Lucy – Il bungalow del sesso – domenica – FINALE

Lucy – Il bungalow del sesso – domenica – FINALE

Domenica.

Era l’ultima sera.
L’indomani saremmo tornati a Torino e a questo punto mille interrogativi si aprivano sul futuro del nostro trio, ma soprattutto su di me.
Non potevo più negare a me stesso che Lucy fosse stata la rivelazione di una componente importante della mia vita. Ma avrei trovato il coraggio di vivere questa doppia esistenza anche nella mia città?
E con i miei amici? Sarebbe tornato tutto normale? O, nel caso che avessi deciso di continuare a vestire i panni di Lucy, saremmo stati ancora complici?
Cercavo di non pensarci, anche perché la mia curiosità era solleticata anche da strane manovre dei miei due amici. Si capiva che stavano combinando qualcosa, e inevitabilmente l’oggetto delle loro manovre non potevo che essere io, dal momento che le tre belle austriache erano già ripartite.
Prima Marco, poi Lele si erano assentati con una scusa, comunicando tra loro con misteriosi cenni, sguardi, occhiolini. Qualcosa bolliva sicuramente in pentola.
Finita la cena, Lele accese la televisione e Marco lo seguì sul divanetto, quasi ignorandomi.
Curioso come non mai, stetti al gioco e mi sedetti in mezzo a loro, facendomi spazio a forza di gomitate e spintoni.
“Allora, ragazzi, che facciamo per l’ultima sera? Volete uscire?” chiesi.
“Boh… non so… domani mattina dobbiamo viaggiare… io starei a casa a riposarmi” mi rispose Marco.
Presi la palla al balzo: “Ehhh… ma poi lo sai come va a finire, che Lucy non vi lascia riposare!” dissi ridendo.
“Vorresti giocare?” mi chiese Lele. “No… vorrei festeggiare degnamente con voi la fine di questa vacanza folle… “ risposi io.
Avevo fatto centro e lo capii quando li vidi scambiarsi uno sguardo d’intesa e Lele andò a prendere una bottiglia di spumante dal frigo.
“Vai a cambiarti, allora, noi ti aspettiamo in camera” mi dissero all’unisono.
Entrai in bagno e ricuperai il mio solito armamentario per la trasformazione. Mi cambiai e mi truccai il più accuratamente possibile, volevo sentirmi anche io SPECIALE per quella serata che si preannunciava SPECIALE.
Ma non immaginavo quanto.
Raggiunsi i due in camera, dove al mio ingresso stapparono la bottiglia e riempirono tre bicchieri di plastica a forma di flute.
“A Lucy!” disse Lele alzando il suo calice.
“No, A Lucy, a Lele, a Marco e a Luca… a tutti noi! A questa vacanza folle e… a tutto quello che ne verrà” dissi io solenne; poi bevvi un sorso di spumante e diedi un casto bacio sulle labbra prima ad uno e poi all’altro.
“Questo invece è solo per Lucy!” disse Marco, estraendo un pacchetto da sotto il letto e porgendomelo.
“Ragazzi, ma siete impazziti?” dissi io, disfando il pacchetto imbarazzata come non mai.
All’interno, un caffetano nero di pizzo ornato con degli strass, un paio di guanti lunghi di raso nero, un collarino vagamente fetish di similpelle nera e un paio di scarpe col tacco stiletto.
Mi misi a piangere, mentre mi mancavano le parole per ringraziarli.
“Ti piacciono?” Mi chiese Lele.
“Oddio, sono stupendi… ma siete pazzi… ma perché?”
“L’hai detto tu stessa, bisogna festeggiare degnamente questa vacanza… dai, vai a provare tutto”
Ritornai in bagno, non solo per integrare il mio abbigliamento con i nuovi pezzi ricevuti in dono, ma anche per rifarmi il trucco.
Presi il telefono e mi scattai un selfie. I lineamenti erano sempre quelli, così come le gambe troppo muscolose per essere femminili. Ma guardandomi in quella foto mi sentivo BELLA.
Tornai da loro camminando con evidente difficoltà sui tacchi, e lì per lì non mi accorsi nemmeno del fatto che avevano messo la musica ad un volume più elevato del solito.
Anche perché mi attendevano già nudi e con i sessi eretti.
Li baciai entrambi, dopo di che Marco si sedette sul letto come per il nostro primo incontro e similarmente Lele si posizionò dietro di me. Sentii il suo dito che mi accarezzava la rondella per poi forzarne l’ingresso, mentre io avevo iniziato a succhiare diligentemente il mandrino di Marco.
Quando Lele sostituì il dito nel mio culetto con il suo arnese, sospirai di godimento, sospendendo un attimo il lavoro di bocca; fu allora che Marco mi prese il viso tra le mani e, guardandomi, disse: “Ma le sorprese non sono ancora finite…”
E subito apparvero uno alla mia destra e uno alla mia sinistra due stupendi cazzi neri.
“Ma… ma come? Ma cosa…” Mi sembrava di vivere in un sogno, anche perché uno dei due proprietari di quegli arnesi era l’uomo che mi aveva fatta sua nelle docce, e che ora mi stava sorridendo, mentre l’altro era sconosciuto.
“Volevamo che questa sera fosse indimenticabile e abbiamo cercato l’uomo di cui ci avevi raccontato per invitarlo qui. Lui è Samuel, e come immaginavi fa il buttafuori insieme al suo amico Momo, che divide con lui un bungalow. Gli ha ovviamente raccontato di te, e ci sembrava scortese non estendere l’invito anche a lui.
“Bastardi… ma siete completamente pazzi… ma vi adoro!” E baciai Marco infilandogli la lingua in bocca. Poi, rivolgendomi a Lele: “Ehi, e tu? Non stavi facendo qualcosa quando ci hanno interrotto?” e, chiamando a me gli altri tre cazzi, lo invitai ad incularmi nuovamente inarcando le reni verso di lui.
Davanti a me, tre cazzi differenti per colore e dimensioni: al centro quello di Marco, rosa e di dimensioni normali, ma che comunque rimarrà per sempre il primo cazzo che abbia conosciuto. A destra e a sinistra i due mandrini neri, quello di Samuel che avevo già conosciuto e quello del suo amico, più corto ma di un diametro che mi sembrava ancora maggiore dell’altro.
Iniziai a leccare proprio quest’ultimo, e quando provai a succhiarlo riempiendomi esageratamente la bocca, non potei evitare di pensare a come mi avrebbe devastato l’ano se avesse voluto incularmi.
Poi passai a quello di Samuel, poi a quello di Marco. Ma in ogni momento avevo un cazzo in bocca e due che mi strusciavano sul viso disfandomi il trucco, mentre il quarto mi pistonava l’ano con colpi violenti.
L’eccitazione giocò un brutto scherzo a Lele, che dopo pochi minuti, con un affondo più violento degli altri, mi schizzò il suo piacere nel culo.
“Ora voglio te, Marco” dissi guardandolo negli occhi. Ovviamente non era solo romanticismo, volevo adeguare il più possibile i miei muscoli anali per arrivare gradatamente a quello che mi si prospettava come un compito veramente difficile.
Marco prese subito ad incularmi con i suoi soliti colpi in rapida successione che avevo imparato ad amare tanto, mentre i due bastoni di carne nera si contendevano la mia bocca, entrandone ed uscendone coperti di bava e liquidi preseminali.
Mi sentivo la sacerdotessa di un culto blasfemo, che si offriva in sacrificio a dieci, cento, mille adepti per soddisfare i loro cazzi. Cazzi di ogni dimensione e colore che mi riempivano da ogni parte, che mi coprivano di sperma, che mi costringevano ad ingoiare sborra e orina senza sosta.
A risvegliarmi da quel delirio fu l’urlo di Marco, che raggiunse anche lui l’orgasmo aggrappandosi ai miei fianchi.
Lo sentii appena sfilarsi dal mio culo indolenzito, ma mi accorsi bene di quando il membro di Samuel prese il suo posto, entrandomi nelle budella centimetro dopo centimetro, dilatando oscenamente il mio povero buchetto.
“Sìììì… Lo voglio tutto… Li voglio tuttiiii!!” urlai come un’indemoniata.
“Tappatele la bocca, prima che arrivi qui tutto il campeggio” sentii dire a Marco, e subito Momo mi mise in bocca il suo cannone nero in uno scoppio di risa collettivo.
Ero presa davanti e dietro da quegli stupendi obelischi neri, sotto gli occhi dei due miei amici. In quel momento non mi interessava minimamente del ritorno a Torino, di cosa sarebbe successo, l’unica cosa che mi interessava erano quei due cazzi dentro di me, il loro piacere e il mio piacere.
Quando anche Samuel mi riempì l’ano col suo sperma, attesi con timore il turno di Momo, che non tardò ad arrivare. Nonostante le precedenti dilatazioni e l’azione lubrificante dei litri di sperma che vi erano stati versati, il mio buchetto non riusciva ad accogliere quel randello.
“E’ troppo… grosso… non ce la faccio…” mi lamentavo, mentre quel bastone iniziava a farsi strada allargandomi a dismisura l’anello dell’ano.
Poi, non appena la cappella ebbe superato l’anello dei muscoli, il resto del cazzo (di diametro minore) mi scivolò dentro in un colpo solo, strappandomi un urlo di dolore.
Tremavo su quel letto, un filo di saliva mi colava dalle labbra, mentre sentivo qualcuno chiedermi “Come stai?”
Con le ultime forze mi voltai leggermente verso di Momo: “Non aver paura… continua… continua…”
Non appena il nero iniziò il suo vai e vieni dentro il mio culo ormai devastato piacere e dolore si mescolarono, e il mio buchetto fu straziato e sfondato ancora di più da quel martello nero, che mi fece vedere davvero le stelle.
Sentivo l’orgasmo avvicinarsi, ma riuscii a respingerlo appena in tempo. Volevo godermi fino in fondo quella penetrazione; piangevo, ridevo, gridavo, mentre Marco e Lele erano venuti accanto a me ad accarezzarmi il viso.
“Mi avete sfondataaaa… oddiooo… sììì… sono sfondata tuttaaa…” deliravo mentre anche Momo raggiungeva il suo limite e schizzava dentro di me quell’ultimo clistere di seme umano.
Mi sembrava di non avere più un corpo. Ero gelatina spiaccicata su quel letto, con al centro un buco impressionante grondante seme e liquami anali.
I due neri mi salutarono con un bacio al quale risposi a fatica, poi con l’aiuto dei miei due amici mi alzai ed arrivai barcollando fino al bagno, mentre vari liquidi colavano dal mio culo devastato.
Cercai di dare un po’ di refrigerio al mio povero buco che ormai stentava a richiudersi, e sentivo che l’acqua fresca mi dava sollievo. Due dita entravano ed uscivano da quella voragine senza incontrare alcuna resistenza.
Mi alzai ed andai allo specchio. Mi lavai il viso, togliendomi il trucco totalmente disfatto, ma per vanità tipicamente femminile mi misi nuovamente un velo di rossetto sulle labbra.
Tornai di là.
I due miei amici mi attendevano seduti sul letto: “Come va?”
“Va tutto bene, ragazzi, va tutto bene… “ li rassicurai. Poi continuai: “Volevo dirvi… grazie… Grazie per tutto questo (indicando i doni ricevuti, che portavo ancora indosso nonostante fossero macchiati in più punti) e… grazie per tutto…”
“Grazie a te, Lucy… ci hai fatto passare una vacanza indimenticabile…”
Sentendo che mi stava sfuggendo una lacrima, mi alzai e andai alla finestra, dando loro le spalle.
“Hai ragione… è stata indimenticabile… ma adesso? Domani torniamo a casa… cosa succederà?”
Mi raggiunsero, prendendomi tra le loro braccia.
Marco mi disse, serio come non mai: “Da domani per me non succede proprio niente. Luca torna ad essere Luca. Quello che è successo qui lo sappiamo solo noi e resterà un segreto.” Poi continuò: “Per il resto dipende anche da te. Soprattutto da te. A noi Lucy è piaciuta. E spero che a Lucy siamo piaciuti noi”
Lele si unì all’amico: “Se vuoi che Lucy venga con noi a Torino, noi ne saremo sicuramente felici. Sarà più difficile incontrarsi, ok, ma davvero lo vogliamo tutti…”
Mi voltai con gli occhi pieni di lacrime.
Baciai prima uno, poi l’altro, poi di nuovo uno e poi di nuovo l’altro.
“Grazie ragazzi… vi assicuro che troveremo il modo”
Solo allora mi resi conto che erano ancora entrambi nudi, e a ricordarmelo fu il calore delle loro verghe che riprendevano consistenza contro la pelle delle mie cosce e delle mie natiche.
Li baciai ancora entrambi appassionatamente, poi mi accosciai davanti a loro.
“Ancora?” mi chiese Marco.
“Per quanto mi riguarda siamo ancora in vacanza… la nostra vacanza pazza SENZA ALCUN LIMITE” dissi, calcando il tono su queste ultime parole, e iniziai a succhiare quelle due verghe di nuovo pronte all’azione.
Provai nel frattempo a stringere i muscoli del culo, e mi sorpresi a scoprire che non mi davano più alcun dolore.
Mi sfilai dalla bocca il cazzo che stavo succhiando, e mi rialzai. Tenendo entrambi i loro uccelli uno per mano, li condussi con me sul lettone.
Mi stesi su di un fianco, tra loro due, porgendo le natiche a Marco e anzi, cercando il contatto con il suo cazzo duro.
Mentre accarezzavo la verga di Lele, sentii quella di Marco scivolarmi nel culo senza alcuna difficoltà, come se entrasse nella bocca di un’esperta pompinara. Quando ebbe iniziato a pomparmi, cercai di rigirarmi sopra di lui, senza però far uscire il suo arnese dal buco.
Ero sopra di lui, mi inculavo a smorza candela, ma quando l’ebbi dentro fino all’elsa dissi a Marco: “Marco, Marco, fermati”
“Ti faccio male?” Mi chiese.
“No, no, aspetta…” e piegandomi il più possibile mi sdraiai su di lui, la mia schiena contro il suo torace, ma sempre stando attenta a non far uscire l’uccello da me.
Guardai Lele.
“Lele… ti prego… vieni anche tu…”
Lele non capì, e fece per portarmi il suo cazzo alla bocca affinchè lo succhiassi.
“No, Lele… anche tu dentro… dentro…”
I due rimasero basiti dalla mia richiesta, ma Lele mi sollevò le gambe e prese posizione. Cercò una, due volte di spingere il suo uccello nel mio buco già occupato, ma non riuscì a forzarne l’ingresso. Allungando la mano tra quel groviglio di corpi impugnai la sua verga e la affiancai a quella di Marco, che nel frattempo era uscito un po’ da me.
“Adesso, forza!” li incitai, e subito sentii qualcosa di simile ad un cedimento improvviso, una fitta di dolore ed una sensazione di “ingombro” dentro di me mai provata prima.
“Oddio Lucy… siamo entrati” disse una voce di cui non riconobbi neppure il proprietario.
“Sì… oddio… vi ho tutti e due dentro… sììì…”
Iniziarono a muoversi nel mio culo ormai irrimediabilmente sfondato, con molta cautela per non uscirne, mentre io avevo perso ogni controllo.
“Sììì… due… due cazzi nel culooo… i vostri cazzi… nel mio culmmmmmmmm…”
Lele cercava di tapparmi la bocca con i suoi baci, mentre io continuavo a delirare.
“mmmmh… rompetemi il culooo… riempitemi di sborraaammmmmm… Sono vostra… tutta vostra e lo sarò sempremmmmmm…”
Nonostante le difficoltà, per tutti e tre l’orgasmo si avvicinava a grandi passi, come un’onda che travolge tutto quanto incontra sul suo cammino.
Li sentii gonfiarsi ancora un po’ dentro il mio culo reso ormai insensibile e ululare il loro piacere nella stanza, e per me fu il colpo di grazia.
“Oddio, vengoooo… vengo con due cazzi in culooooo… sono una troia… la vostra troia sfondataaa… vi amoooooooo… vi amo tutti e dueeeee… vi amooooooooooo…”

Aprii l’armadio di camera mia.
Al suo interno vestiti invernali ed estivi, più altre scatole messe lì da tempo immemore e delle quali avevo dimenticato anche il contenuto.
Presi quella scatola che avevo scaricato dalla macchina, poco più grande di una scatola da scarpe, e la nascosi tra le altre.
“Arrivederci. Lucy. Arrivederci a presto… molto presto…” sussurrai.

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