Lui e Marco si conoscevano da poco tempo e si incontravano ogni tanto per sentire un po’ di musica, chiacchierare del più e del meno e bere qualcosa insieme. Marco non era un tipo molto socievole, ma con il suo nuovo amico andava d’accordo più che con altri, per questa sorta di elezione lui provava un certo compiacimento e ricambiava volentieri la familiarità con cui il compagno lo trattava. Il suo amico era un appassionato di moto da competizione, ne aveva diverse e quel giorno voleva fare una breve escursione con il suo ultimo acquisto. Dopo una corsa su un lungo rettifilo per provare la moto sarebbero andati nella sua casa di campagna dove Marco doveva sbrigare una certa faccenda. A lui piacque la proposta, salirono insieme sulla moto e dopo poco arrivarono al rettilineo sul quale era possibile lanciare il veicolo alla massima velocità. Una rapida serie di accelerazioni e presto rimase solo il sibilo del motore e il fruscio del vento che scorreva di fianco a loro. Finito il rettilineo Marco fece inversione e si fermò con il motore acceso. “Vuoi provare anche tu adesso? Ma senza credere di essere in gara, così solo per vedere come te la cavi”. Lui accettò e si mise alla guida, l’altro salì dietro. Dopo un poco a lui fu impossibile non accorgersi che mentre il compagno lo stringeva al petto appoggiandosi su di lui la sua verga premeva con insistenza contro il suo fondo schiena. Marco gli si avvicinò all’orecchio e gli disse “A me piace la fica, ma la cosa che mi fa godere di più è metterlo nel culo. Tu ci stai a prenderlo”? Quelle parole non lo sorpresero, aveva già sentito il suo amico raccontare che aveva avuto in collegio un compagno di camera che inculava regolarmente con soddisfazione reciproca. Adesso sarebbe toccato al suo didietro, se avesse acconsentito, ricevere quel trattamento di benessere. Lui voltò la testa verso il compagno e abbandonando le parole al vento rispose “Sì, va bene, ci sto, immaginavo che me lo avresti chiesto prima o poi”. “Allora svolta a destra al primo vialetto, così arriviamo alla casa”. Lasciata la moto nel cortile salirono al piano superiore dell’abitazione dove si trovavano le camere. Lui andò per primo in bagno, poi si spogliò e si sedette in un angolo su uno dei due materassi che messi uno accanto all’altro sopra a delle stuoie formavano una sorta di letto matrimoniale. Tenne addosso solo la maglietta. Pensò che quello che più gli piaceva in un rapporto fra maschi era che non c’erano implicazioni sentimentali, si arrivava direttamente a ciò che entrambi i partecipanti desideravano fare, senza freni inibitori e con l’unico intento di ricavarne la massima soddisfazione. Dopo poco il compagno lo raggiunse. Era completamente nudo, ai piedi aveva i sandali, il grosso fallo semi eretto ondeggiava ad ogni passo. Lui lo guardò pieno di ammirazione e di timore reverenziale e si sentì mancare le forze al pensiero di quello che stava per succedere tra loro. Una volta arrivato Marco gli disse quello che doveva fare “Dai, vai sul letto e mettiti in ginocchio, voglio incularti alla pecorina, mi piace vedere il cazzo che ti entra nel culo, ho un po’ di crema e te la spargo sul buco, così lo prendi meglio”. Lui rapidamente obbedì e, abbracciati i cuscini, si presentò al compagno con le cosce aperte, le natiche protese all’indietro e il buco bene in vista. “Che bel culo che hai” commentò il suo amico sistemandoglisi dietro e cominciando a spargere la crema sull’apertura. Lui tra sé e sé condivise quel giudizio, sapeva già che il suo posteriore, rotondo e prominente, godeva di un certo apprezzamento fra gli appassionati del genere. Nel frattempo il compagno aveva terminato l’opera di preparazione e tirata a sè la pelle del prepuzio aveva messo il glande a contatto con l’orifizio ben lubrificato. Marco cominciò a spingere. Il fallo duro e rigido come un palo scivolò dentro senza difficoltà nonostante le ragguardevoli dimensioni. Lui sospirò di piacere. “Che troia che sei -commentò l’altro- ti ho infilato dentro il cazzo fino ai coglioni e tu l’hai preso tutto, senza fare una piega, anzi stai godendo come se tu non cercassi altro. Era parecchio che avevo voglia di farti il culo, ma adesso recupereremo il tempo perduto e ti darò la dose che ti meriti tutte le volte che ne avrai bisogno”. Lui sorrise per quegli apprezzamenti osceni e per manifestare il suo gradimento di fronte alla promettente prospettiva che il compagno gli aveva presentato spinse il culo all’indietro facendo oscillare i fianchi. Ancora qualche istante e il suo amico cominciò a incularlo, andava avanti e indietro, regolare come un metronomo. Presto lui volle unirsi a quel va e vieni e fece in modo che ad ogni movimento del suo amante ne corrispondesse uno uguale e contrario da parte sua. Un sommesso ciac ciac risuonava quando i loro corpi si toccavano e le sue natiche sbattevano contro l’inguine del compagno. Quel suono allusivo scandiva l’andamento del coito, ogni volta che si sentiva quel rumore lui aveva il cazzo dell’amico tutto quanto nel culo. Passò un tempo indefinito, con un piacere condiviso in continua crescita, ma proprio quando lui era giunto a un passo dall’orgasmo Marco si staccò lasciandolo aperto e vuoto. Lui rimase alcuni minuti in attesa, poi interrogò il compagno “Perché hai smesso? Dai, mettimelo dentro di nuovo, ne ho ancora voglia”. Il compagno si giustificò dicendo che stava per venire e voleva protrarre l’amplesso ancora a lungo, ma lui gli chiese di continuare, non importava se fosse venuto presto. Lo supplicò perché riprendesse di nuovo a montarlo, era stato abbandonato quando era al massimo dell’eccitazione e di certo di lì a poco a sentire che il compagno gli sborrava dentro anche lui avrebbe goduto, sarebbero venuti insieme. Poi c’era tempo per farlo un’altra volta. Presa la decisione Marco lo afferrò per i fianchi e lo sollevò con il culo bene in alto, facendolo chiudere su se stesso come le due parti di un libro rimasto aperto a faccia in giù si avvicinano tra loro se si tira la costola del libro verso l’alto, poi stando in piedi sul letto calò su di lui centrando subito con la verga il bersaglio. Lui afferrò con entrambe le mani una caviglia del compagno e la strinse quanto più poteva. Marco calava su di lui come un maglio. “Batti, batti, dai -lo incitò- rompimi il culo”! L’altro sollecitato a quel modo aumentò il ritmo e la pesantezza dei colpi facendo piegare sotto di sé il corpo che osava sfidare quegli assalti. Marco venne per primo pronunciando parole smozzicate in preda ad un’euforica esaltazione. Sentendo i fiotti di sperma che lo invadevano lui contrasse l’orifizio intorno al fallo cercando inutilmente di trattenerlo come in una morsa, ma presto abbandonato quel vano tentativo lasciò campo libero alla verga che gli spanava il culo e piangendo lacrime di gioia raggiunse il massimo del piacere.
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