Il nuovo capo

Il nuovo capo

Il primo giorno di lavoro in un nuovo ufficio è sempre momento particolare.
Un amico mi aveva indicato quel posto perché le mie competenze informatiche sarebbero state molto utili.
La cosa che mi preoccupava di più era il fatto che la responsabile dell’ufficio fosse una donna.
Non avevo mai lavorato con responsabili femmine e ero un po’ a disagio.
Lucia mi era stata descritta come una donna decisa, esigente e severa.
Quando entrai nel suo ufficio ero un po’ a disagio, era la prima volta che la vedevo.
Bionda, capelli lisci fino metà schiena, occhi azzurro cielo nascosti dietro un paio di occhiali dalla montatura leggera che esaltavano la loro lucentezza.
Vestita con un elegante tailleur blu, una leggera camicetta bianca con giacca che le fasciava i fianchi, un foulard di seta rosso attorno al collo e un paio di pantaloni che terminavano con un paio di scarpe nere con tacco a spillo che slanciavano la sua figura oltre la mia altezza.
Malgrado il vestiario poco appariscente le forme lasciavano intuire un corpo tonico e ben tornito.
I pantaloni fasciavano due gambe slanciate e tornite, il sedere si rivelava essere un po’ abbondante con due glutei che complici i tacchi erano sodi e marmorei, il seno non molto prorompente era fasciato dalla giacca e sotto il foulard si poteva intravvedere il taglio tra i due seni che invitava ad infilarcisi in mezzo.
Allungo la mano verso di me e si presentò gentilmente ma con voce decisa.
Quel primo contatto generò un fremito nei miei pantaloni che di lì a poco non sapevo sarebbe diventata una voglia sempre crescente.
Si voltò e si diresse alla sua scrivania e mi invitò a sedermi di fronte a lei.
Prima di accomodarsi sulla sua poltrona si sfilò la giacca.
La camicetta bianca lasciava intravvedere la linea del reggiseno anch’esso bianco con eleganti decori in pizzo; quando si girò verso di me notai, forse complice l’aria condizionata o forse no, che sotto l’elegante strato di tessuto i capezzoli erano turgidi e duri e si stagliavano giusto nel mezzo di quella perfetta coppa che avrei voluto strizzare con le mie mani.
L’eccitazione mi colse all’improvviso e un’evidente erezione stava crescendo nei miei pantaloni che cercavo buffamente di mascherare accavallando le gambe….sentivo distintamente il mio glande turgido che cominciava a bagnarsi.
Un sorriso spunto sul suo volto altero.
Durante tutto il colloquio l’erezione non si placo’…mentre lei parlava di programmi e sistemi informatici io sognavo di scoperta lì sulla sua scrivania.
Finito il colloquio lasciai il suo ufficio e andai direttamente in bagno.
Liberato il mio membro dalla stretta dei pantaloni lo afferrai e cominciai a menarlo con forza; m vedevo in piedi dietro di lei china sulla scrivania con il pene duro e pulsante puntato sulle sue strette labbra, pronto a possederla aprendola in due con veemenza; sentivo i suoi gemiti mentre affondavo sempre più in profondità la mia verga che sentivo bagnata dai suoi umori.
Venni abbondantemente ma non fui appagato, quella donna mi aveva stregato.
Era passata una settimana e l’attrazione per Lucia non si era spenta. Quella sera avevo fatto tardi in ufficio, tutti gli altri se n’erano andati già da un pezzo e saranno sicuramente andati in qualche locale per l’after hour. Io dovevo sbrigare ancora un po’ di lavoro. Ero stanco. Decisi che era ora di andare a casa. Gli uffici erano tutti vuoti.
Passando davanti l’ufficio di Lucia sentii un ronzio sommesso ; la porta era socchiusa.
Bussai . Nessuno rispose. Aprii la porta per vedere da dove proveniva quel rumore.
Quella visione risvegliò in me il fuoco di un vulcano.
Lucia era lì. Seduta sulla sua poltrona leggermente inclinata indietro con lo schienale con le scarpe puntate con i tacchi sul bordo della scrivania.
La camicia aperta con il seno fuori dal reggiseno come messo in mostra su uno scaffale con i capezzoli turgidi e gonfi puntati verso di me.
La gonna sollevata sotto il sedere lasciava scoperte le gambe velate da un paio di autoreggenti nere.
Le mutandine erano appoggiate sulla scrivania e si stava masturbando con un grosso vibratore piantato nella fica.
Mi vide. Nei suoi occhi non c’era imbarazzo né vergogna. Continuava a masturbarsi con sommessi mugolii di piacere.
E grandi labbra erano spalancate sotto i colpi di quel grosso fallo artificiale ed erano lucide e bagnate.
Con due dita si strofinava ritmicamente la clitoride.
Mi guardò e mi disse “vuoi star lì a guardare o preferisci aiutarmi a farmi venire?”
Il mio cazzo a quella visione era diventato di marmo. Spingeva nei pantaloni e chiedeva a gran voce di uscire e infilarsi in quella umida caverna al posto di quel finto membro.
“vieni qui.” Mi disse . Come un automa mi feci avanti.
Lei si alzò ancora col dildo vibrante conficcato nella vulva che ronzava piano.
Si distese col petto sulla scrivania lasciando in mostra il suo culo rotondo e sodo. Con le mani e il fallo finto continuava lavorare. “allora cosa aspetti. C’è un buco libero per quel cazzo che pulsa lì sotto”.
Come ipnotizzato mi slacciai i pantaloni e li lasciai cadere ai piedi, abbassai i boxer e finalmente il mio cazzo duro e rigido saltò fuori dritto e umido. Lo puntati verso il suo culo e il suo buco era lì che lo aspettava. Cominciai a spingere, benché fosse già abbondantemente lubrificato feci fatica ad entrare. Lasciai cadere un po’ di saliva e piano la cappella cominciò il suo lavoro. Con un paio di colpi fui dentro. Finalmente sentivo la sua carne attorno il mio glande i mugolii di Lucia prima sommessi ora diventarono ansimi più forti. Spingevo dentro il mio cazzo duro come un tronco e sentivo nell’altro canale il dildo che vibrava separato solo da uno strato di carne dentro Lucia.
Lei mi incoraggiava a spingere ancora di più ma facevo fatica ad andare avanti, con n colpo secco vinsi questa resistenza e fui totalmente dentro, me mie palle finalmente a contatto della sua fica.
Lucia gridò di piacere si stava martoriando la clitoride all’impazzata, sentivo le sue gambe che cominciavano tremare e dopo un istante sentii il dildo che usciva e un abbondante getto di piacere piovve dalle gambe e mi bagno i piedi e il parquet di mogano.
Le gambe di Lucia non la sostenevano più in quel fremito incessante di piacere e mi trovai a sorreggere con il mio cazzo piantato dentro di lei. In quel momento anch’io venni con un abbondante getto di sperma che la riempì. Sfilai il cazzo ancora duro e altri due fiotti di succo vischioso la raggiunsero sulla schiena.
Lei si alzò e si girò verso di me. I capelli scomposti la fronte sudata. I capezzoli ancora turgidi che mi guardavano. Dalla fica grondava ancora piacere e da dietro lungo le gambe le vedevo colare il mio sperma misto a sangue. Si avvicinò e vidi le sue labbra avvicinarsi.
In quel momento il telefono squillo’.
La sveglia segnava le 7.00, mi svegliai madido di sudore. I pantaloni del pigiama fradici e il cazzo ancora pulsante .

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