Lucy – Il bungalow del sesso – giovedì

Lucy – Il bungalow del sesso – giovedì

NB: questo è il quarto episodio di un racconto a puntate… per gustarvi meglio la storia, partite da “lunedì”! 🙂

Giovedì.

Fin dalla colazione i miei due amici si accorsero che qualcosa non andava.
Luca il compagnone, il buffone, quello sempre pronto a far casino era stranamente serio.
Anche la compagnia delle tre ragazze austriache sulle quali da qualche giorno (ma senza risultati apprezzabili) avevamo focalizzato le nostre attenzioni, non sembrava riaccendere quella fiamma di vitalità che mi era abituale.
Il fatto è che la mente era continuamente impegnata in un singolo pensiero. Cosa ero diventato?
In pochi giorni ero passato da essere il tipico vitellone italico, pronto a correre dietro ad ogni gonnella (e in questo mi confortava la reazione che mi provocavano quotidianamente i succinti bikini di Annika, la più spigliata delle tre ragazze d’oltralpe nostre vicine di spiaggia) a diventare una TROIA. Una troia pronta a succhiare il cazzo al primo venuto, a ingoiare la sua sborra, a immaginare di farsi sfondare il culo da lui senza alcun ritegno.
Buongiorno, buonasera, sono Lucy, avrebbe la compiacenza di incularmi a sangue e poi sborrarmi in faccia come si fa alle troie? Non abbia alcuna remora, può fare di me ciò che vuole. Ah, a proposito, come si chiama lei?
Quella sera Marco lasciò tornare me e Lele al bungalow da soli perché doveva “fare una commissione”. Dopo pochi minuti fece il suo ingresso trionfante dalla portina della nostra tana brandendo in mano come se fosse un trofeo una bottiglia di liquore.
Nessuno fece riferimenti al mio umore e al fatto che l’acquisto di quella bottiglia fosse in qualche modo collegato allo stesso. Il gesto però mi colpì e mi ritrovai a commuovermi un po’ per quella premura.
Anche se davanti a tre bicchieri (che non erano i primi né gli ultimi della sera) non potevo comunque confessare ai miei amici: “Ehi, sapete che c’è? Di notte me ne esco in corsetto ed autoreggenti e vado a farmi sborrare in gola dal primo che incontro” per cui presi l’argomento molto alla lontana.
“Vedete… per me è difficile capire quello che sta succedendo in questa vacanza. Mi avete scoperto in un gioco che, ci crediate o no, era la prima volta che facevo. Il gioco ha preso una piega inattesa e abbiamo iniziato quello che sapete. E il fatto è che… beh, lo sapete, è inutile nasconderlo. Un conto è se fossi stato costretto, minacciato. Bon, devo fare queste cose perché se no rischio la vita o chissà che. No, il fatto è che mi piace farlo. E da quella volta con la spazzola sono passati solo pochi giorni, ma sembra un secolo fa…”
“Non credere che per noi sia meno strano” rispose Marco. “Oddio, un po’ meno magari sì. Io sono sempre Marco, lui è sempre Lele, mentre tu diventi una bella ragazza”
“Grazie per il bella…”
“No, dicevo, magari per noi è meno strano, ma lo è comunque. Non so Lele, ma anche io penso che con te ci conosciamo da sempre, abbiamo giocato a pallone, ne abbiamo fatte di ogni… e adesso siamo qui, sei una… beh, diciamo una donna, e facciamo sesso assieme”
“Vedi? E’ qui il punto” ripresi io; “Luca vorrebbe continuare ad essere quello che avete sempre conosciuto, fare le stesse cose. Ma allo stesso tempo è come se ci fosse una seconda persona. Entro nel bagno a cambiarmi e ne esce una persona diversa non solo nell’aspetto, ma anche nella mente. E’ questo che mi turba, ma allo stesso tempo mi piace”
“E allora che problema c’è?” intervenne Lele, che fino ad allora aveva taciuto. “Marco, ammettiamolo: se lunedì ci avessero detto ‘in vacanza farete sesso fra di voi’ li avremmo presi per pazzi. E invece è successo. E ci è piaciuto. A noi come a… Lucy?”
Mostrammo entrambi il nostro assenso con un cenno del capo.
“E quindi? E’ stato bello. E se a tutti piace perché privarcene? Io da parte mia sono pronto ad uscire a prendere una birra con Luca e a farmi Lucy se loro lo vogliono. E tu, Marco, sono sicuro che la pensi come me.”
Un altro cenno del capo di Marco sancì quell’accordo. I due si alzarono (non senza qualche problema di equilibrio dovuto al liquore) e mi vennero ad abbracciare.
“Nessuno ti giudica, come nessuno deve giudicare quello che abbiamo fatto noi due. Questa è la vacanza più bella e più pazza che abbia mai fatto finora.”
“Grazie ragazzi…”
“Grazie a te, Lucy…”
Entrai nel bagno, e mentre mi lavavo il viso per nascondere gli occhi velati di pianto e le guance arrossate dall’alcool, sentivo che la ciacchierata mi aveva fatto bene.
Da oltre la porta Marco mi annunciò che sarebbero andati in spiaggia a proseguire la bevuta al chiar di luna e mi invitò a raggiungerli. Poi aggiunse: “….va tutto bene?”
“Sì, sì grazie… vi raggiungo subito…” fu la mia risposta.
Mi incamminai verso la spiaggia, percorrendo i viottoli bui del Camping con il timore e, in fondo, il desiderio di incontrare di nuovo il nero della sera precedente, ma le uniche persone che percorrevano i vialetti verso la spiaggia erano una coppia di ragazzi. Troppo lontani per accorgersi di me, e comunque tra la distanza ed il buio non avrebbero mai potuto vedere il viso di quel ragazzo che camminava con circospezione reggendo un pacchetto tra le mani.
Arrivai alla spiaggia, deserta, e localizzai facilmente i miei due amici aiutandomi col suono delle loro voci. Mi nascosi a breve distanza da loro e mi sfilai la maglia e i pantaloni rivelando ciò che nascondevano, cioè il corpetto e le calze con balza in pizzo di Lucy. Misi i miei indumenti maschili nel sacchetto di nylon e ne estrassi la parrucca, che indossai sul viso che avevo già truccato in bagno.
Pensai con quale coraggio fossi uscita in queste condizioni. Ma mi rincuorarono le parole di Lele.
Una cosa è Luca. Una cosa è Lucy. Let’s rock.
“Ciao ragazzi… mi aspettavate?”
I due trasalirono al vedermi lì, teoricamente in pubblico, nei panni di Lucy. Poi, pensando che comunque eravamo in un posto riparato, si tranquillizzarono.
“Volevo ringraziarvi. Siete davvero due amici speciali.” Dissi sedendomi insieme a loro.
Mi feci passare la bottiglia, mandai giù una golata di liquore e avvicinai la mia bocca a quella di Lele.
Sulle prime si sentì a disagio, ma poi rispose a quel bacio nel quale gli riempivo la bocca con la mia lingua e un po’ di liquore che avevo evitato di ingoiare.
Altra golata di liquore e feci la stessa cosa con Marco, che non disdegnò di palparmi golosamente una natica mentre le nostre lingue danzavano insieme.
“Abbiamo detto che questa è la vacanza più pazza? Ok, facciamo i pazzi, allora!” dissi mettendo entrambe le mani sui loro uccelli e sentendoli già ritti attraverso i pantaloni.
In un lampo i miei due amici / amanti si alzarono e si liberarono dei vestiti, e velocemente mi furono addosso.
L’alcool iniziava ad annebbiare le mie percezioni, non capivo chi mi stava succhiando un capezzolo o chi mi stava infilando un dito nel sedere. Di chi fosse il cazzo che mi veniva strusciato sul viso e di chi quello a cui mi ero aggrappata e tenevo ben stretto in mano.
Ben presto mi trovai con un cazzo, che riconobbi come quello di Lele, che mi inculava alla pecorina, mentre quello di Marco mi scopava la bocca come se si fosse trattato di una vagina femminile, con colpi decisi fino a farmi venire le lacrime agli occhi per i conati di vomito che dovevo controllare.
Poi, senza nemmeno accorgermene, si scambiarono i ruoli. Ero seduta in grembo a Marco, impalata sulla sua nerchia, mentre succhiavo avidamente quella di Lele.
Mi sollevavo per ricadere con sempre maggiore violenza su quel bastone di carne, volevo sentirlo fino allo stomaco. E nel mentre succhiavo, incurante di dove fosse stato fino a poco prima, il sesso dell’altro amico, desiderandone lo sperma, che arrivò poco dopo.
Lele mi venne in bocca con caldi schizzi cremosi, che ingoiai mentre lo tenevo a me per le natiche e continuavo a danzare sull’altro cazzo; i colpi nell’ano continuavano violenti, fino a che arrivarono a sollecitarmi la vescica.
Togliendomi di bocca il cazzo di Lele, che nel frattempo era stato ripulito di ogni residuo di sperma e di umori anali, urlai a Marco: “Fermo! Fermo, Marco, non ce la faccio più…”
“Stai godendo, troietta?”
“No… cioè, sì, godo, godo da morire… ma sto per farmela addosso…”
La sua voce sussurrata all’orecchio, unita ai colpi di cazzo nel mio povero culetto, mi diedero il colpo di grazia: “E allora? Non hai detto che è una vacanza pazza? Siamo pazzi fino in fondo, allora…”
Mi lasciai andare ed un fiotto di orina zampillò dal mio sesso, mancando per poco Lele che era ancora davanti a me.
“Che troia che sei, Lucy… Toh…. Toh… Ti riempio il culo…” e anche Marco se ne venne schizzando nel mio retto tutto il suo piacere caldo.
Mi sfilai da lui, sentendo lo sperma che mi colava sulle cosce, e mi inginocchiai sulla sabbia proprio là dove il mio piscio aveva creato una macchia bagnata. Le calze erano smagliate in più punti, e tra le cosce inguainate di nylon nero il mio uccello stava ritrovando la durezza dopo la minzione.
Si avvicinarono a me, e presi a ripulire devotamente con la bocca il sesso di Marco, alternandolo con quello di Lele che, comunque, dimostrava di gradire un’altra razione di carezze orali.
Marco fece per staccarsi dalla mia bocca, e intuii subito il motivo.
Guardandolo fisso negli occhi, gli dissi: “Vacanza pazza, no? Pazza senza alcun limite, allora…”, per poi voltarmi verso Lele: “Dico bene?”
Senza attendere alcuna risposta, imboccai il sesso di Lele e dopo un attimo sentii distintamente sul mio viso un fiotto caldissimo.
Lasciai il pene di Lele e mi voltai verso quello di Marco, lasciando che mi riempisse la bocca col suo liquido dorato, che mi infradiciasse il viso, la parrucca, il corpetto.
Il fiotto di orina non era ancora finito, che ne arrivò un secondo dal lato opposto. E io in mezzo ai due bevevo, mi spalmavo quel liquido caldo sul viso e sul corpo, e… godevo.
Venivo mischiando il mio seme alla doppia cascata di orina che andava esaurendosi.
Mi alzai, lasciando i due miei amici / amanti sulla sabbia fredda. Ero fradicia in ogni dove.
Mi avviai verso il mare, e quando l’acqua ebbe raggiunto l’altezza del torace, mi immersi nuotando sott’acqua, sempre mantenendo la parrucca e i panni di Lucy.
L’abbraccio ancestrale dell’acqua mi ripuliva dall’orina e da tutti i brutti pensieri. Avevo preso coscienza di Lucy e dei suoi desideri e sentimenti, non me ne facevo più una colpa.
Mi lasciai avvolgere da quel liquido dal quale siamo nati, per poi uscirne rinfrancata nel corpo, nello spirito… e soprattutto nel desiderio.

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