Rafael era un tipo socievole, andava d’accordo con tutti. Aveva un atteggiamento fiero, ma senza alterigia, un bel naso aquilino, due mani grandi e due occhi nerissimi che suscitavano inquietudine e soggezione quando lui ti guardava. Lavorava saltuariamente come muratore e conduceva una vita modesta. Abitava in una stanza nella città vecchia, abbastanza vicino al centro. Dato che stando in compagnia con gli altri amici si era fatto tardi e non c’era più un treno che mi riportasse a casa si era offerto di ospitarmi e io, vista la sua insistenza, avevo finito con l’accettare. Lasciati i compagni ci mettemmo in cammino. Avevamo bevuto parecchio quella sera e parlando e scherzando finì che prendemmo confidenza l’uno con l’altro, al punto che ogni tanto Rafael faceva delle allusioni sul mio conto e accostandosi a me si prendeva qualche libertà di troppo, poi mi guardava ironicamente per vedere le mie reazioni e si comportava come se si facesse gioco di me e meditasse qualcosa nei miei confronti. Io non me ne sorpresi dal momento che in città qualcuno aveva messo in giro la voce che a me più delle ragazze piacessero i maschi e a quel che sembrava c’era chi quella voce l’aveva presa per buona o per lo meno riteneva la cosa possibile. Ancora un po’ di strada e arrivammo dove abitava Rafael. Entrammo dentro. Era la prima volta che ci venivo e mi misi ad osservare l’ambiente in cui mi trovavo. La stanza era ampia, al centro c’era un grande letto ancora sfatto, di fianco appoggiato al muro era collocato un tavolo con un fornello, in fondo c’era la porta del bagno. Da un finestrone in alto sulla parete esterna penetrava fioca la luce dell’illuminazione della strada. Rafael mi accolse come meglio poteva, rifece il letto, mise un po’ in ordine e poi mi offrì da bere. Alla fine decidemmo di andare a dormire e dopo essere passati in bagno e fatti preparativi per la notte finimmo tra le lenzuola. Eravamo rimasti tutti e due in maglietta e mutande, ma quelle di Rafael erano tese nella parte anteriore a denunciare la presenza di un voluminoso ingombro che pretendeva uscire fuori. Insomma una volta coricati eravamo uno di fianco all’altro e io avevo la schiena rivolta verso il mio amico. Cercavo di prendere sonno ma la cosa era difficile perché Rafael si muoveva di continuo nel letto e sembrava non avesse pace. Finì che gli chiesi la ragione di quell’agitarsi e per tutta risposta mi sentii dire “Mi stai accanto girato in quel modo, non staccavi gli occhi da quello che ho nelle mutande e poi mi chiedi perché non dormo. Saresti sorpreso se ti dicessi che mi hai fatto venire voglia di mettertelo nel culo”? Muovendomi lentamente abbassai un poco le mutande, mi spinsi verso di lui e offrendogli in modo esplicito il mio didietro gli dissi “Dici che vuoi questo”? In un attimo le mutande mi vennero calate e quasi strappate di dosso e il cazzo grosso e duro di Rafael cominciò a strusciarmi tra le natiche cercando il buco. Colto di sorpresa cercai di reagire dicendo “Va bene, te lo do, però fai con calma, vai piano”. L’ingiunzione che seguì alle mie parole fu del tutto inattesa e allibito mi sentii dire. “Dai che ne hai voglia, non farmi perdere tempo con le moine. Mettiti pecorina che te lo ficco nel culo”. Frastornato ma obbediente assecondai il suo volere e mi misi in ginocchio con il didietro sollevato in alto. Per fortuna nonostante tutto il mio impaziente amico ebbe l’accortezza di bagnarmi per bene il buco, e lo stesso fece col suo cazzo, per rendere più facile la penetrazione. Poi appoggiata con concitazione febbrile la verga sull’apertura e trovando l’ingresso già dischiuso per accoglierla la spinse dentro tutta in una volta fino in fondo. Segui, da parte sua un sonoro sospiro di soddisfazione e da parte mia un flebile lamento. Ma l’assalto aveva appena avuto inizio e il mio amante non si lasciò intenerire, al contrario, dopo avermi affibbiato due schiaffi sulle natiche cominciò a cavalcarmi energicamente per dare sfogo all’urgenza di un desiderio trattenuto troppo a lungo. Mentre mi chiavava in quel modo Rafael non fece mancare commenti su quanto ero troia né si scordò di dirmi che lui aveva capito subito che nonostante il mio aspetto da verginella e il mio apparente riserbo avevo una fame di cazzo che si vedeva da lontano. Come potevo negarlo? Rafael mi aveva letto come un libro aperto! Non sapevo resistergli e con lui, perso ogni ritegno, mi comportavo come non avrei mai immaginato di poter fare. Infatti quando nell’andamento convulso della monta ogni tanto la verga usciva fuori io spingevo il culo indietro per cercarla e farla entrare di nuovo, poi mi inarcavo quando Rafael con un movimento contrario mi impalava ficcandomela dentro fino in fondo, seguiva un momento di pausa che mi consentiva di scivolare su e giù sull’asta che avevo piantata dentro, mi comportavo come un’esperta puttana e la cosa mi procurava un immenso piacere. Poi Rafael mi spingeva con il viso contro il letto, riprendeva l’iniziativa e cominciava a fottermi di nuovo come voleva lui. Sotto quella furia dapprima mi misi a gemere poi, mentre godevo e sentivo avvicinarsi l’orgasmo, incapace di controllarmi cominciai a gridare “Che porco che sei, me lo metti tutto nel culo! Ah, che culo che mi fai! Come mi piace! Mi piace che mi inculi”! Quelle parole accrebbero d’intensità la sua eccitazione e resero l’assalto ancora più selvaggio fino a che giunse il massimo del piacere per entrambi. Poi mentre riposavamo sfiniti uno di fianco all’altro pensai che il mio amante aveva reagito alle mie provocazioni proprio come mi aspettavo e con compiacimento osservai tra me che era accaduto quello che fino dall’inizio avevo sperato che succedesse. La mattina dopo, mentre il sole entrava su in alto dalla finestra e io me ne stavo a pancia in giù pigramente abbracciato ad un cuscino Rafael mi venne sopra, mi penetrò di nuovo e mi fece godere ancora una volta tutte le delizie di questo mondo. Alla fine riuscii a prendere il treno. Mentre ero seduto e udivo vicino a me il vociare indistinto degli altri passeggeri mi accorsi che un po’ di sperma colava giù dal buco socchiuso finendo a bagnarmi le mutande. Era una situazione imbarazzante ma nonostante tutto provavo un segreto piacere perché ricordavo la notte trascorsa insieme a Rafael e sentivo che l’impronta del suo cazzo superbo era ancora dentro di me.

