Il ricatto – Cap.2 Lo stupro di Chiara

Il ricatto – Cap.2 Lo stupro di Chiara

Il ricatto – Cap.2 Lo stupro di Chiara

Il ricatto – Cap.2 Lo stupro di Chiara

La bocca fu avvolta con un fazzoletto intriso di narcotico, che in un istante mi lasciò debolissima e stordita. Poi mi ritrovai con un bavaglio stretto fra le labbra, che mi impediva di gridare, una benda che mi impediva di vedere, e le mani legate alla schiena con delle manette metalliche.

Udii, quindi il suono della serranda che si chiudeva e dei passi che si avvicinavano. Giorgio, il giovane gentile che da qualche tempo frequentava il negozio di frutta dove lavoravo come unica commessa e responsabile, si era trasformato in un mostro. Mi afferrò improvvisamente mentre gli davo le spalle per preparargli un pacchetto di frutta. Che viltà. Ripensandoci, non riesco a perdonarmi di avergli concesso la mia amicizia.

In quel momento ero bendata, spaventata e non ancora del tutto consapevole di quello che stava per succedere. La benda mi impediva di vedere chi fosse davanti a me, assieme a Giorgio; tuttavia Il bisbiglio delle voci, mi fece capire che c’erano almeno altre 2 persone assieme a Giorgio. In pochi minuti iniziai a sentirmi sempre più stanca e disorientata, per l’effetto del narcotico.

D’un tratto sentii una lama del coltello, che al tatto sembrava essere molto grande che mi passò da metà coscia in alto accarezzandomi il corpo verso il pube, poi sentii allargare i pantaloni e questa volta i miei leggings furono tagliati con un colpo secco dall’alto verso il basso e quindi fu il turno delle mutandine, della maglietta e del reggiseno.

Ero ora completamente nuda, quando uno dei tre uomini mi afferrò per i capelli, ponendomi a novanta gradi verso il suo membro duro, mi sfilò il bavaglio che avevo in bocca  rapidamente, e senza neanche avere il tempo di prender fiato,  mi trovai il suo pene in bocca, mentre la sua mano mi teneva la nuca, spingendola forte verso il suo bacino, tanto da provocarmi dei conati di vomito. Da dietro nel frattempo, Giorgio, che riconobbi dalla voce, mi prese con un impeto e violenza inaudita. Inaspettatamente, tuttavia mi trovai completamente bagnata intimamente e questo fece ringalluzzire Giorgio, che scambiò a tal proposito qualche battuta sulla questione con gli altri 2. In quell’occasione, i due risposero, ma il suono delle loro voci, era alterato da qualche meccanismo che ne distorceva il reale timbro, e conferiva un suono quasi metallico e rimbombante che si diffondeva nel negozio. Non sarei quindi capace di riconoscere le loro reali voci.

Mentre Giorgio iniziò a spingere sempre più forte da dietro, l’altro uomo faceva altrettanto con la mia bocca, tanto che dopo qualche minuto, ebbi i conati e vomitai per terra. L’uomo davanti a me però non si fece scrupoli, dandomi appena il tempo di riprendere fiato per poi continuare con quel trattamento. Mi scopava la bocca senza esitazioni e con colpi decisi e violenti.

Quindi Giorgio prese a gemere sempre con maggiore intensità fino ad avere un orgasmo; fortunatamente ebbe l’accortezza di uscire fuori dalla mia vagina e venire sul mio sedere. “Si immagina , se dopo quella tortura, avessi dovuto anche subire il rischio di rimanere incinta.” Pochi istanti dopo sentii arrivarmi in bocca anche lo sperma dell’altro uomo che per farmelo deglutire mi tenne stretto il viso e mi tappò per qualche secondo il naso, in modo da tenermi senza fiato  per un poco e di fatto costringer mi ad ingoiare.

In quel momento, fui avvolta da un profondo sconforto, tristezza e un pianto causato in parte dal dolore fisico e in parte dalla frustrazione di quell’atto. Tuttavia, fui anche pervasa da un senso di colpa, poiché durante quell’atto di stupro provai anche piacere. Ma quella tortura non era ancora finita.

Mentre ero inginocchiata a terra piangendo, il terzo uomo, che fino a quel momento aveva semplicemente assistito senza toccarmi, si avvicinò. Porse una mano sui miei capelli, accarezzandoli, e successivamente prese la mia mano con delicatezza, conducendomi verso il bagno. Nonostante fossi ancora bendata e con le mani legate dietro la schiena, l’uomo mi liberò temporaneamente le mani. Successivamente, le riprese e le legò nuovamente, ma stavolta davanti a me. Proseguì lavandomi in modo raffazzonato, utilizzando un asciugamano di fortuna che casualmente si trovava in bagno e che solitamente usavo per rinfrescarmi velocemente dopo una giornata di lavoro.

Ero perplessa sulle sue intenzioni, ma sapevo di non avere molta scelta. Mi prese nuovamente la mano e mi condusse verso il cesso, dove notai che abbassò la tavoletta e si sedette. Mi fece inginocchiare e lì compresi che la mia agonia non era ancora finita. Mi trovai in bocca il suo pene, che era notevolmente più grande rispetto a quelli degli altri due ed estremamente rigido. Con una certa delicatezza, avvicinò il mio viso al suo membro, che presi in bocca senza resistenza. A quel punto, che senso aveva resistere? Volevo solo che tutto finisse.

L’uomo continuava ad accarezzarmi i capelli con delicatezza e a passarmi le dita sul viso. Nonostante la benda mi impedisse di vedere, il mio stupratore, per qualche motivo, emanava un buon profumo, e forse anche solo per i suoi modi gentili, lo immaginavo bello. Dopo qualche minuto con il suo pene in bocca, sentii la sua voce sibillare. Stava per venire e mi chiese, gentilmente ma con la voce metallica del distorsore, di ingoiare.

Anche in questo caso, senza ricevere spiegazioni, obbedii. Quando ebbe finito, l’uomo mi aiutò a tirarmi su e baciò le mie labbra piene del suo sperma. Non ricambiai il bacio, né mi rigirai. Tutta quella situazione, oltre che dolorosa, era diventata imbarazzante. Il comportamento di quell’uomo, che aveva assistito al mio stupro e poi aveva abusato di me, seppur in modo pacato e soft e senza una mia evidente ribellione, mi aveva completamente frastornata.

A quel punto, gli uomini mi dissero di contare fino a 100 e che le manette si sarebbero aperte da sole in breve tempo; poi i tre se ne andarono velocemente.

Dopo qualche minuto, sentii infatti un click e uno scatto; le manette si erano aperte da sole. Mi tolsi la benda ed iniziai a piangere per un bel po’.

Avrei voluto denunciare subito la polizia, ma la vergogna e la stanchezza me lo impedirono. Con un cambio d’abiti preso dall’armadietto del bagno, mi rivestii e il giorno dopo andai a lavoro come se nulla fosse.

Una settimana dopo, confessai l’accaduto a mia madre e denunciammo insieme l’evento alla polizia. Ed ora, che il processo sta per iniziare, ho cercato un avvocato, e per questo eccomi qui. Un amico di mia madre mi aveva consigliato lo studio di suo zio, che a sua volta mi ha suggerito di rivolgermi a lei. Ha detto che non ci sarebbe stata persona più capace di seguirmi. Forse suo zio lo ha detto anche perché lei è donna come me, ed in effetti confessarle certe cose è stato probabilmente più facile rispetto a farlo con un uomo. Spero solo di non dover raccontare tutto in tribunale, e comunque sicuramente vorrei evitare certi dettagli che le ho confessato da donna a donna.

Chiara è una giovane donna di 25 anni, con una chioma di capelli ricci che scendono sinuosamente sulle spalle, incorniciando delicatamente un viso dai tratti veramente belli. Il suo sorriso, dolce e contagioso, è come un raggio di sole che illumina chiunque abbia il privilegio di incontrarla. Gli occhi di Chiara sono veri gioielli, di un verde così profondo che ti strega e ti fa innamorare a prima vista. La sua figura è slanciata, con un portamento elegante e sicuro che trasmette una grazia naturale.

Nata e cresciuta a Roma, Chiara porta con sé la genuinità, e l’allegria tipica della romanità. Nel quartiere della Garbatella, gestisce un negozio di ortofrutta, dimostrando una grande maturità e buone capacità nei rapporti con la clientela.

Chiara è una presenza luminosa, una fonte di ispirazione per coloro che hanno il privilegio di conoscerla. La sua gentilezza autentica e il suo spirito generoso creano un’atmosfera di amicizia e connessione ovunque vada. La sua presenza nel quartiere è un tesoro, un faro di positività che illumina le vite di chiunque abbia la fortuna di incrociarla.

Purtroppo però la sua bellezza ed i suoi modi affabili, sono stati notati dalle persone sbagliate ed io mi sentivo pronta a difenderla in tribunale dando tutta me stessa per darle giustizia. Erano proprio le donne e le persone come Chiara che volevo difendere e per le quali avevo deciso di diventare avvocato. Avrei dato il massimo per dare giustizia a quella ragazza poco più giovane di me.

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