IO TI AVRO’

IO TI AVRO’

IO TI AVRO’
di Angelo Poli

Quando la conobbi, come mi succedeva sempre, il mio primo pensiero fu quello di chiavarmela. Ma era un pensiero che più o meno avevo con ogni donna e quindi, oltre al fatto di avere il cazzo duro ogni volta che la pensavo, non andai oltre per vari motivi. Il primo era che Flora non aveva un grande corpo. Piuttosto bassina, le gambe che si vedevano sotto, dalla gonna, erano piuttosto magre; i seni normali e morbidi perchè portava reggiseni non duri. Quello che era arrapante in tutta la sua persona, era però il viso. Piccolo, perfetto, nasino all’insù, occhi grandi e vogliosi e capelli rossi. Quando arrivai nell’ambiente di lavoro in cui ci conoscemmo, la scuola, lei fu l’unica donna che mostrò per me interesse ed entusiasmo. Mi trattò con un affetto e poi un’amicizia del tutto particolare. Anch’io, del resto, la trattavo allo stesso modo. Conoscendola di più, seppi che era sposata e che aveva due figli. Mi fece capire che il suo rapporto col marito era in qualche modo contrastato, ma niente di particolare, cose normali in ogni matrimonio. Era attaccatissima ai figli e vedevo che parlava di loro con una passione tutta particolare. Nonostante questo, però, era una donna molto aperta, che mi diceva con estrema libertà tutti i problemi di famiglia. Mi diceva che il figlio piccolo spesso si addormentava con la testa in mezzo alle sue gambe e che con il marito negli ultimi tempi le cose non andavano molto bene. Mi invitò a casa sua e nelle poche volte che ci andai vidi che il marito era un tipo abbastanza strano e senza alcuna comunicativa. Non salutava neanche quando passava per la stanza in cui stavo io. Comunque il nostro rapporto di amicizia continuò in questo modo, con molto affetto e sintonia tra noi due. Continuò così per quasi un anno, e ormai non ci pensavo neanche più di chiavarmela, anche perchè in quel periodo uscivo con donne molto più arrapanti. Segnali di interesse da parte sua venivano, ma erano segnali poco chiari, per cui io non li prendevo come inviti a farmi avanti. Mi faceva vedere foto sue di alcuni anni prima, alcune anche in costume da bagno, in cui era molto carina; e qualche volta, quando io le dicevo che mi facevano male i muscoli delle spalle, lei rispondeva ammiccando che fottevo troppo. Insomma, rimanemmo in contatto in questo modo. Dopo un anno in cui ci eravamo visti quasi tutti giorni sul lavoro, l’anno dopo la situazione cambiò. Infatti ci vedevamo ogni quindici giorni per delle riunioni, e dopo esserci salutati, non ci sedevamo neanche più vicino come accadeva regolarmente l’anno prima. In me successe questo. Ogni volta che la incontravo alle riunioni la guardavo con sempre più voglia, perchè nel frattempo si era ingrassata un poco e mi sembrava più arrapante, ma niente di più. Passò un altro anno in questo modo, e poi successe l’episodio scatenante l’episodio che ci fece incontrare in modo diverso dal solito. Ormai io avevo cambiato lavoro e sinceramente di Flora non sapevo più niente. Non sapevo cosa stesse facendo e, tra l’altro, non me lo chiedevo neanche.
Una sera di maggio partii con il Frecciarossa delle ventitrè e cinquanta, per essere a Milano alle sette. Avevo da seguire un corso di tre giorni. Salii sul treno, avevo una cuccetta prenotata, ma un poco avevo voglia di stare da solo a leggermi il giornale, per cui attraversai alcune carrozze in cerca di uno scompartimento libero. Il treno partì proprio in quell’istante ed io attraversando i corridoi delle carrozze dovevo chiedere scusa ogni momento alla persona in piedi o che stava ancora sistemando la valigia. Fu così che chiesi scusa anche a Flora che stava lì nel corridoio accanto alla sua valigia. Si sorprese un poco vedendomi su quel treno e fece un movimento con la testa, come per scuotersi. “Che magnifica sorpresa!”, dissi, “Sei sola?”. “Sì, vado a Milano per tre giorni. E tu dove vai?”.”Pensa, io vado a Milano per tre giorni”. “Vai da qualcuno?”. Sto sola, mi ha accompagnato alla stazione mio marito, devo fare delle pratiche per mio fratello, e mi hanno detto che ci vogliono come minimo tre giorni, così ho prenotato una pensione”. “Mi fa immensamente piacere averti incontrata, faremo il viaggio insieme, e poi potremo anche vederci a Milano, che dici?”. “Sì, certo. Ma tu che vai a fare?. “Ho un corso, dura tutta la giornata, ma di sera sono libero”. Sorrise ma era un poco imbarazzata, per cui le proposi di trovare uno scompartimento libero e sederci un po’”. Lo trovammo subito e ci sedemmo. Le dissi che finalmente potevamo stare un poco da soli, visto che da tempo non ne avevamo avuto più l’occasione. Mentre parlavo lei mi ascoltava stando un po’ sulle sue e leggermente a disagio. Le dissi che lei negli anni scorsi mi aveva dato molto e che avrei sempre voluto dirle quanto era stata importante per me, oltre al fatto che c’era una cosa molto seria che mi vergognavo di non averle detto prima, e che ora non potevo non dirle. Il fatto nascosto era che lei mi aveva sempre attratto fisicamente, in modo molto intenso, ma non avevo mai saputo trovare il modo di esprimerle queste cose. Per non farla sembrare una specie di confessione, l’accarezzai e le dissi, “Non sai quante volte me lo hai fatto diventare duro, non parlare però, per favore”, continuai, “adesso non farmi finire questo sogno, non puoi dirmi di no, te ne prego, sento di volere leccarti tutta, ti voglio, lo capisci? E se anche non ti interesso molto, almeno una volta, concediti, te ne prego”. Disse, “Non fare il cretino, lo sai che mi interessi” e rise soddisfatta. Ci baciammo abbracciati stendendoci sul sedile dello scompartimento. Spesi la luce e cominciai a morderle il collo, a spingere la mano sulle sue gambe piano fino ad arrivare alla figa, che raggiunsi infilando la mano tra le mutandine. Intanto lei con il cazzo duro in mano mi masturbava lentamente. Ad un tratto lei si fermò e disse, “dai, basta non è il caso”. La guardai come per dirle che non poteva farmi questo. Continuò, “se ho deciso di fottere finalmente con te, non credi sia meglio farlo per bene?”. “Hai ragione”, dissi, “anche io voglio chiavarti su un letto”. La mattina dopo saremmo arrivati a Milano alle sette, io avevo il corso a mezzogiorno. Lei poteva andare quando voleva per le pratiche del fratello. Restammo un altro poco vicini a parlare, poi decidemmo di andare nella nostre cuccette a dormire. Quando la lasciai sulla porta del suo scompartimento, la baciai sulla fronte. La mattina, appena scesi tutti e due dal treno, ci infilammo in un taxi e ci facemmo portare al mio albergo che si trovava proprio al centro della città. L’albergo era bellissimo e di prima qualità. Portarono le valigie in camera e salimmo dopo che avevo detto alla reception che la signora non restava con me tutto il tempo. Non c’è problema, mi dissero, dopo avrebbero riportato le valigie giù, appena li avrei chiamati. Erano già quasi le nove. In camera, da soli, la spogliai lentamente, mentre lei seduta sulle mie gambe, mi baciava con calore. I seni erano piccoli ma perfetti, morbidi e bianchi, le cosce, sopra, all’attaccatura con le pacche, erano molto meglio di quanto avessi immaginato. Le dissi che mi pentivo moltissimo di non averla spoglia prima. Le chiesi scusa, ma lei era più arrapante di quanto pensassi. Aveva una bella figa, ricca di pelo nero e folto, le grandi labbra morbidissime e profumate, che le leccai e baciai a dovere. Lei intanto, con il cazzo duro in mano, se lo spingeva in bocca, facendolo toccare tutta la volta del palato, con lentezza, delicatamente, donandomi un piacere estremo. Entrammo nel letto e facemmo una specie di lotta, abbracciandoci e strusciando pelle a pelle. Poi la misi sotto, le allargai le gambe e glielo ficcai nella figa. Era stretta e molto molto avvolgente. Sulla punta del mio cazzo, sentivo che muoveva i muscoli interni dandomi dei lampi di piacere enormi. La fottevo con grande metodicità, dandole dei colpi nella pancia poderosi ma ritmici e nello stesso tempo passionali. Quel corpo mi dava molte più sensazioni di quanto avessi pensato. La feci venire lentamente, e lei venendo ansimava stringendomi con forza a sè. Dopo i infilò la lingua in bocca e si succhiò la mia con vigore. Ce l’avevo ancora duro in mezzo alla sue calde gambe. La presi e me la sedetti sul cazzo, infilandoglielo nella figa. La alzavo con le braccia sotto le ascelle in sù e la facevo scendere prendendoselo tutto dentro. Accompagnava questi movimenti con lamenti di piacere e di gioia. Fottemmo così per parecchio tempo. Poi la misi inginocchiata sul letto, e da dietro glielo facevo scivolare sul buco del culo e sui peli della pucchiacca. Le misi la punta del cazzo sul buco del culo. Era bellissimo sentire la mia cappella compressa dai suoi sfinteri. Non andai oltre, da dietro glielo infilai nella figa , e con delle stantuffate selvagge, le sborrai dentro con estremo piacere. Se lo sfilò da dentro,lo prese ancora caldo e lucido di sperma tra le mani e lo baciò con amore. Rimanemmo abbracciati così per qualche minuto, e le ribadii il mio pensiero. Avevo sbagliato molto a non dirle prima che volevo fotterla con tutte le mie forze. Lei mi disse che era stato meglio così e che almeno ora eravamo liberi e soli e potevamo farlo senza problemi. Intanto si era fatto tardi e io per mezzogiorno dovevo stare alla sede del corso. Mi feci la doccia mentre lei stava ancora a letto e restammo intesi che sarei andato alla sua pensione a cercarla verso le nove, appena finito il corso. E infatti alle nove presi un taxi e arrivai alla sua pensione. Chiesi di lei e mi dissero che era uscita da pochi minuti. Stavo decidendo che fare quando la vidi entrare e venire verso di me. Era andata a fare una passeggiata e aveva chiamato il mio albergo per sapere se ero rientrato. “Cosa facciamo?”, dissi, “andiamo al mio albergo?”.
“Senti, perchè non passiamo la notte qui, nella mia stanza?” disse lei, “sarò più sicura se nel caso qualcuno mi cerca, sai, ho dato a tutti il numero della pensione… chi pensava di incontrarti? Ti dispiace?”. “Ma no, che dici, solo che dovremmo passare dal mio albergo per prendere almeno una camicia pulita”, dissi io. Decidemmo di comprare qualcosa da mangiare mentre andavamo alla mia stanza. Salii da solo in camera per prendere la camicia, e dissi alla reception che non sarei tornato a dormire la notte, ma solo il giorno dopo alle due. Per ogni evenienza, se si presentava la signora, e indicai Flora che stava seduta in una poltrona della Hall, avrebbero potuto darle la chiave. Di nuovo, fuori, a piedi a cercare qualcosa da mangiare. Trovammo una rosticceria dove prendemmo alcune cose e ci avviammo verso la sua pensione. Parlai con il proprietario della pensione, e gli spiegai che se per caso qualcuno avesse cercato la signora, per favore, doveva dire che stava dormendo in camera dalle nove. Gli infilai veti euro in mano, e l’uomo mi fece l’occhiolino. Andammo nella camera e mi spogliai per fare una doccia. Lei era pulita e profumata, me ne ero già accorto, per cui feci presto e uscii dalla doccia. Era ancora vestita e la spogliai io. Lei era seduta, io in piedi. Glielo infilai tra i seni, sul collo, sugli occhi, nelle orecchie, sotto le ascelle. Lei faceva i movimenti ondulatori di compressione sul mio cazzo che diventava sempre più turgido. La riscaldai baciandola e strusciandole la mia gamba sulla figa, che lei pressava da parte sua, sulla parte dura. Allora la presi in braccio con la gambe aperte, e in piedi, glielo infilai nella fica già abbastanza lubrificata. Abbracciata con le mani al mio collo, e stretta con i seni contro il mio petto, le gambe gliele tenevo io, la scodellavo sul mio cazzo, e ad ogni movimento dava delle grida di piacere. Disse di continuare così perchè era bellissimo. Mi sedetti sul letto sempre tenendoglielo dentro la figa, e lei muovendosi, anzi torcendosi, venne con un orgasmo lunghissimo e liberatorio. Allora la presi di nuovo in piedi, e spingendola con la spalle al muro, le stantuffai così velocemente il mio cazzo dentro, che mentre lei saltava arrapata dal movimento, venni sborrandole nella fica con veemenza. Ci mettemmo a parlare nel letto fumando, come due vecchi amanti. Era solo la seconda volta che fottevamo insieme, ma il fatto che ci eravamo sempre desiderati, ci dava la sensazione che fossimo stati sempre in questa intimità, come ora. Fottemmo ancora e lei mi confessò che alcune volte era stata tentata in questi anni, di chiamarmi per dirmi che voleva chiavare. Le dissi che la stessa cosa era successa a me e che, oltre questo, molte volte avevo parlato di lei con una sua amica, con la quale in questi anni ero uscito spesse volte. Disse, “ma che stronza! Avevo capito qualcosa, ma non è stata mai tanto sincera da dirmi che fotteva con te. Eppure me ne ero accorta,ma ogni volta che le chiedevo qualcosa in proposito, lei mi rispondeva che stava tentando ma che ancora non era riuscita a farsi fottere. Che stronza!”. “Calmati”, le dissi, ” a parte che avrei chiavato molto più volentieri con te, i nostri rapporti negli ultimi tempi erano fatti di bocchini che mi faceva in macchina velocemente. A proposito, voglio che anche tu me lo succhi un poco”. “Certo”, disse lei, “con grande piacere”. “E poi”, dissi ancora, ” vorrei anche fotterti nel culetto”. “Lo sai che è doloroso per me?” disse. “Comunque facciamo così, nel culo me lo metti nella tua stanza, perchè qua le camere sono troppo vicine e non vorrei spaventare nessuno con le mie urla”. “Va bene”, le dissi. Ci addormentammo. Mi svegliai con metà del suo corpo sotto il mio. Avevo la bocca tra i suoi seni e la figa appoggiata sul mio ginocchio. “Non ti ho fatto male?”, le chiesi? “No, è stato stupendo dormire così, compressa sotto di te”, disse.
Restammo intesi che ci saremmo visti alla due e mezza al mio albergo. Lei poteva farsi trovare già lì, tanto le avrebbero dato la chiave. Mi feci una doccia e corsi al corso. Alle due e mezza con il taxi raggiunsi il mio albergo. Lei stava già i camera e aveva fatto portare delle cose da mangiare. Mangiammo calmi e divertendoci un mondo, perchè le raccontavo alcune storielle e situazioni simpatiche che erano capitate durante il corso. Dopo ci stendemmo un poco sul divano, e lei mi fece un grande bocchino. Lo succhiò, lo morse, lo baciò, lo leccò con delicatezza e passione. Si prendeva le mia palle nella bocca e con la lingua se le passava da una parte all’altra. A vista, non avrei creduto che potesse aprire tanto la bocca. Sborrai con uno spruzzo che le finì sul viso. Leccò fino in fondo e pulì per bene, ingoiando il contenuto. Nel pomeriggio avevamo in programma una riunione pubblica e le dissi che sarebbe stato meglio se veniva nel locale dove si svolgeva la manifestazione, così dopo avremmo potuto subito uscire per andare a cenare in qualche buon ristorante. La proposta la allettò moltissimo. Mentre si svolgeva l’incontro, parecchie volte guardai in sala per vedere se fosse arrivata. Arrivò verso le otto, vestita in modo elegantissimo. Completo amaranto con gonna corta, calze e scarpe alte nere, e una camicetta lo stesso nera. Era truccata molto bene. Mi accorsi che molti si erano girati per guardarla mentre lei cercava un posto nella sala affollata. Io dovevo fare ancora il mio breve intervento, cose che feci mentre guardavo il volto di Flora che mi guardava con gli occhi lucidi. Alle nove finì tutto e la raggiunsi. Altri amici del corso vennero vicino e ci invitarono in un club privato per passare la serata. Ci accordammo che ci saremmo andati dopo aver cenato. In taxi, ci facemmo portare al ristorante più esclusivo della città, nel pomeriggio avevo prenotato per due persone su consiglio di un collega. Mangiammo molto bene, e con le ginocchia puntate nelle sue gambe, ogni tanto la accarezzavo non solo con gli occhi. Mi disse che era bellissimo vivere da amanti come stavamo facendo, ma anche che la realtà che ci aspettava a casa sarebbe stata dura da accettare di nuovo. Le dissi che per ora non doveva assolutamente pensarci. Uscimmo dal ristorante abbracciati l’uno all’altra come due ragazzini. Dopo poco arrivammo al club privato dove ci avevamo indicato gli amici. Bussammo. Appena dentro si avvicinò a darci il benvenuto una ragazza nuda che era anche molto bona. A Flora le aprì con naturalezza la camicetta e le tirò fuori un seno. A me mi leccò il collo, e con la mano mi aprì la patta dei pantaloni prendendo il mio cazzo nella mano. C’era molta oscurità, molte piste per ballare e una infinità di separè, dove si capiva che si fotteva meravigliosamente. Facendo caso meglio però vedemmo che non solo nei separè si fotteva, ma anche sui divani con assoluta libertà. In un angolo c’era un uomo che fotteva una bellissima ragazza spingendoglielo nel culo e poco più in là, una bella signora che spompinava un ragazzo. Al bancone del bar chiedemmo due whiskj e con i bicchieri in mano ci mettemmo al margine di una pista a ballare. All’improvviso Flora saltò stringendosi a me. Niente. Qualcuno passando le aveva velocemente infilato la mano sotto la gonna e le aveva palpato il culo. Infatti lo vedemmo, quest’uomo che si stava allontanando ridendo.
Al centro della pista c’era una donna completamente nuda che ballava con due uomini, i quali uno davanti e un altro dietro le spingevano il cazzo contro. Ballammo abbracciati e intanto notavamo che l’atmosfera intorno si faceva sempre più surriscaldata. Poi ad un lato della sala scese un maxi schermo su cui venivano proiettate foto porno. Donne in amplessi impossibili, con tre o quattro uomini. E anche spogliarelli da fine del mondo. Flora nel frattempo aveva preso altri due whiskj e anche lei sembrava abbastanza surriscaldata perchè sulla pista su cui ballavamo, mi prese il cazzo, lo cacciò fuori dai pantaloni e facendo delle contorsioni si tolse le mutandine e le gettò a terra. Le strusciavo il cazzo sulla pancia e inanto lei lo manovrava con la mano. Poi ci fu il clou della serata, così venne chiamato. Tre donne su di un palco, facevano le contorsioniste alle prese con una quantità infinita di cazzi di gomma. Alla fine dello spettacolo, quando chiamarono tre uomini dalla sala sul palco per fottere, ormai tutta la sala stava facendo la stessa cosa. Io e Flora stavamo in un angolo e stavamo chiavando beatamente stesi su un divano. La feci venire e le sborrai a mia volta nella figa. Era tardissimo quando uscimmo e come era da prevedere, la sua pensione era chiusa. Stavamo aspettando un taxi per andare al mio albergo, quando, fortuna volle, che stava rientrando qualcuno della pensione che gentilmente ci aprì. Ci spogliammo e ci infilammo nel letto. Lei era quasi ubriaca, io ero stanchissimo per cui ci addormentammo all’istante.
La mattina dopo dovevo uscire molto presto, era l’ultimo giorno di corso, e non avevamo ancora deciso, io e Flora, quando saremmo partiti. La chiamai all’una alla pensione e decidemmo che alle sette alla fine del corso lei sarebbe venuta a prendermi. Avevamo comunque deciso che saremmo restati un’altra notte, e lei aveva già detto a casa che sarebbe partita la mattina dopo. La serata la passammo nel migliore dei modi. Andammo a mangiare al solito ristorante e poi in un locale molto serio ad ascoltare musica jazz. Tornammo alla pensione che erano le undici. E poichè le avevo detto che volevo metterglielo nel culo, le proposi di andare da me. Lei ci pensò e concluse che era meglio di no. Meglio non compromettere niente all’ultima serata. Restai da lei. Fottemmo tutta la notte. Glielo misi, chiaramente, anche nel culo. Appoggiata alla parete spingeva con le mani e con il bacino contro il mio cazzo per farselo entrare più dentro che poteva. Poi la alzai con le gambe e sempre con il mio cazzo nel suo culo, facevo dei piccoli salti per farla godere. Lei si tratteneva moltissimo, voleva prolungare il godimento e io la assecondavo con gioia. L’ultima chiavata ce la facemmo verso le cinque di mattina. Lei era sempre più arrapata e rossa in faccia. Io da sopra le stantuffavo nella pucchiacca, lei sudata, scarmigliata, rossissima, con le gambe appoggiate sulle mie spalle, si muoveva selvaggiamente per controbattere alle mie spinte. Sfiniti, ci addormentammo. Alle nove facemmo una corsa matta per non perdere il treno. Durante il viaggio lei, nonostante non volesse, si addormentò spesso. Io dopo un apio di ora non riuscendo piùadormire mi misi a leggere i giornali. Alla stazione, poichè c’era suo marito che era venuto a prenderla, aspettai una decina di minuti seduto in treno.
Con Flora ci vedemmo tre volte nell’arco di due mesi, fottemmo bene, senza però quell’ardore, quella passione che avevamo avuto a M. Restammo amici, e una volta, vedendoci per caso, le mi disse che attendeva un altro (improbabile) viaggio come quello che avevamo fatto una volta.

Angelo Poli

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