Sono sempre stato una persona curiosa. Così, quando durante la mia ricerca di corde per la mia barca a vela mi sono imbattuta in un annuncio insolito – una dominatrice che cercava uno schiavo su cui testare nuovi nodi – non ho potuto fare a meno di cliccare.
In effetti l’algoritmo di Google non doveva aver capito molto bene: oppure ero io ad avere cercato in modo errato degli Annunci BDSM. Comunque fosse, l’idea di capire cosa si intendesse per corde e nodi mi era rimasta in mente.
In realtà avevo un barlume di quello che la Mistress praticava: anche io avevo letto la trilogia delle “50 sfumature”. Anche se ero convinto che la realtà fosse ben diversa. Ed ero incuriosito da quello che avrei potuto scoprire.
Il contatto era una semplice casella di posta elettronica, forse per evitare di essere tempestata di telefonate. In realtà non sapevo nemmeno cosa scrivere nella mail: quindi mi ero limitato a presentarmi, con un nome falso ovviamente, spiegando che mi sarebbe piaciuto approfondire la questione dei nodi.
La risposta era arrivata il giorno dopo: e l’avevo aperta con una certa apprensione. Semplicemente un contatto di messaggistica online, per poterci scambiare una telefonata e verificare che fossimo chi dicevamo di essere.
Tutto quello che era venuto dopo era stato talmente veloce che quasi non me ne ero reso conto. Prima la telefonata, utile per fissare un appuntamento in un bar per un caffè. Un locale scelto di comune accordo, distante a sufficienza da casa e posto di lavoro di entrambi.
Non avevamo previsto segni distintivi: come aveva detto Lara, la mistress, ci saremmo riconosciuti, se era destino. E lo era stato: tra parentesi, Lara era il suo nome vero. Una donna dal fascino innegabile: forse qualche anno più di me, più vicina ai sessanta che ai cinquanta, ma con un fisico invidiabile.
E qualcosa di magnetico: non tanto nello sguardo, quanto soprattutto nella voce. Suadente, ma allo stesso tempo decisa, sembrava in grado di blandire e sferzare nel tempo di una singola parola.
Lara era stata molto diretta, spiegandomi cosa cercava, nei minimi dettagli. E, soprattutto, aveva chiesto quello che cercavo io, perché volevo vivere quell’esperienza particolare. Avevo capito subito che non si sarebbe accontentata di una risposta troppo generica.
“Voglio tornare a sentire. È fin troppo tempo che ho anestetizzato le emozioni e cercato di controllare le mie sensazioni. Voglio provare di nuovo piacere e dolore, fino in fondo.”
Lara aveva ascoltato le mie parole con attenzione, per poi lasciarmi, con la promessa di farsi risentire presto. E presto era stato qualche giorno dopo, allo stesso bar, dove mi aveva presentato una sorta di decalogo, che riguardava quello che avremmo fatto, come si sarebbe svolta la sessione e cosa avrei potuto o non potuto fare. Interrompere il gioco, in qualsiasi momento, era ovviamente nelle mie possibilità: bastava che lo dicessi in modo chiaro.
A quel punto avevo aspettato che i nostri impegni coincidessero: era capitato un sabato pomeriggio, in cui entrambi eravamo liberi da lavoro e da altre incombenze. Non stavo nella pelle, letteralmente: ed era duro anche ammetterlo con me stesso, visto che mi facevo vanto del mio self-control.
Lara mi aveva fatto accomodare in salotto, per un veloce ripasso di quanto scritto, e poi mi aveva condotto nella mansarda, che aveva adibito a dungeon. Avevo cercato di non fare troppo caso all’arredamento, ma i ganci che pendevano dal soffitto mi avevano spaventato: nuda, in mezzo alla stanza, mi chiedevo se avevo fatto la scelta giusta.
Lara aveva percepito la mia esitazione e mi aveva fatto toccare le corde, per tranquillizzarmi: sembravano seta per la morbidezza. Quando aveva percepito che finalmente ero calmo, aveva iniziato la sessione.
Più che legarmi con le sue corde sembrava mi stesse accarezzando: girava intorno al mio corpo, muovendo le mani velocemente e allo stesso tempo delicatamente. Prima di tutto mi aveva bloccato le braccia dietro le spalle, poi era passata ad avvolgere le corde intorno al torace, come le spire dolci di un serpente.
Le corde avevano fatto un disegno intricato intorno ai miei seni: il tocco delle sue mani, combinato alla novità della situazione, mi aveva dato i brividi. Lo stimolo della corda che lentamente passava sui capezzoli mi aveva eccitato e, allo stesso tempo, regalato una sensazione completamente nuova.
Lara aveva lasciato trascorrere qualche minuto tra una legatura e l’altra: un po’ per valutare il suo lavoro, un po’ per dare tempo di adattarmi a questa nuova situazione. Quando avevo sentito le mani che scendevano verso i fianchi, l’istinto era stato quello di fermarla: avevo quasi paura si avvicinasse troppo al pube, non perché potesse farmi male, ma per il piacere che avrei potuto provare.
Ovviamente non l’avevo fermata, anche se il cuore sembrava mi battesse all’impazzata: mi ero limitato a chiudere gli occhi e attendere quello che sarebbe successo. Prima la corda era passata intorno alla coscia, poco sopra il ginocchio. Poi era salita, sempre di più verso il mio cazzo, ma senza stringere in maniera eccessiva.
Quando era arrivata al pene il tocco di Lara si era fatto ancora più delicato: aveva fatto scivolare la corda tra le gambe, cercando di non darmi noia. In realtà quella stimolazione così delicata si stava rivelando una fonte di piacere incredibile. Se avessi potuto toccarmi, probabilmente lo avrei fatto immediatamente, per rendere ancora più veloce e intenso l’orgasmo.
Invece dovevo attendere: non molto in realtà. Lara aveva passato due volte la corda vicino al mio cazzo, stringendo i nodi al punto giusto. Mi bastava respirare per ricevere uno stimolo fortissimo e in pochi minuti, o forse era stata questione di secondi, mi ero ritrovato a godere in maniera intensa. Un orgasmo che aveva coinvolto il corpo e la mente: sentivo il mio pene che si contraeva intorno al nulla, mentre nella testa è un continuo turbinio di sensazioni. Quando le contrazioni si erano fermate, mi ero dovuto appoggiare a Lara per non cadere rovinosamente a terra: ed eravamo rimasti lì, mentre io cercavo di ritrovare il contatto con la realtà e lei ammirava il frutto della sua opera.

