Lucy – Il bungalow del sesso – dopo il bungalow

Lucy – Il bungalow del sesso – dopo il bungalow

Solo in camera mia. Lo schermo del telefono mi rimanda le immagini di un video pornografico dove una splendida ragazza bruna subisce gli assalti di due ragazzi palestrati dai sessi maestosi.
Come ogni volta l’eccitazione è duplice; ammiro il corpicino diafano della ragazza, che sembrerebbe doversi spezzare sotto i colpi di maglio che riceve in ogni buco, e ammiro quei sessi che la violano senza alcun riguardo, che le schizzano addosso litri di sperma.
Già, ma stavolta non è più come le altre volte.
Non lo è perché non devo più immaginare le sensazioni che trasmette un cazzo in bocca. Le conosco.
Non devo più immaginare il dolore e il piacere provocati da un uccello che ti sfonda il culo. E nemmeno devo più immaginare il sapore amarognolo dello sperma che ti riempie la bocca prima di mandarlo giù. Li conosco.
Guardo quella ragazza succhiare i cazzi dei suoi amanti e immagino di essere lei. E sono lei anche quando uno dei due lascia la sua bocca per incularsela. Purtroppo non posso vivere appieno le sue sensazioni quando i due la prendono contemporaneamente davanti e dietro, ma al contrario so bene che cosa prova quando riceve i getti caldi del loro sperma sul viso, in bocca, sul seno.
E tutte quelle sensazioni si riflettono sul mio basso ventre. Il mio uccello è rigido come un marmo e la voce di quel demone che ho imparato a conoscere mi sussurra all’orecchio: “Dai… dai… “
Aprii l’armadio, presi la “scatola dei segreti” e la posai sul letto. Ero solo in casa, per cui mi spogliai completamente e indossai i panni di Lucy che vi erano conservati. Poi andai in bagno e mi truccai accuratamente. Mi guardai per la prima volta in uno specchio a figura intera dopo che al mare avevo visto la mia immagine solo in specchietti o in foto sul telefono: indubbiamente il mio corpo e i miei lineamenti non avrebbero potuto prendersi per femminili, ma voltandomi di tre quarti vedevo come il mio culetto sporgente ed arrotondato fosse indubbiamente molto appetibile.
Portai una mano tra le natiche e con un dito forzai l’anello dello sfintere; pochi giorni di astinenza gli avevano fatto ritrovare l’elasticità e ora sentivo che la falange penetrava a fatica in una guaina strettissima.
Andai in cucina, presi una carota dal frigo. Tornando in bagno, la misi a bagno nell’acqua calda e poi le spalmai sopra un po’ di sapone. Dopo la prima, minima, resistenza, la sentii scivolare agevolmente dentro di me. Iniziai a farla andare avanti e indietro e mi piaceva ritrovare quelle sensazioni che avevo imparato ad amare pochi giorni prima.
Con la carota ben infilata in me, ritornai in cucina. Presi una seconda carota dal frigo e senza riscaldarla o insaponarla, provai a infilarla in tandem con l’altra. Trovai un po’ di resistenza, ma dato il diametro ridotto delle carote riuscii a farmele entrare entrambe nel buchino.
“Ooohh… sì… Lele… Marco… inculatemi ancora… ancora… di più…” erano le implorazioni che uscivano dalla mia bocca.
La suoneria del telefono interruppe i miei sogni erotici. Tenendo le carote dentro di me con una mano, presi il cellulare con l’altra e lessi il nome del chiamante: MARCO.
I saluti di rito, e poi: “Niente, chiamavo per sapere se oggi uscivi…”
Non risposi. Nella mia mente un caleidoscopio di immagini della vacanza da poco finita.
“Luca? Ci sei?”
“Sì, Marco… no… oggi non esco… sono… sono solo a casa e i miei non ci sono…”
Stavolta fu lui a rimanere in silenzio. Il messaggio era arrivato. Poi riprese: “Vuoi che venga da te?”
Mi infilai più a fondo le due carote; “…sì…” sussurrai.
Dopo un ulteriore attimo di silenzio: “Vuoi che chiami anche Lele?”
Un altro sospiro: “…sì… grazie…”
Dopo la sua promessa di essere da me in un minuto, mi tolsi le carote e feci per buttarle nel secchio dell’umido. Ma mi caddero gli occhi su una borsa della spesa, contenente alcune verdure della spesa della mattina. Da un sacchetto di carta marrone fuoriuscivano delle zucchine del tipo “trombetta”, quelle lunghe con una specie di grossa goccia ad un’estremità.
Ne presi una, quella meno ricurva, e la lavai. La spinsi sul buchetto già dilatato e sentii che incontrava una discreta resistenza da parte dei muscoli; spinsi più forte sopportando il dolore fino a che con una specie di risucchio la goccia scivolò di colpo dentro di me, seguita senza difficoltà dal resto della zucchina, di diametro minore.
Iniziai a farla scivolare avanti e indietro, senza mai sfilarla del tutto, godendo dello sfregamento della sua estremità più grande e tonda nelle mie budella, mentre davanti il mio cazzo era duro e svettante.
Proseguii con questo gioco per un po’, quando il suono del citofono annunciò l’arrivo dei miei amici.
Lasciai la porta socchiusa nascondendomi dietro alla stessa, metti mai che qualcuno fosse uscito sul pianerottolo, e attesi col cuore in gola (e la zucchina nel sedere) l’arrivo dell’ascensore.
Sentii bussare, ed aprii un po’ di più la porta per lasciarli entrare. Quando furono dentro, richiusi piano la porta e li salutai immediatamente con un bacio sulla bocca per ognuno.
“Allora non è finito tutto…” mi disse Lele.
“No… se anche voi lo volete” risposi io.
Ogni risposta era superflua. Li presi entrambi per mano e li portai verso la mia camera. Avevo la tentazione di portarli in camera dei miei per giocare sul matrimoniale, dopotutto i miei sarebbero tornati solamente la sera, ma era meglio non prendere inutili rischi, per cui optai per la mia camera, della quale mescolando precauzioni e giochi stuzzicanti, chiusi a chiave la porta e mi presi la chiave, mostrandola e dicendo ai due: “Ora di qui non uscite se non venite a prenderla…”.
Stando al gioco, i due mi furono subito addosso. Marco, palpandomi le natiche, scoprì la zucchina conficcata tra le stesse: “Ma che cos’hai qui?” E io, maliziosa: “Voi non arrivavate mai, e ho dovuto trovare un sostituto…”.
Mi fecero sdraiare sul letto a pancia sotto. Uno dei due prese la zucchina per estrarla, trovando un po’ di resistenza una volta arrivato alla punta arrotondata che poi uscì di colpo con un rumore simile ad un “plop” che li fece ridere e mi fece avvampare di vergogna.
La zucchina mi fu rimessa ed estratta nuovamente tre, quattro, cinque volte, sempre producendo quel rumore osceno quando si sfilava completamente da quella guaina intima, e facendomi godere per quella masturbazione. Capii che era Lele a giocare con la zucchina quando Marco mi si presentò davanti al viso con i pantaloni abbassati e l’uccello offerto ai miei baci.
Lo presi in bocca immediatamente, iniziando a succhiarlo amorevolmente, mentre Lele aveva estratto definitivamente la zucchina dalle mie intimità e stava iniziando a penetrarmi con le dita… uno, poi due, poi tre dita mi entrarono nell’ano facendomi mugolare su quel pezzo di carne maschia che mi otturava la bocca. Poi, quando le dita furono tolte, sentii finalmente l’altro uccello prenderne il posto, entrarmi nell’ano, scivolare in me.
“Sìììì…” uggiolai togliendomi di bocca il pene di Marco, che mi fu subito rimesso in bocca.
Come durante la vacanza, mi trovavo al settimo cielo con quei due cazzi solo per me, uno in bocca e l’altro in culo, come se fossi stata solo una bambola gonfiabile da usare per godere, godere ed ancora godere, con la differenza che il loro piacere era anche il mio.
A quattro zampe sul mio letto, succhiavo il cazzo di Marco e ricevevo nel sedere quello di Lele. Poi i due si scambiavano di posto e succhiavo quello di Lele uscito da me e venivo inculata da Marco. Poi, quando i due stavano raggiungendo il loro limite, li chiamai a me: volevo il loro sperma in bocca, e me lo donarono senza indugio in caldi fiotti cremosi che ingoiai come se fosse stato latte e miele.
Riprendevamo fiato seduti sul letto: “Beh ragazzi… direi proprio che la nostra vacanza pazza non vuol saperne di finire…”
“Meno male!” mi rispose Marco, e tutti e tre scoppiammo a ridere.
“Però qua non possiamo portarti i tuoi amici buttafuori” proseguì Lele; ed io: “E che problema c’è? Portatemene altri!” e giù un’altra risata.
“Scherzi a parte… ovviamente è stato bello ma la cosa deve rimanere tra di noi. Mi piacerebbe un’altra festa come quella dell’altro giorno, ma chi chiameremmo? Più gente conosce il nostro segreto e più siamo a rischio. Tutti quanti…” dissi, stringendo nelle mani i loro due sessi, barzotti ed ancora umidi di sperma. Poi, rendendomi conto di essere stata troppo drammatica, dissi sorridendo: “Vorrà dire che vi toccherà fare gli straordinari e darvi da fare per quattro… spero che non vi dispiaccia… e spero che ce la facciate!”
I due, ridendo, mi saltarono addosso gettandomi sul letto: chi mi baciava la bocca, chi mi succhiava un seno, chi cercava di raggiungere il mio buchino con un dito… e io mi lasciavo fare di tutto, mi godevo quelle coccole come se fossi stata una regina libidinosa al centro di tutte quelle attenzioni.
Ben presto, però, anche i miei amici chiesero la loro parte di attenzioni: Lele mi porse l’uccello, che intanto aveva ripreso durezza, ed io, voltandomi su un fianco in modo da porgere le terga all’altro ragazzo, lo ingoiai e presi ad accarezzarlo con la lingua dentro la mia bocca.
Marco fu lesto ad approfittare della mia tacita offerta, ma probabilmente avrebbe preferito sodomizzarmi a quattro zampe anziché su un fianco; così, con fare scherzoso, mi sculacciò dicendomi perentorio: “Alza questo bel culo!”.
La manata mi colpì leggera, ma tuttavia mi lasciò un po’ di bruciore sulla natica. Un po’ per stare al gioco e non dargliela vinta, un po’ perché le sensazioni che mi aveva lasciato erano molto contrastanti, lasciai per un attimo il cazzo di Lele e, voltandomi, gli dissi: “Perché, se no che fai? …Mi sculacci?” e rimasi a fissarlo un attimo, senza comunque sollevarmi come mi aveva chiesto.
La risposta, come da copione, fu un secondo scapaccione che mi colpì sulla stessa natica, ma più forte del primo. Strinsi i denti, e poi mi ributtai sul sesso di Lele imboccandolo fino a che non ebbi il naso tra i suoi peli pubici.
Un altro colpo. E il bruciore che si trasformò in un piacere perverso, incomprensibile.
Non mi spostai volontariamente, e il messaggio fu chiaro. Marco mi rifilò un altro sculaccione, e poi un altro, e un altro ancora. Per poi infilarmi violentemente il suo randello tra quelle mezzelune diventate color rosso fuoco.
Il sedere mi bruciava, e mi bruciava anche il buchetto, sollecitato in quel modo; ma i miei lamenti erano soffocati dal cazzo di Lele che, volontariamente, mi infilavo nel profondo della gola. Dopo pochi minuti, però, il muscolo anale si adeguò alla penetrazione ed iniziai a godermi pienamente il vai e vieni di quel bel cazzo nel mio culo; colpi profondi che ad un tratto inaspettatamente, cessarono e sentii il mio buco rimanere vuoto e dilatato.
Non ebbi però il tempo di lamentarmi, perché sentii che al posto del suo cazzo, Marco stava infilandomi nuovamente la zucchina, rimasta sul letto dai giochi precedenti.
Mi infilò la punta rigonfia dell’ortaggio, e una volta che ebbe superato il diametro maggiore della stessa, mi aspettavo di sentire il corpo della zucchina scivolare agevolmente lungo il mio retto… ma con mia sorpresa sentii che, invece, qualcosa spingeva, dilatava ancora di più il mio buco sfondato.
Anche senza poterlo vedere, realizzai cosa stava combinando Marco: sfruttando la riduzione del diametro della zucchina dopo la sua grossa punta tonda, stava infilando “a rimorchio” anche il suo cazzo dentro di me!
“Nooommmmmm…” cercai di lamentarmi, ma il cazzo di Lele mi tappava la bocca.
Sentivo dolore, ma comunque era ancora nella soglia del sopportabile, e ben presto, mantenendo l’ortaggio infisso in profondità dentro di me, Marco riprese il suo vai e vieni strappandomi gemiti di godimento.
Dall’altra parte ogni tanto interrompevo l’opera di succhiamento dell’uccello di Lele. Sicuramente non mi sarei lamentata per dover ingoiare una nuova sborrata, ma non volevo che questa arrivasse troppo presto, e con lei la fine dei giochi.
A pensarci bene, però, lo stesso discorso doveva valere anche per Marco: se uno si stava avvicinando all’orgasmo, sicuramente anche l’altro doveva essere molto a rischio “venuta anticipata”; quasi leggendomi nel pensiero, Marco prima rallentò il ritmo e poi estrasse il pene dal mio culetto, lasciandovi la zucchina che ora entrava ed usciva da quel buco slabbrato con quel “plop” di cui mi vergognavo tantissimo.
Persa nel mio delirio erotico avrei voluto che i due mi prendessero di nuovo insieme, che mi penetrassero entrambi nell’ano ormai dilatato, ma, almeno per quella volta, sarebbe stato impossibile; i due ragazzi non riuscirono a resistere all’eccitazione e fecero appena in tempo a portarsi entrambi davanti al mio viso prima di iniziare a schizzare il loro sperma sulle mie guance, nella mia bocca, sui miei occhi chiusi appena in tempo, mentre anche io, sommersa da quegli schizzi caldi, venivo senza alcun ritegno.
Quando i due se ne andarono, tornai in cucina per far sparire la zucchina utilizzata per i miei giochi, ma, colta dalla curiosità, riaprii il cassetto delle verdure.
Mi venne un brivido al vedere la circonferenza di un grosso e bitorzoluto cetriolo.. ma questa è un’altra storia…

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