Shaoshà

Shaoshà

Bene! Quello che vi sto per raccontare è una storia che mi è realmente accaduta. Ho “romanzato” la storia in modo da poter salvaguardare la privacy delle altre persone coinvolte oltre che alla mia, ma i fatti sono reali.
Anni fa il manager della compagnia di navigazione per cui lavoravo mi convocò nella sede principale dell’azienda, per cui al primo porto italiano sbarcai, presi il treno e mi diressi presso la sede principale.
La sede era in una grande città portuale dell’Italia settentrionale.
Mi presentai alla sede e l’addetto alla ricezione del pubblico mi accolse e mi fisso un appuntamento con il manager per la mattina successiva.
Nel frattempo la Compagnia mi fece alloggiare nella foresteria. La foresteria era come un albergo pieno di stanze per il personale che passava di lì per i più svariati motivi.
La mattina successiva incontrai il manager che mi diede due notizie, per me, totalmente inaspettate. La prima era che mi assumevano a tempo indeterminato, mi aumentavano di grado (diventavo direttore di macchina) e soprattutto mi aumentavano sensibilmente lo stipendio. La seconda era che non avrei potuto imbarcare sulla mia nave prima di 3 mesi fino a che l’attuale direttore non sarebbe andato in pensione, per cui per 12 settimane avrei lavorato nella sede ed avrei alloggiato in foresteria.
Mi misero a lavorare nell’ufficio che era addetto alle forniture ed ai ricambi delle navi in quanto esperto in quel settore.
Di fronte al mio ufficio c’era l’ufficio per le comunicazioni con l’estero e ci lavorava una ragazza cinese. Aveva 30 anni, si era laureata in Cina ed era stata assunta proprio per intrattenere i rapporti tra la compagnia e le aziende cinesi. Parlava tante lingue oltre al cinese, inglese, russo, greco, ed anche un buon italiano.
C’incontravamo tutte le mattine alle 10 alla macchinetta del caffe per la pausa e scambiavamo timidamente due parole. La timidezza sparì ad entrambi dopo qualche giorno.
Una sera ,finito l’orario di lavoro, mentre uscivo dalla sede principale la incontrai. Nel corridoio mentre andavamo a prendere l’ascensore iniziammo a chiacchierare del più e del meno e, parlando parlando, arrivammo alla porta principale.
Alla porta principale mi disse: “ Sono due settimane che lavori qui ed ancora non so come ti chiami”. Io risposi : “Mi chiamo Raimondo, tu come ti chiami?” e lei “Shaoshà”. Mi fece un gran sorriso ed usci dalla porta.
La mattina successiva arrivai in ufficio e come al solito alle 10 andai a prendere il caffè e come i giorni precedenti dopo pochi istanti arrivò Shaoshà. Mi salutò e mi disse: “Mi piace molto il caffè, da me in Cina non si beve molto ed è anche difficile da trovare, noi beviamo il tè. Ho iniziato a bere il caffè da quando sono in Italia.”
Io: “Da quando sei in Italia?
Shaosha: “Sono arrivata in Italia 5 anni fa dopo la laurea per venire a trovare mia zia e mio zio che avevano aperto un ristorante qui vicino. Mi è piaciuta l’Italia, la sua storia, la sua cultura e decisi che ne volevo sapere di più. Ho iniziato a lavorare nel ristorante dei miei zii per poter rimanere”
Io: “E come hai fatto ad entrare nella compagnia? Io sono dieci anni che combatto e lotto per un contratto che mi hanno fatto solo ora.!”
Shaoshà: “ Un giorno un signore che lavorava qui mi incontrò nel ristorante parlammo per un po’ chiese delle cose su di me. Mi chiese di dargli un curriculum vitae e non sapevo neanche cosa era, me lo spiegò in inglese. Il giorno dopo glielo portai qui e mi disse che mi avrebbe fatto assumere e di imparare bene l’italiano.”
Io: “E ti hanno assunta?”
Shaoshà: “Si dopo un paio di mesi, gli serviva una persona che sapeva il cinese perché stavano aprendo una sede in Cina.”
Io:” Come hai fatto ad imparare bene l’italiano?
Shaoshà: “ Sono andata a scuola dove ho imparato le basi, mi ha aiutato tanto anche parlare molto con le persone e soprattutto guardare la televisione italiana. Guardando la TV ho imparato tanto.”
Io: “I tuoi zii lo hanno ancora il ristorante?”
Shaoshà: “No, sono tornati in Cina, il ristorante ancora c’è ma loro non ci sono più! Se vuoi mangiare cinese, non andare al ristorante te lo preparo io. I ristoranti cinesi hanno italianizzato la cucina cinese per cui non è veramente cinese.”
Io: “ Ah! Quando me lo prepari?”
Shaosà: “Quando vuoi!”
Io “Venerdi?”
Shaosà: “No, facciamo sabato cosi la mattina vado a prendere le cose veramente cinesi!”
Io: “Ok facciamo per sabato”
Shaoshà: “Ti aspetto per le 7 di sera a casa mia, però non dire niente a nessuno, non mi va che gli altri lo sappiano!”
Passarono i giorni ed il sabato alle 7 di sera andai a casa sua. Viveva in un appartamento piuttosto lontano dalla sede dell’azienda. Era un appartamento di medie dimensioni e con mia sorpresa e delusione non c’era niente di cinese. Era il tipico appartamento italiano, con un soggiorno, una cucina e la camera da letto ed il bagno.
Preparò un piatto di riso, del pollo e della verdura erano qualcosa di straordinario, erano buonissimi e totalmente diversi da quelli dei classici ristoranti cinesi. Aveva preparato per me anche la forchetta perche diceva che non sapevo usare le bacchette, aveva ragione.
Durante la cena parlammo di tutto, ci raccontammo le nostre storie.
Il lunedì mattina ci rivedemmo, le cose tra noi erano cambiate.
Durante la settimana parlammo varie volte e ci organizzammo per fare una gita il sabato.
Non conoscevo i luoghi intorno alla città dove mi trovavo, per cui durante la settimana mi organizzai per noleggiare un auto per il fine settimana ed informarmi su dove andare e cosa vedere.
Arrivò il fine settimana ed andai a prendere la macchina che avevo noleggiato. Era una piccola utilitaria italiana e con quella andai a prendere a casa Shaoshà.
Partimmo e facemmo un giro per tutta la provincia seguendo una guida turistica che avevo trovato nell’auto.
Pranzammo in un ristorantino che era indicato nella guida turistica. Fu una giornata meravigliosa parlammo tanto e soprattutto ridemmo tanto. La sera andammo a mangiare in una pizzeria vicino alla sede della compagnia.
Nel riportarla a casa, oramai a tarda notte, mi fermai su una piazzola di sosta della strada che avevo notato la mattina.
Scendemmo dalla macchina si vedeva il mare, le luci della città, la luna alta in cielo era una bellissima notte stellata
Non parlammo ci guardammo per un lungo ed immenso istante e cominciammo a baciarci ed ad abbracciarci.
Le mie mani la toccavano dappertutto e lei faceva altrettanto. Le sbottonai la camicetta ed uscirono le sue piccole tette tenute da un altrettanto piccolo reggiseno. Le baciai. Cominciai a slacciargli i pantaloni ed ad infilare la mano nelle mutande e sentivo tutta la sua peluria. Ad un certo punto mi fermò si sbottonò definitivamente i pantaloni e se li abbassò le mie mani finirono sopra le sue candide mutandine carezzando tutto. Istintivamente parlò in cinese e non la capii poi disse: “continua, non fermarti!” Proseguii ad accarezzarla e piano piano ad abbassarle le mutande. Gli piaceva molto che la toccassi li. Piaceva anche a me.
Gli tolsi definitivamente le mutande e la misi a sedere sul cofano della Panda. Comincia ai baciargli la figa. Non era molto pelosa ma la sua peluria era piuttosto lunga e nera come il carbone. Continuai a baciarla ed a leccarla. Lei gemeva con piccoli acuti e parole in cinese a me incomprensibili. Presumo di essere stato in ginocchio ad assaporare i suoi umori per quasi un ora.
Dopo quella piacevole fatica mi fermò, mi fece alzare in piedi mi sbottonò i pantaloni e prese a baciare e succhiare il mio cazzo per un bel po’ tanto che la dovetti fermare due volte per paura di venirmene.
Si rialzò in piedi si mise a sedere sul cofano della macchina allargo le gambe ed infilai il mio arnese. Cominciai a pomparla e ci volle tutta la mia concentrazione per non sborrare. Scopammo per un bel po’ in quella posizione, lei gemeva ed emetteva con piccoli versi (presumo in cinese). Per mia fortuna mi fermò scese del cofano si piegò e poggiò il petto sul cofano in modo che potessi prenderla da dietro, cosa che feci immediatamente.
Continuava a gemere ed a dire quelle parole per me incomprensibili. Anche in questa posizione mi ci fece stare per parecchio tempo. Aveva un culetto da favola piccolo e tondo. Quando mi fermai a riprendere fiato non mi diede tempo si abbassò e cominciò a baciare e leccare la mia verga. Praticamente esplosi. Lei fece un magnifico sorrisone che ancora oggi è impresso nella mia memoria si rialzò, mi abbracciò e mi disse all’orecchio delle parole in cinese.
Ci rivestimmo, e la cosa strana che capitò mentre ci rivestivamo è che scherzavamo e ci prendevamo in giro come bambini.
Ero felice, veramente felice.
La riaccompagnai a casa.
Ero stanco, molto stanco ma ero immensamente felice.

Raimondo

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