La troia vergine

La troia vergine

Questo racconto mi riporta molto indietro nel tempo, all’epoca dell’università, quando conobbi Serena (nome, ovviamente, di fantasia).
Serena e io frequentavamo lo stesso istituto della nostra facoltà, in quanto entrambi stavamo preparando la tesi di laurea nella stessa materia.
Lei mi colpì molto per le sue doti fisiche: era alta e snella, con degli splendidi capelli lunghi di un colore che sconfinava fra il biondo e il rosso. Ma soprattutto aveva un bel culetto a mandolino che istigava al rapporto anale. Insomma, mi eccitava moltissimo nonostante io abbia sempre avuto un debole per le donne in carne, ma quel fisico flessuoso prometteva grandi soddisfazioni per il mio uccellone, che, a quei tempi, era sempre in tiro e pronto al combattimento.
Tuttavia, non mi feci avanti. Mi sembrava che lei avesse un debole per un assistente del nostro istituto. Ma poi le cose cambiarono e fu lei a farmi capire che le andavo a genio.
Cominciammo a uscire insieme e finimmo ad avere rapporti intimi in macchina e in camporella. Era un’ottima segaiola e bocchinara. Ma si dimostrava un po’ troppo gelosa della sua fica, che io volevo a ogni costo eccitare con le mie mani, visto che sono un uomo da sempre molto attento a soddisfare la mia lei.
Un giorno, poi, la portai a casa di un amico gentile che mi aveva prestato la sua abitazione. Ci spogliammo nudi e io, come ovvio, tentai di allargarle le cosce per farle provare il mio membro che era rigido e duro come non mai. Però lei si rifiutò decisamente di prenderlo in vagina e io non insistetti troppo, non avendo l’animo dello stupratore.
Fu lei ad accucciarsi fra le mie gambe aperte e a regalarmi uno splendido bocchino che finì con un’enorme gettata di sborra nella sua bocca. Io pensai che ingoiasse o che lo risputasse sul mio inguine, ma lei, invece, cominciò a correre per la stanza con la mano davanti alla bocca, cercando un posto dove liberarsi del liquido, e infine, andò in bagno dove si tolse il sorcio dalla bocca.
Il pompino più bello, però, me lo fece in un posto particolare e con modalità eccitanti. Un giorno eravamo all’università. Nel nostro istituto non c’era nessuno. Le misi le mani sul membro con sua soddisfazione. Poi, per essere sicuri di non essere scoperti, la condussi nell’attigua biblioteca e ci andammo a piazzare contro il muro fra due finestre, affinché nessuno dal palazzo di fronte potesse vederci. Io mi misi spalle al muro, la feci inginocchiare di fronte a me, tirai fuori l’uccello duro e glielo schiaffai in bocca. Lei lo prese dolcemente e mi sparò un gustoso bocchino e alla fine lei ingoiò l’enorme gettata di sborra che le avevo eruttato in gola.
Andavo a casa sua spesso, quando i genitori non c’erano, e tornai a tentare di infilarglielo in fregna, ottenendo, però, sempre un netto rifiuto. Di fronte alle mie insistenze, mi confessò che era vergine e voleva mantenersi tale, anche perché, quando andava dal ginecologo, la madre la accompagnava sempre e la preoccupazione più grande della vecchia era accertarsi che l’imene della figlia fosse integro.
Presi, quindi, atto della situazione e adottai le necessarie contromisure.
Difatti, un pomeriggio, andammo a casa sua al mare. Non era estate e, nonostante ciò, feci un bagno. Poi tornammo nel suo appartamento. Il palazzo era deserto. Lì, una volta spogliati, la misi in ginocchio sul pavimento con il busto appoggiato sul letto. Lei lasciò fare e non si ribellò neanche quando le infilai il mafarone nel buco del culo. Il mio cazzo entrò agevolmente nel buchino. Lei non si lamentò del dolore, ma ebbi l’impressione che fosse la prima volta che veniva inculata, poiché il suo sfintere non appariva spanato.
Ma la cosa più intrigante era sentirla sottomessa a me e al mio cazzo. Non a caso è noto che il rapporto anale è indice di dominio totale sulla donna che viene sodomizzata.
Da quel giorno, la inchiappettai durante tutte le nostre sedute di sesso e lei mai ebbe nulla da ridire. Solamente quando si sentiva trascurata, si lamentava con me del fatto che, quando andava di corpo, trovava nel water gocce di sangue, frutto delle lacerazioni provocate dal mio uccello che la fotteva analmente. Insomma, come si suol dire, la inculavo a sangue e lei mi rinfacciava lo spanamento: io ti do il culo e tu mi trascuri. D’altronde, le frequenti penetrazioni anali la avevano oramai spanata di brutto.
Una volta accadde un fatto un po’ spiacevole e un po’ intrigante. La misi a pecora davanti allo specchio. Lei era in piedi. Le allargai le chiappe e schiaffai senza troppi complimenti il cazzo in culo.
Sentii subito però che il suo sfintere non era rilassato: percepivo col mio pisello che le pareti del suo intestino come rigide. E, infatti, lei cominciò a urlare: “mi fai male; toglilo!”. Ma io me ne fregai e continuai a pompare, pensando: “non mi hai voluto dare la fica, preferisci essere inchiappettata e adesso ti tieni il mio cazzo in culo, troia”.
Andammo avanti io a fottere e lei a gridare di dolore. Mi chiedo ancora come mai i vicini non abbiano chiamato la polizia, poiché le sue urla sembravano quelle di un maiale – ma sarebbe meglio dire di una maiala – squartato. I colpi di maglio divenivano sempre più veloci e sempre più forti, devastandole il buco del culo. A un certo punto lei urlò: “brucia, brucia, tiralo fuori”. E scoppiò in un pianto dirotto. Ma neanche questo bastò a fermarmi e proseguii a sfondarle il culo fino a che un fiotto di sborra calda le allagò l’intestino, ponendo fine al suo tormento.
Lei scappò in bagno e io poco dopo la raggiunsi. La trovai seduta sul bidet, mentre si sciacquava il posteriore, tentando di lenire con l’acqua fredda il bruciaculo che affliggeva il suo foro anale, devastato dalla mia minchia.
Mi avvicinai e finii con l’uccello a pochi centimetri dal suo viso, solcato dalle lacrime. Pensai: “adesso questa me lo stacca a morsi”. Invece, lei mi guardò dolcemente con gli occhi gonfi di pianto e mi baciò languidamente il pisello oramai moscio. Questo omaggio mi fece sentire potente. Percepii il mio dominio su di lei e capii che oramai era la schiava mia e della mia nerchia. Una sottomissione totale.

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