Diario di una ragazza qualunque – 1

Diario di una ragazza qualunque – 1

Mi vergogno un po’ a condividere la mia storia. Purtroppo ho sempre avuto un rapporto un poco malsano con il sesso, fin da quando ho iniziato a farlo. Non mi sono mai saputa controllare, limitare. Non ho mai saputo capire cosa fosse bene per me e cosa no. Difficilmente riuscivo a dire di no. Insomma ora, alla veneranda etá di 34 anni, il mio psicologo mi ha consigliato di scriverne. Scrivere di situazioni che mi sono rimaste nella memoria e che hanno evidentemente avuto un impatto su di me, e purtroppo ce ne sono parecchie. E quindi, non riuscendo a scrivere per me stessa, ho pensato di fare questo progettino e almeno condividere con qualcuno. Ascoltare i commenti se possibile.

Vorrei iniziare con una delle situazioni a cui torno spesso con la memoria. I pezzi che non ricordo li riempiró ai fini della narrazione, e ovviamente i nomi sono di fantasia. Io sono 1.68 e castana, con i capelli mossi, circa alle spalle. Una magra seconda di seno ma in forma per il resto, specialmente posteriore e gambe che alleno regolarmente. Ho gli occhi sul castano chiaro. All’epoca portavo due piercing (in precedenza tre ma uno mi aveva dato problemi), uno sulla lingua e uno sul capezzolo sinistro.

Torniamo indietro di piú di 10 anni. Era il 2012, facevo l’universitá a Milano e dividevo casa con un’altra ragazza. Avevo 22 anni ed ero fidanzata da circa 8-9 mesi con Roberto, che tanto avevo desiderato all’inizio ma che piano piano mi si era rivelato troppo noioso. Voleva comprare casa e vivere tutta la vita nella sua cittá ai limiti di Milano, mentre io piano piano maturavo la voglia di andare all’estero e vedere cosa sapevo fare (infatti giá sapevo che dopo pochi mesi sarei partita per fare l’erasmus). Penso che io fossi la sua seconda, mentre io ero decisamente piú navigata – non che lui lo sapesse, pensava di essere il mio terzo o quarto… piú probabilmente era il quindicesimo. Apprezzavo che mi desse stabilitá, cosa che mi era sempre mancata nei figuri che erano passati dentro le mie mutandine, e stavamo bene insieme ma il sesso si faceva sempre piú di rado e per lo piú se lo iniziavo io.

Sará stata la fine di maggio. Roberto era sotto esame e Giada, la mia coinquilina, era tornata a casa sua nelle Marche. Lasciata sola dalle mie due compagnie piú strette, quella sera ero andata a fare un aperitivo con dei compagni/e di universitá in zona navigli/colonne (per chi conosce la cittá). Avevo un vestitino colorato e delle scarpe da ginnastica – arrivavo direttamente dall’universitá. Tra i presenti figurava un certo Alberto, amico del fidanzato di una mia compagna. Sulla trentina, aria arrogante da chi lavora da tempo e siede tra dei semplici universitari che non sanno nulla della vita. Per casualitá finii a sedergli accanto, e senza nemmeno provare a nasconderlo cominció a cercare di impressionarmi. Non mi piaceva, peró ricordo che ebbi l’occasione di lasciarlo perdere e cambiare posto e invece feci in modo di ritornargli vicino. Ero annoiata dalle sue parole, e l’unica cosa piacevole di lui era l’abito che portava che gli stava a pennello.

Dopo un paio di spritz mi propose di offrirmene un terzo, e io, nonostante la mia corporatura tutt’altro che robusta, accettai. La serata proseguí e mi misi a parlare con altri, anche se non sapevo come mai mi veniva naturale lanciargli ogni tanto un’occhiata. All’ora di rientrare, non piú tardi delle 22, dissi che dovevo incamminarmi per prendere il tram e poi la metropolitana. Alberto mi disse che no, mi avrebbe accompagnata lui in macchina. Pensavo che ci avrebbe provato e quindi rifiutai nonostante la mia leggera ebbrezza – cosa che tipicamente mi rende significativamente piú disinibita. Me ne andai, e dopo poco mi raggiunse corrichiando dicendo che la macchina era comunque parcheggiata in quella direzione. Insistette, dicendo che non mi avrebbe mangiato, e io finii per accettare – girare per i mezzi pubblici di sera era, in fin dei conti, una cosa che se possibile andava evitata.

Aveva una Golf credo, o comunque una macchina molto comune, scura. Ci volevano una ventina di minuti per casa mia, e dopo nemmeno due giá ero annoiata dai suoi discorsi. Forte dell’essere brilla a un certo punto smisi di ascoltarlo e di rispondere alla conversazione, preferendo guardare dal finestrino. Dopo quelli che saranno stati cinque minuti di silenzio quasi assoluto sentii la sua mano, calda, poggiarsi sulla mia coscia sinistra. Mi ghiacciai. Il mio cuore schizzó a mille all’improvviso, non sapendo cosa fare. Rimasi immobile sperando che capisse che non ero interessata e che la togliesse. Ogni volta che cambiava marcia, invece, la mano tornava sulla pelle nuda della mia gamba, e si faceva sempre piú audace. Io facevo finta di nulla, nonostante piano piano iniziasse a solleticarmi l’interno coscia. Senza nemmeno accorgermene all’improvviso cominciai a sentire molto caldo. La sua mano arrivó finalmente alla fine della gamba, raggiungendo anche l’elastico dei miei slip. Mi chiedevo cosa avrebbe fatto. Io continuavo a guardare dal finestrino, non avevo il coraggio di girarmi verso di lui. Quando inizió a insinuare il dito sotto l’elastico, proprio sul monte di venere, mi trovai ad allargare leggermente le gambe. Ci fermammo a un semaforo, a poche strade da casa mia. La sua mano andó a indagare tra le mie grandi labbra, trovandomi decisamente e irrevocabilmente bagnata fradicia. Il mio gioco era scoperto, mentre cercavo di accantonare i miei sensi di colpa per Roberto giustificandoli con il fatto che anche Alberto era fidanzato ed era dunque tutta colpa sua. Io non c’entravo nulla, non lo stavo nemmeno guardando. Eppure il suo dito, bagnato dei miei stessi umori, mi stava accarezzando il clitoride mentre io giá ansimavo.

Quel senso di avventura, di eccitazione, che ormai Roberto non mi regalava piú da mesi ritornava tutto di un colpo grazie al fighetto arrogante conosciuto poche ore prima. Volevo che la smettesse. Non avevo mai tradito Roberto, al contrario di tutti quelli prima di lui, ma le mie gambe ormai spalancate avevano preso il controllo e io non ero piú padrona di me stessa.

Entrando nel quartiere dove abitavo lui tolse la mano, chiedendomi esattamente come arrivare a casa mia. Faceva finta di nulla. Gli indicai il percorso tra le stradine, portandolo finalmente a un parcheggio. Mi guardó come se nulla fosse, augurandomi buona notte. Ero completamente confusa, pensai quasi di essermi addormentata e di aver sognato tutto. L’unica cosa certa era che i miei slip si sarebbero potuti strizzare tanto quanto il costume da bagno appena uscita di piscina. Gli chiesi dove abitava lui, e scoprii che era una zona da tutt’altra parte. Non era di strada dopotutto. Dovevo sdebitarmi. Avrei potuto farla finire lí e convincermi che avevo avuto un sogno bagnato, e con ogni probabilitá non l’avrei in ogni caso mai piú rivisto. E invece, senza nemmeno volerlo davvero, gli dissi che la mia coinquilina era via e che per sdebitarmi potevo offrirgli un the. Accettó. Coprimmo i pochi passi tra il parcheggio e il mio palazzo in silenzio, mentre io mi chiedevo che cosa accidenti stessi facendo. Dovevo essere malata. O forse ero solo mignotta, per citare Monica Vitti? Arrivammo al mio piano, e io aprii la porta di ingresso, sempre in totale silenzio. Entrati mi girai verso di lui, aspettando una mossa. Con tutta calma si tolse la giacca, appoggiandola sul divano. Finalmente mi si avvicinó e mi bació. Fece un commento sul mio piercing. Mi trovai immediatamente una mano, benvenuta, sul culo, che rapidamente si insinuó sotto la gonna, andando a spostare le mutandine per tastare quello che giá aveva assaggiato in auto.

Lo interruppi mentre ricominciava a masturbarmi e a baciarmi sul collo per condurlo in camera da letto. Mentre mi toglievo le scarpe lui, con attenzione, si levava i pantaloni dell’abito a cui evidentemente teneva, appoggiandoli sulla cassettiera. Per fortuna la mia stanza non era troppo disordinata, mi trovai a pensare.

Vedendolo in mutande e camicia aperta non trovai nulla di meglio da fare che da arrampicarmi sul letto e abbassargli le mutande per scoprire con cosa avrei avuto a che fare, per scoprire che aspetto aveva il cazzo che avrei preso mentre il mio legittimo ragazzo era probabilmente ancora chino sui libri. Gli avevo mandato un messaggio, mentre Alberto si spogliava, confermandogli l’arrivo a casa sana e salva e che ci saremmo sentiti il giorno dopo. Ma in quel momento non mi importava, ci sarebbe stato tempo per sentirsi in colpa mentre quello era il momento per godere dell’essere, ancora una volta, puttana per qualcuno.

Il cazzo di Alberto era rispettabile, nella media. Piú che sufficiente. Non esitai ad accarezzarlo e cominciare a leccarlo dalla base in su. Mentre giravo con la lingua intorno alla cappella, facendogli sentire per bene il piercing che sapevo gli uomini apprezzavano, e lo mettevo in bocca, questo diventava sempre piú duro in assonanza con la mia figa ormai pronta per accogliere qualunque cosa avesse provato ad entrarci. Continuai a succhiarlo avidamente per un paio di minuti, fino a che lui non mi fece fermare per togliermi il vestito. Mi arrampicai sopra di lui mentre ancora mi baciava il collo e piano piano mi abbassava le spalline del reggiseno. Rimpiansi di non aver messo della biancheria sexy, e sperai non rimanesse deluso dal mio seno poco procace – da sempre punto di insicurezza a cui cercavo di compensare modellando il culo e le gambe. Rimase sorpreso dal mio secondo piercing, e mi leccó avidamente il capezzolo. Mi strusciavo sul suo cazzo quando finalmente mi fece girare e mettere sulla schiena. Mi sfiló le mutandine, lasciandomi nuda, la mia figa fradicia e con almeno dieci giorni di pelo in crescita esposta alla sua mercé. Mi guardó con fare interrogativo, immaginai che stesse cercando di capire se volevo che mettesse il preservativo. Ne avevo nel cassetto – nonostante prendessi la pillola da qualche mese – ma erano l’ultima delle mie preoccupazioni. Volevo fare qualcosa di molto sbagliato. Gli presi il cazzo, sentendolo tutto pieno e pronto per me, e lo tirai verso il mio basso ventre. Finalmente lo sentii entrare e iniziare a spingere, finalmente ero di nuovo una donna completa. Cominciai a gemere – cosa che di rado accadeva con Roberto – mentre Alberto mi scopava, una delle tante ragazzine troie senza volto che di sicuro si portava a letto.

Ci sapeva fare, e parecchio. Erano mesi che non avevo un orgasmo che non venisse da sesso orale o masturbazione, e le volte che ci arrivavo vicina era sempre cavalcando – la mia posizione favorita. Ma la situazione, Alberto che mi usava senza protezioni mentre mi teneva entrambi i polsi fermi sopra la mia testa, mi stava per mandare in orbita. Gli dissi di non fermarsi, e per tutta risposta lui mi disse che sapeva che ero una gran troia. Dopo poco non ce la feci piú. Urlai, credo. Ondate di piacere che credevo dimenticato cominciarono ad attraversarmi il corpo, mentre lui continuava a spingere. Quando finí ero senza forze ma lui era tutt’altro che soddisfatto. Per evitare che mi battesse troppo sul clitoride mi girai, mettendomi a 90.

Mi disse che ero una brava puttanella e che la mia figa gli piaceva tantissimo. Inizió a prendermi da dietro, battendomi sul culo e dandomi degli schiaffi. Mi infiló un dito nel culo, lubrificandolo con il mio umore vaginale. Non protestai. Pian piano le braccia mi cedettero, e mi trovai con la faccia sul letto e la figa in alto. Ad Alberto non sembrava dispiacere. Finalmente mi avvertí che stava per venire. Io mi sentivo di nuovo vicina, anche se nemmeno remotamente pronta per un orgasmo eccezionale come il primo, e lo feci stendere sulla schiena. Forse pensava che glielo avrei preso in bocca, e invece mi misi a cavalcioni. Strusciai la mia micetta contro il suo pisello sempre gonfissimo e me lo misi di nuovo dentro, cominciando a cavalcarlo. Forse non aveva capito che prendevo la pillola, perché mi disse di nuovo che stava per venire e non si sarebbe piú potuto trattenere. Per tutta risposta io continuai a muovermi sul suo cazzo, desiderando niente piú dell’essere riempita dal suo seme. Io gemevo, lui finalmente si tese e cominció a venire. Come lo sentii ebbi anche io una nuova ondata di piacere – limitata – attraversarmi il corpo. Mentre Alberto si svuotava le palle dentro di me non potevo far altro che pensare che io ero nata proprio per quello. Quella era la mia vocazione, servire il piú meritevole o il miglior offerente come oggetto di piacere.

Quando tutto fu finito crollai sul letto. Senza una parola lui si alzó per andare in bagno mentre io prendevo qualche fazzoletto di carta per non macchiare troppo il letto. Ritornó turbato, e gli dissi di non preoccuparsi che prendevo la pillola. Sembró sollevato, e rimarcó che avrebbe dovuto saperlo che una troia con una figa cosí divina non poteva essere sprecata con i preservativi. Un altro brivido mi attraversó il corpo. Andai in bagno a pulirmi e lo ritrovai giá vestito pronto per andarsene. Gli dissi di restare, ammiccando. Mi disse di no, che doveva andare. Rimasi un po’ delusa, ma capii. Raccolse le mie mutandine e annusandole se le mise in tasca. Disse che le avrebbe tenute lui cosí la volta dopo sarei dovuta andare senza, e di prepararmi perché avrebbe voluto il culo. Questa cosa mi eccitó di nuovo. Roberto non l’aveva mai avuto il mio culo. Se ne andó senza darmi nemmeno un bacio né guardarsi indietro, lasciandomi lí nuda e piena di sperma, con probabilmente diversi messaggi non letti del mio ragazzo sul telefono. Non ebbi il coraggio di guardare e andai a letto senza nemmeno fare una doccia come si deve.

La mattina mi svegliai bagnatissima e non ebbi altra scelta che masturbarmi avidamente ripensando ad Alberto. Scoprii che mi aveva scritto un “Buongiorno troietta”, chidendomi se sarei stata libera qualche giorno dopo. Risposi che avevo il fidanzato. Ribatté che lo sapeva e per questo chiedeva a me che disponibilitá avessi. Gli dissi che lunedí sarebbe andato bene.

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3 thoughts on “Diario di una ragazza qualunque – 1

  1. Luca

    sera Iola complimenti per il racconto è molto eccitante hai descritto benissimo le sensazioni che hai provato con Alberto non vedo l’ora di leggere il seguito o altri racconti
    mi piacerebbe molto farti una domanda
    [email protected]

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