LA FRATELLANZA

LA FRATELLANZA

LA FRATELLANZA
PREFAZIONE
Non mi sono mai interessato più di tanto ai racconti erotici ma ultimamente una curiosità mi ha punto e ne ho letto qualcuno.
Una vera delusione: letto uno letti tutti.
Tutti gli uomini hanno dei cazzi da cavallo. Tutte le donne vogliono farsi sfondare il culo più della figa.
Tutte maestre di bocchini e capaci di ingoiare sino in fondo quei cazzi equini senza soffocare (definirei la cosa fisicamente impossibile: basta misurare la lunghezza di una testa per farsi un’idea di quanto un cazzo possa penetrare in una bocca ed un cazzo da cavallo, spinto fino in fondo, non può che soffocare la sventurata).
In più ogni donna aspira ad essere pesantemente insultata ed a comportarsi da troia: puro oggetto nelle mani di un uomo che oltre a scoparsela (ed altro) quando e come vuole, le indica anche la concorrenza (altri uomini) con cui deve accompagnarsi in modo che lui possa osservare dal vivo le proprie corna senza alcun altro compenso (per lui) e non sto certo parlando di uno scambio di femmine. Che tristezza! Cambiano i nomi, le età dichiarate e forse i paesi dove i fatti avvengono: un po’ poco per definirli fantasiosi, non credete?
A mio parere EROTISMO è una parola cerebrale.
Una situazione è erotica perché stimola quel limbo del cervello a ciò delegato, mai un’azione, altrimenti dovremmo arraparci vedendo 2 cani scopare o un gallo che copre una gallina.
Non mi ricordo neppure una conversazione in cui qualcuno mi abbia confidato: “Oggi mi sono fatto una sega fantastica: ho visto 2 mosche che scopavano” e voi?
Questo racconto è un tentativo di procedere invece nella direzione che considero giusta.
Se cercate cazzoni, pareti vaginali sfrangiate o culi rotti (non sono gay e non conosco proprio l’argomento e poi, se sei etero, perché cercare un culo quando hai una bella figa a disposizione?) non cercateli qui.
Qui cercate, più delle azioni, quelle situazioni che possano stimolare la fantasia.
Tuttavia ritengo questo racconto abbastanza completo per il resto svariando dal sesso maschio-femmina, al satanismo, all’incesto, al voyeurismo (controvoglia però).
Ci sono riuscito? Non lo so, tocca a voi dirlo. Non sono uno scrittore professionista ed ognuno ha un proprio eros, ma se qualcuno migliore di me vorrà seguire la strada che indico non potrò che esserne felice.

INIZIIO

L’anno scorso, dopo gli esami di maturità, mi sono recato in montagna per rilassarmi dalla fatica e dallo stress di quei tremendi esami decisivi per il mio futuro.
Eravamo in estate ed il COVID sembrava momentaneamente sotto controllo per cui, con una semplice mascherina appesa ad un orecchio, potevo godermi lunghe e rilassanti passeggiate a contatto col fior fiore della natura.
In una di queste mi imbattei in Alezis, un splendida bionda con un corpo da favola che era inciampata rovinando a terra.
Naturalmente agii d’istinto: con una mano misi la maschera in protezione mentre mi chinavo per aiutarla a rialzarsi.
Mi guardò quasi con stupore, ma accettò di buon grado il mio aiuto, salvo accorgersi, una volta in piedi, che la caviglia era distorta e che non riusciva a camminare da sola.
Fu quindi doppiamente grata del mio aiuto, visto che mi offrii di sorreggerla fino a casa sua. cosa che non sarebbe altrimenti stato nelle sue possibilità.
Normale, in una situazione del genere, chiacchierare per riempire il tempo necessario al ritorno e fu così che stringemmo amicizia.
A destinazione la consegnai alla madre, una piacente signora quarantenne, che mi squadrò con un’aria di forte sospetto ma la cosa non mi impedì di scambiare con Alezis il numero di cellulare dopo che, essendo prossimo il mezzogiorno, salutai le due donne e me ne andai.
Avevo dedicato sino ad allora la vita allo studio: farmi una posizione era per me l’obiettivo più importante, cosa che aveva influito negativamente sui miei rapporti con l’altro sesso. A vent’anni passati non solo non avevo una ragazza. ma neppure ero riuscito a trovarne una con cui simpatizzare: ero fisiologicamente timido, di una timidezza castrante.
Ero ornai rassegnato a passare da solo il resto della mia vita, questo pensavo mentre rientravo a casa … ma quella ragazza aveva aperto una piccola breccia. Mi ero trovato bene mentre chiacchieravamo e, nella mia fantasia, immaginavo (senza speranza, già lo sapevo) che avrei potuto rivederla quando fosse guarita.
Fu quindi in questo stato d’animo che, ricordandomi dello scambio di cellulari, telefonai almeno per accertarmi della sua salute.
Dopo qualche squillo mi rispose la voce di una donna matura.
“Pronto!”
“Sono Damian, il ragazzo che ieri ha riportato a casa sua figlia: come sta?
“Bene grazie (tono asciutto), era solo una leggera distorsione e già si è rimessa in piedi!
“Posso parlarle? (senza speranza).”
“Certamente no: anzi è meglio se ….”
“Mamma, chi è al mio telefonino?”
Sentii queste parole che interrompevano la nostra conversazione poi, con voce molto attutita (evidentemente aveva appoggiato una mano sul microfono
“Nessuno Alezis, solo quel ragazzo che ti ha accompagnata a casa ieri.”
“…. e perché non me lo passi?”
Sentivo più chiaramente ora, anche se ancora con voci lontane.
“Sai che non puoi Alezis ….”
“Ciao Damian (forte, chiaro e squillante), che bello sentirti!”
“Ciao Alezis, come stai?”
“Bene, bene grazie. Un po’ di riposo e praticamente è passato tutto ma. mi viene in mente di essere in debito con te: ti devo almeno una passeggiata tranquilla. Vogliamo farla?”
A quelle parole non credevo alle mie orecchie: col cuore in subbuglio seppi solo biascicare un:”Si, si certo.”
“Bene . allora quando passi a prendermi?”
Attutito in lontananza “Tranquilla mamma, è un bravo ragazzo, sono certa che non ci creerà problemi.”
Guardai l’ora: era il momento della mia passeggiata quotidiana:
“Io sto uscendo ora: se sei d’accordo passo a prenderti e facciamo il giro assieme.”
“Certo che si, sono stata bene ieri con te. La tua voce ha contribuito notevolmente a distrarmi dal mio infortunio: quasi non lo avvertivo. Penso che questa esperienza sia da ripetere assolutamente; non con tutti mi sarei trovata tanto bene!”
“Aspettami allora, esco ora da casa: il tempo di raggiungerti e sono pronto ad accompagnarti nuovamente” replicai mentre appendevo il telefono.
Fu così che la ragazza dei miei sogni entrò nella mia vita.
Mi affrettai a raggiungerla. Sulla soglia di casa sua lei mi si avvicinò sorridendomi e ci allontanammo. (Ma io sentivo fisso nella schiena lo sguardo ostile della madre che, pur non interferendo, ci osservava dalla finestra).
Che altro devo dire?
Da quel momento uscimmo quotidianamente, sentivo la mia timidezza svanire.
Con lei ero me stesso, stavo bene e, giorno dopo giorno, raggiungevo un’intesa sempre più completa.
Non solo la pensavamo similmente su praticamente tutti gli argomenti, ma a volte neppure servivano le parole: i nostri pensieri erano sufficienti.
L’unico neo era costituito dall’ostilità, ora veramente palese della madre … ma io non era con la madre che volevo trascorrere la mia vita. Per cui, a un certo punto, mi sembrò naturale domandarle:
”Alezis vuoi essere la mia donna?” persino la timidezza era totalmente svanita, per cui fu per me una enorme sorpresa vederle spuntare grossi lacrimoni negli occhi.
Mi diede un dolce bacio su una guancia:
“Non posso” mi comunicò, “vorrei proprio poter accondiscendere accontentando nel contempo anche me stessa … ma non posso.”
La sua bocca aveva assunto una piega amara mentre mi si negava ma la cosa non mi convinceva: ero certo del fatto che come io di lei, anche lei fosse innamorata di me.
“Perché Alezis? Vedo che con me ti trovi bene, o almeno così mi appare, Sei bellissima, ma nonostante questo ho notato con stupore che non ci sono mosconi che ti ronzano attorno. In effetti sembra proprio che io sia l’unico uomo che riesce a far parte della tua vita. Forse tua madre si oppone in qualche modo? Ho notato, sai, che ogni volta che mi vede mi rivolge solo sguardi malevoli. Cosa le ho fatto? Cosa ha contro di me?”
“Hai visto giusto” rispose mentre girandosi si avviava versa casa: “mi piaci, ho un idem sentire fantastico con te e mia madre non credo proprio che abbia nei tuoi confronti motivi personali di acredine. Se non che io sono destinata e tu non fai parte della FRATELLANZA. Questo è il motivo principale che ci separa e ci separerà, ahinoi, per sempre”
Mi sembrava di essermi all’improvviso rimbambito e la guardai con occhi vacui.
Lei, pur tra i goccioloni, capì di dovermi dare una migliore spiegazione: mi prese per la mano e mi condusse a sedere sul prato per poter sviscerare con calma la sua posizione.
“Pur non essendo la regina d’Inghilterra, io ho per nascita alcuni obblighi che non posso infrangere.” Attaccò con voce rotta dall’emozione. Tu credi alle streghe?”
La domanda esulava completamente dai nostri problemi, o almeno così mi pareva, tuttavia scossi lentamente la testa in segno di diniego.
“Capisci? Questo è il punto: IO SONO UNA STREGA, ma non solo quello. Io sono la discendente diretta femminile di una linea di sangue che risale all’anno 1000 o giù di li. Nei secoli abbiamo avuto momenti buoni ed altri terribili, ti ricordo la caccia alle streghe più sanguinosa, quella che si è svolta negli anni attorno al 1700?
Tuttavia le streghe sono sopravvissute: le superstiti si sono riunite in un gruppo detto FRATELLANZA in cui la mutua solidarietà ha consentito di affrontare e superare tutti gli ostacoli che i COMUNI, voi umani normali, via via ci hanno frapposto con lo scorrere dei secoli-
A capo abbiamo una REGINA DEL SABBA, per quanto riguarda la linea femminile, ed un GRANDE STREGONE per quanto riguarda la linea maschile.
Siamo stati costretti a formare un gruppo chiuso, la FRATELLANZA, in quanto mai nei tempi passati un COMUNE avrebbe accettato non dico di mischiarsi, ma neppure di consentirci di sopravvivere. Ricordi i proclami religiosi °Non consentire che una strega viva?°
Attualmente questo fanatismo si è un po’ attenuato, e questo è il motivo per cui mi sto fidando a confidarti tutto, ma purtroppo la diffidenza tra le parti c’è tuttora.
Io sono destinata a generare gli eredi reali: solo però all’interno della FRATELLANZA. Anche se ti volessi, dato che tu mi piaci moltissimo, sei purtroppo un COMUNE, quindi non puoi rapportarti con me. Non appena mia madre avrà deciso il nome del mio sposo io dovrò maritarmi per poi, in futuro, prendere il suo posto xome Regina-”
La fermai con una domanda:”Ma scusa, che poteri hanno le streghe? Non dirmi che voli su una scopa, non ti crederei”
Tra le lacrime apparve un sorriso che sfociò in una allegra risata: “Certo che non voliamo sulle scope, non lo abbiamo mai fatto (ed un’altra risata)-
Questa è solo credulità popolare dovuta forse al fatto che quei beoti di COMUNI del 1700 non riuscivano a rendersi conto di come noi, che contiamo tra le nostre fila anche dei SENSORIALI, riuscissimo in breve tempo ad ottenere notizie, poi confermate dai fatti, provenienti dall’altra parte del modo. Come hanno fatto a saperlo? Sono salite a cavalcioni su una scopa che viaggiava più svelta di 1000 cavalli. Non trovavano altra spiegazione e, tra una voce puramente inventata ed una allucinazione dovuta al buio pesto (secondo loro eravamo esseri notturni, quindi del buio, quindi invisibili) ecco nata la leggenda delle scope volanti.
In realtà noi abbiamo alcuni poteri paranormali, nulla di eccezionale ma se si sono conservati è solo grazie al circolo chiuso della FRATELLANZA.
Restando tra noi non abbiamo consentito a quei poteri di disperdersi per cui essi, uniti alla approfondita conoscenza dell’erboristica, hanno consentito a noi di prosperare anche se molti COMUNI, che fondamentalmente riconosco non essere diversi da noi, hanno nei secoli imparato a temere chi faceva loro del bene.
Vorrei proprio che le mie ave avessero avuto il potere di lanciare fiamme, invece di morire sui roghi! Il terrore le avrebbe certamente protette meglio della guarigione di uno storpio.” concluse tristemente.
Le credevo: sapevo che mai mi avrebbe mentito ma le sue parole mi avevano tolto il terreno sotto i piedi.
Già mi rivedevo solo, ramingo senza un punto di orientamento. La mia donna mi era negata da una tradizione più forte di qualsiasi catena.
La amavo, me ne rendevo ora pienamente conto, e lei amava me, questo era certo, ma ad entrambi sarebbe stata negata la possibilità di pianificare un futuro comune.
La aiutai a rialzarsi e tristemente ci riavviammo verso casa sua.
Qui giunti ci salutammo con un casto bacio sulla guancia e finalmente potei allontanarmi libero di piangere.
Sapevo che non avrei potuto rivederla mai più.
Per alcuni giorni girovagai per il paese, cieco e sordo alle pur notevoli bellezze naturali del posto, poi giunse il momento del ritorno a casa: feci il biglietto del pullman e mi recai alla sua fermata.
Senza neppure fare caso alla ressa di gente in attesa salii al mio posto e solo al momento della partenza, constatai che al mio fianco era seduta una donna: la madre di Alezis.
Mi preparai ad un viaggio d’inferno: lei già mi guardava malignamente da un vetro della finestra di casa, figuriamoci come avrebbe ridotto in brandelli il mio ego avendo a disposizione tutto il tempo di un viaggio.
Passarono 10 minuti e, all’improvviso, fu lei a rivolgermi la parola: “Damian vero?”
Sentirmi apostrofare così, proprio da lei, esulava da tutto.
“Si signora, non sbaglia.” risposi impacciato.
Nuovamente sentii il suo sguardo indagatore posarsi su di me: “Chiamami Astrid” con un sorriso che sembrava sincero: “Forse ti ho mal valutato COMUNE. Ho parlato con mia figlia che mi ha riferito di averti rivelato, sia pur per sommi capi, il nostro piccolo segreto.”
“Ecco, ora mi fulmina.” pensai tra me.
“Mi ha anche detto che forse non sei un COMUNE comune, che l’hai fatta divertire, che l’hai corteggiata con discrezione e, soprattutto, che mai hai cercato di abusare di lei.”
Distolsi da lei lo sguardo ed annuii silenziosamente
“Un bravo ragazzo finalmente, anche se COMUNE. Siamo usciti dal medio evo e forse, e dico forse, se veramente sei attratto da mia figlia quanto lei è attratta da te, si può fare qualche cosa.”
Interessato la guardai diritta in viso.
“Sai che sto cercandole un compagno per la vita? “
“Si Alezis mi ha detto anche questo, ma mi ha detto anche che il compagno dovrà necessariamente essere scelto all’interno della FRATELLANZA ed io sono solo un COMUNE.” ribattei abbassando nuovamente gli occhi. Ogni speranza stava andando in frantumi
“Vero, e la FRATELLANZA è un gruppo chiuso: ma se lo aprissimo per accogliere un promettente stregone empatico, che senza addestramento è riuscito ad entrare in simbiosi con Alezis?”
Non credevo alle mie orecchie: uno dei maggiori ostacoli tra me e la mia donna stava offrendomi di appianare le divergenze e di rendere possibili i miei sogni …. Ed io che la avevo ritenuta ostile. Mi rendevo conto solo ora che la responsabilità del comando può far sembrare dure alcune decisioni ma, in fondo, una madre è sempre una madre desiderosa della felicità della figlia.
“Sono giovane ma, mi creda, sono realmente innamorato di Alezis. Se potesse accogliermi nella FRATELLANZA non esiterei. Sono disposto a tutto pur di condividere la vita con colei che amo.”
Astrid sorrise: “Giovane ed impulsivo. Credi che entrare nella FRATELLANZA sia un gioco? Credi che ti stia offrendo il paradiso? Sappi che al contrario è l’inferno che dovrai combattere e che dovrai adattartici accettando in toto tutte le nostre regole e le nostre tradizioni! Questo per un COMUNE è tutt’altro che semplice e una volta che le avrai accettate non ti sarà consentito di ripudiarle. La sopravvivenza della FRATELLANZA viene prima di tutto, anche della felicità tua e di Alezis.”
Avrebbe potuto dirmi qualunque cosa, toccavo il cielo con un dito e nulla avrebbe potuto farmi cambiare idea.
“Damian, se accetti di imparare le nostre regole e di tentare di entrare nella FRATELLANZA, ti prometto che non assegnerò Alezis fino a quando non sarai pronto a competere e questo ti darà una possibilità per averla.”
D’impulso mi avvicinai a lei e la baciai su una guancia.
“Grazie, farò tutto quanto è in mio potere per non deluderla.”
Lei velocemente frugò nella sua borsetta e ne trasse un biglietto da visita con un indirizzo ed un numero di telefono.
“Vieni qui appena puoi, qui completerai il tuo addestramento ma mi raccomando segretezza e anche se hai il numero di Alezis non farle mai menzione del nostro accordo: non voglio che si illuda e che ne soffra.”
Giurai sul mio onore e lei cominciò immediatamente a spiegarmi tante cose che Alezis, dato lo scarso tempo a disposizione, aveva forzatamente trascurato.
Quel viaggio in pullman risultò alla fine troppo breve: in un lampo fummo a destinazione. Dopo aver perso ogni speranza avevo ora una concreta possibilità di realizzare il mio desiderio.
Questo fu il mio primo passo nell’esoterismo.
Impiegai 7 mesi per raggiungere un livello sufficiente per essere accettato.
Dato il patto di riservatezza che ho sottoscritto non rivelerò nulla di quanto ho appreso ne delle cerimonie cui ho avuto il privilegio di assistere e partecipare: mi limiterò a quella parte che riguarda la mia accettazione e la mia personale esperienza da allora.
La mia preoccupazione principale, in quei 7 mesi, fu naturalmente, oltre ad apprendere i segreti della mia nuova vita, anche quella di mantenermi.
La morte dei miei genitori mi aveva lasciato erede di una piccola somma che avrei voluto dedicare agli studi, ma la necessità di frequentare quotidianamente quei corsi, mi aveva quasi ridotto sul lastrico tanto che ero quasi giunto al punto di alzare, con assoluto malincuore, bandiera bianca. La necessità di amare Alezis era sempre più impellente, ma per farlo avrei dovuto essere vivo ed io stavo letteralmente morendo di fame
Ne parlai al mio istruttore e questi, con mio grande stupore si mise a ridere di gusto.
“Ma davvero non ti rendi conto di chi sei e di dove sei?” e giù un’altra risata grassa, “Davvero credi, in pochi mesi, di assorbire tutta una cultura più che millenaria? Ti stai impegnando molto, te lo riconosco ma sei e resti, un COMUNE raccomandatoci dalla nostra REGINA DEL SABBA. Un COMUNE con grande potenzialità, è vero e tuttora in lista d’attesa per l’ingresso nella FRATELLANZA. Qualsiasi altro COMUNE non avrebbe nessuna possibilità, credimi, ma tu, con la raccomandazione che ti ritrovi sei già praticamente uno di noi.”
“Che c’entra questo col mio problema?”, ribattei.
“Credi davvero che una società possa durare più di 1000 anni lasciando morire di fame i suoi uomini?” e nuovamente una grande risata, “O piuttosto ritieni più probabile che nel corso dei secoli si sia riusciti ad accumulare danaro e potere?
Questo è il caso. Se poi consideri che noi ci definiamo FRATELLANZA e che tutti i componenti di una fratellanza (anche di COMUNI) sono o dovrebbero essere solidali tra loro, la soluzione al tuo problema dovrebbe balzarti da sola agli occhi.
Parlane con qualcuno di noi, e tu lo hai appena fatto,, poi rimani in attesa.
Domattina vieni pure un po’ più tardi, credo che avrai una commissione da sbrigare.” Mi schiacciò l’occhio con un sorriso complice.
In effetti, la mattina successiva, trovai una busta infilata sotto la mia porta.
L’aprii e sbiancai in volto: era l’invito a recarmi ad un colloquio di lavoro per quella mattina stessa.
Mi vestii più in fretta e meglio che potevo e mi affrettai a raggiungere l’indirizzo indicato.
Giunsi ad un palazzo enorme, sovrastato da un logo che a quel momento mi era del tutto ignoto.
Timidamente mi rivolsi al portiere mostrandogli la lettera in mio possesso.
Questi mi squadrò da capo a piedi, forse domandandosi come un mezzo pezzente come me potesse avere appuntamento con uno dei massimi dirigenti ma, ugualmente, mi fece accomodare in un salottino d’attesa per poi attaccarsi al telefono.
Meno di due minuti dopo una splendida ragazza mi raggiunse invitandomi a seguirla e mi condusse all’ultimo piano, in un ufficio che avrebbe potuto tranquillamente contenere tutta la mia abitazione più quelle di altri due o tre vicini.
Al lato opposto della porta c’era una grossissima scrivania cui era seduto un uomo di circa sessant’anni che, vedendomi, mi fece cenno di raggiungerlo.
Non feci quasi in tempo ad avvicinarmi alla scrivania che mi apostrofò” Lei è Damian *?”
La timidezza stava rapidamente riprendendo il sopravvento e mi stavo domandando come avrei potuto sostenere un colloquio di lavoro in quelle condizioni. Annuii col capo. “Si”
“Lei è assunto col grado di dirigente, ruolo relazioni esterne, lo stipendio è fissato, per ora, a 5000 euro al mese. Avrà diritto ad un ufficio di categoria A situato al piano sottostante questo e ad una segretaria. Non avrà obbligo di presenza. Le va bene?”
Troppa grazia: stavolta la parola me la tolse in maniera assoluta la sorpresa e nuovamente non potei che annuire col capo.
Lui. compreso il mio assenso premette un pulsante all’interfono e quando riapparve la ragazza di prima le ordinò di accompagnarmi al mio ufficio, di farmi ottenere dall’amministrazione un pass privilegiato e di aiutarmi nella scelta della mia collaboratrice personale, poi con un sorriso mi congedò senza neppure darmi il tempo di ringraziare.
Visitare l’ufficio e sbrigare le formalità di assunzione mi richiese circa un’oretta: restava da scegliere solo la mia segretaria e provai a stuzzicare il mio senso di empatia che stavo quotidianamente allenando.
Non fui deluso. Notai una ragazza non eccezionale, anzi un po’ scialba, che era alle prese con un lavoro che certo, dalla sua espressione, non le dava soddisfazione e la indicai alla segretaria: “Posso avere quella?”
“Non voglio contraddirla ma Maria **** non è un grande elemento; non sono certa che possa essere adatta ad un dirigente importante come lei.”
Non mi andava di essere contraddetto ed insistei: “Voglio lei. A meno che non sia già impegnata in un progetto più importante che solo lei è in grado di portare a termine, La prego di assecondare la mia scelta.”
Di fronte a quella improvvisa dimostrazione di autorità la segretaria chinò il capo: “Va bene, è lei che decide.”
Poi si avvicinò all’impiegata parlottando velocemente con lei che guardò brevemente nella mia direzione, mi sorrise ed annuì.
Fu così che Maria entrò a far parte del mio staff.
La cosa esula da questa narrazione ma ella. In futuro, si sarebbe rivelata un elemento eccezionale, in grado di far progredire, essa sola, la compagnia.: il mio fiuto aveva scelto bene.
Risolto il problema del pane (e che pagnotta!) potei dedicarmi al mio addestramento e fu così che, allo scadere dwi 7 mesi, fui convocato dalla REGINA DEL SABBA.
Mi sentivo abbastanza tranquillo, conoscevo oramai molti dei riti propri della FRATELLANZA ed ero certo che sarei riuscito a superare un eventuale esame di mezzo corso.
L’edificio dove ero stato convocato presentava un lungo corridoio cui si affacciavano molte stanze da cui non trapelava nessuna luce.
Davanti ad ogni porta un uomo mascherato attendeva in piedi e di fronte a lui un paravento,
Raggiunsi la porta assegnatami e l’uomo che la presidiava mi indico con un gesto il riparo indicando che dovevo spogliarmi.
Qui trovai una seggiola ed un appendiabiti cui era appeso un lungo camice nero che si chiudeva sulla schiena con dei lacci. Toltimi i vestiti notai, appesa sotto quel camice, una strana maschera di cuoio che non aveva però fori per gli occhi.
Indossai il camice e perplesso portai la maschera all’uomo in attesa facendo un cenno interrogativo.
Lui non rispose; in silenzio girò alle mie spalle, aprì leggermente il camice, infilò un dito nell’elastico delle mutande tirandolo leggermente e rilasciandolo di colpo, poi mi rispedì dietro il riparo a completare l’operazione
Eseguii di buon grado poi tornai da lui che, senza dire una parola mi pose la maschera, sul viso togliendomi ogni visuale.
Quando fu soddisfatto e certo che io non potessi vedere nulla, gentilmente mi prese per una spalla, guidandomi oltre la soglia.
Sentii una voce maschile: “In una FRATELLANZA la prima dote è la fiducia negli altri componenti.
Tu non vedi ma se ti dico di fare da solo 2 passi avanti credi di poterlo fare?”
Era una prova risibile: senza esitare mi mossi come indicatomi e mi fermai.

La voce continuò “Quella che indossi è la tua maschera personale e tuttavia essa non potrà mai lasciare questo edificio a meno che non ti venga espressamente richiesto: Hai capito?”
“Si maestro” mi sembrava che quel titolo fosse il più appropriato
“Non sono un maestro: qui ed ora sono un ALLEVATORE e sono l’unico che nella forte penombra della stanza ha la possibilità di vedere. Tu dovrai fidarti ciecamente di me, d’accordo?”
“Si ALLEVATORE”
“Siccome sei ancora un COMUNE, sappi che in questa stanza ci sono altri 2 uomini e 4 donne, tutti egualmente mascherati.
Gli uomini sono il GRANDE STREGONE ed il GRAN MAESTRO INSEMINATORE; tre delle donne sono presenti solo per disturbarti mentre non dovrai mai sapere chi sia la quarta e qui esigiamo la tua parola di COMUNE che neppure tenterai mai di sapere chi sia. Ho la tua parola?”
“ Si ALLEVATORE, ti do la mia parola.” Risposi.
“ Bene bene” intervenne una seconda voce, “Vediamo cosa hai imparato in questi mesi.”
Cominciò così l’esame che, avrei saputo più tardi, avrebbe determinato il mio ingresso nella FRATELLANZA: la voce 2 domandava ed io rispondevo ma …. Cominciavo ad avvertire uno strano movimento attorno a me.
3 tra le donne mi si erano avvicinate, avevano facilmente oltrepassata la barriera del camice, aperto sul retro, ed avevano preso possesso delle mie parti basse
Non era semplice rispondere a domande relativa ad argomenti ancora tutto sommato nuovi e di cui sapevo non avere la completa padronanza.
Concentrarsi mentre una bocca mi leccava lo scroto, un’altra l’ano mentre una terza, dopo aver quasi ingoiato il pene mi faceva un maestoso pompino era molto difficile ma credo di essermela cavata discretamente visto che la voce ad un certo punto espresse soddisfazione
A questo punto intervenne l’ALLEVATORE
“£ come te la stai cavando con le tre collaboratrici?”
“Molto male temo! Non sono abituato al sesso e queste tre sono diaboliche. Quella dinanzi me, se non starà attenta, finirà per affogare nel liquido che sarò costretto ad eiaculare!”
“Non osare farlo! …. MAESTRO INSEMINARORE puoi controllare tu?”
Sentii una mano maschile intrufolarsi e toccarmi li pene
“Sembra pronto direi”
A quelle parole le tre si ritirarono in silenzio lasciandomi solo ….. con un’erezione da record-in corso
Sentii qualcuno che mi slacciava il camice. Poi una mano che mi prendeva il pene tirandomi , con quello usato come fune, in avanti.
La prima regola era la fiducia, quindi docilmente mi lasciai guidare in quella strana maniera.
Pochissimi passi. Due o tre poi avvertii sulla punta della cappella un contatto circolare tiepido ed umido.
Non me ne intendevo ma realizzai che mi avevano appoggiata la cappella all’ingresso di una vagina. Sul punto di sborrare mi fermai in attesa di istruzioni sperando in un ordine che ponesse fine a quella prova surreale.
“Beh, che aspetti? Completa quello che il tuo stesso corpo vuole fare!”
A quelle parole spinsi in profondità penetrando in un solo colpo quell’accogliente tana.
Oramai ero troppo eccitato oltre che giovane ed inesperto.
Bastarono poche stantuffate e riempii col mio seme quell’accogliente ricettacolo.
Sentii l’ALLEVATORE mormorare un “Si”
Il gran maestro intervenne dopo pochi istanti:
“Questo COMUNE ha recato i suoi doni alla madre, e la madre li ha accettati. Pertanto da questo preciso istante egli entra a far parte della FRATELLANZA e sarà un FRATELLO a pieno titolo.
ALLEVATORE, tu che unico tra tutti possiedi il dono della vista completa la tua opera.”
Avvertii 2 mani maschili prendermi il pene e strizzarlo delicatamente all’interno della vulva poi, sempre con grande riguardo lo estrassero asciugandolo con un fazzolettino e concludendo poi l’operazione con un bacio alla parte seguito da un “Grazie”
Quindi mi venne porto il camice che mi avevano tolto con l’invito a reindossarlo.
Appena sistemato l’ALLEVATORE mi accompagnò al paravento dove potei togliermi la maschera di cuoio.
“Rivestiti FRATELLO: sei libero” mi disse: ”Lascia appeso il camice ma porta con te la maschera. Prima di uscire dall’edificio dovrai portarla al MAESTRO INSEMINATORE dopo che sarai libero. Ricordati sempre la segretezza sui partecipanti a questa riunione.
Mai dovrai cercare di sapere chi io sia ne chi siano le tre donne o la donna che ti ha accolto. Ovviamente questo segreto non si espande ai maestri che erano presenti: Con loro potrai liberamente parlare, e dovrai farlo in futuro.
Ancora grazie per il tuo contributo” ciò detto tornò all’interno della porta lasciandomi solo coi miei pensieri.
Mi rivestii silenziosamente andando col pensiero alla strana cerimonia che era appena conclusa.
Mentre mi dirigevo all’ufficio indicatomi un lampo illuminò il mio cervello: mi avevano accettato, d’accordo, ma io avevo tradito Alezis. Cominciavo a non sentirmi più degno di lei che, da MADRE in pectore, certamente avrebbe immediatamente dedotto l’accaduto dal fatto stesso che mi avevano accettato.
Sua madre mi aveva ingannato,aveva fatto in modo che la ragazza stessa fosse nelle condizioni di lasciare un “moroso” che come prima azione l’aveva tradita.
Trovai il MAESTRO nel suo ufficio, senza dire una parola gli consegnai la maschera e tristemente tornai verso casa: avevo vinta la battaglia me avevo perso la guerra: solo ora me ne rendevo conto.
Nei giorni seguenti cominciai a trascurare l’addestramento dedicandomi al lavoro: tanto valeva, visto il modo in cui l’avevo ottenuto, che mi guadagnassi quei 5000.
Cominciai a stabilire un po’ di contatti , a prendere appuntamenti, a stringere accordi.
Praticamente ero al telefono 20 ore al giorno e questo mi aiutava moltissimo a non pensare a quanto avevo perso.
Un giorno mi chiamò il capo in persona. Ripensando al modo estremamente sbrigativo con cui ero stato assunto, salii al suo ufficio aspettandomi di tutto, licenziamento compreso, e scoprendo che in realtà non me ne sarebbe importato proprio nulla, La vita aveva perso ogni senso per me.
Mi feci annunciare e mi vidi accolto con un sorriso: “Damian ****, finalmente ti fai vivo! Da ora dammi pure del tu. Sbrighiamo prima il lavoro: devo lodarti. Presente, attivo e soprattutto capace. Ho notato un incremento nel gradimento aziendale da quando ci sei. Credo che la nostra azienda abbia proprio fatto un affarone a garantirsi la tua collaborazione.”
La lode era inaspettata ma neppure di questo mi importava granché. Lo guardai con occhi vacui.
“Cos’è questa faccia da funerale? Ti ho lodato, non licenziato, sai?
Comunque c’è un altro punto che devo comunicarti: hai presente la tua assunzione? Hai trovato normale che io ti assumessi e ti assegnassi un posto di responsabilità basandomi sulle 2 uniche parole che mi avevi detto? …. Ed una era buongiorno, l’altra un semplice si.”
Certo un buon capo notava il comportamento dei suoi dipendenti, mi stupiva il fatto che lui se ne ricordasse.
Continuò “In verità la FRATELLANZA si era mossa per invitarmi ad assumerti. Tu facevi parte dello staff prima ancora di mettere piede per la prima volta nell’edificio ed io, obbedendo ad ordini superiori, non avrei potuto oppormi alla tua ascesa neppure se lo avessi voluto: quindi stai tranquillo, come dice un vecchia espressione tu HAI SANTI IN PARADISO! …. E che santi!” e nuovamente rise di gusto.
Ma qui veniamo al vero motivo della mia convocazione.
FRATELLO —” a quella parola sussultai, quindi anche il capo era un elemento, certo di spicco della FRATELLANZA, “… mi hanno comunicato che da quando sei stato accettato hai smesso di frequentare, interrompendo il tuo addestramento. Da dirigente aziendale non posso che esserne lieto: il tuo lavoro si nota, ma da FRATELLO non posso che rattristarmi: qualche cosa ti blocca, lo capisco, ma questo non deve fermarti.
Torna alla nostra sede e fatti accompagnare dalla REGINA DEL SABBA, lei ha certamente la capacità di aiutarti. Ora va’, mi attendo che tu lo faccia all’istante per il bene tuo e di tutti.”
Quindi con un ulteriore grossissimo sorriso mi congedò ed io mi ritrovai con una giornata libera-
I miei piedi si muovevano da soli mentre io neppure sapevo dove mi avrebbero condotto.
Lo seppi solo quando vidi davanti a me il palazzo della FRATELLANZA: con un’alzata di spalle entrai e chiesi della REGINA DEL SABBA, tanto non avrebbe potuto farmi stare peggio di così.
Lei aveva un °ufficio?° (meglio un appartamento) in un’ala del palazzo che non avevo mai visitato.
Un rapido colpo di telefono per accertarsi che fosse presente e dopo pochi minuti varcavo la sua soglia.
La madre di Alezis mi accolse con un sorrisone.
“Finalmente Damian! Credevo che ti saresti precipitato per dirmi che avevi superato l’ostacolo … ed invece sei addirittura sparito da ogni radar. Meno male che la raccomandazione ad assumerti era mia e che quindi avevo un mezzo sicuro di rintracciarti.”
La guardai di sottecchi “Certo che non sono venuto! Mi sono reso conto di come abilmente mi ha ingannato.” d’istinto ero tornato al Lei, quella donna non aveva realmente mai accettato che io mi unissi a Alezis, quindi non c’erano motivi reali di familiarità, “Mi ha fatto una promessa, se ben ricordo: di considerare la mia candidatura per sua figlia se fossi riuscito ad entrare nella FRATELLANZA. Ha però tralasciato il piccolo particolare che, per accedere, avrei dovuto tradire Alezis e non esiste al mondo una sola ragazza che possa passare sopra un particolare del genere.” nuovamente mi sentivo tristissimo, quasi le lacrime mi salivano agli occhi e non mi sarei neppure vergognato di mettermi a piangere davanti a lei.
Ma se io piangevo lei rideva: eccome.
“Sei ancora un COMUNE dentro. Sono la tua REGINA DEL SABBA eppure non hai fiducia in me. Mi rendo conto di quanto tu sia innamorato di mia figlia ma, se ben ricordo, io non te la ho mai promessa: solo mi ero impegnata a non assegnarla ed a valutare la tua candidatura.”
Aveva ragione: solo ora me ne rendevo conto. Mi ero impegnato per una speranza, non potevo attribuire a lei la colpa del mio fallimento.
“Ha ragione REGINA DEL SABBA, ma questo non toglie motivi alla mia tristezza. Il mondo mi si è colorato di nero e non credo proprio che ormai esistano più altri colori.”
Sorrise comprensiva “Allora non vuoi più neppure mettermi di fronte alle mie responsabilità? Io ti avevo fatto una promessa: non vuoi neppure chiedermi se l’ho mantenuta?”
“Sono certo che l’ha mantenuta, REGINA DEL SABBA, in caso contrario sono sicuro che almeno la voce sulla figlia della REGINA DEL SABBA assegnata mi sarebbe giunta. Bene o male sono più di 6 mesi che frequento l’ambiente. Sono io che non sono più degno di lei e so che, appena dovesse venire a conoscenza delle mie azioni, non potrebbe che respingermi.”
“Se lo farà sarà solo per sua volontà: non prendere decisioni che spettano a lei. Il tuo grande cruccio sta tutto nella cerimonia di accettazione ed è stata una cosa in cui non avevi possibilità di scelta. Comunque io ho una sola parola: non ho scelto. Lo farò domani. Ti sei guadagnato la candidatura quindi domattina alle 10 voglio rivederti qui.”
Ciò detto mi congedò sbrigativa.
Non era che le sue parole mi avessero sollevato l’umore più di tanto. Non mi aveva estromesso, ma sapevamo entrambi che non ne aveva bisogno.
Non sapevo per quale motivo avesse voluto rivedermi, ma lei era la REGINA DEL SABBA: ogni sua richiesta era un ordine ed avevo accettato il fatto entrando nella FRATELLANZA per cui, sia pur controvoglia, il giorno successivo mi presentai come richiesto.
Bussai discretamente alla porta e, ricevuto l’invito, entrai.
La REGINA DEL SABBA era in compagnia di altri 2 uomini più o meno della mia età.
“Bene, ci siamo tutti. Possiamo procedere alla scelta.” Disse la REGINA DEL SABBA.
Ci indicò 3 poltrone con uno schienale altissimo disposte a semicerchio e rivolte verso un angolo della stanza. Praticamente chiunque fosse entrato nella stanza non avrebbe potuto vedere chi vi fosse seduto.
Su suo invito prendemmo posto a sedere
“La scelta non sarà fatta proprio da me, bensì dalla diretta interessata che però non potrà sapere chi si celi dietro ogni poltrona.
Da questo momento quindi e sino alla fine della scelta a voi è vietato di proferire parola. Se volete mia figlia, dovete mandare con la mente a lei direttamente il vostra desiderio. Lei sceglierà colui che più la desidera ma se emettete un solo gemito sarete esclusi. Avete capito?”
Si ebbe in risposta 3 cenni d’assenso.
A questo punto si portò alle nostre spalle e chiamò: “Alezis!”
Alle nostre spalle una porta si aprì.
(Alezis) “Mi hai chiamato mamma?”
(Astrid) “Vieni avanti Alezis.”
(Astrid)”Ormai sei una donna adulta. Questo è il giorno della tua scelta.”
Sentivo quelle parole ed il cuore mi balzava nel petto: il mio amore era alle mie spalle, dietro me; ci sarebbe voluto così poco per rivederla e riabbracciarla ma, farlo, avrebbe significato farmi cacciare. Il desiderio di lei mi faceva letteralmente stare male, tuttavia non mi mossi.
(Astrid)”Accetti la scelta figlia mia? Ti ricordo che la nostra FRATELLANZA è al vertice della nostra comunità e che, essendo figlia unica, tuo sarà il compito di perpetuare la nostra dinastia.”
(Alezis) “Sin da bambina sapevo queste cose, mamma. Ed è da allora che mi addestro ad accettare. La nostra dinastia è da sempre stata la guida della nostra comunità ed essa è più importante di ogni cosa, persino della mia volontà o, dico io, della mia felicità. Quindi: MI ASSOGGETTO.”
(Astrid) “Molto bene. Ora ti spiego come funzionerà la scelta. Dinanzi a te vedi 3 poltrone. Su ognuna di esse è seduto un pretendente accuratamente selezionato che non puoi vedere. Tu devi semplicemente chiedere l’aiuto dell’UNO che ci ha sempre guidato e sostenuto. LUI ti indicherà verso quale poltrona dirigerti. Quindi ti fermerai senza toccarla. L’uomo seduto li sopra sarà il tuo compagno per la vita. I pretendenti sono già stati avvertiti e stanno chiamandoti pur senza proferire parola. Ascolta le loro voci ed il tuo cuore … ed abbi fiducia. Vedrai che la scelta sarà fruttuosa A te Alezis: fa’ pure con comodo: qui nessuno ha fretta.”
“Me, scegli me!” gridavo mentalmente. Il saperla tanto vicina mi aveva fatto scordare ogni altra cosa, tradimento compreso. Io sapevo che la mia donna era ad un passo da me e solo questo importava. “Me, scegli me! Non potevo pensare ad altro: era un supplizio ma non mi ci sottrassi ME SCEGLI ME!”
Dopo una decina di minuti la REGINA DEL SABBA riapparve nel nostro campo visivo “La scelta è stata fatta.”
Si rivolse ad uno dei miei competitori “Giovanni, puoi alzarti. La scelta non ti è stata favorevole. Puoi andare.”
Egli si alzò. Si inchinò in segno di ossequio e si allontanò senza proferire una parola.
Quindi si rivolse all’altro “Luca, neppure a te la sorte è stata favorevole. Quindi devi lasciare il posto anche tu.”
Mentre quello si alzava inchinandosi il mio cuore ebbe un sobbalzo “AVEVA SCELTO ME!”
Mi guardò “Resti tu” sorrise; “Mia figlia è una strega ma a quanto sembra, fin da COMUNE, tu hai stregato lei. Alzati in modo che io possa presentarti colei che da oggi sarà la tua compagna.”
Mi alzai e mi voltai:: Lei era li, bellissima come sempre e nel vedermi sbiancò in volto. Fu cosa di un momento: un istante dopo girava attorno alla poltrona e si precipitava ad abbracciarmi.
La strinsi con foga: troppe paure si erano frapposte a questo momento, troppe indecisioni senza avere suo notizie eppure, nonostante tutto il mio essere mai aveva vacillato.
Pur ignorando le prove che avrei dovuto sopportare, sempre tetragono avevo perseverato ed ora raccoglievo il frutto della mia dedizione: Alezis era mia.
La baciai dolcemente, poi con maggiore passione e lei rispose da par suo.
Era la prima volta ed era bellissimo, mi trovavo in paradiso.
Ci pensò Astrid a riportarmi sulla terra “Calmatevi ragazzi, avrete una intera vita davanti a voi, non è necessario fare tutto subito.” e rise
“Quello che dobbiamo fare ora è congiungervi, sia davanti alla FRATELLANZA che davanti allo Stato in modo che la vostra unione sia legale sotto tutti i punti di vista.” continuò, poi si avvicinò alla scrivania e ne trasse alcuni moduli. “Casualmente ho questi moduli da compilare e da consegnare in Comune per le pubblicazioni. Tra 15 giorni potrete presentarvi la per l’unione civile mentre per quella che riguarda la nostra congrega si dovrà forzatamente attendere il sabba della luna nuova, cioè tra 3 settimane. Vi va bene?”
Alezis ed io rispondemmo all’unisono “Si, è semplicemente perfetto.”
Ci eravamo appena ritrovati e rispondevamo assieme con le stessa parole.
Astrid continuò “Logicamente in questi pochi giorni, si dovranno preparare un sacco di cose:
La prima sarà di trovarvi un appartamento adeguato, dove potrete vivere ed allevare la prole.
Poi gli abiti: per il Municipio; serviranno degli abiti sobri, non ci saranno particolari necessità.
Dovrete naturalmente avvertire dove lavorate che per un po’ non vi presenterete:, sembra che il viaggio di nozze sia un uso dei COMUNI che piace molto anche a noi, poi dovrete decidere dove recarvi …. Ed altre 1000 piccole cose che ogni nuova unione reca con sé.”
Ora Damian, se Alezis acconsentirà a staccarsi un momento da te, vorrei poterti abbracciare per darti il benvenuto nella mia più stretta cerchia familiare.”
Alezis arrossì un poco e si ritrasse, non troppo, da me in modo che la madre potesse abbracciarmi a sua volta ”Già una volta te lo avevo chiesto” mi sussurrò “chiamami Astrid. Ora poi tu fai parte a pieno titolo della mia famiglia” dopo che mi restituì alla figlia
I giorni seguenti furono frenetici anche se il problema dell’appartamento fu subito di facile soluzione visto che scegliemmo un’ala dell’enorme palazzo sede della confraternita, ma se un problema si risolveva, subito se ne presentavano 10 altri. Io e Alezis quasi non facevamo in tempo a vederci ed il giorno dell’appuntamento in Comune, arrivò quasi imprevisto.
Ci trovammo così, io e Alezis più Astrid ed un paio di fratelli che si erano offerti come testimoni, davanti all’ufficiale di stato civile e dinanzi a a lui scambiammo il nostro consenso.
Uscimmo sposati e quasi non riuscivo a capacitarmene. Se i miei poveri genitori avessero potuto essere presenti sarebbero nel contempo stati felici ed orgogliosi.
Io lo fui anche per loro-
Venne quella sera del sabba dopo cui io e Alezis avremmo potuto convivere.
Ero curioso di vedere come si sarebbe agghindata la mia futura moglie. Da una vita sapevo che le donne fanno sogni sul giorno del loro matrimonio, avevo visto in televisione spese folli per l’abito da sposa e cose simili. Io la avrei sposata anche nuda! Non era il vestito che mi interessava ma quella dolce carne che ricopriva.
Raggiunsi la pietra sacrificale dove già mi attendeva il GRAN MAESTRO che avrebbe celebrato la cerimonia e dopo pochi minuti, accompagnata dalla madre, vidi sopraggiungere Alezis.
Fu uno shock: la ragazza era completamente NUDA
Alezis si adagiò sulla pietra sacrificale dilatando leggermente le gambe
“Ecco Alezis” annunciò il GRAN MAESTRO “che oggi sceglie il suo ALLEVATORE. Obbediente alle nostre tradizioni essa si è mantenuta vergine per consentire al suo ALLEVATORE di presentarla alla casa del’UNO nostro protettore. Chiunque di voi dubiti della cosa si presenti ora qui, potrà verificare di persona che sto dicendo il vero”
Alezis allargò di più le cosce in modo che chiunque avrebbe potuto appurare la cosa.
Tranne una fuggevole occhiata del GRAN MAESTRO però nessuno si presentò per cui dopo alcuni minuti il celebrante estrasse da un fodero ingioiellato un elegante pugnale sacrificale dopo che con le braccia incrociate sul petto rimase in attesa.
Vidi avvicinarsi le tre donne della mia iniziazione che, senza dire una parola mi strapparono i pantaloni e si accinsero a rendermi il medesimo servizietto.
Questa volta però, non appena il membro si fu ben inturgidito, si ritrassero.
A questo punto il celebrante prese un grasso da un ciotolina che prima non avevo notato spalmandolo generosamente all’ingresso della vagina di Alezis, poi posò la lama sulla vulva.
A questo punto, con un rapido movimento. Posò la lama del pugnale sulla mia fronte dicendo “Ora tu sei il pugnale. Colpiscila deciso e sacrifica all’UNO la sua verginità.”
Capii al volo: mi accostai alla mia sposa e con un movimento deciso la penetrai. Sentii del dolore ma certo inferiore a quello di lei che emise un forte lamento mentre la pietra si bagnava del sangue dell’imene infranto
Il GRAN MAESTRO si fece portare un gallo cui, con rapida ed imprevedibile mossa tagliò la testa, raccogliendo poi in un bacile il sangue che usciva di getto dall’orribile ferita.
“La morte è foriera di vita. Noi ora abbiamo sacrificato questo animale perché dal suo sangue possa nascere la nostra nuova vita.” disse, quindi mi porse una coppa ricolma del sangue: “Irrora con questa la fonte della vita” e prima che potessi eseguire mi sussurrò ”Invoca su questa vulva la protezione della natura mentre la irrori”
Versai quel sangue sulla vagina dicendo “ Che la saggia Natura possa accoglierti tra le sue favorite, rendendo fecondo il tuo grembo” mentre sulla pietra i 2 tipi di sangue si mischiavano tra loro
Il GRAN MAESTRO era chiaramente soddisfatto e mi fece sdraiare accanto a Alezis.
A questo punto praticò con un coltellino un’incisione sul mio braccio: vidi fuoriuscire una stilla di sangue.
Analogamente agì sul braccio di Alezis poi prese le due braccia e fece combaciare le ferite.
“il sangue di queste due persone si è mischiato ed un nuovo sangue ne è scaturito, un sangue che è la somma dei due. Non è più lo stesso come non più gli stessi sono questa donna e questo uomo. Ora congiunti in un essere superiore.”
A questo punto l’unione era conclusa ma dovemmo restare a lungo adagiati sulla pietra mentre i presenti ci sfilavano davanti letteralmente ricoprendoci di regali: dalla banconota al buono per il ritiro si un frigorifero o di un televisore.
Era quasi l’albeggiare quando l’ultimo degli omaggianti depositò la sua offerta e finalmente io e Alezis potemmo raggiungere la nostra casa comune.
Immaginate quale fu la prima cosa che facemmo? Vi riepilogo la situazione: eravamo da soli, innamorati e finalmente liberi di dar sfogo ai nostri sentimenti. Avete indovinato? Ma una doccia naturalmente. Il sangue cerimoniale si era seccato incrostando i peli pubici ed eliminarlo richiese un certo impegno da parte di ambedue. …. E finalmente, vestiti della sola pelle potemmo raggiungere il letto. Non potete neppure immaginare che piacere fu, una volta abbracciatici, chiudere gli occhi e dormire l’uno nelle braccia dell’altra.
Si dormire. Il giorno precedente eravamo stati naturalmente attivi e la notte ci aveva lasciato completamente esausti.
Devo tuttavia dire che quella vicinanza, la prima di infinite altre, fu la cosa più bella e più dolce che io avessi sperimentato in tutta la mia vita. Quel ricordo sarà sempre uno dei più belli anche se il sesso, benché tanto agognato, era stato messo da parte.
Dormimmo fino al tardo pomeriggio, poi, rendendoci conto dell’ora, ci vestimmo in fretta: l’aereo non poteva certo attenderci.
Per il viaggio avevamo scelto un’isola tropicale alla moda e dopo una dozzina di ore di aereo arrivammo facendoci portare da un taxi all’albergo 5 stelle in cui avevamo prenotato.
Credete che ora vi racconti di splendide spiagge, di avventure nella natura e delle notti folli per cui quell’isola era famosa?
Niente di più sbagliato, praticamente non seguimmo nessuna delle attrazioni che il posto offriva e per cui era famoso.
Stanchi per il lungo viaggio e per il cambio dell’ora, senza neppure mangiare, ci ritirammo nella nostra stanza addormentandoci immediatamente.
Al risveglio ci guardammo negli occhi ed all’unisono prendemmo il cartello “NON DISTURBARE”, lo appendemmo alla maniglia esterna della porta e demmo il via ad una maratona erotica che durò quanto tutta la vacanza.
Lei era disponibile e vogliosa, proprio quello che un uomo poteva desiderare, sentire cioè di essere voluto e non di essere l’unico a volere.
La prima volta fu dolcissima ma, ahimè, durò troppo poco, i miei ormoni super eccitati mi condussero ad una troppo prematura conclusione.
“Non importa!” disse lei comprensiva
“Certo che importa!” ribattei io piccato nell’orgoglio
… e la seconda volta, immediatamente successiva, ebbe una durata decente, tanto che persino io, mentre la inseminavo, percepivo la sua soddisfazione ed il suo godimento.
“Così va meglio” dissi orgoglioso e lei mi rispose con un lungo appassionato bacio.
“Andiamo in spiaggia ora? La descrivono bellissima”proposi io.”
Lei naturalmente accondiscese “Facciamoci una bella doccia, poi infiliamo i costumi . e via.” rispose felice ma ….
Dopo esserci docciati eravamo entrambi nudi.
Nudi ed innamorati e all’interno di una camera dove sapevamo nessuno sarebbe entrato senza un nostro preventivo consenso.
Credete che veramente ci siamo infilati i costumi per uscire nel vasto mondo? Noooo, semplicemente approfittammo della situazione per ricominciare a fare l’amore.
Per tutta la durata della vacanza fu così, quando non ero io a rompere la proposta di attività era lei a farlo.
Con una scusa o con l’altra il cartello appeso alla porta restò li, perpetuamente confinato dalla nostra voglia di intimità.
L’alzabandiera era fisso, ne ero un po’stupito io stesso e ne ero nel contempo orgoglioso e, quelle volte che l’organo si afflosciava (cosa più che naturale in qualsiasi maschio), bastava una tenera dolce carezza di quelle mani da strega perché lui riprendesse immediatamente la sua funzione.
Mangiare lo facevamo sempre in camera.
Avevamo ottenuto dalla direzione dell’albergo due tavolini che avevamo posato ai lati del letto.
Per prima cosa preparavamo i bocconi poi i mi sdraiavo, lei se necessario mi ripristinava l’erezione infilandosi poi a schiaccia moccolo.
A questo punto io. prendendo dal piatto a me vicino imboccavo lei e lei, prendendo dal suo faceva lo stesso con me. Bere era un compito affidato a lei che, mentre per se doveva accontentarsi di un comunissimo bicchiere, viceversa per me si versava il liquido sul seno ed io dovevo lappare quel delizioso liquido reso ancor più desiderabile dal contatto di quella tenerissima carne.
Naturalmente alla fine del pasto già eravamo in posizione, e nuovamente facevamo l’amore.
Un bel giorno però ambedue risoluti decidemmo di prenderci una pausa almeno per dare un’occhiata a quella zona che ci era costata un occhio della testa.
Finalmente rivestitici scendemmo nella hall ed il portiere ci accolse con un sorriso “Buongiorno signori **** avete gradito la permanenza nella nostra struttura?. Vi faccio mandare i bagagli all’aeroporto o avete altre istruzioni?”
Lo guardai stupito, poi lo sguardo mi cadde sul calendario. Era il giorno della partenza: avevamo trascorsa in camera l’intera vacanza e, tanto per cambiare, se non ci fossimo affrettati avremmo perso l’aereo.
Con una scusa tornammo in camera a fare velocemente i bagagli.
In questo modo cominciò la nostra vita in comune. Meno male, non avevamo problemi economici ma certamente se avessimo deciso di passare la luna di miele nella camera del nostro appartamento avremmo potuto risparmiare una piccola fortuna con gli stessi risultati.
Altre 12 ore d’aereo ed all’arrivo ci attendeva un’altra novità: la madre di Alesiz era incinta.
Presto lei non sarebbe più stata figlia unica ma avrebbe avuto una sorella o un fratello.
Mia moglie abbracciò la madre con un grandissimo entusiasmo “Davvero? Ma che splendida notizia. Credevo avessi rinunciato all’idea ma non per nulla la mia mamma è la nostra regina! Ecco il corpo più potente del mondo!” e rideva felice.
Anch’io, che ormai avevo totalmente scordato le ostilità iniziali, fui molto felice per lei e l’abbracciai per dimostrarglielo..
“Ero pronta a passarti il trono Alesiz! Disse lei “ma la mia maternità cambia un poco le cose.
Una regina fertile non può semplicemente abbandonare la sua posizione. Dovrai attendere ancora un poco prima di istallarti!”
“ Ma che dici mamma!” replicò lei “Certo che attenderò. Sono ancora giovane e lascio volentieri a te le preoccupazioni, Io nel frattempo mi godrò il mio compagno.” parlava giocondamente a lei ma nel contempo strizzava un occhio a me.
Cominciò così la nostra vera vita comune.
Spesso Alezis preparava lei stessa il cibo per noi, che aveva uno spiccato sapore d’aglio molto pepato. Non che mi dispiacesse, a me l’aglio piace, ma in casa non ne avevo mai visto uno spicchio.
Era un piccolo trascurabile mistero, lo dico solo per il fatto che lo avevo comunque notato.
Alezis poi aveva preso una strana abitudine: masticava in continuazione una strana gomma che depositava in un piattino quando andavamo a letto o quando desiderava baciarmi (e per fortuna lo desiderava spesso).
Non avevo mai notato prima questa sua abitudine come non avevo mai notato quella strana mania di correggersi l’alito con una bomboletta spray..
Non erano certo queste cose che avrebbero inficiato il nostro rapporto, per cui le relegai nel dimenticatoio. Il mio guerriero aveva trovato la sua tana, una splendida tana e ci entrava il più spesso possibile raggiungendo così il suo personale paradiso.
I mesi passavano veloci: ieri eravamo tornati dal viaggio di nozze ed oggi … già era il momento del parto per Astrid.
Nacque una bella bambina e naturalmente tutta la FRATELLANZA si precipitò a conoscerla, specialmente i familiari più stretti di Astrid e tra questi c’eravamo sia io che Alezis.
La bimba era un bel batufolino biondo dai sani polmoni. Li aveva e le piaceva usarli, praticamente taceva solo quando la mamma la attaccava al seno-
Nonostante le apparenze la comunità era abbastanza bacchettona.
I due riti sessuali cui avevo partecipato erano una vera eccezione: in genere uomini e donne erano estremamente pudici nella vita normale,per cui sono certo che nessuno avrebbe mai potuto vedere le mammelle di Astrid, ma la cosa non valeva per i familiari stretti ed io era entrato in quella cerchia.
Fu così che mia suocera, dinanzi a me, si denudò un seno per poter allattare la piccolina.
Io guardai quasi distratto, non nutrivo desideri sessuali nei confronti di Astrid, ma quello che vidi mi gelò il sangue nelle vene,
La piccola, per poter evidentemente meglio succhiare, allungò una manina comprimendo leggermente quella fonte di vita e così facendo scoprì leggermente il polso dove campeggiava una piccola voglia a forma di stella.
A FORMA DI STELLA!!!! La stessa voglia che per anni avevo notato sullo stesso polso di mia madre che, interrogata in proposito, mi aveva rivelato che quello era praticamente un segno distintivo della nostra famiglia. Tutte le femmine(madre, zie, nonne e se ne avessi avuto sorelle) potevano esibire quella piccola voglia come fosse un ornamento.
Questo però significava che quella bambina era mia e mi ricordavo una sola occasione in cui mi ero congiunto con una donna diversa da Alezis..
La donna che avrebbe dovuto rimanere segreta il giorno della mia accettazione era dunque Astrid. Non avevo infranto la promessa di non indagare ma la cosa mi destabilizzò parecchio.
Il mio stesso umore cambiò in un momento e, inventando una scusa, lasciai l’appartamento di Astrid tornando nel mio.
Mi sedetti su una poltrona prendendomi la testa tra le mani.
Avevo non solo tradito Alezis, ma addirittura lo avevo fatto con sua madre. Avevo compiuto un incesto!
Se io ed Alezis avessimo avuto un figlio quale sarebbe stata la parentela tra loro?
La piccola era figlia di Astrid, quindi era sorella di Alezis.
Un piccolo (e prima o poi ci sarebbe stato) avrebbe avuto nella bimba una zia … che però era contemporaneamente sua sorella!
Su tutti campeggiava Astrid madre della bambina e nonna della creatura futura. Cosa da perderci la testa
In queste condizioni mi trovò Alezis rincasando ed in più, avendomi visto solo di spalle, mi lanciò la tegola più temuta:
“Bella bambina vero? Sai, guardandola mi è venuta una gran voglia di imitare mia madre per cui, prima di rincasare, sono passata a trovare il MAESTRO INSEMINATORE e con lui ho esaminato accuratamente tutti i miei periodi mestruali. Ha detto che mi farà sapere.”
La società in cui mi ero inserito era assolutamente matriarcale e queste decisioni erano quindi di assoluta competenza della femmina. Non trovai nulla da ridire.
“Sino ad ora ho costantemente masticato della gomma di assafetida, il contraccettivo delle streghe” continuò Alesiz “ Intendo smetterne l’assunzione”.
Infatti da quel momento l’odore di aglio misto a pepe sparì dalla mia abitazione.
“Del resto non abbiamo problemi economici ed un bambino non può che portare allegria nelle nostre vite. Sei d’accordo?”
Mi voltai cercando di nascondere il mio imbarazzo.
“Assolutamente si amore. Se questo ti renderà più felice allora è esattamente quello che voglio io.”
Si precipitò ad abbracciarmi e mi baciò con passione.
Ero riuscito a ricompormi e la sera passò spensierata, poi andammo a letto.
Ci coricammo e come tutte le sere mi avvicinai per accarezzarla e compiere il mio dovere maritale.
Voleva un figlio e tutto mi sarei aspettato tranne che mi respingesse.
L’abbracciai avendone in cambio un leggero bacio sulle labbra, poi si voltò e mi augurò la buona notte.
Questa era una parte d’istruzione che mi mancava: ero un uomo, sapevo di sapermela cavare tra le lenzuola, ora sapevo pure di essere fertile.
Insomma credevo, ed a ragione, di essere perfettamente in grado di cavarmela da solo per fare un figlio mio.
Invece da quel giorno la nostra attività sessuale si ridusse a zero.
Tenere carezze, baci affettuosi, dolci coccole sul divano, ma non ottenni più altro.
Poi un giorno mi comunicò: il MAESTRO mi ha dato la risposta, la camera di fecondazione che ci è stata riservata sarà pronta domani.
Ero sempre più perplesso: che bisogno avevamo di una camera di fecondazione? Non andava bene la nostra ed il nostro letto su cui entrambi avevamo affrontato innumerevoli vittoriose battaglie?
Sapevo di essere ancora ignorante, come accolito, ma mi adattai deciso ad accontentarla.
La camera assegnataci era in quel corridoio in cui avevo svolto la cerimonia di iniziazione..
La cosa mi piaceva sempre meno.
La camera era spoglia. C’era un solo letto ad una piazza con una maschera di cuoio senza fessure per gli occhi sul cuscino ed una sedia posta li di fianco e, sulla sedia una maschera normale appoggiata.
Mi venne di colpo in mente tutta la cerimonia con un uomo mascherato che mi attendeva davanti alla porta.
Sospettai che questa volta sarebbe toccato a me fare il ruffiano e cominciai a ribellarmi.
“Ma Alezis” le dissi mentre lei si mascherava “che storia è questa?”
Lei stava spogliandosi automaticamente ma rispose “devo fare un figlio amore, non te lo avevo detto?”
“Si tesoro, questo lo avevi detto, ma questa stanza non mi piace proprio. Credo che non riuscirei ad esprimermi qui. Perché hai organizzato una cosa come questa? Non potevamo arrangiarci nel nostro letto in cui, tra l’altro, non abbiamo mai avuto problemi?”
“Ma Damian, l’inseminazione tra partner volta alla riproduzione è vietata dalla nostra tradizione!”
Mi sentii mancare: avevo compreso quale sarebbe stato il mio compito: la stesso di quello dell’uomo che mi aveva guidato al momento del mio ingresso.
Risoluto tentai una estrema ribellione ed aprii la porta per andarmene ma li fuori vi era già un uomo in camice e con indossata la maschera cieca di cuoio.
Non volevo fare scenate, quindi mi assoggettai: Con un rapido dietrofront , presi la maschera dalla sedia, l’indossai e guidai l’uomo all’interno.
Lasciai che quell’uomo si arrangiasse col suo membro, sperando ardentemente che non riuscisse a raggiungere l’erezione, ma fui deluso.
Dopo pochi minuti fece un cenno col capo ed io, obtorto collo, imitai quello che una volta qualcuno fece a me, guidandolo allo stesso modo alla fonte della vita.
A questo punto mi dovetti sedere. Al momento della penetrazione Alezis ebbe un leggero gemito , poi tese una mano verso di me perché gliela stringessi.
Compresi che per lei quello non era un tradimento ma un momento speciale che voleva condividere con me. Le presi la mano e gliela strinsi.
Essere costretto, da innamorato a vedere la propria donna posseduta da un altro è un’esperienza che non auguro a nessuno.
Anche se stringevo la sua mano provavo addirittura un male fisico.
A un certo punto lui si fermò ma mi fece segno di attendere perché avrebbe voluto ricominciare.
Quello che è troppo è troppo.
Senza dire una parola estrassi quel membro infame da quella tana di mia esclusiva proprietà, gli porsi in una mano un fazzoletto di carta e nell’altra il suo camice, quindi senza troppi complimenti lo misi alla porta nonostante le sue proteste.
Mi restava una sola cosa da fare: presi un TAMPAX e con quello chiusi l’apertura per impedire a quel “prezioso” (meglio infame) seme di andare perso, quindi invitai Alezis a rivestirsi.
Lei aveva certo subodorato che qualcosa non era andato come avrebbe dovuto, tuttavia obbedì silenziosamente.
Non scambiammo una parola fin quando non fummo al sicuro tra le nostre pareti domestiche e qui scoppiò il chiarimento.
“Alesiz, devo assolutamente sapere quanto mi ami” cominciai.
“Moltissimo lo sai Damian, per te darei la vita, non devi dubitarne amore: ma che è successo? Posso chiederlo? Ho sentito l’inseminatore uscire protestando. La regola non prevede che lui possa parlare, la parola potrebbe favorire la sua identificazione, cosa assolutamente vietata.”
“Voleva ricominciare e lo ho messo alla porta, oramai aveva fatto quello che doveva e tu non sei il suo parco giochi personale, ne io ero e sono disponibile a dividerti con nessuno. Dobbiamo assolutamente parlarne amore.”
“Lo hai buttato fuori? Quello ora andrà a lamentarsi dal GRAN MAESTRO. Non hai idea di cosa hai combinato: come minimo verrai censurato e speriamo che non pronuncino una sentenza di separazione. Morirei se dovessero assegnarmi un altro compagno.”
“Amore devi assolutamente ascoltarmi, ci sono alcune cose che devi sapere.”
Lei mi dedicò tutta la sua attenzione ed io continuai: “Quando sono entrato nella FRATELLANZA, devi sapere che ti ho tradito in quanto la cerimonia di accettazione era molto simile a stasera, con me nella parte del mascherato” Finalmente mi ero liberato la coscienza e questo bastò a farmi sentire più leggero e a darmi la forza di continuare.
“Lo immaginavo,” confermò Alezis “le cerimonie sono tutte molto simili e a volte il sesso ne è parte essenziale. Non devi però sentirti in colpa: a quel tempo non stavamo neppure assieme, anzi io ero convinta addirittura di averti perso. Ma che centra col tuo comportamento di stasera?”
Risposi prontamente: “Allora mi fecero giurare di non indagare su nessuno dei partecipanti al rito e, credimi, non lo ho mai fatto. Però è successa una cosa che mi ha rivelato il nome della donna da me fecondata. Ho visto una neonata che aveva sul polso una piccola voglia, distintiva delle femmine della mia famiglia, per cui non ho potuto non riconoscerla.”
Lei mi guardava con sempre maggior attenzione:
“Alezis, quella donna era Astrid e la bambina è la tua sorellina!”
“Possibile” ribatté lei pensosa“La REGINA DEL SABBA deve essersi occupata personalmente dell’acquisizione di un nuovo adepto.”
“Capisci quanto questo mi ha destabilizzato? Dovrei seguire la crescita di mia figlia, tua sorella, senza neppure aver la possibilità di influire sulla sua educazione. Io non sono così, sono un uomo e voglio tutte le responsabilità che ad un uomo competono e, tra queste, quella di allevare ed educare i miei figli non è certo la meno importante”
“Capisco il tuo punto di vista” intervenne lei “Non mi sarei innamorata di te se non fossi così.”
“E veniamo a questa sera” proseguii “Io ti amo. Tu sei tutta la mia vita. Non c’è nulla che non farei per te e la mia presenza stasera ne è stata una dimostrazione.
Tu non puoi neanche immaginare quanto ho sofferto nel vederti preda di un altro maschio, quanto la gelosia mi abbia tormentato anche se tu mi stringevi una mano e come il dolore psichico si sia ad un certo punto addirittura trasformato in un dolore fisico. Ad un certo punto non ce l’ho fatta più ed ho scelto la prima occasione per liberarmi di lui. Tu forse non ci hai fatto caso: sei cresciuta in questo ambiente e certo hai ricevuto un’educazione che ti ha assuefatta a certe cose, ma IO NO. Io sono cresciuto in un ambiente di COMUNI ed un COMUNE è la persona che hai conosciuto e di cui ti sei innamorata,
Ho tentato di entrare nel tuo mondo, ma non ci sono riuscito: la mia donna deve essere mia e di nessun altro, educazione, tradizione o qualsiasi altra cosa contraria per me deve essere abolita e allora ti domando: te la senti di entrare tu nel mio? Un modo dove un innamorato non debba esser costretto ad un supplizio quale quello che ho sopportato io stasera? Un mondo in cui un uomo ed una donna sono un reale unico baluardo contro tutto il resto ed in cui non debbano ricorrere ad estranei perché il loro amore possa dare frutti?”
Mi guardava assorta ma leggevo l’amore nei suoi occhi :”Si lo farei: Con te ed al tuo fianco sempre e in ogni caso, ma come faremo colla FRATELLANZA? Non ho notizia di persone che abbiano potuto comportarsi come tu proponi”
“Alezis, questa è l’ultima sera che io comunque trascorrerò qui. Da domani me ne andrò in un mondo che consentirà di respirare aria pura. E, del resto, uno (volutamente minuscolo) è a favore del libero arbitrio. Se tentasse (o i suoi discepoli per lui) di ostacolarmi andrebbe contro i suoi stessi dettami e tale contraddizione lo distruggerebbe-
Solo una cosa è ancora incerta: TU. Sei con me?”
“Ora e sempre marito mio” mi rispose e fu così che la mattina successiva, raccolte le nostre cose abbandonammo il mondo dell’esoterismo sperdendoci tra qualche miliardo di umani.
Da allora non abbiamo più avuto notizie della FRATELLANZA e speriamo di non averne in futuro.
FINE

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