La casa abbandonata

La casa abbandonata

Casa abbandonata

Spesso, in occasione di qualche camminata a piedi in campagna il mio sguardo si soffermava su una vecchia colonica abbandonata e fatiscente. La mia curiosità era dovuta al fatto di sapere se era proprio disabitata o se qualcuno ci viveva, magari nella zona retrostante che non si vedeva dal sentiero. Un caldo pomeriggio di fine giugno avevo deciso di fare due passi in relax, pantaloncini corti, una canottiera e scarpe da ginnastica. Avevo portato con me una piccola torcia, una borraccia con acqua e una confezione di salviette umide, il tutto dentro uno zainetto comodo. Arrivato al rudere inizio ad avvicinarmi con cautela, poteva esserci un cane, poteva esserci il padrone quindi con un bastone trovato per terra inizia a farmi largo tra l’erba piuttosto alta. Più mi avvicinavo e più mi rendevo conto che quel casolare era davvero molto grande. Chissà che storia aveva avuto. Magari tanti tanti anni fa ci viveva più di una famiglia un po’ come usavano i contadini di un tempo che dovendo lavorare i terreni e dovendo allevare animali per il sostentamento avevano bisogno di molte braccia. Quella che sembrava la porta principale d’ingresso era semi aperta, c’era una catena ma sembrava essere lì da decenni, arrugginita e senza lucchetto. Decido di entrare, non c’era anima viva per cui inizio ad esplorare con un pochino di ansia. Stanze, una cucina enorme che aveva ancora i lavandini grandi in marmo e un tavolaccio robusto con qualche sedia sgangherata. Notai che c’era una bombola del gas che non sembrava essere vecchissima. Continuando la perlustrazione accesi la torcia perché aprendo una botola del pavimento di quella che sembrava una stanza magazzino vi erano delle scale in muratura che andavano in una sorte di locale sotterraneo. Li per li pensai di non avventurarmi, ho la fobia dei ragni e avevo paura di trovare qualche esemplare strano. D’un tratto udii un rumore provenire dal piano di sopra, spaventato gridai “c’è nessunoooo”? Non rispose nessuno per cui ribadii “c’è nessunoooo”?. Niente. Forse qualche uccello entrato dalle finestre distrutte di sopra. Però un po’ di fifa mi era venuta. Girando un angolo di una delle tante stanze ne intravidi una che sembrava ancora mezza arredata, entrai e vidi un armadio vecchio decrepito, una specie di cassettone piuttosto malmesso e difronte 2 materassi buttati per terra con accanto delle sacche in tela. La curiosità mi spinse ad aprirne una per vedere cosa ci fosse dentro. Mi chinai aprii la lampo e rovistando c’erano degli indumenti intimi molto logori, alcuni teli mare e dei sacchetti tipo della spesa chiusi. La prima cosa che mi venne in mente fu che quel luogo fosse dimora di qualche senza tetto la notte, avvicinai il naso al materasso e l’odore di sudore era piuttosto forte segno che qualcuno ci aveva dormito di recente! Mio Dio pensai se mi trova o trovano (visto che i materassi erano due) qua dentro sai come si incazzano! Quell’idea però mi stava facendo eccitare, quella casa sperduta, quella stanza, le scale che portavano al piano interrato… Mi era venuta una gran voglia di spogliarmi completamente e farmi una sega immaginandomi “prigioniero” di qualcuno che voleva abusare di me. Siccome mi conosco bene, se non avessi dato retta al mio istinto sarei stato in tiro tutto il giorno ripensandoci, iniziai a spogliarmi. Una volta completamente nudo mi sdraiai su uno di quei materassi lerci. Usai la canottiera per fare una sorta di benda da mettere sugli occhi così che l’immaginazione non subisse distrazioni di sorta. Le mie mani iniziarono ad esplorarmi e dopo pochi istanti mi sono girato a pecorina con il sedere il alto, spalancato quanto più potevo e il viso sul materasso per sentire forte quell’odore di sudore. Con le dita della mano destra mi dilatavo e penetravo il buchino stretto e con l’altra mi segavo piano per non venire subito. I pensieri si affollavano, da una gang di nord africani a due senza tetto ubriachi e cattivi con delle grosse mazze. Il mio corpo era caldissimo ogni tanto sollevavo i piedini dal materasso per allargare più che potevo le mie chiappe. Mentre tutto ciò stava accadendo sento come respirare e un odore di canna. Mi fermo ero un mix tra eccitazione e paura. E se fosse stato semplicemente un altro idiota curioso come me che era solo entrato per guardare la casa? Non abbi molto tempo per pensare quando sento distintamente due voci parlare dentro la stanza, con chiaro accento senegalese. “Che fai tu qua”? “Che fai tu qua dico”. Al che non potevo certo ignorare. Mi tolgo la canottiera che era servita da benda, mi giro e vedo due ragazzi sui 25/28 anni alti almeno un metro e novanta, magri un po’ stravolti, uno aveva una bottiglia grande di birra l’altro sicuramente una canna. Mi fissavano seri. Dovevo trovare “una giustificazione” perché se mi prendevano a schiaffi mi avrebbero fatto malino. Con un filo di voce dissi “un mio amico mi ha detto che qua ci vengono delle persone che vi pagano per fare sesso”. Capito? Aggiunsi cercando di essere credibile. “Pagano noi per sesso? Tu paghi noi per fuck you?. Si dissi io sono venuto con i soldi per fare sesso con voi, ma se non vi va me ne vado subito.” Quanti soldi hai? Disse quello con la bottiglia. Premetto che avevo con me trecento euro che mi sarebbero servite al ritorno della camminata per pagare un lavoro alla casa fatto da un muratore che abita poco distante da me. Trecento euro dissi. I due sembravano interessati e per me sarebbe stata l’unica via di salvezza oltre che un esperienza che avevo sempre solo sognato. Ok disse quello con la birra dai soldi ora. Ubbidii. Vuoi bere mi chiese. No grazie risposi. Vuoi fumo? Incalzo’. Beh l’idea di fare due tiri di canna dopo chissà quanto tempo non era male e poi mi avrebbe rilassato… Si due tiri li farei volentieri dissi sorridendo. Mentre quello mi passava la canno l’altro si stava spogliando. Erano fatti davvero bene, due statue di marmo nero! Già al secondo tiro mi girava il mondo, cazzo se l’avevano caricata e poi non ero più abituato. Però adesso avevo due cazzoni neri davanti e io volevo solo che mi sbattessero come una troietta bianca. Uno di loro avvicinò l’altro materasso forse ancora più odoroso dell’altro. Anche loro emanavano un odore acre ma mi eccitava da paura! Chiesi loro se potevano mettersi uno accanto all’altro sdraiati così da avere quelle due grosse banane nere vicine, le presi in mano tutte e due iniziai a segarli dolcemente. Succhia che fai prima mi disse uno dei due. Mentre segavo alternavo delle leccate salivose dalla cappella alle palle. Bastarono pochi istanti che diventassero due pali di carne esagerati. Erano quasi identici uno però aveva la cappella più grossa sembrava un fungo porcino. Tentavo di ingoiarli quanto più potevo rischiando più volte di rimettere allora furono loro ad alternarsi dando il ritmo tenendomi per i capelli. Cazzo se erano grossi! Uno di loro mentre succhiavo il suo amico si mise dietro a me e iniziò a strusciare il suo cazzone per tutta la sua lunghezza tra le mie chiappe tenendole unite con le mani, ogni tanto sentivo che sbavava per facilitare lo scivolamento. Giuro che non capivo più niente, la canna e quei due pali… Vuoi big bamboo tutto culo? Non so ragazzi non sono abituato a misure come le vostre. Detto fatto quello che stavo spompinando mi fa mettere cavalcioni su di lui. Con la mano indirizzava la sua nerchia nera verso il mio buchetto, voleva fossi io a decidere se impalarmi o meno e nel mentre riaccese la canna, fece due tiri e me ne fece fare altri due a me. Vedrai rilassa tuo culo disse. Volevo credergli, volevo imolarmi sul suo totem come una schiava sacrificale. Provai ad allargarmi le chiappe ma la sua cappella era davvero notevole. L’altro vedendomi in difficoltà e forse volendo tagliar corto prese da una sacca qualcosa non saprei cosa perché io stavo guardando in faccia il mio impalatore quasi come a supplicarlo di farmi sua. Il suo amico intanto trafficava intorno al mio buchetto, sentii entrare dentro di me qualcosa che mi dilatava, Dio che sensazione e piano piano mi stantuffava con ritmo. Volevo quei cazzi volevo tutti i cazzi neri del mondo!!! Dopo poco il mio buco era più largo così il ragazzo che aveva fatto del mio culetto un più agile pertugio mi trapana con garbo. Mi ritiro ma lui spinge tenendomi i fianchi, sento la sua verga aprirmi come a dividermi, pompa piano ma a fondo e ad un tratto capisco che è quasi a fondo scala ma di più non riesco e glielo faccio capire. Dura un paio di minuti così poi nella sua lingua dice qualcosa al suo amico che mi posiziona sul suo albero nero e spinge la cappella dentro. Urlo. L’altro mi tappa la bocca con le mani e con un braccio poggiato sulle mie spalle spinge in modo che non posso sfilarla. Entra tutta. Mai sentita una cappella così grossa. Non urlo più ansimo quasi immobile. È il nero sotto di me, che si tira leggermente su, mi prende le chiappe con le mani me le allarga e spinge deciso. Mi entrano almeno 15 centimetri in pochi istanti poi altri non so. Riesco a malapena a muovermi ho il cervello in pappa, l’altro mi sta scopando la gola e non si ferma vuole godere, sento il palo nero che prende possesso del mio intestino sembra non finire mai. Ho la bocca aperta, respiro forte ormai voglio solo che non finisca mai di salirmi su ma lui ha un fremito, mi afferra per il collo lo stringe, l’altro mi schizza in faccia una pisciata di sborra nera, calda, vischiosa mi cola dalla fronte, dagli occhi fin sulle labbra spalancate. Non respiro stringe troppo il mio collo e il suo cazzone perverso, la sua cappella a fungo mi è arrivata allo stomaco, sento inondarmi di latte infuocato un fiotto, un fiume che sembra non finire mai. Io sono lì sopra, tremo mi sembra di morire, da quanto sono in estasi il mio cazzo è moscio, inesistente sono solo una troia impalata schiava che attende il colpo di grazia. L’altro si è acceso un altra canna. Quello sotto di me vibra e il suo viso è contorto credo stia godendo come un porco. Lo sfila e il rumore quando esce è notevole, mi sposta con forza, rimango su un fianco, tremo mi ha spaccato l’anima e ingravidato l’intestino. Il mio buco è dilatato come se ci avessi infilato una lattina di Coca cola. Non ho forze e sono un po’ fuori per il fumo. Poi non so.

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