Un gioco davvero speciale.

Un gioco davvero speciale.

Mi chiamo Elisa, ho quarant’anni, sono sposata con Marco che ha la mia stessa età e abbiano due figli, di dieci e cinque anni. Sono considerata una bella donna, alta di media statura, un bel seno, capelli neri lunghi, labbra sensuali e, come dice mio marito, ho la carne nei punti giusti, che modella bene i miei fianchi, al punto da esser considerata una donna molto attraente. Lavoro come architetto in uno studio che si occupa di progettazione e realizzazione di immobili. Insieme a me lavorano altre persone, che si occupano anche di progettazione di arredamenti di interni. Marco è un bel maschio, alto, spalle forti, moro, occhi scuri, un bel fisico asciutto e, fra le gambe, a una buona dotazione, che sa usare molto bene. Lavora come imprenditore edile ed ha una sua azienda, che dirige personalmente. La storia che voglio raccontarvi è cominciata più di due anni fa. Era un periodo in cui le cose non giravano per niente fra me e lui. Lo vedevo assente, preso ad inseguire qualcosa che non riuscivo a capire cosa potesse essere. Il sesso, poi, fra noi, era diventato alquanto sporadico. Rapide sveltine o scopata in cui, a malapena, riuscivo a raggiungere il piacere. Ero giunta alla conclusione, che potesse avere un’altra donna. Di questo ne ero assolutamente certa, ma quello che ero curiosa di sapere era chi potesse esser la zoccola. Quando eravamo insieme, lui continuamente scambiava messaggi con lei e, una volta che gli ho chiesto chi fosse la persona con cui chattava così assiduamente, la sua risposta era stata semplicemente: cose di lavoro. Era impossibile controllare il suo cellulare, perché ogni volta che lo lasciava inseriva il pin e, poiché non lo conoscevo, era impossibile accedere ai dati. Però, come dice un vecchio detto ‘il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi’, un giorno ho trovato la pentola scoperta. Era una domenica mattina e, mentre ero indaffarata a preparare il pranzo, lui era seduto sul divano nel salone, continuando a messaggiare con la puttana. Ogni tanto faceva qualche sorriso compiaciuto, indice del fatto che si stava veramente divertendo. Improvvisamente hanno suonato al citofono, era mia suocera che voleva che lui scendesse per aiutarla a prendere una cassa, contenente quelle che io definivo ‘le reliquie di famiglia’. Era una serie di vasi e piatti di porcellana che i miei suoceri, dopo aver venduto l’appartamento in città ed essersi trasferiti nella loro casa al mare, avevano deciso di lasciare in casa nostra, perché, nella casa al mare, c’era sempre tanta gente ed era alto il rischio che quei ‘preziosi manufatti’ si rompessero. A me non piacevano per niente quelle porcellane, ma, come sempre, dovevo far buon viso a cattivo gioco. Lui, nel rispondere a sua madre, aveva lasciato il telefono appoggiato sul tavolo. Appena sceso, io, curiosa ho preso il telefono ed ho trovato una pagina non chiusa, ma ridotta ad icona. Quando ho riaperto la pagina, mi son travata davanti il suo profilo in un sito di incontri per singoli/e e coppie scambiste. Son rimasta basita nel vedere che lui aveva un profilo da singolo e stava massaggiando con una puttana, il cui nickname era ‘FarfallaXX’. Subito la mia rabbia è esplosa così forte da farmi contrarre lo stomaco e, dopo un momento di sbalordito stupore, ho preso il mio cellulare ed ho fotografato il suo profilo con il suo nickname, compreso quello della puttana. Giusto in tempo di rimettere il telefono sul tavolo, dopo aver chiuso la pagina, che lui è entrato insieme a mia suocera e, insieme, sono andati a porre quella preziosa reliquia in uno stanzino, adibito a scarpiera, ben lontano dal rischio che i miei figli avessero potuto danneggiare ciò che era contenuto all’interno di quella scatola. Ho scambiato qualche sorriso e battuta di cortesia con mia suocera, lei se ne è andata velocemente, perché il suocero aveva l’auto ferma in doppia fila. Durante il pranzo non ho mangiato quasi nulla, perché ero così arrabbiata che lo stomaco era completamente chiuso. Dopo aver sistemato la tavola, mentre il bastardo se ne stava seduto sul divano, insieme ai figli, tutti intenti a veder le partite di calcio, sport di cui sono tutti quanti appassionati, io son andata in camera nostra, mi son seduta sul letto, con le spalle appoggiate alla testiera. Ho aperto il mio notebook e sono andata alla ricerca di quel sito per incontri. Subito mi son resa conto che, per accedere ai profili, era necessario esser registrati e, quindi, ho eseguito tutte le operazioni per farne parte. Non era richiesto granché: una mail, un nickname, qualche foto, alcune frasi di presentazione ed altri piccoli dettagli, come la regione di provenienza, la città o il paese di residenza. Ho riflettuto attentamente ed ho assunto la ferma decisione di creare un mio profilo. Per prima cosa ho creato una mail nuova e segreta, poi ho cercato, nella memoria del mio notebook, alcune foto di me in costume da bagno dell’estate precedente e, dopo averle selezionate, ho utilizzato Photoshop per modificarle. Modestamente sono molto brava ad usare quel programma, perché nel mio lavoro è di uso quotidiano e, quindi, ho modificato le mie immagini in maniera da rendermi assolutamente irriconoscibile. Ho addirittura cambiato il colore dei miei capelli da neri, in biondi. Ho reso irriconoscibile tutto ciò che mi circondava e tutto quello che poteva, in qualche modo, esser ricondotto a me, come anelli, bracciali, o altre cose da me indossate. Poi ho cercato un nickname e, poiché non mi veniva in mente niente di originale, mentre riflettevo, ho accarezzato la collana di perle che avevo al collo, e, in un attimo, ho avuto l’idea che cercavo: mi sarei chiamata semplicemente “Perla”. Ho inserito il nome della nostra regione, ma ho deciso di barare sulla città, inserendo una località vicino alla mia, così da rendere ancora più difficile la mia identificazione. Ho eseguito la registrazione inserendo tutti i dati richiesti, e, dopo qualche minuto, mi è arrivato il link che confermava la mia avvenuta iscrizione. Ho aperto la pagina del sito e subito sono andata a cercare il profilo di Marco e, dopo averlo trovato, ho scoperto che si era registrato come singolo ed aveva inserito poche righe di presentazione. Si definiva un singolo, ben dotato, di bell’aspetto, disponibile a giocare con singole o coppie. Mentre leggevo tutto questo, il mio umore è diventato ancor più nero. Poi la mia attenzione è stata attratta dal numero delle sue amicizie, fra cui spiccavano molte coppie ed anche alcune singole. Una di loro era la troia con cui lui continuava a messaggiare, perché, seppur intento a guardare le partite di calcio, era ancora connesso con lei. Ho preso ad esaminare le foto della puttana. Ve ne erano più di una ventina e ho cominciato a sfogliarle ed a guardarle una ad una. Le prime mostravano la puttana a cosce aperte ed a culo all’aria e, su una di queste, ho notato un piccolo dettaglio, parzialmente coperto. Era un piccolo tatuaggio sul polso destro, una piccola chiave di violino. Ero sicura di averlo già visto su qualcuno che conoscevo, ma, in quel momento, non mi veniva in mente chi fosse. Poi vi erano alcune foto dove la maiala scopava con un uomo e, analizzando bene le immagini, ho capito che era quel bastardo di mio marito. Sfogliando la foto successiva, mi sono accorta di un dettaglio che mi ha subito incuriosito. La maiala era a cosce aperte in ufficio e mostrava di non indossare l’intimo, ma la cosa che era stata parzialmente cancellata molto male, era qualcosa che era appesa alla parete della stanza. Utilizzando il cursore, ho trascinato la foto fuori dal sito e l’ho messa sul desktop. Sì, l’ho letteralmente rubata. L’ho aperta con Photoshop ed ho ritagliato il dettaglio e l’ha ingrandito per poterlo vedere meglio. Non c’era dubbio: era un attestato di merito rilasciato ad una persona che conoscevo benissimo: quella gran puttana della mia collega Mara. Nonostante fosse parzialmente sfocato, si leggeva benissimo il suo nome. Inoltre ho selezionato un altro piccolo dettaglio di quella foto: una lettera M, di colore blu, appesa ad un bracciale parzialmente coperto. Il colore della lettera era rovinato su una delle gambe della M ed io stessa avevo fatto rilevare alla collega quel difetto, ma lei mi aveva risposto che, sì, se ne era accorta, ma era troppo affezionata a quella lettera, per cambiarla. In quel momento pensavo che fosse la iniziale del suo nome, invece ora mi rendevo conto che, forse, era la M di Marco. Si dice che tre indizi fanno una prova ed io, ora, ero certa che Farfalla XX, fosse quella puttana della mia collega che, durante l’ultima cena in occasione delle festività del Natale passato, era stata sempre a flirtare con mio marito: ero nera come la pece. Improvvisamente sono stata distratta da quei miei pensieri dalla voce di mio figlio più piccolo, che è entrato in camera.
«Mamma, papà ha detto di vestirti, che usciamo per mangiare un gelato.»
Ho chiuso tutto e ho spento il mio notebook. Ho indossato un paio di Jeans, una T-shirt e un semplice giacchetto con ai piedi un paio di sandali normalissimi. Siamo usciti a piedi per il paese e, dopo pochi minuti, eravamo a passeggio lungo la via principale. Per volere di Marco, ci siamo seduti sui tavolini esterni della gelateria più rinomata del paese. È un posto che adoro, perché il gelato è molto buono. Il proprietario è Roberto, un amico di vecchia data di Marco. Si conoscono da tanti anni ed hanno condiviso anche molte cose insieme, come la passione per la bicicletta, fin quando, un giorno, Roberto non è caduto e ne è uscito con un brutto ricordo che porta ancora alla sua mano destra: una brutta cicatrice a forma di X prodotta da una bottiglia su cui lui è andato ad impattare, cadendo dalla bici. È lui stesso che viene a prendere le nostre ordinazioni e, naturalmente, non perde l’occasione per scherzare con Marco ma riferendosi a me.
«Caro amico. La tua donna è sempre più bella.»
È un bell’uomo, dall’aspetto carismatico, ma questo suo modo di esprimersi, lasciando intendere sempre qualche doppio senso, mi infastidisce. È consapevole del suo fascino e lo esercita in maniera alquanto disinvolta. È sposato con una donna che, invece, è quanto di più scostante e superba si possa trovare. È la classica donna altezzosa, che guarda tutti dall’alto al basso, consapevole del suo stato sociale e della sua ricchezza, che deriva dal fatto che suo padre aveva fondato il ristorante che c’è nel retro di questo bar-pasticceria, ed ora anche gelateria, molto rinomato in zona. Mentre sto mangiando il mio gelato, ad un tratto comprendo il motivo vero per cui siamo usciti e ci siamo seduti così in bella mostra. Seguendo lo sguardo di Marco, vedo arrivare quella grande zoccola di Mara. Ora capisco perché il bastardo ha voluto uscire e mettersi seduto proprio qui, perché, essendo domenica, aveva voglia di vedere la sua puttana. La zoccola indossa una mise alquanto eccentrica. Una minigonna, dei tacchi alti da 12 cm, ed una camicetta bianca, sotto cui si intravede il reggiseno dello stesso colore. È nell’insieme una bella donna, con i capelli neri a caschetto ed un bel fisico slanciato e snello e so per certo che, in ufficio, sono molti a desiderare di portarsela a letto. Lei viene verso di noi e, con finta indifferenza, saluta me e i miei figli, mentre lancia una lunga occhiata verso Marco. Mentre si sporge a baciarlo, lui la invita a mettersi seduta e, allora, noto un altro piccolo dettaglio che avevo intravisto in una delle foto sul suo profilo: una farfalla colorata che lei porta appesa al collo, come collana. Faccio dei sorrisi di cortesia e battute abbastanza allegre per cercare di minimizzare il mio stato d’animo piuttosto agitato: nel mio intimo li vorrei strozzare tutti e due. Dopo aver consumato il gelato e parlato del più e del meno, con lei che, ignorando quell’idiota di suo marito, che da bravo cornuto la asseconda in tutto e per tutto, lancia l’idea di andare a mangiare una pizza in un locale giù, verso il mare. Faccio notare a Marco che, se andiamo al mare, rientreremo abbastanza tardi e i nostri figli, il giorno dopo, dovranno andare a scuola. Pensavo di avergli suggerito una buona scusa per rifiutare, ma lui, dopo un attimo di riflessione, mi gela con le sue parole.
«Che problema c’è? Passano tutta la settimana insieme a tua madre, per cui, se anche stasera li lasciamo a lei, non vedo che difficoltà ci sia.»
Azzerata! I due si scambiano un’occhiata d’intesa, mentre io mi sento veramente esclusa. Passiamo la serata con loro due che monopolizzano tutti i discorsi, mentre io, e quel cornuto di suo marito, siamo solo delle comparse.
Durante la notte, medito la vendetta. Il pomeriggio del giorno successivo, mentre sto aspettando un cliente, apro momentaneamente il mio notebook e vado a dare uno sguardo al mio profilo sul sito. Sono stupita! Ho ricevuto migliaia di messaggi, di richieste da parte di singoli che anelano a portarmi a letto, a sfondarmi tutta, a riempirmi di sborra ed a farmi mangiare km di cazzo. Prendo a depennare molte di quelle generose offerte. Mentre cancello, uno dopo l’altro, tutti questi aspiranti stalloni, la mia attenzione si concentra su una foto di un uomo dall’aspetto familiare. Vorrei approfondire, ma l’arrivo del cliente mi costringe a soprassedere. Quando torno a casa, è ancora presto e così dedico ancora qualche minuto a quel profilo. È un singolo del mio paese e analizzo alcuni particolari che permettono di capire chi è in realtà: è Roberto. Son sicura che sia lui e così inizio un breve scambio di saluti. Lui mi risponde quasi subito e incomincia a farmi domande cercando di capire chi possa esser io. Si sviluppa un gioco tra di noi, fatto di piccole astuzie, depistaggi e snervanti tira e molla. Gli racconto che conosco delle persone nel suo paese, tra cui anch’io. Lui insiste, perché vorrebbe far sesso con me.
«Calma! Si fa presto a dire voglio far sesso con te! Hai idea di quanti in questo sito mi hanno offerto la stessa cosa? Io sono molto esigente e selettiva! Tu, cosa hai da offrire? E, soprattutto, come fai a dimostrarmi che sei un vero toro, capace di fare le corna a mio marito?» Mi elenca una serie infinita di situazioni, avventure e, soprattutto, mi offre qualsiasi garanzia, ma io continuo a tenerlo in tensione. Mentre chatto con lui, mi ricordo che, nel computer di casa, ho foto e video di quando a mio marito piaceva molto riprendermi, mentre scopavamo, oppure di immortalarmi in pose sexy e provocanti. Con una pennetta USB trasferisco tutto il materiale nel mio notebook e, dopo averlo “sterilizzato“, eliminando ogni possibile elemento che possa, in qualche modo, farmi riconoscere, gli invio una foto di me nuda. La cosa lo fa impazzire. In risposta, mi invia foto del suo cazzo e devo ammettere che è abbastanza ben dotato. È un po’ più corto di quello di Marco, ma, in compenso, è molto più largo. Mi bagno nel vedere quella grossa verga, che mi viene offerta. Con questo gioco di tira e molla, andiamo avanti per circa 6 mesi. Durante tutto questo periodo, lui mi ha inviato dei video sulle sue performances con le sue troie occasionali e, in più di una occasione, sono riuscita ad identificare la puttana che si stava scopando. Alcune sono anche persone insospettabili del mio paese. Naturalmente tutto questo aumenta in me la curiosità, oltreché l’eccitazione e, nello stesso tempo, la soddisfazione di sapere che vi è una persona che bramerebbe avermi fra le sue braccia. Inoltre, durante questo periodo, ho parallelamente mantenuto un discreto contatto anche con mio marito, che, a sua volta si è proposto per scoparmi. Mi ha fatto uno strano effetto sapere che voleva scoparmi, quando ogni notte mi ha nel letto e mi ignora completamente. In maniera subdola, ma molto accattivante, sono anche diventata amica di ‘Farfalla XX’. È da non credere come, nascosti dietro una tastiera, si possa interagire con persone che si conoscono e che si frequentano nella vita di tutti i giorni. Dopo un primo approccio, con lei è nata una certa complicità e, quando le ho detto che conoscevo Elisa, lei mi ha detto cosa pensava di me, senza sapere che stava parlando proprio con quella persona.

«È una brava collega ed è anche una bella donna, ma non sa valorizzarsi. Veste sempre in maniera molto formale, quando, in realtà, ha un corpo che, se opportunamente valorizzato, darebbe dei punti a tante che si credono avvenenti. In ufficio, sono molti a desiderarla, ma restano spiazzati dal suo disinteresse. Questo, naturalmente, a me fa molto piacere, perché lei ha uno splendido marito. Ti posso assicurare che è un bel maschio, che sa usar proprio bene la splendida dotazione che ha fra le cosce.»

Naturalmente, ho concordato con lei sulla sua descrizione nei miei confronti e, poi, con il tempo, sono riuscita a scendere nei dettagli ed a capire che la loro tresca durava già da mesi. Sentivo dentro di me ribollire la rabbia e, nello stesso tempo, ho cominciato a farla interessare anche a Roberto. Le ho detto, in confidenza, di esserci già andata a letto e gli ho mostrato la foto del suo cazzo grosso e duro. La maiala ne è rimasta alquanto colpita e, lentamente, ha cominciato ad interessarsi a lui sempre con la mia complicità, mentre, gradualmente, stava cominciando a diradare le uscite con mio marito. La cosa cominciò a riempirmi di immenso piacere e Marco, un sabato sera, mi ha chiesto di andare a ballare in una discoteca, distante dalla nostra città. È un posto dove andavamo molto spesso, sia da fidanzati che dopo sposati. Negli ultimi giorni, prima di questa novità, lo avevo visto alquanto nervoso e triste e, tramite la chat, avevo scoperto che la collega aveva rinunciato ad uscire con lui. Per l’occasione mi ero preparata davvero bene. Avevo indossato il mio abito nero elasticizzato, che modellava molto le mie forme. Sotto indossavo solo uno perizoma sottilissimo, quasi invisibile, che era letteralmente sparito nel solco delle natiche. Nella parte superiore, non avevo indossato nessun tipo di reggiseno ed i miei seni potevano muoversi liberamente, sfregando i capezzoli sul tessuto, che li faceva divenir duri e ben visibili. La parte alta del vestito era tenuta, sul seno, da due sottili strisce di tessuto, che andavano ad annodarsi dietro la nuca. Completavano la mise, delle autoreggenti nere con un pizzo alto circa 10 cm e, ai piedi, avevo calzato delle scarpe con tacco 15. Guardandomi allo specchio, vedevo un’eccezionale strafiga! Per tutto il viaggio, Marco è stato in silenzio e, una volta giunti nel parcheggio, prima di scendere, si è girato verso di me e, come accadeva in passato, ha ripetuto le stesse regole che ci davamo ogni volta che venivamo a ballare in questo posto.

«Ok, divertiamoci! Dentro il locale, come sempre, è zona franca e tutto quello che facciamo dentro il locale, non è assolutamente da giustificare. Puoi fare quello che vuoi e la stessa cosa farò io. Quando sei stanca, ce ne andiamo.»

Era la nostra regola in passato e mi ha emozionato sentirla di nuovo reiterata in questa serata, che per me era speciale. Siamo entrati, ci siamo messi a ballare e, ben presto, ho perso il conto di quanti cazzi si sono strusciati sul mio culo, di quante mani mi hanno accarezzato, più o meno volutamente. Molto spesso ho ballato insieme a lui e, più di una volta, mi sono accorta che c’era sempre qualche puttanella che si strusciava abbondantemente contro di lui, ma, stranamente non mi sentivo gelosa, perché era esattamente questo lo spirito del nostro accordo. Ad un tratto, ho notato che lui era sparito e così ho un fatto il giro del locale cercando di capire dove potesse trovarsi. Quando ero quasi in prossimità del bagno, dopo circa una ventina di minuti che lo cercavo, ho visto che lui è uscito ed è andato verso il nostro tavolo. Mi sono girata per non farmi vedere e, passando davanti al bar, ho preso due drink e, mentre mi accingevo a tornare al tavolo, ho visto una di quelle puttanelle, che si era ripetutamente strusciata su di lui, che usciva dal bagno. Sono rimasta stupita dal fatto che, anziché esser gelosa o adirata, mi son sentita veramente orgogliosa: il mio uomo si era scopato una puttana e sicuramente l’aveva fatta godere! Quando son tornata al tavolo, gli ho dato da bere, lui mi ha guardato ed ha sorriso; dopo aver bevuto un po’ del nostro drink, il DJ ha proposto delle danze latino-americane. Noi siamo due fanatici di questo genere musicale e, senza nessuna esitazione, abbiamo preso a ballare. Onestamente, più che ballare, è stato uno strusciare il mio corpo contro il suo cazzo, che ho sentito molto duro. Alla fine della musica, ero eccitatissima e, stringendomi a lui, gli ho chiesto di andare a casa. Lui mi ha preso per mano e siamo usciti; abbiamo preso la superstrada che porta a casa nostra. Ad un tratto, ho sentito forte il desiderio di fare una cosa che, in passato, mi piaceva molto, dopo le serate in discoteca: mi sono allungata su di lui, gli ho aperto la patta dei pantaloni e, dopo avergli tirato fuori la sua splendida verga, ho iniziato a lavorargliela con la bocca.
Modestamente sono molto brava a far pompini, grazie proprio alla pazienza che ha avuto nel farmi perfezionare quella tecnica. Ho sentito sul suo cazzo il sapore di un’altra donna e questo mi hai eccitato ancor di più. Ho infilato in gola quella ventina di centimetri di carne viva, che sentivo fremere tra le mie labbra. Lui mi ha lasciato giocare per un po’ con il suo cazzo, poi ha fatto una deviazione ed è entrato nel piazzale di un distributore, andandosi a sistemarsi nell’angolo più defilato e buio. Senza dir nulla, ha fatto scorrere indietro il sedile del suo grosso SUV ed io, senza perdere la presa su quel cazzo, sono salita su di lui e, con un semplice gesto, me lo sono infilato tutto dentro, fino in fondo. Sentire la verga di mio marito dilatare le labbra della mia fica e scivolare tutto, fino in fondo, e sbattere con forza contro il mio utero, mi ha provocato un orgasmo istantaneo. Ho spalancato la bocca e son riuscita a pronunciare solo qualche parola.

«Oh sì!… Io… Vengo!… uhumum!»

Lui ha sciolto il nodo dietro il mio collo e, quando ha abbassato il vestito, ho schiacciato il mio seno contro il suo viso. Ho sentito il mio corpo esser percorso da una scarica elettrica così potente, che mi ha fatto fremere come una foglia al vento. La sua voce mi ha fatto godere ancora di più.

«Certo che devi venire! Ti voglio scopare come una troia!»

L’ho guardato un attimo negli occhi e, poi, gli ho risposto nello stesso tono.
«Certo che mi devi scopare come una troia! Voglio godere così tanto che, quando torno a casa, voglio raccontare a quel cornuto di mio marito che un vero toro mi ha sfondato e riempito tutta! Quel porco, questa sera, forse si scopa un’altra donna!»
Lui, dopo qualche secondo, ha preso a scoparmi, spingendo il bacino in alto, in maniera da far sbattere il mio corpo contro l’imperiale dell’auto. Ho preso a godere ininterrottamente, urlando il mio piacere. L’ho abbracciato con forza mentre godevo e, urlando, lo incitavo.

«Più forte! Scopami più forte! Fammi sentire che sei un vero toro! Sfondami tutta!»

Sembrava impazzito. Poi, ad un tratto, mi ha stretto forte, mi ha abbracciato e baciato con passione. Ero scossa da un ennesimo orgasmo quando, improvvisamente ho sentito il mio ventre, che si riempiva di calore. Era appena venuto dentro di me.
Dopo quella sera, le nostre cose sono riprese sempre in meglio. Anche il sesso era tornato ad esser bello ed appagante e, in me, avvertivo come un senso di colpa per esser presente su un sito per scambisti, laddove avevo notato che lui ne aveva cancellato il profilo. Ero tentata di far la stessa cosa anch’io, ma ero continuamente pressata dalle insistenti richieste di Roberto di volermi incontrare, e allora ho deciso che avrei portato avanti ancora un po’ il gioco, fino a togliermi un certo sfizio che mi era venuto in mente. Mantenendo il mio anonimato, ho fatto in modo che lui potesse incontrare Mara. Ho fatto in modo che all’incontro ci fossi anch’io, tanto per sviare i sospetti su di me e cercare, in qualche modo, di offrire a lui la possibilità di corteggiarla. Roberto non si è lasciato sfuggire l’occasione e, a partire da quel momento, ha cominciato a corteggiare Mara, in maniera sempre più assidua. Lei era un po’ indecisa e allora io giocavo su entrambi i tavoli. Gli consigliavo le risposte, facendogli dire le cose che piacevano a lei. Pian piano l’ho esortata a rispondergli giusto per gioco e poi mi facevo raccontare quello che non le andava nel comportamento di lui. Quindi, da abile regista, con la scusa di un incontro di lavoro, son riuscita a lasciarli da soli. Ci siamo visti nel suo locale un lunedì che era chiuso e, appena entrata insieme alla mia collega per vagliare un progetto di ristrutturazione, cosa che, in realtà, era solo una scusa per farli conoscere, ho finto una chiamata e mi sono allontanata, lasciandoli soli. Quella sera stessa, lui mi ha contattato nella chat. Gli ho chiesto come era andata con la mia collega e lui mi ha detto che avevano iniziato a dialogare bene ed a lungo. Lei era rimasta molto affascinata da lui e, sempre con la scusa del progetto, si sarebbero rivisti dopo qualche giorno. Naturalmente ho chiesto la stessa cosa a lei e mi ha risposto che era molto combattuta dal desiderio di cedere alle sue lusinghe, ma, nello stesso tempo, era un po’ titubante perché, in ogni caso, essendo dello stesso paese e lui noto come un dongiovanni, aveva qualche dubbio a intessere una tresca con lui. Naturalmente ho giocato ancora una volta su entrambi i tavoli e per circa due mesi; quando lui, un lunedì sera, mi ha detto di aprire la mail e, dopo aver visto il filmato che mi aveva inviato, lo avremmo commentato insieme. Ho fatto quanto richiesto ed ho visto il filmato ripreso dalla telecamera interna del ristorante. Erano entrambi all’interno del locale chiuso e lui ha cercato di baciarla, ma, inizialmente, Mara ha provato a far la preziosa, cercando di sottrarsi al bacio.

«No! Dai, che fai! Lascia perdere ci conoscono tutti! Potrebbe vederci qualcuno! Lo facciamo un’altra volta. Qui no, ti prego!»

Per un attimo, mi son meravigliata nel vedere che lei, in qualche modo, frapponeva una strenua resistenza, ma poi, ad un tratto, quando lui è riuscito a baciarla ed a infilarle una mano fra le cosce, lei si è lasciata andare. L’ha messa sdraiata sopra un tavolo e, quando si è inginocchiato fra le sue cosce per leccarle la fica, si è girato verso la telecamera, quasi a voler precisare che la stessa cosa l’avrebbe fatta volentieri anche a me. Ha fatto gemere e godere la mia collega, leccandola per bene ed a lungo. Lei ha avuto un lungo orgasmo, che lui ha assaporato, dissertandosi a quella fonte di piacere da cui sgorgava nettare prelibato. Poi si è alzato in piedi e, dopo aver spogliato quasi completamente la mia collega, le ha messo in bocca il suo grosso cazzo. Le teneva le mani sulla testa e le imponeva il ritmo della pompa, spingendo il suo grosso cazzo giù per la gola di Mara.

«Ingoialo tutto, troia! Ti voglio scopare in bocca, come una puttana! Succhialo e leccalo per bene!»

Lui, mentre parlava, si era di nuovo girato verso la telecamera, facendomi capire che questo poteva essere il trattamento che avrebbe potuto riservare anche a me, se avesse avuto la fortuna di avermi fra le mani. Vedevo gli occhi di Mara riempirsi di lacrime, mentre lui quasi la soffocava spingendo la sua grossa verga in fondo alla sua gola. Poi, improvvisamente, l’ha sdraiata sul tavolo e, appoggiate le sue cosce al petto, l’ha penetrata con un solo affondo. Ho visto il corpo di Mara sobbalzare verso l’altro e i suoi seni sballottare su e giù, per tutte le volte che lui le spingeva con forza, quasi con rabbia, il suo cazzo dentro.
Ha preso a scoparla come un toro scatenato. Mara ora godeva e il suo piacere, andava sempre più aumentando. L’ha scopata e l’ha fatta venire diverse volte, poi, quando ha visto che lei era frastornata dal piacere, l’ha fatta scendere dal tavolo e l’ha fatta mettere con le gambe per terra ma distesa, piegata su di esso. Si è posizionato fra le sue chiappe ed ha iniziato a spingere quella grossa verga nel culo di Mara, che cercava, in tutti modi, di sottrarsi a quel violento amplesso.

«Sta ferma, troia! Ti spacco il culo a mio piacimento! Te lo voglio sfondare tutto! Perché sei una puttana, una grandissima zoccola!»

Anche in questo caso ha guardato verso la telecamera e mi era chiaro il significato di quelle sue parole, indirizzate a me. Lei dopo un iniziale momento di dolore, ha preso a godere di culo e lui, con fare sadico, ha preso a sculacciarla e insultarla ancor di più, sempre guardando verso la telecamera, mentre inveiva contro di lei.

«Guarda che grandissima zoccola! Lo prendi nel culo alla grande. Sei una puttana! Te lo voglio spaccare tutto questo culo!»

La scopava con colpi devastanti e, ad un tratto, si è sfilato da lei e, dopo averla presa per i capelli, l’ha fatta inginocchiare per terra davanti a lui, mettendo bene il viso in mostra davanti alla telecamera, le ha fatto aprire la bocca ed ha preso a sborrarle addosso.

«Apri la bocca, puttana! Bevi tutto, fino all’ultima goccia!»

Le ha riversato in faccia e addosso un’ingente quantità di sborra, poi ha fatto una cosa che mi ha ulteriormente sorpreso: dopo averla afferrata per i capelli, l’ha trascinata un po’ più distante, avvicinandosi in qualche modo alla telecamera, e poi ha preso ad urinare sulla sua faccia. Mara era stravolta, mentre lui con fare sadico e, guardando sempre intensamente verso la telecamera, ha continuato ad insultarla.

«Adesso ti lavo, puttana! Facevi tanto la difficile ed invece ora ti lasci trattare come una grandissima baldracca!»

Dopo averla trattata in maniera così dura, ha preso dei teli e l’ha aiutata a ripulirsi, accompagnandola in bagno. Mentre lei era intenta a darsi una ripulita, lui si è girato verso la telecamera ed ha fatto il gesto di “OK?” con un dito, scandendo con le labbra la frase: ‘appena ti metto le mani addosso, sarà questo che succederà anche a te!’
Finito di guardare il video, son tornata a chattare con lui e, quando mi ha chiesto cosa avevo provato nel vedere la mia collega trattata in quel modo, gli ho risposto che io ero di tutta un’altra pasta. Ho cercato in qualche modo di farmi raccontare dalla mia collega come era stata l’esperienza con lui, ma lei è rimasta molto sul vago, dicendo semplicemente che era stata una bella scopata.
Dopo questo episodio, è sorta in me la forte convinzione di abbandonare il gioco, e, col passare dei mesi, lui ha continuato in tutti modi a cercare di capire che io fossi, ma ancora non c’è riuscito. Da qualche tempo, ho evitato di rispondere ai suoi messaggi e, stranamente, quando mi incontra in giro per il paese, se sono sola, nemmeno mi rivolge la parola e questo a me va benissimo, perché aumenta ancor più il desiderio di lasciar perdere.
È stata una bella esperienza, durante la quale son riuscita a capire diverse cose, una delle quali è che, nascosti dietro una tastiera, siamo tutti leoni, cioè tutti cacciatori e prede.
Tutto però dipende da come ciascuno decide di interpretare il proprio ruolo.

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