Storia della mia vita 2

Storia della mia vita 2

SEGUE DA: STORIA DELLA MIA VITA 1

  1. LA PRIMA ESPERIENZA
    Era finito l’anno scolastico e io passavo il tempo a girare con la mia bicicletta, in completa solitudine, per la città e le campagne circostanti, a volte spingendomi parecchio lontano, alla scoperta di nuovi posti da vedere e da esplorare.

Mi capitò un giorno di rasentare una casa circondata dai campi e chiusa da una siepe alta e fitta su due lati. L’edificio sembrava una vecchia casa di contadini un po’ riadattata, con un cortile tutto intorno. Era quasi estate e faceva abbastanza caldo.

Mentre passavo vidi una donna che stava facendo qualcosa nel cortile rivolta verso la casa. Indossava una camicetta bianca leggera e una gonna nera stretta e un po’ corta che le fasciava i fianchi sinuosi, lasciando libere due bellissime gambe dritte e tornite. Ma… mi accorsi subito che non era una donna nel vero senso della parola. Quella vista mi provocò un turbamento profondo e irrefrenabile. Corsi via velocemente con la mia bicicletta senza che la donna si accorgesse di me.

Più avanti coprii la bicicletta con i cespugli e tornai a piedi verso la casa con il cuore in tumulto. Cercai di nascondermi nel fosso che costeggiava la strada sterrata che avevo percorso e sbirciai verso la casa. La donna era ancora lì e faceva le cose muovendo il corpo in modo flessuoso e morbido. Ero eccitato come non mai e sentivo il sangue che mi batteva sulle tempie come un martello.

Preso da un raptus che mi fece mettere da parte la paura, uscii dal fosso e camminai lungo la strada come se fossi semplicemente un passante. La donna si voltò e mi vide, ma io feci finta di niente continuando a camminare. Però notai che aveva un bel viso incorniciato da stupendi capelli neri lunghi. La donna si voltò di nuovo e continuò a fare quello che stava facendo.

Dopo un po’ tornai indietro e la donna a questo punto, notando il mio strano andirivieni, mi chiese, con fare comunque gentile: “Scusa, stai cercando qualcuno? Oppure hai perso qualcosa?” Non riuscivo a dominarmi, ero in preda a una eccitazione indescrivibile. “No, no” risposi “passavo di qui.” Era ovviamente una risposta assurda, ma non riuscii a dire altro.

Tornai a casa e, naturalmente, mi masturbai. Il giorno dopo tornai sul posto per spiare la casa da un punto nascosto ma il più vicino possibile. Quando arrivò un’auto che si fermò davanti alla casa, rimasi completamente senza fiato. Dal posto di guida era scesa una transessuale assolutamente stupenda. Grande e tutta curve, con una minigonna cortissima. Le sue gambe lunghe e sensuali erano rese ancora più slanciate da un paio di tacchi sottili e alti al punto giusto, senza essere esagerati, perché lei stessa era già piuttosto alta. Dall’altro sportello era scesa un’altra figura femminile, ma chiaramente un travestito, perché il seno era meno accentuato e le curve meno sinuose.

Il mio cuore sembrava impazzito. Mi stesi a terra tenendomi il petto. Ebbi paura che mi venisse qualcosa di brutto e cercai di calmarmi respirando profondamente nell’erba.

Rimasi per non so quanto tempo, forse tre ore, a spiare la casa per vedere se qualcuno usciva o entrava. Quando ormai era arrivata ora di cena dovetti abbandonare la postazione e rientrare con un po’ di delusione.

La sera e la notte maturai una decisione che non era coerente con il mio modo di essere timido e nascosto. Ma il pensiero fisso di quello che avevo visto e il desiderio intenso di scoprire di più mi avevano reso più audace. Avevo notato le lamette che usava la mamma per depilarsi e io spesi un paio d’ore nel bagno per rasare con cura la rada peluria che avevo sulle cosce e sulle gambe. Il resto del corpo era completamente glabro e non ebbi quindi alcun problema di altri peli superflui. Anche la barba era completamente assente dal mio viso e sarebbe stato così anche da adulto. Mi misi una maglietta, gli slip più succinti che trovai e un paio di pantaloncini molto corti e leggeri che mi lasciavano tutte le cosce e le gambe nude.

Arrivai lentamente a quella casa. Non avevo idea di ciò che poteva succedere e io stesso non avevo alcuno scopo preciso. Percorsi la strada sterrata con finta indifferenza. Le cosce nude e i pantaloncini cortissimi mi davano sensazioni di libertà e mi stimolavano intimamente. Feci due o tre passaggi in bicicletta a distanza di tempo, ma non c’era nessuno.

Al quarto passaggio ebbi un tuffo al cuore. Nel cortile c’era la persona che il giorno prima era scesa dalla macchina dalla parte del passeggero. Stava stendendo il bucato. Era un travestito, come avevo notato il giorno prima, ma la leziosità femminile e le mossettine provocanti erano anche più accentuate di quelle della signora che avevo visto la prima volta. Passai lentamente come se non avessi una grande fretta. La signora si accorse di me, si voltò e mi guardò. Rimase a fissarmi per qualche secondo. Avevo capito che vedere un giovinetto solo, dall’aspetto attraente e, soprattutto, con pantaloncini così minuscoli, aveva acceso il suo interesse. E la cosa mi intrigava da morire. Si rimise a stendere il bucato, questa volta chinandosi sul recipiente dei panni con studiata lentezza, per mostrarmi meglio le sue gambe e il suo culo.

Continuai a pedalare con il cuore che mi batteva all’impazzata. Ma fatti pochi metri, girai la bici e tornai indietro. Ormai stavo facendo cose che mai avrei fatto se fossi stato completamente in me. Ma avevo deciso di vincere tutte le paure e le timidezze e non volevo pensare a nulla se non a seguire istintivamente la mia eccitazione.

Mentre passavo di nuovo la guardai. Lei si voltò, mi sorrise e disse con voce sensuale: “Ciao!” Le risposi con un filo di voce. “Buongiorno, signora..” Mi sorrise ancora e mi disse: “Non so se ti sembra così interessante stendere il bucato, ma, se vuoi, puoi aiutarmi.” Rimasi un attimo incerto, ma era l’invito che attendevo per rompere il ghiaccio.

Appoggiai la bicicletta e mi appressai. Ero agitatissimo e sentire la vicinanza di una persona in carne ed ossa uguale a quelle che avevano sempre popolato i miei sogni erotici, mi dava sensazioni sconosciute. “Mi porgi tu i panni? Grazie. Ti piace girare in bicicletta nei campi?” Mi parlava con dolcezza e sensualità muovendosi flessuosamente e talvolta avvicinandosi molto senza dare a vedere che lo faceva di proposito. In quei momenti sentivo il suo profumo che accentuava i miei turbamenti.

La guardavo e l’eccitazione cresceva a dismisura. Ormai i miei pantaloncini non riuscivano più a contenere il rigonfiamento grosso che avevo davanti.

Quando finì di stendere, la signora disse sorridendo: “Ecco, abbiamo finito. Sei stato gentilissimo ad aiutarmi. Ora devo portare il secchio nella cantina e lavarlo. Ti ringrazio moltissimo. Ciao.” E si avviò verso il box sul retro della casa sculettando sinuosamente. Non ne potevo più e feci un’altra cosa che mai avrei fatto se non fossi stato così fuori di testa. Mi avvicinai alla porta aperta del box ed entrai.

La donna aveva finito di sciacquare il secchio, si voltò e disse ridendo: “Ah, sei tu. Ho sentito un’ombra entrare e ho avuto paura.” Poi mi guardò con un sorriso provocante e disse: “povero fanciullo…. Soffri molto, vero?” Ovviamente si riferiva alla mia incredibile erezione che stava per far esplodere i pantaloncini. “Beh, devo dire che sei proprio un bel ragazzino e hai delle gambe davvero conturbanti.” “Se vuoi, puoi sederti qui” Disse indicando una vecchia poltroncina imbottita senza braccioli che si trovava lì vicino.

Mi sedetti e lei si inginocchiò su un tappeto proprio ai miei piedi. Mi guardava da sotto in su in modo malizioso mentre mi accarezzava lievemente le cosce con la punta delle dita. Lo fece a lungo, andando dalle ginocchia fino al bordo dei pantaloncini. Questi erano così corti che le sue dita arrivavano praticamente ai miei inguini. “Hai una pelle stupenda. Liscia, tenerissima, dolcissima…” disse con voce più roca, già in evidente stato di forte eccitazione anche lei. Con le dita mi sfiorò il rigonfiamento dei pantaloncini e ci passò sopra delicatamente le unghie. Provai una sensazione intensa e il desiderio aumentò a dismisura quando lei, con le dita, cominciò a tastare il rigonfiamento quasi a saggiarne la consistenza.

Era una tortura. La signora cominciò a slacciarmi i pantaloncini e a far scendere la cerniera, sfilandoli fino a metà coscia. Poi, con grande sensualità, prese il bordo degli slip e li abbassò anch’essi, mentre io mi sollevavo un po’ da sedere per consentirle di denudare completamente le mie intimità.

Rimase a rimirare per qualche secondo il mio cazzo eretto come mai era stato, accarezzandomi tutto intorno, vellicandomi la peluria alla base del pene. Poi ne annusò a lungo l’odore a occhi chiusi. Era evidente che le piaceva e accresceva la sua lussuria. Alla fine avvicinò la bocca e con la lingua percorse lentamente tutta l’asta dalla base fino in cima, soffermandosi con delicatezza sul glande e toccando lievemente il frenulo con la punta della lingua.

Io avevo gli occhi chiusi, mentre provavo sensazioni intense e completamente sconosciute. Non ero mai stato toccato da nessuno in quel modo fino ad allora e quel momento era qualcosa di indescrivibile per me. La signora raccolse con la lingua il liquido che avevo emesso per la grande eccitazione. Poi, quando ormai stavo per impazzire dalla voglia, sentii la sua bocca che avvolgeva completamente il mio membro. Cominciò un movimento ritmico in su e giù accompagnato da un’azione del suggere che diventava sempre più intensa mentre le sue labbra stringevano forte l’asta.

In pochi secondi sentii qualcosa che saliva dal profondo del mio bacino, come una valanga che si ingrossa sempre più man mano che rotola verso valle, qualcosa di inarrestabile che mi fece gemere e ansimare mentre emettevo degli “aaahhhhh….aaahhh…” con tono infantile. Alla fine esplosi sentendo fiotti di seme che mi uscivano dal pene con rapide contrazioni e che inondavano la bocca della donna. Lei continuò a succhiare ancora per un po’, perché evidentemente voleva gustare fino all’ultima goccia la freschezza di uno sperma così giovane. E anche quando tolse il cazzo dalla bocca, lo strinse mungendolo con dolcezza per far uscire dal glande un’ultima stilla di sperma, che raccolse con le labbra assaporandola a occhi chiusi.

La signora si ricompose subito e mi sorrise divertita. “Ecco, credo di aver curato la tua sofferenza. Ora io risalgo. Mi raccomando: quando esci di qui, chiudi la porta del box. Ciao, ciao.” E se ne andò, lasciandomi completamente senza forze, ancora seminudo, sulla poltroncina. Non mi posi la domanda in quel momento, ma in seguito pensai che, appena in casa, doveva essersi appartata da qualche parte per masturbarsi.

SEGUIRA’ : STORIA DELLA MIA VITA 3

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