Lucy – Un nuovo inizio – The End (4)

Lucy – Un nuovo inizio – The End (4)

Lele mi aprì la porta, fortunatamente come immaginavo era solo in casa, e trasalì a vedermi davanti a lui nei panni di Lucy. Entrai in casa e lasciai scivolare a terra lo spolverino che celava la mia mise sexy, lo abbracciai e lo baciai voluttuosamente infilandogli la mia lingua in bocca a giocare con la sua. Quando le nostre bocche si separarono, probabilmente Lele immaginava che sarebbero iniziati i nostri consueti giochi, ma al contrario lo arrestai: “Ti devo parlare” dissi solamente, non osando incrociare il suo sguardo.

Restammo lì, in piedi, in mezzo alla stanza, e sempre fissando il pavimento gli raccontai la verità. O meglio, parte di essa. Gli raccontai dell’incidente con Gianni, del ricatto che avevo probabilmente evitato ai nostri danni e che, anzi, avevo trasformato in una sorta di salvacondotto per evitargli ulteriori atti di bullismo, pagando Gianni e i suoi amici col mio corpo. Ovviamente non potevo raccontargli dei cinesi e dei muratori, non me la sentivo di gettare alle ortiche in questa maniera la mia reputazione, o ciò che ne rimaneva.

Quando finii di parlare, non sapevo cosa aspettarmi. Uno schiaffo? Un insulto? Mi avrebbe cacciata?

Alzai gli occhi. Lele stava lì, mi guardava senza parlare. Forse un velo di lacrime gli velava gli occhi, ma non sapevo come interpretarle, fino a quando mi tese le braccia e io mi rifugiai nel suo abbraccio scoppiando a piangere.

Poi ci baciammo, appassionatamente, disperatamente, a lungo.

Sentivo la sua erezione contro il mio ventre, ma non ero lì per quello. O meglio, sì, ma non sarebbe successo qui.

Parlammo ancora per qualche minuto, e gli spiegai, controllando l’ora, che saremmo dovuti uscire insieme. Mi riaggiustai il trucco e uscimmo nelle strade deserte, anche se Lele non nascondeva la sua perplessità.

Gli tesi la mano, e sentii un brivido quando la strinse nella sua. Fare quegli ultimi metri fino alla porta di quel box mano nella mano mi sembrava il gesto più trasgressivo che avessi mai fatto, nonostante tutte le perversioni che mi ero concessa nell’ultimo periodo.

Bussai alla porta del box, e dopo un attimo Gianni mi aprì, rimanendo sorpreso dal vedermi già in panni femminili e, soprattutto, accompagnata da Lele.

Entrammo nel box, e richiusa la porta alle nostre spalle li feci sedere sul famoso materasso, mentre io mi liberavo dai vestiti che nascondevano la mise da sgualdrina che portavo e che mi trasformava completamente in Lucy, eclissando temporaneamente la mia parte maschile.

Nessuno dei due apriva bocca, limitandosi ad osservare me, che nel frattempo ero “pronta” e poi a squadrare l’altro; così presi la parola io.

“Gianni” iniziai “tu sicuramente non avevi quell’intenzione, ma quel giorno della spedizione punitiva sei TU che in un certo senso hai fatto nascere Lucy”

“Lele” dissi poi volgendomi verso di lui “tu sei stato poi il mio primo uomo, sei il primo con cui…”

Mi interruppi, prima di sputare fuori d’un fiato: “…con cui ho fatto l’amore”.

“E poi Gianni, con te ho conosciuto altri aspetti di Lucy che non avrei mai sospettato, ma che sono forse sempre esistiti”.

Continuai: “E’ difficile per me dirlo. E’ difficile anche solo pensare a cose del genere per me che sono sempre stato maschio al 100%. Ma devo ammettere che siete i due ragazzi più importanti della mia vita… di QUESTA mia vita. So che tra voi… beh… diciamo che non c’è tanta sintonia” dissi sorridendo “Ma so anche che entrambi fate parte in maniera indelebile della mia vita e non potrei mai cancellare l’uno o l’altro”

I due si alzarono in piedi, prima Lele e poi Gianni.

Conclusi: “Potete dirmi che sono pazza. Potete lasciarmi qui o buttarmi fuori, se volete. Potete insultarmi e odiarmi. Non vi darei torto.” Poi, voltando loro le spalle: “O potete imparare ad accettarvi l’un l’altro”

Per un istante lungo come un secolo non successe nulla. Poi, mentre li sentivo avvicinarsi, sentii Lele rispondermi: “Non so cosa intenda fare Gianni. Ma per me sei importante, e immagino che anche a lui dispiacerebbe perdersi il divertimento…”

Gianni non disse nulla, ma sentii subito la sua mano accarezzarmi una natica nuda, prima che le braccia di entrambi mi cingessero la vita.

Baciai la bocca di Lele, poi quella di Gianni, poi di nuovo quella dell’uno e quella dell’altro, mentre le loro mani mi palpavano avidamente il culo e il mio pene si ergeva durissimo, oscena protuberanza in contrasto con quel mio corpo che voleva apparire femminile.

Un attimo dopo ero in ginocchio a succhiare alternativamente i loro scettri di carne, quello del mio “fidanzato” e quello del mio “creatore”, a leccarli, a farmeli sprofondare in gola il più possibile.

La fantasia mi portò alla mente un mondo ideale, dove mi sarei fatta scopare tutti i giorni da Lele, da Gianni, o da tutti e due insieme, in una sorta di bigamia dove tutti saremmo stati finalmente felici. Ma sapevo che non poteva essere questa la realtà, e maledissi il nuovo lavoro di mia mamma che mi portava via questo sogno proprio ora che ero riuscita a realizzarlo.

Mi sfuggì una lacrima, ma i due immaginarono che fosse causata dai conati di vomito ora che cercavo di prendere fino in gola quei due cazzi adorati.

Poi fu un attimo: i due cercarono di spingermi entrambi le cappelle in bocca e io ebbi appena il tempo di frullare la lingua su quelle due fragole rosse, che un fiume di sperma mi fu schizzato in gola prima da uno, poi dall’altro cazzo; ingoiai quel liquido salato, mentre mi sfilavo i due membri di bocca per non soffocare, e poi presi a leccarli lussuriosamente sentendo che entrambi (beata gioventù) non perdevano del tutto l’erezione ma che, al contrario, sembravano tornare immediatamente turgidi.

Li guardai alzando gli occhi, mentre continuavo a leccare i loro cazzi, e poi, senza smettere, dissi loro: “Siete miei… sarete sempre miei… e io sarò sempre vostra… tutta vostra…”

Ma proprio durante questa mia dichiarazione d’amore, un rumore sferragliante e una luce forte mi presero di sorpresa.

La porta del box si era aperta, e gli amici di Gianni stavano lì, a guardare me alle prese con due cazzi; non era una sorpresa il fatto che uno fosse quello del loro “capo”, ma sicuramente era strano, per loro, vedere anche Lele lì presente. Tuttavia, non si fecero molte domande e in un attimo furono pronti ad unirsi ai giochi, porgendomi i loro cazzi da succhiare in quello che era diventato un perverso girotondo nel quale io, al centro, passavo da un membro all’altro, avendone sempre due che si contendevano la mia bocca e due che,per così dire, si accontentavano delle mie mani; i due di Lele e Gianni che avevano già goduto e ora, pur avendo ricuperato la piena erezione, promettevano una maggiore resistenza, e i due di dimensioni più modeste degli amici, che in un attimo erano diventati duri come il ferro.

Sicuramente però nessuno dei quattro si sarebbe accontentato della mia bocca, né io volevo limitarmi a succhiare quei membri senza poi accoglierli tutti e quattro nel mio ano ormai ridotto ad una voragine.

Così, ad un certo punto, smisi di leccare e succhiare quella carne maschia, mi alzai in piedi, e andai a mettermi in ginocchio sul materasso, porgendo loro le mie natiche prive di peli, al centro delle quali immaginavo il mio piccolo buco rosso e dilatato, ma desideroso di essere violato, ancora e ancora.

Fabrizio mi penetrò in un sol colpo, senza praticamente trovare resistenza da parte dei muscoli del mio sfintere. Le sue dimensioni non potevano certo paragonarsi a quelle del cinese, o a quelle dei muratori che solo poche ore prima avevano approfittato del mio povero culo, lasciando i muscoli anali completamente rilassati.

“Ragazzi, questa è sfondata da paura… ci ballo dentro!” Qualcuno gli fece notare che, probabilmente, era colpa sua e della sua scarsa “dotazione”, in uno scoppio di risa generale.

Fabrizio li insultò, continuando a scoparmi, aggiungendo: “Dovreste sentire… ce ne starebbero anche due qui dentro!”

La sua affermazione mi colpì come un sasso; “ce ne starebbero due”… già, alla fine i cazzi di Fabrizio e di Pier erano, grosso modo, metà di quello di Ibrahim che mi aveva appena sfondato il culo. Quindi, anche se il sesso non è solo questione di geometria, dove c’era entrato quel randello superbo potevano entrarci anche due cazzi più piccoli…

Il solo pensiero mi fece tremare da capo a piedi… inculata da due cazzi. Sulle riviste porno avevo visto spesso immagini di ragazze possedute da due cazzi in culo e in figa, ma io che di buchi ne avevo solamente uno pensavo che non avrei mai potuto fare qualcosa di simile… e invece, al di là della battuta di Fabrizio, forse avrei potuto fare quella pazzia, o perlomeno provarci…

Buttando alle ortiche ogni pudore, ogni residuo rispetto per me stessa e per quella mia metà maschile che era, comunque, quello che per tutti era il “mio vero io”, voltai il capo verso il mio sodomizzatore, sussurrandogli viziosa: “Dici che ci starebbero? Perché non ci provate?”

Nel locale scese il gelo; qualcuno si chiese se aveva capito bene ciò che intendevo, qualcuno si chiese al contrario come sarebbe stato possibile.

Ruppi gli indugi, certa che se ci avessi pensato su non avrei più avuto il coraggio di farlo, e mi alzai dal materasso, sfilandomi il sesso di Fabrizio dal retto.

Feci sdraiare sul giaciglio Pier, e cavalcandolo mi infilai nel culo il suo cazzo senza difficoltà alcuna, dicendogli: “Non ti muovere, ora”.

Facendo attenzione a non far uscire il suo membro, mi abbassai su di lui fino a far aderire completamente il mio corpo al suo, poi con le mani mi divaricai il più possibile le natiche sussurrando: “…avanti…vieni anche tu…”

Sapevo che, in quel momento, stavo definitivamente distruggendo la mia reputazione. In pochi giorni ero passata dall’essere un ragazzo maschio e virile al 100% ad essere una porca che, dopo aver dato il mio culo a destra e a manca, voleva provare la depravazione estrema, chiedendo di essere sfondata da due cazzi contemporaneamente.

I miei pensieri furono però interrotti da una fitta dolorosa causata dall’ingresso, a fatica, della cappella dell’uccello di Fabrizio che aveva forzato l’ingresso del mio povero ano, già occupato dalla nerchia dell’amico.

Urlai tendendo il mio corpo e i muscoli anali si serrarono ancora di più su quelle due mazze, causandomi ancora più dolore, ma dopo un attimo sentii Fabrizio che aveva ripreso a spingere il suo cazzo nel mio culo, affondando un centimetro alla volta insieme a quello dell’amico.

Aprii gli occhi, e davanti a me vidi altri due cazzi: Lele e Gianni che si masturbavano assistendo a quello spettacolo osceno che offrivo loro.

I due rimanevano comunque distanti dall’azione, anche se la mia bocca aperta alla ricerca di aria era comunque interpretabile come un tacito invito a porgermi quegli altri due membri da succhiare.

Fabrizio e Pier intanto avevano iniziato a muoversi, a volte alternati a volte in sincrono, scopandomi insieme quel culo ormai oscenamente devastato dai numerosi cazzi presi durante quella giornata.

Ripresi fiato, e iniziai ad incitare i miei uomini: “Oddio… due cazzi dentro… mi avete rotta tutta… sfondata… dai, sì, scopatemi nel culo, tutti e due… Vi voglio tutti… “

Il mio delirio fu interrotto da una cappella che mi riempì la bocca soffocandomi, che riconobbi come quella del mio ragazzo, e che poi venne estratta ma solo per permettere anche a quella di Gianni, allargandomi la bocca come là dietro stavano già facendo col mio povero culo, di entrarvi insieme. Due cazzi nel profondo del culo che mi squartavano le budella, due altri cazzi che mi forzavano la mascella per infilarmisi in gola, sensazione di soffocamento, lacrime, conati di vomito, dolore… ma io godevo!

Sì, stavo godendo anche se tutto il mio corpo sembrava essere diventato una massa gelatinosa dove i cazzi dei quattro affondavano senza alcun ritegno.

Mi accorsi appena, infatti, che Fabrizio e Pier mi erano già venuti nel culo e erano usciti da me, lasciando quel buco che ora non accennava minimamente a richiudersi e dal quale gocciolava fuori lo sperma che vi era stato copiosamente versato.

Ritornai a respirare quando Gianni e Lele estrassero i loro cazzi dalla mia bocca, ma sapevo che non poteva essere finita lì.

Mi sentii sollevare di peso come un burattino inanimato dalle braccia dei ragazzi, e sentii lo sperma colare dal mio buco spalancato lungo le mie cosce, e poi mi sentii mettere seduta sul basso ventre di Gianni… no, anzi, ero stata impalata sul suo cazzo ritto e svettante verso il soffitto, ma tra la dilatazione assurda di poco prima e una sorta di insensibilità provocata dalle numerose penetrazioni della giornata l’avevo sentito a malapena entrare dentro di me fino alle palle!

Il “guappo” si era infilato in me per poi attirarmi a sé per le spalle, e io mi lasciavo fare. In una sorta di trance lussuriosa vidi solo Lele che si avvicinava a me, sopra di me, che mi baciava. E io ero totalmente persa nel mio delirio tra il vortice di sesso sfrenato in cui dalla mattina mi ero tuffata senza alcun pudore né rispetto per il mio stesso corpo, e… l’amore? Non so se amavo quel ragazzo che mi baciava languidamente in bocca, ma di sicuro era la cosa più vicina all’amore che avessi mai provato. E tra poco lo avrei perduto…

La fitta di dolore che mi costrinse ad urlare, però, non fu quella causata dall’amore perduto, ma dalla nuova doppia penetrazione a cui mi stavano cercando di sottoporre; il cazzo di Lele stava forzando l’ingresso al mio culo già occupato dal membro di Gianni, e se prima ero riuscita a fatica a ricevere due bastoni di carne insieme, stavolta il compito si prospettava molto più arduo, date le dimensioni più generose dei due arnesi, in particolare quello del mio fidanzato efebo.

Nonostante tutto non volevo darmi per vinta. Volevo quei due membri dentro di me, i sessi dei miei due uomini insieme in me. Volevo donarmi a loro due contemporaneamente. O forse volevo solamente affondare nella depravazione, sprofondare, distruggermi.

Il dolore mi stava quasi facendo perdere i sensi, ma intuivo che, laggiù, il cazzo di Lele era riuscito a vincere l’ultima resistenza del mio povero culo e, centimetro dopo centimetro, stava affondando in me scivolando sul bastone di Gianni, che per tutto il tempo era rimasto ben infisso in quel buco ormai sformato e, immaginavo, irrimediabilmente dilatato all’inverosimile.

“Sì… dentro di me… vi voglio dentro di me… sono tutta vostra… e voi siete miei… sono vostra per sempre… Vi amo… Vi amo… Vi voglio…” urlavo incurante del rischio di poter essere sentita all’esterno del box, mentre i due cazzi avevano preso a muoversi dentro di me, seppur a fatica.

Sentivo quelle due nerchie rigide entrare ed uscire da quell’ammasso gelatinoso che era ormai diventato il mio corpo, privato di ogni supporto e di ogni volontà che non fosse quella di godere e di far godere i miei due maschi… ogni maschio che lo desiderasse…

E poco prima che la luce si spegnesse, che perdessi conoscenza, sentii i due membri schizzare il loro sperma dentro di me, mentre anche io godevo di un orgasmo folle e irripetibile.

Dal finestrino vedevo passare la campagna, illuminata dal sole estivo, mentre la mia mente era persa in mille e mille pensieri. Non avevo nemmeno, intenzionalmente, salutato i miei amanti. Chissà, forse avrei potuto rivederli, un giorno. Ma ora stavo viaggiando verso la mia nuova casa, la mia nuova città.

Una città dove ricominciare da capo, dove seppellire Lucy o… farla sbocciare alla vita definitivamente.

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