il cazzo, separato solo da un sottile strato di carne.

Tu continui ad urlare «Si, Cristo!» sempre più forte, io accelero e spingo, finché non veniamo insieme.

Tu credi che sia finita, ma non è assolutamente così. Ti tolgo le mutande, hanno assolto il loro compito. Ti libero i polsi, ma lascio le gambe legate e distanziate dalla barra di ferro. Ti faccio appoggiare la schiena sul materasso, con il culo appoggiato al muro, contro la testiera del letto. Lo sperma comincia a colarti tra le gambe. Infilo due dita, ed entrano senza la minima fatica. Vado a solleticare il tuo punto G, lentamente, e tu fremi. Poi aumento il ritmo, sempre più veloce, finché non vieni e dalla tua fica ti cola addosso, sulla pancia, sulle tette.

Continuo, senza fermarmi, e il mio cazzo davanti alla tua bocca ridiventa duro. E tu cominci a leccarlo. E tu continui a venire, adesso vieni sempre di più e ti arriva anche in faccia, e sul mio cazzo che continua a girare attorno alle tue labbra, inseguito dalla tua lingua. Ogni volta che vieni rallento, e io ti lecco il clitoride, giusto per alternare il piacere. Poi ricomincio, sempre più forte e veloce. C’è bagnato ovunque: le lenzuola, il materasso, il pavimento, noi due. Ma non smetto, e continuo a farti venire.

All’improvviso ti abbasso il culo verso la faccia, mi metto tra la sbarra e la tua fica e comincio a scoparti in questa improbabile posizione da contorsionista. Non so se è perché respiri poco e male o perché questa posizione ti piace davvero, ma vieni di nuovo, ancora e ancora. Io rallento un poco mentre tu ti godi quest’ultimo orgasmo; esco dalla tua fica, mi prendo in mano il cazzo e te lo infilo in bocca, così vicina. Ti vengo sulle labbra, mentre stai ancora gemendo.

Dormiamo tra lenzuola bagnate di sesso e sudore. Che ovviamente sanno di noi.

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