Lucy – Un nuovo inizio – The End (3)

Lucy – Un nuovo inizio – The End (3)

Mi alzai a fatica, con le ginocchia indolenzite per la posizione tenuta troppo a lungo, e il culo che prese subito a gocciolare fuori lo sperma che Claudio vi aveva schizzato dentro; davanti a me Claudio, che mi presentava non al solo Mohamed come immaginavo, ma anche ad un altro uomo, anche lui dalla carnagione scura che rivelava le sue origini nordafricane.

“Lui è Ibrahim”, disse Claudio, “E’ un nostro collega… sembrava brutto escluderlo!”

L’ultimo residuo di orgoglio mi suggeriva di ribellarmi: “sembrava brutto escluderlo”, come se fossi una bottiglia di birra da dividere in tre anziché in due, come fossi una pizza di cui dare una fetta ad un amico o una sigaretta di cui si offre un “tiro”. Un oggetto, un giocattolo da condividere.

Ma Lucy non seguiva le leggi dell’orgoglio. Lei seguiva il suo istinto, la sua libidine, la sua lussuria, e dopo un primo momento di sconcerto si presentò al nuovo arrivato: “E io sono Lucy… ti avranno parlato di me, immagino…” dissi guardandolo negli occhi e tendendo la mia mano destra verso di lui, che d’istinto fece per stringermela. La mia mano però non incrociò la sua, perché era diretta al suo basso ventre: in un eccesso di troiaggine o forse per darmi sicurezza in quella situazione avevo impugnato attraverso la tela dei pantaloni quello che sembrava essere un bel membro virile, degno conterraneo di quello di Mohamed che avevo già potuto apprezzare in tutti i suoi centimetri.

Mohamed, dal canto suo, non aveva perso tempo a sfilarsi i pantaloni liberando il suo membro, non ancora in piena erezione, e l’esempio fu subito seguito dal suo amico. Io mi inginocchiai prontamente tra loro, e ora mi trovavo davanti al viso quei due splendidi cazzi arabi; li impugnai, sentendoli fremere al mio tocco e presi a baciarli e leccarli alternativamente, mentre sembravano gonfiarsi ed ergersi ad ogni bacio, ad ogni leccata.

Iniziai a succhiarli, prima quello di Mohamed, poi quello di Ibrahim, poi addirittura cercando di infilarmeli entrambi in bocca. Mi sforzai al limite e oltre, ma anche sformandomi completamente la bocca più che le due cappelle non riuscivano ad entrare.

Mi limitai pertanto a solleticarle con la lingua per poi riprendere a succhiarli e pomparli uno alla volta, mentre i due si scambiavano battute nella loro lingua, ridendo sguaiatamente.

Mohamed, mentre stavo ancora succhiando il cazzo del suo conterraneo, mi fece piegare a quattro zampe; era chiaro cosa volesse fare e io, interrompendo solo per un attimo il pompino, docilmente gli offrii il mio culone glabro, per poi riprendere a succhiare l’altro cazzo color caffelatte di Ibrahim, ora seduto a terra davanti a me.

Senza alcuna delicatezza il maglio di Mohamed mi sprofondò nel culo, e solo grazie al lungo allenamento che il mio ano aveva fatto con i diversi cazzi presi nella giornata fino a quel momento, non mi sentii squarciare come temevo. Sì, un po’ di dolore, ma tutto sommato sopportabile, tant’è vero che quelli che soffocai pompando la nerchia dell’amico furono esclusivamente gemiti di piacere.

Sentivo il cazzo del maghrebino che mi affondava nel budello fino a raggiungere le anse rettali, dandomi l’impressione di sentirlo fin nello stomaco, per poi uscire da me facendomi sentire tutti i suoi centimetri che mi risvoltavano lo sfintere verso l’esterno; i muscoli infatti non opponevano più alcuna resistenza a quel vai e vieni ritmico, violento e incessante.

La mia bocca, intanto, cercava invano di accogliere l’altro membro, riuscendo ad ingoiarne solo poco più della metà e non senza conati di vomito ogni volta che la cappella raggiungeva la mia ugola.

Impalata davanti e dietro da quei due bastoni di carne ero completamente persa nel mio godimento perverso, e avrei voluto che quella scopata durasse per sempre, in una sorta di lubrico nirvana dove sarei stata sfondata da cazzi enormi per tutta l’eternità. Cazzi nel mio culo, cazzi nella mia bocca, schizzi di sperma ovunque, in culo, in bocca…

“…Sì, in bocca!” urlai, lasciando per un attimo il cazzo di Ibrahim, e il mio delirio fu scambiato da Mohamed, che stava raggiungendo l’orgasmo, per un’esplicita richiesta; sfilò il suo cazzo dal mio culo e venne a porgerlo alla mia bocca, completamente ricoperto dello sperma di Claudio mescolato ai miei umori anali. Il mio delirio erotico era sicuramente più forte dell’ovvio ribrezzo che avrei dovuto provare per quel pene coperto di tracce umide, e senza batter ciglio lo afferrai e me lo infilai in gola per quanti centimetri riuscii.

Presi a pomparlo, quando sentii che un altro corpo estraneo mi riempiva gli intestini affondando nel mio culo in un solo colpo. E’ Ibrahim che, lestamente, aveva preso il posto del suo compaesano tra le mie chiappe, e così, mentre Mohamed mi riempiva la bocca di sperma che io ingoiavo senza che mi fosse nemmeno chiesto, il suo amico mi scopava il culo con colpi fortissimi, segno che di lì a poco avrebbe goduto anche lui.

Non sentivo più nemmeno il culo, ormai sfondato da numerosi cazzi per ore ed ore… lo immaginavo come una voragine di carne dove anche il cazzo di un somaro avrebbe potuto accomodarsi… turbata da questo pensiero quasi non mi accorsi che anche l’altro arabo aveva raggiunto il suo limite e, afferrati i miei fianchi, mi aveva infilato il suo cazzo fino all’elsa per riempirmi il culo con un nuovo clistere di sperma, inveendo verso di me nella sua lingua.

Mi rialzai solamente qualche minuto dopo… il culo indolenzito mi rendeva faticoso anche il semplice camminare, ma la mia giornata non era ancora terminata…

Chiesi a Claudio se potevo utilizzare il bagno dell’alloggio, e mi concessi una doccia, come se acqua calda potesse far scivolare via anche dal mio corpo oltre allo sporco fisico anche quello “morale”, quella sensazione di essere caduta in un vortice di depravazione, di essere destinata ad essere usata e abusata da qualsiasi uomo per i propri piaceri, anche i più turpi. Ad occhi chiusi ricevevo il getto d’acqua calda sul viso e nella mia mente apparve l’immagine di Ibrahim e Mohamed che, con i loro membri scuri, mi orinavano sul volto e nella mia bocca spalancata. E mentre quel pensiero faceva ribrezzo alla mia parte razionale, la potente erezione del mio membro tradiva il turbamento e l’eccitazione che dava alla mia parte più istintiva.

Staccai la cornetta del doccino, e diressi il getto d’acqua fredda sul mio ano indolenzito e dentro di esso, per lavare via tutto lo sperma che mi riempiva le budella e per far ritrovare un po’ di tonicità al mio sfintere martoriato.

Poi uscii dalla doccia, e contrariamente a quanto avrei fatto di solito, non mi rivestii da maschio, ma estrassi dallo zainetto un altro cambio femminile, mi truccai con cura e poi, salutati i tre, lasciai l’alloggio. La strada era deserta, per cui attraversai senza farmi vedere da nessuno e suonai al citofono di Lele…

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