Corso di aggiornamento

Corso di aggiornamento

E’ l’alba, e sono sul treno per Firenze.
Per fortuna e purtroppo la Compagnia per cui lavoro mi ha rifilato una trasferta di tre giorni nel capoluogo toscano. Per fortuna, perché è comunque l’occasione di vedere una bella città e di fare nuove conoscenze, purtroppo perché mi è toccato svegliarmi a un’ora improbabile e prendere il treno prima del sorgere del sole.
Arrivo alla location del corso, e come sempre avviene è un susseguirsi di incontri di facce conosciute e di presentazioni di facce nuove. Tra questi ultimi, due colleghi della sede di Reggio Calabria, che contrariamente a quanto si potrebbe pensare, sono belli riposati perché sono partiti il giorno prima e hanno passato la notte nell’albergo prenotato dalla Compagnia, che è quello dove alloggeremo tutti per questi tre giorni.
I due non persero l’occasione per prendere posto, durante il corso, uno alla mia sinistra e uno alla mia destra, gettando più di uno sguardo al mio seno, pudicamente nascosto sotto giacca e camicetta, e alle mie gambe, coperte da una longuette.
La stessa scena si ripetè al pomeriggio, e anche a cena me li ritrovai allo stesso tavolo.
Uno dei due appoggiò sulla tovaglia, tra posate e bicchieri, la scheda della loro camera, e notai che il numero impresso sopra era quello della camera accanto alla mia.
Dopo cena, come prevedibile, i due mi chiesero di uscire con loro, ma rifiutai. Non mi reggevo in piedi dal sonno e accettai di bere qualcosa insieme al bar dell’albergo, dopo di che li salutai e mi avviai in camera.
Dormivo come un ghiro quando un improvviso rumore mi svegliò.
Erano i due che, nonostante l’ora tarda e senza un briciolo di riguardo per gli occupanti delle camere del piano, erano rientrati facendo baccano e parlando ad alta voce. Stavo già per tirare fuori il camionista che è in me e battere i pugni contro il muro in comune per farli smettere quando mi accorsi che l’argomento delle loro chiacchere… ero io!
Pensando di non essere sentiti, nel più classico dei confronti tra presunti maschi “alfa”, si dilungavano con dovizia di particolari e termini volgari su cosa mi avrebbero fatto, in un crescendo di infilo qui, infilo là, spacco lì e spacco là.
La primissima reazione fu quella di sorridere ascoltando i loro desideri. Ma poi un qualcosa di strano si fece strada in me… il sorriso si trasformò in respiro profondo, a sentire quei due uomini descrivere le loro fantasie sul mio corpo, i loro desideri sconci… e mi ritrovai con una mano infilata nelle mutandine, a darmi il piacere da sola come una quindicenne.
La mattina dopo decisi di provocare i due per vedere la loro reazione, immaginando una nuova serata ad ascoltare i loro eccitanti commenti attraverso il muro. Abbinai al serio completo di rappresentanza un body sottogiacca nero di pizzo e una mini ugualmente nera che avevo portato con me in previsione di una possibile serata in discoteca e mi avviai alla sala conferenze dove mi aspettava la seconda giornata del corso.
Inutile dire che i due non mi tolsero gli occhi di dosso per tutto il tempo, né durante il corso né a tavola. Quando poi arrivò la sera, mi proposero nuovamente di uscire con loro e stavolta non mi negai.
In giro per Firenze, i miei due accompagnatori mi cingevano dai due lati la vita con le loro braccia, e spesso uno dei due abbassava la mano fino alle mie natiche, mentre l’altro la alzava fino ad arrivare al mio seno pesante; io, da parte mia, mi limitavo a recitare la parte della bella oca, sorridevo e nulla di più, lasciando intuire una qualche mia disponibilità.
E poi arrivò lui. Il solito venditore di rose.
I miei due cavalieri si affrettarono a comprarmene una ciascuno, e io decisi di spingere sull’acceleratore.
Ringraziai entrambi, prima uno e poi l’altro, con un bacio leggero sulle labbra, per poi tornare dal primo e dargliene uno molto più caldo e meno casto, e replicare un attimo dopo col secondo.
Il resto del giro per la città fu un continuo di baci sul collo e sulla bocca da parte dei due, e le loro mani non dissimulavano più dei contatti casuali, ma mi palpavano palesemente le natiche e i seni.
Il gioco mi stava sfuggendo di mano? O ero io che coscientemente avevo deciso di portarlo ad un livello superiore?
Fatto sta che arrivammo all’albergo. E poi davanti alla mia camera. E senza che nessuno dicesse nulla, aprii la porta e tutti e tre vi entrammo.
Appena dentro, i due mi furono addosso. Baciavo le loro bocche, sentivo le loro mani su di me che palpavano, pizzicavano, mi toglievano i vestiti.
Sentii quello dietro di me appoggiare un’asta rovente alle mie natiche, e allungando la mano afferrai quel bastone di carne, liberato dai pantaloni.
Addosso non avevo praticamente più nulla, e mentre masturbavo il primo, il secondo affondava il viso tra i miei seni leccando, mordendo qua e là.
A tentoni cercai il sesso dell’altro uomo con la mano rimasta libera, e lo afferrai attraverso i pantaloni: indubbiamente erano due bei ragazzi con due begli arnesi… sarei stata all’altezza?
Mi inginocchiai tra di loro, e anche l’altro collega si liberò dai pantaloni.
Ero lì, in quella camera d’albergo, tutta nuda in mezzo a due sconosciuti che mi porgevano i loro cazzi. Contravvenendo ad ogni regola di buon senso, afferrai quei due randelli e iniziai a leccarli, a succhiarli alternativamente, ben sapendo che non si sarebbero accontentati di un pompino come due ragazzini di primo pelo. Oggi si sarebbe fatto sul serio.
Infatti di lì a poco i due mi tolsero di bocca quei bastoni meravigliosi e mi fecero sdraiare sul letto, dove uno iniziò a succhiarmi i seni e l’altro tuffò la testa fra le mie cosce per leccare il mio sesso che già da tutta la sera era una fontana di umori.
L’eccitazione per quella situazione sconcia e le due bocche che mi stimolavano i capezzoli e il clitoride mi portarono ben presto ad un primo orgasmo, che urlo al cielo in quella stanza d’albergo.
Quello che mi succhiava i seni provvide subito a tapparmi la bocca col suo arnese, che iniziai a succhiare avidamente, senza quasi accorgermi che l’altro aveva smesso di leccarmi.
Con un colpo solo, infatti, lo sentii entrare in me fino a toccarmi con la cappella la cervice dell’utero. Volevo gridare, ma l’arnese del suo amico mi riempiva la bocca impedendomi anche solo di respirare.
Stavo godendo come mai prima, incassando i colpi furiosi del mio scopatore e succhiando l’altro arnese, ingoiandolo fino a provocarmi conati di vomito.
Le attenzioni di quei due uomini mi facevano sentire bella, a dispetto dei miei chili di troppo. E soprattutto mi sentivo puttana, e forse lo ero. Sicuramente è quello che pensavano di me i due, ma in quel momento non me ne importava minimamente.
I due ad un tratto decisero di darsi il cambio: quello a cui lo stavo succhiando si sdraiò sul letto, con il suo piolo ritto verso il cielo, mentre l’altro si sfilò dalla mia natura.
Mi misi a cavalcioni del primo infilandomi il suo sesso in profondità, e subito il secondo cazzo mi venne offerto affinchè lo succhiassi; diligentemente lo presi in bocca, trovandoci il mio stesso sapore, ma l’uomo non si accontentava di un semplice pompino da ragazzina: mi prese il capo tra le mani e iniziò a scopare la mia bocca come faceva fino a poco prima con la mia vagina, affondandovi brutalmente il membro fino in fondo con colpi veloci e violenti, mentre io danzavo agitando i fianchi sul membro piantato nel profondo della mia intimità.
Ben presto, però, quel carosello erotico ebbe la sua naturale conclusione: il primo mi sfilò il cazzo dalla bocca e diresse i getti caldi del suo sperma sul mio volto e sui seni, mentre quello sotto di me mi strinse i fianchi e mi riempì la vagina del suo succo.
Restammo su quel letto a scherzare e a riprendere fiato, fino a che i due ripresero a palpeggiarmi e baciarmi i seni.
“Ancora? Ma non siete stanchi?” Mi lamentai con poca convinzione, ma in realtà ero contenta che la festa non fosse ancora finita.
Per tutta risposta, i due si alzarono in ginocchio sul letto, uno alla mia destra e uno alla mia sinistra, e presero a strusciarmi i loro sessi sul viso, mentre con le mani non smettevano di palpeggiarmi i seni.
Presi a leccare le due cappelle e a succhiare alternativamente quei due cazzi che stavano ritrovando la loro piena durezza, e pregustavo già il godimento di averli, presto, di nuovo dentro di me.
Di lì a poco, infatti, i due mi tolsero i loro arnesi di bocca e uno dei due si sdraiò con me sul letto, mi abbracciò facendomi girare su un fianco, e mi baciò con tutta la lingua mentre piano piano scivolava in me.
Era bello abbandonarsi tra le braccia di quell’uomo che, senza smettere di baciarmi, ora mi stava scopando dolcemente, come un innamorato. Ma non mi aspettavo (o forse non volevo ammetterlo a me stessa) ciò che sarebbe successo di lì a poco; infatti l’altro mi abbracciò da dietro baciandomi il collo mentre piano piano spingeva il suo sesso prima tra le mie natiche, poi con mira più precisa, contro il mio buchetto proibito.
“No, no, ragazzi, non esagerate…” mi lamentavo, ma le mie rimostranze venivano soffocate dai baci del primo amante, ai quali tuttavia non mi sottraevo.
E non valeva nemmeno come alibi il fatto che quattro braccia d’uomo mi tenessero ben stretta. La mia voce si lamentava, ma il mio corpo e la mia anima accettavano, anzi bramavano quella nuova esperienza.
Così, alla resa dell’anima, dopo poco seguì anche quella del mio buchino. Sentii il secondo cazzo penetrare, superare l’anello dell’ano, entrare centimetro dopo centimetro in me nonostante l’ingombro dell’altro membro che non aveva smesso di limarmi piano la vagina.
Ce li avevo tutti e due dentro. Per la prima volta sperimentavo l’esperienza incredibile della doppia penetrazione.
La sensazione di forzatura del culetto, accentuata dal restringimento causato dall’altro uccello davanti.
L’amplificazione delle sensazioni dalla vagina, resa più stretta dall’altro bastone dietro.
E sopra a tutto, la sensazione di proibito, il sentirsi sgualdrina oltre ogni limite che si riteneva possibile.
Dopo un attimo, i due presero a muoversi, a pompare dentro di me, a volte alternandosi uno dentro e uno fuori, a volte all’unisono, e sempre più decisamente e più velocemente.
E io godevo, godevo in ogni cellula del mio corpo, raggiungendo una, due, tre volte l’orgasmo mentre i due non cessavano di abusare di me e dei miei buchi.
E poi, ad un tratto, tutto precipitò, come una frana che fino ad un secondo prima non dava preavvisi e un attimo dopo travolge ogni cosa con la sua violenza. Sentii il cazzo che mi profanava il culetto affondare in me con colpi violenti e schizzare il suo seme nelle mie budella; subito dopo anche io me ne venni urlando come una pazza, e trascinai all’orgasmo anche l’altro ragazzo, che mi riempì la vagina con lunghi schizzi di sperma.
Alla stazione di Firenze, salutai i due con un bacio appassionato e… la promessa di rivederci al prossimo corso!

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