La mia vera natura: ho bisogno di cazzo e sottomissione

La mia vera natura: ho bisogno di cazzo e sottomissione

Nella mia vita ufficiale sono un ragazzo apparentemente etero: la mia vita ufficiale mi ha visto frequentare sempre e solo ragazze. Dietro questa facciata , però, si nasconde il mio lato più segreto: quello di amante assoluto del cazzo. Più che di amante, forse dovrei dire di bisognoso: ne sono spesso in cerca e ne ho bisogno non soltanto per godere ma anche per sentirmi meglio psicologicamente. Succhiare un bel cazzo o sentirlo mentre mi perfora le viscere può trasformarmi da persona iperstressata o arrabbiata a docile gattina totalmente appagata. Avrete capito, a questo punto, che quando scopo non solo sono zoccola ma ho un’indole decisamente passiva.

Sono arrivato a questo punto un pochino per volta: nel periodo in cui iniziavo a farmi le prime seghe, un po’ per curiosità massaggiavo il mio buchino posteriore, pur pensando magari alle mie compagne di classe per eccitarmi: insomma, non ero ancora pienamente consapevole di cosa mi facesse davvero godere ma c’erano già i primi segnali, che divennero più chiari quando iniziai a sentire il bisogno di penetrarmi prima con le dita e poi con altri oggetti. La vera svolta però ci fu con il mio primo cellulare a 14 anni: iniziai a vedere i miei primi porno in solitaria, e mi rendevo conto che ciò che mi eccitava davvero non era vedere queste donne scopate in ogni dove e in ogni modo. No: la cosa che mi mandava ai matti era sentire i loro gemiti e vedere il loro godimento ad ogni affondo del cazzo in loro, e ben presto arrivai a masturbarmi immaginando di essere al loro posto a prenderlo. Ero però pieno di dubbi, uno in particolare: prenderlo dietro mi farebbe davvero godere nel modo in cui loro lo prendono in ogni dove? Ovviamente, inserire nel mio culetto piccoli oggetti (i miei preferiti erano i pennarelli Giotto) mi dava piacere, ma per qualche motivo temevo che prendere il cazzo mi avrebbe fatto più male che bene. Quanto mi sbagliavo!

Il mio primo incontro con un cazzo vero lo ebbi soltanto quasi tre anni dopo, a 17 anni ormai compiuti: erano mesi che fantasticavo su come fosse assaggiarne uno – nel frattempo, iniziavo ad avere esperienze sessuali con ragazze – ma non mi ero mai spinto fino ad un punto simile. Quel pomeriggio rimasi a casa da solo e ovviamente ne approfittai per divertirmi: misi su un porno gay, ma per qualche motivo quel pomeriggio mi sentivo molto più eccitato di altre volte, in particolare mi rendevo conto che quel giorno la solita masturbazione non avrebbe spento la mia voglia di cazzo. Mi feci coraggio e pubblicai un’inserzione su un noto sito di incontri (Grindr ancora non esisteva): non passarono nemmeno 5 minuti che ricevetti già la prima risposta. Col senno di poi fui totalmente incosciente, poiché feci venire un perfetto sconosciuto a casa mia, ma quel giorno la mia vera natura si era ormai manifestata in tutta la sua potenza e non potevo non far finta di nulla. Nel giro di mezz’ora si presentò alla porta di casa mia un uomo di mezz’età, non troppo alto e con la pancia: non esattamente una bellezza, ma ero decisamente troppo infoiato per mandarlo via, e in ogni caso era troppo tardi. Il mio uomo, che fra l’altro aveva la fede al dito, non ci mise molto a spogliarmi e fu così che per la prima volta mi trovai nudo ed eccitato di fronte ad un altro uomo che era nella stessa situazione: mi disse che il mio corpicino, molto magro e quasi senza peli – se non si considerano quelli pubici – lo faceva impazzire e mi disse una cosa che non avrei mai più dimenticato e che mi sarebbe stata ripetuta anche in futuro: avevo un culetto come quello delle ragazzine. A lui sarebbe piaciuto scoparmelo, ma per quel pomeriggio mi limitai ad essere iniziato all’arte dei pompini. Mi piacque sentire il cazzo in bocca e mi piaceva l’idea di essere usato da un altro uomo, e infatti da quel pomeriggio fare i pompini divenne una delle mie cose preferite.

Per i successivi due anni mi limitai a succhiare cazzi, e ne succhiai davvero un bel po’, permettendo di tanto al mio amante occasionale di riversarmi tutto in gola, fino ad un pomeriggio di dicembre del 2013. Quel pomeriggio non riuscivo a concentrarmi, sebbene dovessi studiare in vista della prima sessione di esami universitari della mia vita. Cercai come mio solito qualcuno che volesse farsi succhiare il cazzo e, fra le risposte ricevute, c’era quella di un uomo sulla quarantina abbastanza corpulento che mi invitò a casa sua: uscii immediatamente di casa e andai da lui. Fino ad allora non avevo ancora dato il mio culetto perché non mi sentivo sicuro: non si era mai nel luogo giusto e il mio partner della situazione faceva sempre qualcosa che alla fine mi intimoriva. Quella volta fu diverso: seppe cosa dirmi e come toccarmi, e soprattutto mi fece una cosa che nessuno mi aveva fatto fino a quel momento: l’anilingus. Era riuscito a farmi partire la testa e quando mi chiese di scoparmi non esitai un attimo a dirgli di sì, chiedendogli però di fare piano perché era la mia prima volta. Invece, fu tutto meno che delicato: dopo avermelo fatto entrare con pazienza e usando tanto lubrificante, inizio a scoparmi con una certa foga, al punto che provai più dolore che piacere. Venne qualche minuto dopo, e quando finii mi incazzai con lui che mi guardava con una certa sufficienza, porgendomi le scuse fra le più finte che avessi sentito nella mia vita. Ci rivestimmo e io uscii da casa sua pensando che forse non lo avrei più rifatto. Certo, come no: due sere dopo fui io a ricontattarlo, sperando che mi dicesse di sì. In men che non si dica ero di nuovo inginocchiato fra le sue gambe a succhiargli il cazzo, e poco dopo fui io a chiedergli anzi diciamo pure ad implorarlo di scoparmi di nuovo. Anche stavolta mancò di delicatezza, solo che me lo aspettavo e rimasi più rilassato, ma in aggiunta ai modi rudi aggiunse degli insulti: mi ritrovai insomma con lui che aveva il diritto di scaricare le sue palle nel mio culo nel modo che preferiva e in più si prendeva il diritto di sbattermi in faccia chi fossi io realmente. Poche volte mi sono sentito posseduto e letteralmente di proprietà di qualcuno come quella volta. Quel pomeriggio venne definitivamente fuori la mia vera natura: dietro la facciata e la maschera che indossavo, ero solo una troia vogliosa di cazzo e di sottomissione psicologica. La conferma definitiva arrivò dal devastante orgasmo anale che ebbi: fingere o tornare indietro sarebbe stato impossibile.

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