Hogtie e frustata i piaceri di una schiava

Hogtie e frustata i piaceri di una schiava

L’orologio davanti a me continuava a scandire i minuti che sembravano infiniti. Se non mi fossi concentrata sull’orologio, avrei potuto giurare che ero lì da una vita intera. Già erano passati 27 minuti e 36 secondi, l’ansia e la curiosità di sapere cosa sarebbe successo dopo mi stavano facendo impazzire. Ero così concentrata che la mia testa mi girava per il desiderio, ero sul punto di cedere. Ero inginocchiata davanti a uno splendido specchio, che in un altro momento avrei ammirato con stupore, completamente nuda e incapace di muovere un solo muscolo. Il mio Dominatore era riuscito a bloccare ogni mia volontà di movimento. Tra le mie gambe aperte c’era, ben piantato a terra, un vibratore puntato esattamente contro il mio clitoride. Prima di uscire dalla stanza, il mio Dominatore mi aveva avvertita che, se non fossi riuscita a resistere all’orgasmo per 30 minuti esatti, avrei subito la peggiore punizione possibile. Avevo resistito così a lungo che mi sembrava stupido cedere proprio in quel momento. Tuttavia, si sa, gli ultimi istanti sono i più difficili: ormai sai che manca poco e cominci a rilassarti, compromettendo tutto il duro lavoro fatto prima. Man mano che il tempo passava, continuavo a ripetere queste parole per dirmi di resistere nonostante fosse sempre più difficile.

Finalmente, dopo 29 minuti e 19 secondi, mancava veramente poco, potevo farcela. Continuavo a convincermi di riuscire a resistere nonostante fossi sul punto di crollo.

Dopo 30 minuti e 7 secondi, avevo resistito con successo. Ma poi, caddi. Sotto il suo sguardo che apparve improvvisamente nel mio campo visivo, caddi.

Fu un orgasmo esplosivo, uno di quelli che capita solo una volta ogni mille. Fu così bello che ancora oggi lo reputo uno dei migliori della mia vita. Vidi ogni espressione, ogni smorfia riflessa nello specchio. Finalmente potei vedere ciò che vedeva ogni volta che ero in sua presenza.

Nonostante la mia incapacità di muovermi, riuscì a cadere su un fianco ma ne valeva la pena. Quando mi ripresi dall’orgasmo, mi trovai distesa sul divano dall’altra parte della stanza, con la testa sulle gambe del mio Dominatore che mi accarezzava dolcemente.

Dopo quella lunga e tormentata esperienza con le corde, che in qualche modo erano scomparse dal mio corpo, quella carezza era la cosa più agognata. Dopo quasi un’ora di silenzio, mi rivolse la parola: “Ti è piaciuto venire?” Risposi di sì, ancora nella beatitudine post-orgasmica, non mi aspettavo le parole che seguirono.

“Anche senza il mio permesso?”

Quelle parole mi colpirono come un fulmine a ciel sereno. Cosa avevo combinato? Non mi aveva dato alcuna istruzione, non mi aveva detto nulla. Avevo resistito senza la sua approvazione, come avevo potuto dimenticarlo? Come avevo potuto essere così stupida? Mi pervase il panico, l’ansia si impadronì di me. Mi allontanai dal suo caloroso abbraccio e mi inginocchiai vicino al divano, aspettando un segnale di pietà. Speravo che mostrarmi ancora disponibile ad accondiscendere alle sue volontà, nonostante il mio stato di salute non fosse al massimo, bastasse per ottenere un po’ di perdono incondizionato. Non cercai di scusarmi, sapevo che sarebbero state inutili e avrebbero solo irritato ulteriormente il mio Padrone. Mostrare il mio dispiacere era l’unico modo per sperare nella sua clemenza.

Non saprò mai se ha attenuato la punizione iniziale, ma quella successiva fu una delle più memorabili e terribili per me e il mio corpo. Mi consegnò l’orologio e mi fece sedere sul bracciolo del divano. “Visto che siamo in tema di tempo, ti darò la possibilità di sopportare altri 30 minuti. Guarda bene l’orario, mi raccomando. Se raggiungi il limite, rilascia l’orologio, mi fermerò. Ti darò il tempo di riprenderti e poi ricomincerò.

Tutto il tempo rimanente sarà contro la tua vagina e il tuo povero clitoride.” Ah, 30 minuti, cosa sono mai? Un gioco da ragazzi. Maledissi ogni momento prima di cominciare per essere stata così superficiale: 30 minuti erano davvero tanti. Non ero abituata a gestire il tempo, di solito mi dava un tempo e me lo faceva rispettare, il tempo in sé non lo avevo mai considerato. Non ero mai stata sottoposta a punizioni così lunghe, avevo davvero paura. Conoscevo il dolore che mi aspettava, ma non avevo idea di quanto sarebbe stato effettivamente difficile.

Prese una frusta. Ero sicura che non avrebbe usato la mano, si sarebbe fatto troppo male, ma speravo in qualcosa di meno doloroso per me. Cominciò a colpirmi con forza fin da subito, concentrando gli colpi sulle natiche ma anche su ogni parte del corpo a cui poteva arrivare. Mi faceva un male tremendo, pensavo di non farcela davvero. Ogni volta che mi colpiva sembrava che non avrei potuto sopportare un altro colpo, mi sentivo svenire dal dolore continuo. A un certo punto mi fece alzare. Mi posizionò di fronte allo specchio, ma con le spalle rivolte a quell’oggetto strano dell’arredamento. Mi sono sempre chiesta perché vengono così usati per arredare le case, credo che rimarrà sempre un mio dubbio.

Iniziò subito a colpire con forza, concentrando i suoi colpi sulle natiche ma anche su ogni parte del mio corpo raggiungibile. Il dolore era terribile, pensavo di non farcela davvero. Ogni colpo sembrava spingermi oltre i miei limiti, mi faceva sentire come se stessi per svenire dal dolore continuo. Poi mi fece alzare e mi posizionò di fronte allo specchio, dando le spalle a quell’oggetto strano dell’arredamento. Non capivo perché fosse così popolare nelle case, ma questa era una domanda che avrei lasciato senza risposta. In piedi, non potevo sapere dove sarebbero arrivati i colpi. Per avere ancora più spazio a disposizione, mi fece allargare le braccia e tenerle alzate sulla testa. E cominciò a colpire. I suoi colpi arrivavano da ogni parte, pronti a colpire ogni parte del mio corpo tranne il mio viso. Colpì la schiena, le braccia, la pancia, i seni, le ascelle, le cosce, i piedi. Ovunque. I colpi non avevano un ritmo, erano completamente casuali.

A volte veloci, altre così lenti da farmi dubitare che un altro colpo fosse imminente. Il dolore era ovunque, non riuscivo a distinguere niente tranne il fatto che la mia capacità di sopportazione stava raggiungendo il limite. Ma l’idea che sarebbe stato molto peggio se avessi mollato mi faceva resistere. Dopo 25 minuti, crollai in ginocchio in lacrime, non riuscivo a sentire altro che dolore indistinto. L’orologio volò dall’altra parte della stanza rotolando, ma quasi non me ne accorsi. Il mio Padrone mi raccolse da terra e mi accarezzò finché fui in grado di stare in piedi da sola. Ero così sollevata che avesse smesso di punirmi che mi crogiolai in quella meravigliosa sensazione di benessere che mi davano le sue braccia. Pensavo fosse finita quando tornai alla realtà. Come avevo potuto scordarlo? Mi gelai. Ero completamente immobile di fronte a lui. Ma lui mi sorrise. Riuscì a sorridere. Non riuscivo a crederci. Poi mi prese la mano dolcemente e mi fece spostare al centro del divano, gambe spalancate come la peggiore delle troie e mani dietro la testa. “Se muovi anche solo un muscolo, ricomincio da capo. Chiaro?” Non gli sembrava abbastanza, così prese una molletta, di quelle con l’intensità della chiusura regolabile, e me la applicò al clitoride, regolando l’intensità massima.

Sapevo che sarei svenuta dal dolore al clitoride, non avevo idea di come avrei potuto resistere anche al resto. “Sei pronta?”

Egli riusciva a sorridere e a sembrarmi incoraggiante, come se avesse la certezza che sarei riuscita a superare ogni difficoltà senza problemi. Mi baciò dolcemente sulla fronte, mentre io annuii timorosa. Dopo avermi fatto abituare qualche istante, iniziò la punizione con il frustino. Il suono del suo sibilo mi terrorizzava, e sapevo già che la sua mira sarebbe stata perfetta sul mio clitoride, la zona più sensibile e congesta di sangue. Il colpo fece muovere la molletta e il dolore fu atroce, ma dopo avermi fatto riprendere, continuò con altri colpi, tutti mirati perfettamente e altrettanto dolorosi. Sembrava durare un’eternità, finché non smise e mi massaggiò il clitoride, togliendo la molletta. “Che troia sei, ti ho colpito nel modo peggiore e sei ancora più eccitata di prima. Dovrei ricominciare la punizione da capo, sembra che tu non abbia ancora imparato la lezione.” A queste parole mi gelai, terrorizzata, ma poi sentii la sua forza che mi penetrava la vagina, riempiendomi completamente senza troppa difficoltà. Fu una scopata incredibile, con lui che ripercorreva ogni segno che mi aveva lasciato, non staccando un secondo le dita dal mio povero clitoride. Alla fine mi concesse l’onore di poter avere un altro orgasmo. Fu stupendo, con lui che mise nuovamente la molletta sul mio clitoride all’apice del piacere, provocandomi un dolore meraviglioso. Alla fine, si ritrasse e finì il suo orgasmo sul mio viso, un onore immenso per me che non vedevo l’ora di accogliere il suo meraviglioso sperma sul mio volto soddisfatto.

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