Una cara amica

Una cara amica

Quando la conobbi, come sempre, il mio primo pensiero fu quello di chiavarmela. Ma era un pensiero che, in quel periodo, più o meno avevo con ogni donna che incontravo. Quindi, oltre al fatto di avercelo duro non appena la vedevo, non andai oltre. Ma questo anche per altri vari motivi. Il primo di questi motivi era che Flora non aveva un grande corpo. Piuttosto bassina, le gambe che si vedevano sotto, dalla gonna, erano magre e leggermente arcuate. I seni normali e morbidi perché portava reggiseni non duri. Quello che era più arrapante di tutta la sua persona però, era il viso. Piccolo, perfetto, nasino all’insù, occhi grandi e vogliosi e, capelli rossi. Nell’ambiente di lavoro in cui ci conoscemmo, un ufficio con dodici impiegati, otto donne e quattro maschi, lei fu quella che mi accolse con più entusiasmo. Ero nuovo e lei mi trattò subito con un’amicizia e un affetto molto particolari. Anch’io la trattai allo stesso modo. Conoscendola di più seppi che era sposata e che aveva due figli. Certo, dalle sue parole veniva fuori che il suo era un matrimonio con qualche contrasto, ma niente di che, erano contrasti che si possono trovare in ogni rapporto di coppia. Era attaccatissima ai figli, ne parlava con una passione particolare. Nonostante questo però, era una donna molto aperta. Mi parlava dei suoi problemi di famiglia e mi raccontava le piccole stupide cose che capitano. Il marito sempre arrabbiato che non la capiva, il figlio piccolo che di notte si addormentava con la testa in mezzo alle sue gambe procurandole un grande piacere. Questi racconti a volte mi sembravano della allusioni, degli ammiccamenti che però lasciavo scivolare via, senza indagare oltre. Mi invitò anche a casa sua, e nelle poche volte che ci andai, vidi che il marito era abbastanza strano. Senza alcuna comunicativa, non salutava se per caso passava nel soggiorno dove stavo io. Comunque, il nostro rapporto di amicizia con Flora continuò con sintonia, simpatia e affetto. Continuò così per almeno un anno, e ormai neanche ci pensavo più a chiavarmenla, anche perché in quel periodo avevo a disposizione donne molto più arrapanti. I segnali da parte sua erano quelli appena descritti, oppure erano segnali poco chiari per cui io non li pendevo come inviti a farmi avanti. Mi mostrava le sue foto di pochi anni prima, dove si vedeva chiaramente che era molto carina, e qualche volta, quando per esempio io le dicevo che mi facevano male le spalle, lei risponeva che fottevo troppo. Insomma, ci stuzzicavamo a vicenda tenendoci sulla difensiva e continuando un’amicizia simpatica e vivace. Dopo un anno nel quale ci eravamo visti quasi tutti i giorni, la situazione cambiò. L’ufficio fu smembrato e ora ci vedevamo ogni quandici giorni per delle riunioni. Ormai dopo esserci salutati neanche ci sedevamo più vicini, come invece succedeva regolarmente l’anno prima. In me successe questo. La guardavo durante le riunioni con più voglia. Era ingrassata di qualche chilo che si era ben distribuito sul suo corpo tanto da farla apparire più arrapante. Ma niente di più, oltre non andai. Passò un altro anno in questo modo, e poi successe l’episodio scatenante. L’episodio che ci fece incontrare in modo diverso dal solito. Ormai avevo cambiato lavoro. E sinceramente di Flora non sapevo neanche che stesse facendo. Tra l’altro neppure me lo chiedevo. Una sera di maggio partii con il rapido delle 22 (allora si chiamava così) , che arrivava a M. alle sette del mattino (questi erano una volta gli orari), dove dovevo seguire un corso della durata di tre giorni. Salii sul treno, avevo una cuccetta prenotata ma un poco volevo stare da solo in santa pace a leggermi il giornale, per cui attraversai alcune carrozze in cerca di uno scompartimento libero. Il treno partì proprio in quell’istante, ed io attraversando i corridoi delle carrozze dovevo chiedere scusa ogni momento alle persone in piedi o che stavano ancora sistemando le valigie. Fu così che chiesi scusa anche a Flora che stava fumando in corridoio (allora si poteva) accanto ad una valigia. Si sorprese un po’ nel vedermi su quel treno, e fece un movimento della testa come per scuotersi. – ‘Che magnifica sorpresa’, dissi io, ‘sei sola?’ – ‘Sì, vado a M. per tre giorni. E tu dove vai?’ – ‘ Pensa, pure io vado a M. per tre giorni. Tu da chi vai, a fare cosa?’ – ‘ Sto sola, mi ha accompagnato mio marito alla stazione, devo fare delle pratiche per mio fratello e mi hanno detto che ci vogliono come minimo tre giorni, così ho prenotato una pensione.’ – Mi fa immenso piacere averti incontrata, faremo il viaggio insieme e poi potremo anche incontrarci a M., che dici?’ – ‘Sì, certo. Ma tu che vai a fare a M.?’ – ‘Ho un corso, finisce alle nove di sera, ma poi sono libero.’ Sorrise ma la vedevo un po’ imbarazzata, per cui le proposi di trovare uno scompartimento libero per fumarci una sigaretta seduti. Lo trovammo subito e ci sedemmo. Le dissi che finalmente avremmo potuto stare un poco da soli, visto che finora non era mai capitato, non avevamo mai avuta l’occasione. Mentre parlavo vedevo che lei stava un poco sulle sue. Le dissi che lei negli anni scorsi mi aveva dato molto, e che avrei sempre voluto dirle quanto era stata importante per me, oltre al fatto che c’era una cosa molto seria che mi vergognavo di non averle detto prima, ma che adesso non potevo non farlo. La cosa era che lei mi aveva sempre attratto fisicamente, in modo molto intenso, ma non avevo mai saputo trovare il modo di esprimerle questi sentimenti. Per non farla sembrare una specie di confessione, l’accarezzai e le dissi, – ‘ Non puoi sapere quante volte me lo hai fatto diventare duro. Non parlare, per favore’ continuai ‘ te ne prego, ti voglio, sento di volere in bocca i tuoi capezzoli, ti voglio tutta. E per favore anche se non ti interesso molto, almeno una volta, concediti.’ Disse, ‘ Lo sai che mi interessi’ e rise soddisfatta. Ci baciammo abbracciati sul sedile dello scompartimento. Spensi la luce e cominciai a morderle il collo e spingere la mano sulle sue gambe, fino alla fica che raggiunsi infilandole la mano tra le mutandine. Intanto lei con il mio cazzo duro in mano, mi masturbava lentamente. Ad un tratto si fermò e disse, – ‘Dai basta, non è il caso’. La guardai con l’espressione di chi sta pensando non puoi farmi questo. Lei continuò, – ‘se ho deciso di fottere finalmente con te, non credi sia meglio farlo come si deve?’. – ‘ hai ragione’, dissi, ‘anche io non vedo l’ora di chiavarti come Dio comanda, in un letto, naturalmente’. Ci accordammo. La mattina dopo saremmo arrivati a M. verso le sette e mezza, e io avrei iniziato il corso a mezzogiorno. Lei poteva andare quando voleva, con calma, per le pratiche di suo fratello. Restammo ancora un poco vicini a parlare, poi decidemmo insieme di andare a dormire nelle nostre rispettive cuccette. Quando la lasciai vicino al suo scompartimento la baciai sulla fronte. La mattina appena scesi tutti e due dal treno, ci infilammo in un taxi e ci facemmo portare all’albergo che avevo prnotato, che stava prprio al centro della città. L’albergo era bellissimo e di prima qualità. Portarono le mie e le sue valigie in camera e salimmo dopo che informai la reception che la signora non sarebbe rimasta tutto il tempo. Non c’erano problemi, mi dissero. Dopo, quando li avrei chiamati, avrebbero portato di nuovo giù le valigie. Erano intanto già quasi le nove. Se volevo considerare l’ipotesi di un aperitivo con il corpo di Flora, dovevo sbrigarmi. In camera da soli, la spogliai lentamente mentre lei, seduta sulle mie gambe, mi baciava con grande calore. Devo fare una confessione: a me i baci caldi e appassionati, l’incontro delle lingue e delle salive, mi eccita enormemente. Specialmente quando si percepisce in sottofondo, un alto contenuto erotico. Guardavo avidamente il suo corpo. I seni erano piccoli ma perfetti, morbidi e bianchi. Le cosce all’attaccatura con il culo erano molto meglio di quanto avessi immaginato. Le dissi che mi pentivo moltissimo di non averla spogliata prima. Le chiesi scusa ma lei era decisamente più bona di quanto avevo fino ad allora potuto immaginare. Aveva una bellissima fica, rcca di pelo nero e folto, rosa e morbidissima perché gliela baciai e leccai per bene e a dovere. Lei intanto con il mio cazzo duro in mano, se lo spingeva in bocca, facendolo toccare con la punta tutta la volta del palato. E lo faceva con lentezza, delicatamente ed era estremamente piacevole. Ci buttammo sul letto mimando una specie di lotta, ci abbracciavamo e strusciavamo pelle a pelle. Poi lei si mise supina pronta ad accogliermi, mi misi sopra, le allargai le gambe e glielo ficcai nella fica. Era stretta ma molto molto avvolgente. Sulla punta del mio cazzo lei muoveva i muscoli interni della vagina, procurandomi dei lampi di piacere enormi. La fottevo con grande metodicità, dondole dei colpi nella pancia poderosi ma ritmici e passionali. Quel corpo mi dava molte più sensazioni di quanto pensavo. La feci venire lentamente, e lei venendo, ansimava e tremava stringendomi con forza a sé. Dopo mi diede la lingua in bocca e mi succhiò la mia con vigore. Ce lo avevo ancora duro, in mezzo alla sue calde gambe. Così la presi e me la sedetti sul cazzo, infilandoglielo nella fica. La alzavo con le braccia sotto le ascelle, e poi la facevo scendere lentamente per prenderlo tutto dentro. Accompagnava questi movimenti con lamenti di piacere e di vera gioia. Fottemmo così per qualche tempo. Poi la misi inginocchiata sul letto e da dietro glielo facevo scivolare sul buco del culo e sul pelo titillando il clitoride. Poi appoggiai la punta del cazzo sul suo buco del culo. Era bellissimo sentire la punta del mio cazzo compressa nei suoi sfinteri. Poi, sempre da dietro glielo infilai nella fica dandole delle stantuffate selvagge. Le sborrai dentro con estremo piacere. Se lo sfilò da dentro, lo prese caldo e lucido di sperma tra le mani e lo baciò con amore. Per qualche minuto rimanemmo così, distesi, e io le ribadii il mio pensiero. Che avevo sbagliato a non dirle prima che la desideravo con tutte le mie forze. Lei disse che era stato meglio così, e che ora eravamo veramente liberi e soli, e poetvamo fottere senza problemi. Intanto si era fatto tardi. Io per mezzogiorno dovevo stare alla sede del corso. Mi feci la doccia mentre lei stava ancora tra le lenzuola a crogiolarsi, a sentirsi bagnata, ad assaporare il piacere mentale del dopo chiavata. Restammo intesi che alle nove sarei andato a cercarla alla sua pensione. E così, appena finito il corso mi infilai in un taxi e mi feci portare all’indirizzo che mi aveva lasciato. Arrivai quasi subito. Chiesi di lei e mi dissero alla reception che era uscita da pochi minuti. Stavo decidento che fare, quando la vidi entrare dalla porta centrale. Era andata a fare due passi e nel frattempo aveva chiamato al mio albergo per sapere se ero tornato o meno. ‘ cosa facciamo?’, le dissi, ‘andiamo da me?’. ‘senti’, disse lei, ‘perché non restiamo da me per stanotte? Sai, sarei più sicura, se per caso ci fosse un problema di campo, hanno tutti il fisso della pensione. Ti dispiace?’. – Ma no, che dici? Solo che dobbiamo andare un momento da me per prendere almeno una camicia pulita. Decidemmo che avremmo comprato qualcosa da mangiare durante il tragitto. Salii da solo in camera per prendere la camicia e e lasciai detto alla reception che non sarei rientrato per la notte, ma solo alle due del pomeriggio dopo. Per ogni evenienza, lasciai detto che se si presentava la singnora, e indicai Flora che stava seduta in poltrona nella hall, avrebbero potuto darle le chiavi della stanza. Di nuovo fuori a piedi a cercare qualcosa da mangiare. Trovammo una rosticceria dove prendemmo alcune cose, e poi di corsa verso la sua pensione. Era tale, in tutti e due, il desiderio di continuare a fottere che non c’era posto per altro. Parlai con il portiere di notte e gli spiegai che se per caso la signora ricevesse una telefonata, doveva dire che stava dormendo in camera dalle nove. Il ragazzo, perché più o meno era ancora un ragazzo, mi ascoltò con l’aria scocciata ma cambiò idea tutto sorridente quando gli feci scivolare in mano cinquanta euro. Andammo in camera e mi spogliai per fare una doccia. Lei invece, era pulita e profumata, me ne ero già accorto, per cui mi affrettai e uscii dal box ancora bagnato. Era ancora vestita. La spogliai io. Lei seduta sul letto, io in piedi, le infilai il mio cazzo duro tra i seni, sul collo, sugli occhi, sotto le ascelle. Orientavo il cazzo come un teser esplorando ogni centimetro del suo corpo. Lei lentamente si muoveva e lo stringeva tra i seni, sul collo abbassando la testa, io orientavo la punta del cazzo come se le volessi entrare nelle orecchie. La scaldai baciandola e strusciandole la mia gamba sulla fica, movimento che lei assecondava da dio premendo da parte sua con altrettanto ritmo. Non so per quanto tempo abbracciati continuammo così. Poi la presi in braccio con la gambe aperte e, in piedi, glielo infilai nella fica già abbastanza lubrificata. Abbracciata con la mani al mio collo, e stretta con i seni contro il mio petto, le gambe gliele tenevo io, la scodellavo sul mio cazzo e ad ogni movimento dava delle grida di piecere. Disse di continuare così perché era bellissimo. Poi mi sedetti sul letto, sempre tenendoglielo dentro e lei muovendosi, anzi torcendosi, venne con un orgasmo lunghissimo e liberatorio. Allora la presi di nuovo in piedi, e spingendola con la spalle al muro, le stantuffai così velocemente il mio cazzo dentro, che mentre lei assecondava arrapata il movimento quasi violento, venni sborrandole nella fica con grande veemenza. Stanchi e felici, restammo a parlare nel letto come due vecchi amanti. Era soltanto la seconda volta che fottevamo insieme ma tra noi c’era tanta sintonia. Il fatto che c’eravamo tanto desiderati, ci dava la sensazione che fossimo stati sempre in questa totale intimità. Fottemmo ancora e lei mi disse che molte volte, in tutti questi anni, era stata tentata di chiamarmi per dirmi che voleva chiavare. Le dissi che la stessa tentazione era venuta anche a me, e che, anzi, molte volte avevo parlato di lei con una sua amica con la quale in questi anni ero uscito spesso. – Disse: ‘ ma che stronza! Avevo capito qualcosa, ma non è mai stata tanto sincera da dirmi che fotteva con te. Eppure me ne ero accorta, ma ogni volta che le chiedevo qualcosa, lei mi rispondeva che stava tentando ma che ancora non era riuscita a farsi chiavare. Che stronza!’. – Le dissi ‘ calmati, a parte il fatto che avrei chiavato molto più volentieri con te, i nostri rapporti negli ultimi tempi erano fatti di bocchini che lei mi faceva in macchina velocemente. A proposito, quando me lo prendi un po’ in bocca e mi fai sentire cosa sai fare con la lingua?’. – ‘ma certo, non vedo l’ora’. – E poi, dissi ancora, ‘ ma non è finita, mi devi dare anche il culo, amore mio?. – Lei disse, ‘ lo sai che per me è un po’ doloroso, ma te lo do volentieri. Solo facciamo che capiti quando siamo nel tuo albergo, così posso gridare di piacere liberamente, qua l’ambiente è tanto piccolo che mi sembra di sentire anche il respiro che viene dalle stanze vicine. Poi ci addormentammo. Mi svegliai con metà del suo corpo sotto il mio. Avevo la bocca tra i suoi seni, e la sua fica appoggiata sul mio ginocchio come se stesse cavalcando. – ‘Non ti ho fatto male?’ le chiesi. – È stato stupendo dormire così, compressa sotto di te,’ disse. Restammo intesi che ci saremmo visti alle due e mezza nella mia camera d’albergo. Lei poteva già farsi trovare là, perché avevo lasciato detto che potevano darle le chiavi. Mi feci la doccia e corsi al corso. Alle due e mezza uscii dal corso e con il taxi raggiunsi il mio albergo. Stava già in camera e aveva fatto portare alcune cose da mangiare. Mangiammo calmi e sereni e la feci ridere e divertire raccontandole episodi e sorielle che mi capitavano al corso che stavo seguendo. Poi ci sedemmo un poco sul divano, lei scivolò con le ginocchia a terra, mi aprì i pantaloni e mi fece un grandissimo pompino. Una vera delizia del piacere. Lo succhiò, lo morse, lo leccò con delicatezza e passione. Si prendeva tutte e due le mie palle in bocca, e con la lingua le spostava da una parte all’altra neanche fosse un giocoliere. A vista non avrei mai detto che la sua bocca potesse contenere tanta roba. Sborrai con uno spruzzo che le finì sul viso. Leccò fino in fondo e pulì per bene, ingoiando il contenuto. Nel pomeriggio il mio corso prevedeva un incontro pubblico. Le dissi di venire nella sala della manifestazione in modo da fare in fretta e appena finito avremmo subito potuto uscire per andare a cercare qualche buon ristorante. La proposta la allettò moltissimo. Mentre si svolgeva l’incontro, parecchie volte guardai in sala per vedere se fosse arrivata o meno. Arrivò verso le otto, vestita in modo elegantissimo. Tailleur amaranto con gonna corta, calze e scarpe alte nere, e una camicetta di seta lo stesso nera. Era truccata molto bene. Una modella. Mi accorsi che molti si erano girati per guardarla mentre lei cercava un posto libero nella sala affollata. Io dovevo fare ancora il mio breve intervento. Cosa che feci guardando il volto di Flora che mi ascoltava fissandomi con gli occhi lucidi. Alle nove finì tutto e la raggiunsi in fondo alla sala, dove mi stava aspettando. Altri amici del corso vennere vicino e ci invitarono ad un club privato per la sera. Ci accordammo che ci saremmo andati dopo la cena. Con il taxi ci facemmo portare al ristorante più esclusivo della città. Mangiammo molto bene, con la ginocchia puntate alle sue gambe, ogni tanto le accarezzavo la faccia. Ma in questo semplice gesto c’era un erotismo sfrenato e senza limiti. Mi disse che era bellissimo vivere da amanti come stavamo facendo, ma anche che la realtà sarebbe stata difficile da accettare una volta ritornati a casa. Le dissi che per ora non doveva assolutamente pensarci. Uscimmo dal ristorante abbracciati e stretti l’uno all’altra. Arrivammo così al club privato che ci. Avevano indicato gli amici. Bussammo. Appena dentro si avvicinò per darci il benvenuto, una ragazza nuda e molto bona. A Flora le aprì la camicetta e le tirò fuori un seno. A me mi leccò il collo e mi aprì la patta dei pantaloni prendendo il cazzo nella mano. C’era molta oscurità, si intravedevano molte piste per ballare e ai lati una infinità di separè, dove si capiva si fotteva una meraviglia e a più non posoo. Facendo caso meglio però, vedemmo che non solo nei separè si fotteva, ma non po’ dappertutto, specie sui divani ai lati della pista. C’era molta libertà, e i separè erano solo per i più timidi. Vedemmo in un algolo un uomo che fotteva una bella ragazza spingendoglielo nel culo. Più in là c’era una bella donna che spompinava un ragazzo. Al bar prendemmo due whisky e ci mettemmo al margine di una pista a ballare. All’improvviso Flora saltò stringendosi a me. Qualcuno le aveva messo le mani sul culo da sotto la gonna mentre passava, infatti vedemmo quest’uomo che si stava allontanando ridendo. Al centro della pista c’era una donna completamente nuda che ballava con due uomini i quali, uno davanti e un altro dietro le spingevano il cazzo contro. Ballammo abbracciati e intanto notavamo che l’atmosfera intorno diventava sempre più surriscaldata. Ad un lato della sala scese dall’alto un maxi schermo su cui venivano proiettate diapositive pornografiche: donne impegnate in amplessi impossibili con tre o quattro uomini contemporaneamente, e spogliarelli da fine del mondo. Flora nel frattempo prese altri due whisky e anche lei mi sembrava abbastanza surriscaldata, perché sulla pista, mentre ballavamo, mi prese il cazzo fuori e facendo delle contorsioni si tolse le mutandine e le buttò a terra in quel marasma di corpi, cazzi e fiche. Le strusciavo il cazzo sulla pancia e lei con la mano lo orientava a suo piacimento. Poi ci fu il clou della serata, così venne chiamato. Tre donne su un palchetto facevano le contorsioniste alle prese con una quantità infinita di cazzi di gomma. Alla fine dello spettacolo, quando chiamarono tre uomini a salire per farsi fottere davvero, ormai tutta la sala stava facendo la stessa cosa. Io e Flora in un angolo, stesi su un divano stavamo chiavando beatamente. La feci venire e poi le sborrai a mia volta nella fica. Era tardissimo quando uscimmo, e come era da prevedere, la sua pensione era chiusa. Stavamo aspettando un taxi per andare almeno a riposare un po’ in albergo nella mia stanza. La fortuna volle che proprio in quel momento stava rientrando qualcuno della pensione con la chiave e gentilmente ci fece entrare. Ci spogliammo nudi e abbracciati nel letto quella volta non chiavammo. Lei era quasi ubriaca e io ero terribilmente stanco, per cui ci addormentammo. La mattina dopo dovevo uscire molto presto, era l’ultimo giorno del corso, e dovevamo ancora decidere, io e Flora, quano saremmo partiti. La chiamai all’una alla pensione perché non facevo in tempo a tornare, e decidemmo che alle sette, alla fine del corso lei sarebbe passata a prendermi. Avevamo deciso comunque di passare ancora una notte insieme e lei aveva già detto a casa che sarebbe partita la mattina dopo. La serata scivolò via benissimo, andammo a mangiare nel nostro solito ristorante, e poi finimmo in un locale molto serio ad ascoltare ottima musica. Tornammo alla pensione alle undici, e poiché mi doveva ancora dare il didietro, le dissi di andare da me. Lei ci pensò e concluse che era meglio restare da lei. Era meglio non rischiare di compromettere tutto proprio l’ultima notte di libertà (così disse lei). Fottemmo tutta la notte, glielo misi naturalmente anche nel culo. Appoggiata alla parete, spingeva con le mani e con il bacino contro il mio cazzo per farselo antrare più dentro che poteva. Poi la alzai con le gambe e poi sempre con il cazzo nel culo, facevo dei piccoli salti per farla godere. Lei si vedeva che si tratteneva moltissimo per non gridare, fin quando non le sborrai con veemenza dentro. L’ultima chiavata ce la facemmo verso le cinque di mattina. Lei era ancora arrapata e rossa in faccia. Io le stavo sopra stantuffando lentamente perché le continue sollecitazioni avevano gonfiato le labbra della sua fica, che ormai era a tutti gli affetti una pucchiacca con le labbra gonfie. Lei sudata, scarmigliata, rossa, aperta con la gambe sulle mie spalle, si muoveva a ritmo delle delle mie spinte. Sfiniti poi ci addormentammo. Alle nove del mattino facemmo una corsa matta per riuscire a prendere il nostro treno. Durante il viaggio, nonostante lei non volesse, si. Addormentò spesso. Io dopo un paio d’ore non riuscendo più a dormire, mi misi a leggere i giornali. Quando arrivammo c’era il marito ad attenderla, lei andò avanti, e io aspettai seduto in treno una decina di minuti per evitare di incontrarlo. Ci vedemmo tre volte nell’arco di due mesi. Fottemmo bene, ma non c’era quell’ardore e quella passione che ci aveva preso a M. Restammo amici e una volta incontrandoci per caso, mi disse che fantasticava un altro improbabile viaggio come quello che avevamo fatto una volta.

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