Godo mi fa rabbia

Godo mi fa rabbia

Chi ha letto i miei precedenti racconti apparsi su questo sito avrà certamente notato che, in vita mia, ho avuto una lunga frequentazione dei culi femminili. Questo è avvenuto anche per mia volontà, ma spesso capitava che fossero le mie partner a implorare di risparmiare la loro fica e a impormi di inchiappettarle, vuoi per salvaguardare la propria verginità, vuoi per paura di rimanere incinte o per altri e diversi motivi. In ogni caso, ho accumulato una notevole esperienza nello sfondamento di buchi posteriori femminili, diventando col tempo uno spaccaculi professionista.
Non è, quindi, che io sia maniacalmente attratto dallo sfondare sfinteri muliebri. Questo non è vero. Non mi ritengo un fissato nella sodomizzazione delle donne che mi capitano a tiro, anche se qualche “peccatuccio” lo devo ammettere.
Certamente, provo anche io il gusto perverso di infilarlo nel tortellino della mia lei, ma questo non giunge oltre il limite della fissazione maniacale. Romperle il culo mi fa piacere e mi soddisfa, ma non ne faccio una malattia se devo “accontentarmi” della fica.
Certamente, anche per me l’inculamento mi fa sentire dominatore della femmina che sodomizzo, ma tale senso di dominio è controbilanciato dal rispetto per il godimento di lei, poiché sono di quei maschi per il quale il piacere della femmina viene prima del proprio. Quindi, quando il cazzo sta slargando il buco del culo della troia di turno, non dimentico di ricorrere alle mani per palpeggiarle le poppe, titillarle i capezzoli, sgrillettarle il clitoride, infilarle un dito o, meglio, due nella fregna eccetera eccetera.
Certamente, anche per me il dolore di lei mi attizza e le sue urla aumentano il mio godimento, ma questo avviene quasi esclusivamente con femmine che vogliono rimanere vergini per cui mi obbligano al rapporto anale. Quindi: non mi hai voluto dare la fregna? Allora, tieniti il dolore e mi fa piacere sentirti urlare.
Fatte queste doverose premesse, voglio narrarvi un episodio di sodomizzazione intrigante.
Tempo fa mi scopavo una cicciona con due zinne eccezionali. Era un po’ sfatta, ma quella ciccia che ballonzolava sotto i miei colpi di cazzo mi attizzava molto. D’altronde, sono sempre stato attratto dalle donne in carne, anche perché sono le più troie e a letto forniscono prestazioni impareggiabili per soddisfare il mio birillo. E questa vaccona si dimostrava ampiamente all’altezza del compito, sollazzando ben bene la mia verga. Oltre tutto aveva un culone che mi eccitava molto.
Non ne ero innamorato, ma mi gustava molto scoparla e specialmente alla pecorina cioè nella posizione della vacca che viene montata dal toro. D’altronde questo rispecchiava la sua fisicità: aveva un fisico da vacca e rendeva bene quando stava a quattro zampe con il toro -cioè io- che la penetrava da dietro e faceva ballare le grosse poppe al suono del cazzo. In quella posizione, mi aggrappavo alle sue mammellone, aumentando la sua goduria per lo stantuffamento e facendola rantolare di piacere. E mi piaceva enormemente il fatto che aveva l’abitudine di urlare come una porca squartata quando la ciulavo, anche se mi imbarazzava con i vicini di casa … anzi con i vicini del mio scannatoio, dove la portavo per trombarla.
Una premessa importante: non mi ricordo se, prima dell’episodio che sto per raccontare, la avessi mai inculata; ma, se lo avevo fatto, era avvenuto pochissime volte. Insomma, lo infilavo sempre o quasi sempre nella sua ficona, che era molto carnosa e pelosa, e, quando veniva stimolata, si allagava come una palude dei suoi umori, lubrificandola ben bene e questo permetteva al mio uccellone di scivolare dentro agevolmente e di godere beatamente di quel bagno caldo. Insomma, il mio cazzo faceva le terme dentro la sua vagina.
E veniamo al fatto: una notte la stavo scopando per benino, quando lei a un certo punto si sfilò il mio uccello dalla passera e lasciò il letto, mettendosi in un angolo con aria di mugugno.
Capii subito che ce la aveva con me per il fatto che la trascuravo e che aveva compreso che rappresentava per me solamente un trastullo, uno strumento per svuotare con soddisfazione il mio uccello.
“Cosa hai?” le chiesi. “Niente” rispose lei. E chi conosce almeno un poco le donne sa che questa risposta vuole dire che lei ce l’ha con te e per un motivo serio. Non insistetti, sperando che le passasse. Di tanto in tanto le facevo altre domande per capire cosa avesse, ottenendo, però, sempre risposte evasive.
Alla fine, persi la pazienza. Mi alzai. La presi con forza. La misi a novanta gradi allargandole le gambe e le ficcai con decisione il mafarone nel culo. Fu un’inculata brutale: lo infilai senza lubrificante tipo vasellina e senza neanche un po’ di saliva; e non ci andai nemmeno con gradualità: lo sbattei nel buco velocemente e senza cerimonie. Fu uno sfondamento più che un inculamento. Poi iniziai a pomparla con violenza. Insomma, fu una vera e propria devastazione del suo sfintere.
E devo ammettere che intendevo vendicarmi; ero sicuro di farle male e pregustavo di sollazzarmi per le sue urla di dolore. Mi aspettavo che si ribellasse, che urlasse e mi insultasse dicendo “stronzo, toglimi il cazzo dal culo”. Ma non avvenne nulla di tutto questo. Anzi cominciò a dimenarsi per il piacere, emettendo mugolii di godimento.
Al che le dissi: “allora ti piace troia; ti piace il mio cazzo nel culo!”. E lei rispose: “Sì, ma mi fa rabbia”.
Beh, quella risposta mi eccitò ancor di più, poiché capivo che nonostante la sua ribellione mentale era sottomessa a me e al mio pisello. E questo me lo fece indurire ben bene nel suo intestino. La pompai con più forza fino a sparare una potente gettata di sborra nel suo culone di troia.

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