Quindici anni fa.

Quindici anni fa.

Fine ottobre 2008.
Sono soltanto due mesi che Lucia è partita per gli States e mi sembra di impazzire. Se non mi faccio una sega al giorno poco ci manca.
E mancano ancora otto mesi alla fine del suo Erasmus.
Ogni tanto penso all’idea di andare a puttane. Magari solo per un pompino, che poi è la cosa che letteralmente preferisco. Forse non sarebbe un vero tradimento. Pagherei. E poi, anche se ero troppo piccolo all’epoca per ricordarmelo, qualche tempo fa ho letto che il presidente Clinton si era difeso dicendo non era un vero e proprio far sesso.
Pompino. In realtà a Lucia non piace farlo. Al massimo una leccatina veloce.
Questa cosa mi rode dentro.

Voglio fumare, ma mi devo fermare perché i miei si accorgerebbero subito.
Area a parcheggio. Ok, va bene.

Fermo l’auto nei posti che guardano la ferrovia. Il sole sta tramontando. Passa un treno.
Faccio quattro passi verso la costruzione dei bagni pubblici. Fumo distratto.
Mando un sms ai miei dicendo che non torno a cena.

Il tizio lo intravedo prima con la coda dell’occhio, mentre mi sto sedendo sul muretto che delimita il parcheggio dall’erba.
Si appoggia al muro della costruzione. Lo guardo, là sulla sinistra. Fuma anche lui.
E mi guarda.
Sarà lontano una decina di metri, forse qualcosa di più.
Per cui lo vedo chiaramente massaggiarsi il pacco dei jeans.

Quasi per sfida, e per non sembrare un ragazzino che si spaventa. Sostengo lo sguardo.
Mi scappa un mezzo ghigno.
Lentamente si apre i pantaloni. Abbassa la patta.
Tira fuori il cazzo.
Non vedo benissimo. Ma quello è il suo uccello.
Senza dubbio
Se lo massaggia. Si sega lentamente.

Mi accorgo che non ho ancora smesso di fissarlo.
Forse è un po’ troppo. Mi guardo in giro. Da questa parte del parcheggio non c’è nessuno.
Non ricordo quante macchine ho visto dall’altra parte.

Non resisto. Lo guardo di nuovo.
Anche lui ha controllato la situazione dall’altra parte della costruzione. Si è leggermente spostato.
Appena vede che lo sto fissando nuovamente riprende a segarsi il cazzo.

Ok, Max.
La sigaretta l’hai finita da un po’.
Butta il mozzicone già spento, alzati e torna in macchina.

Chissà perché a Lucia non piace succhiare il cazzo. Sarà così tremendo?

Mi alzo in piedi ma le gambe non vogliono saperne di mettersi in movimento.
Guardo magneticamente la mano del tizio.
Non c’è davvero nessuno in giro. Almeno non da questa parte.

Il cuore mi sta battendo accelerato. Lo stomaco si è chiuso. Le gambe sono un po’ molli.
La maglia rossa ha una scritta. I capelli scuri sono lunghi sul collo. E’ scuro di carnagione. Sopra i trenta direi. Sorride ironico.
Dettagli. Che diventano sempre più evidenti.
Mi rendo conto solo adesso che sto andando verso di lui.

Ciao
Ciao
Vuoi succhiarlo?
…ok…

Mi piego sulle gambe.
Ho il suo cazzo praticamente in faccia. Davanti agli occhi.
Li chiudo aprendo la bocca.
La cappella è soffice. La consistenza è più morbida di quello che mi aspettassi.
Il sapore è forte. Ma non mi dispiace. E’ un po’ salato.
Vado avanti e indietro, cerco di usare la lingua. Sto attento a non toccarlo con i denti.
Non è male.
Una spinta troppo profonda mi provoca un conato.
Lui mugola di piacere.
Approvazione?
Lo rifaccio. Cercando di andare più in giù.
Stesso verso. Gli piace. Si apre meglio i pantaloni e abbassa gli slip sotto le palle.
L’odore muschiato è simile al mio. Inebriante.
L’uccello ricoperto della mia bava mi scorre bene avanti e indietro.

Il passaggio del treno lo fa sobbalzare. Si stacca.
Lo rimette dentro quasi subito. Tenendomi una mano dietro la nuca.
Pompo cercando di fare del mio meglio per sentire ancora i suoi gemiti.
Poi, un pensiero improvviso.
Faccio resistenza alla sua mano e mi libero la bocca.

Non venirmi dentro.
Ok, tranquillo.

La mano mi avvicina alle palle mentre lui si sega la punta. Le lecco.
Ispide. Ruvide.
Preferisco il cazzo.
E lui mi accontenta.

Bravo…continua così che vengo…

Accelero cercando di fargli sentire le labbra e non i denti.
Speriamo che si controlli e non mi venga in bocca.

Esce di colpo. La mano mi tiene la testa. La cappella a pochi centimetri spara liquido caldo che mi prende in faccia. Cerco di spostarmi ma non riesco. Gli schizzi arrivano a ripetizione.
Vinco la sua forza quando ha praticamente finito di godere.

Merda!
Ho la faccia piena di sborra. La sento colare. Cerco di evitare che mi cada sulla maglia. Non so cosa fare. Uso una mano.
Perfetto. Adesso me la sto spalmando in giro. E ho la mano destra inzaccherata.
L’odore della sborra mi entra nelle narici.

Lo guardo.
E’ soddisfatto e sta spremendo la cappella. Le ultime gocce.
Mi fa un cenno con la testa. Un sorriso.

Sei un fenomeno.

E se na va.

Ritorno alla macchina pensando al complimento.
Fenomeno.
Niente male per l’esordio. E non mi è dispiaciuto.
Anzi.

Riprendo l’autostrada.
Il sole sta tramontando.
L’odore di sborra e di cazzo mi circonda. Riempie la macchina.
Se arriccio le labbra lo sento fortissimo.

E continuo a rifarlo.

Clicca per votare questo articolo!
[Voti: 4 Media: 3.5]
FavoriteLoadingAggiungi ai tuoi preferiti

One thought on “Quindici anni fa.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *