Lucy – Lockdown blues (3)

Lucy – Lockdown blues (3)

“…e così ora sapete tutto”

Avevo appena raccontato ai miei coinquilini tutta la storia, partendo dall’inizio e da quegli episodi di bullismo sessuale fino ad arrivare alla sera prima, passando dalla masturbazione con le candele e all’uso dei collant rubati a mia madre.

“Ma… cosa provi?” fu la domanda di Paolo, a cui fu un’impresa titanica trovare la risposta.

“Allora… come vi ho detto fino a ieri era una cosa solo mia… solo una cosa di fantasia e immaginazione… guardando un porno immagino le sensazioni della modella alle prese con quei… beh… e forse il collant mi aiutava a immedesimarmi in lei, come se mi facesse più ‘femmina’ e quindi rendesse più ‘normale’ il fatto che pensassi a certe cose…”

“Ma quindi avevo ragione… ti è piaciuto?” insisteva Gianni.

Feci una pausa prima di rispondere, conscio delle implicazioni che avrebbe potuto avere la mia risposta. Come un sassolino che rotola sul pendìo di una montagna, che man mano trascina con sé altri sassi fino ad originare una frana colossale, ciò che stavo per dire poteva innescare un caos totale: tre giovani maschi nel pieno della propria età dell’oro, costretti in un alloggio dalla quarantena, che improvvisamente si ritrovano nell’alloggio un surrogato delle avventure con le ragazze ma anche una valida alternativa alle seghe solitarie.

“Diciamo che mi hai spiazzato… una cosa è la fantasia, una cosa è la realtà… è stato uno choc. ma non posso dire che non mi sia piaciuto, ecco…”

Seguì un silenzio che mi parve durare un secolo, in attesa della domanda che poi, puntuale, arrivò.

“…ma allora dici che può succedere di nuovo?” Gianni ovviamente parlava per sé, ma era sottinteso che, in caso di un mio assenso, anche gli altri due avrebbero voluto provare le sensazioni che la mia bocca poteva regalare.

Presi fiato, e poi guardai negli occhi prima Gianni e poi gli altri due.

“…non so… ma forse sì… può succedere di nuovo”

I tre rimasero in silenzio, guardandosi tra loro… fino a che vidi Marco illuminarsi in viso.

Andò in camera e tornò con un voluminoso trolley, chiuso da un lucchetto a combinazione.

“Che fai?”

“Fammi aprire questo…” disse, iniziando a provare le combinazioni partendo dall’ovvio “1-1-1” e ruotando un numero alla volta.

“E’ la valigia di mia sorella, doveva portarsela via quando ha lasciato l’alloggio ma poi non è mai venuta a prendersela…”

Capii subito dove voleva andare a parare, e fui scosso da un misto di vergogna e di eccitazione.

“Non hai detto che i collant ti aiutavano a sentirti meno a disagio? Magari ne troviamo un paio” continuò, mentre le dita seguitavano veloci a far scorrere le rotelline numerate.

“Dai, non stai neanche male!” disse Marco, non so se per indorare la pillola o per sfottermi, ricevendo in cambio i miei insulti.

Oltre ai collant i tre mi avevano preso dal trolley una minigonna e una camicetta, che con l’aiuto delle mie gambe abbastanza lisce, riuscivano a darmi una parvenza di femminilità. Dei calzini arrotolati riempivano le coppe del reggiseno, e Gianni decise allora di rilanciare la posta: “Puoi anche provare questi” dandomi una pochette presa dal trolley, dove la sorella di Marco conservava rossetti, mascara e fondo tinta.

Dal momento che nessuno aveva dimestichezza con il make up provai con l’aiuto dello specchio del bagno a mettermi un po’ di trucco, e vidi che, nonostante tutto, l’immagine riflessa nel vetro andava leggermente ingentilendosi. Mi chiesi se fossi pronto a fare questo enorme salto di qualità: ero abituato ai miei giochi solitari, qui avevo tre spettatori. Indossavo solo un misero paio di collant sdruciti, qui bene o male mi stavo trasformando in una simil-femmina. E soprattutto ero abituato a giocare con una piccola candela, qui avevo tre cazzi in carne e sangue che avrei dovuto succhiare e che magari mi avrebbero…

“Che te ne pare?” mi chiese Gianni, distogliendomi da quel pensiero.

“Non so… è strano…”

“Dai, alla fine è solo un gioco… non ti va di provarlo? Solo una volta e basta… Tu hai detto che ti sentivi più a tuo agio coi collant, che effetto ti fa avere tutto il completo?”

Marco aveva centrato in pieno il bersaglio… se col collant, in un certo senso, mi sembrava più accettabile fare cose “da femmina”, questa volta ero davvero, almeno sotto l’aspetto estetico, diventato una femmina!

Improvvisamente non mi sentivo più a disagio in quei panni femminili, e non provavo più imbarazzo per ciò che era successo solo un’ora prima e che adesso, probabilmente, minacciava (o prometteva) di avvenire nuovamente.

I tre mi furono subito attorno, chi cingendomi la vita, chi accarezzandomi la gamba coperta dal collant, chi palpandomi una natica attraverso la gonna.

E quelle attenzioni mi piacevano, tant’è vero che la stoffa della mini evidenziò il notevole e grottesco bozzo causato sul davanti da una mia prepotente erezione.

Mi sentivo ammirata, apprezzata, desiderata da quei maschi… e soprattutto mi sentivo FEMMINA, una femmina oggetto del desiderio e della lussuria di quei tre giovani maschi che nel frattempo avevano deciso di alzare l’asticella sfoderando i loro cazzi già eretti pur sempre continuando ad accarezzarmi e palpeggiarmi, infilandomi anche le loro mani sotto la gonna o dentro la camicetta.

Allungai senza neanche che me lo chiedessero le mani su due di quei cazzi, mostrando così la mia più totale disponibilità a partecipare attivamente a quel gioco perverso che, in questo modo, prometteva di dare piacere a loro ma anche e soprattutto a me.

Masturbavo quei cazzi quando, ad un certo punto, sentii le mani di uno dei miei tre compagni spingermi delicatamente verso il basso. Non per la spinta, che era in verità appena accennata, ma per un vero desiderio, mi inginocchiai sul pavimento così da avere quei tre randelli all’altezza del mio viso e della mia bocca semiaperta in un tacito invito.

Eccomi. Tre ore fa stavo studiando un noioso testo dell’università, e ora ero trasformata in questa strana creatura dal sesso confuso, inginocchiata ai piedi di tre giovani maschi, intenta a succhiare il cazzo di uno e a masturbare gli altri due in attesa che si scambiassero i ruoli, in un continuo minuetto dove tutti facevano a gara per infilarmi il loro membro fino in gola e godere così il calore della mia bocca. E godevo anche io, godevo quando mi infilavano il cazzo in gola fino a farmi soffocare, godevo quando lo tiravano fuori dalla mia bocca con lunghe colate di bava e di liquidi prespermatici, godevo quando cercavano di farsi succhiare in due contemporaneamente, infilandomi entrambe le cappelle in bocca.

“Ti piace, eh? Ti piace succhiare il cazzo, puttanella…” disse qualcuno dei tre.

“Sì… mi piace… voglio succhiarvi tutti… sono la vostra puttanella…” risposi io, in pieno delirio erotico: nei miei desideri ero oggetto delle attenzioni dei miei tre compagni ma anche di altri dieci, cento uomini che volevano farsi succhiare il cazzo e sommergermi di sborra. Sperma in bocca, nello stomaco, sul viso, sui vestiti…

Sperma che finalmente arrivò: il primo a venire fu Paolo, che sentendo l’orgasmo arrivare mi affondò il suo grosso cazzo in gola tenendomi la testa fra le mani, e mi riempì la bocca di seme caldo e salato che fui costretta ad ingoiare per non soffocare.

Non appena mi liberò, estraendo il suo sesso dalla mia bocca e lasciandosi dietro una lunga colatura bianca, il suo posto fu preso da Marco, che fece appena in tempo ad infilarmi il cazzo in bocca e se ne venne copiosamente mentre io seguitavo a ingerire seme di maschio, stavolta volontariamente. Contemporaneamente anche Gianni raggiunse il suo piacere, schizzandomi sul viso e riducendomi ad una maschera oscena come le modelle delle riviste che, ora potevo ammetterlo a me stessa, avevo sempre invidiato.

Continuai a succhiare quei membri, che ora stavano perdendo l’erezione, per ripulirli dallo sperma rimasto fino a che me ne venni anch’io, riempiendo i collant di liquido perlaceo…

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