Non potevo non amare mia cucina nell’atto d’incularla

Non potevo non amare mia cucina nell’atto d’incularla

Quanto poteva durare l’inculata della cugina? Dieci minuti? Cinque? Erano passate due ore, tre, al massimo, da quando l’aveva stretta forte a sorpresa in aeroporto, appena incontrata agli arrivi internazionali, e già i due metri di cazzo rovente e i tre metri di cappella incandescente di Giampaolo Maria Sarrantonio scivolavano dentro l’ampolla rettale di sua cugina Roberta, agevolmente, molto agevolmente, come se fossero state sottilissime supposte di glicerina. Spingeva dentro e fuori, lentamente, dentro fino in fondo, e lei era contenta, era felice, e godeva, e più ripensava a suo marito, che dal suo punto di vista non era cornuto, perché era suo cugino che la stava inculando, e più si eccitava.

Suo marito non l’aveva mai inculata, mai. Lei gli aveva succhiato il cazzo nero circonciso, tante volte, quello sì, del resto, le faceva anche tenerezza, un ragazzo giovane, un giovane ingegnere che lavorava in mezzo ai tubi degli oleodotti nel deserto, un arabo, uno che si era formato in scuole solo per maschi, uno che, se voleva scopare, doveva essere abbastanza ricco da comprarsi una moglie, uno che, in poche parole povere, la figa la vedeva solo col binocolo. Le faceva anzi pena, più che tenerezza. Quando mai potevi pensare che quel ragazzo si fosse fatto fare un pompino, prima di sposarsi con Roberta Sarrantonio? E così lo aveva fatto felice, succhiandogli il cazzo nero circonciso, proprio fin dalle prime volte che si erano incontrati, leccandogli tutto, anche lo scroto gonfio e liscio, privo di zigrinature, di rughe, tanto che era gonfio, e facendo sicuramente meglio dei suoi compagni di classe, maschi, (quando si succhiavano i cazzi a vicenda, nei cessi della scuola, durante la ricreazione) visto che la figa non la potevano vedere se non comprandola. In Arabia scopavano solo i ricchi, a meno che uno non fosse stato furbo abbastanza da agganciare un’italiana, affamata, cretina e puttana, come Roberta Sarrantonio.

La donna italiana non c’era bisogno di comprarla e, anzi, era pure disposta a lavorare a sua volta, dopo sposata. In ogni caso, il cazzo di suo cugino Giampaolo era molto più grande, e più bello, di quello di suo marito, e vabbè, per forza, era suo cugino, era sangue del sangue suo, e poi NON era circonciso, viva-dio, una fava calda con la buccia, tutta da gustare, da succhiare con il culo e con la bocca.

Si era proprio annoiata, 6 mesi in Arabia a stare dietro ai bambini e a succhiare sempre lo stesso cazzo circonciso, la banana che non si sbucciava, il cazzo nero di suo marito, con sotto uno scroto gonfio da non distinguere la presenza di due palle staccate, e la sborra densa, spessa come ricotta. Che noia, che palle!

Le elucubrazioni di Roberta non la distraevano affatto dal godimento dell’inculata di quel momento, tutt’altro, e si menava il clitoride con la mano destra, lasciandosi andare sempre di più e, anzi, girando la testa, per quanto poteva, verso di lui, per vederlo mentre godeva e la possedeva, mentre le prendeva il culo, le penetrava il punto più interno dello sfintere anale interno, la dominava totalmente.
E lo chiamava, “Giampaolo…Giampaolo….voglio di più, ne voglio di più!”
“Ma è già tutto dentro, cos’altro di posso dare?”
“Dammene di più, ne voglio di più, voglio di più!”

(‘E se potessi mettere nel culo anche i coglioni lo farei ma…”) pensava Giampaolo e nel frattempo lasciò spruzzare tutto il suo seme nell’ampolla rettale di sua cugina Roberta, che sentì subito il calore dentro la sua pancia e cominciò a gemere come se quell’orgasmo fosse stato il suo.

Giampaolo fece per muoversi, voleva andarsi subito a lavare, la terza sborrata doveva fargliela in bocca, questo era il piano, anche se erano stati invertiti i momenti della sequenza.

“NO!” Protestò subito lei “No, no, non te ne andare, rimani..”

Lui prese a baciarle di nuovo la schiena, con amore e gratitudine, non avrebbe mai potuto immaginare che avrebbe potuto amare sua cugina così tanto, anzi, che avrebbe potuto volerle bene in ogni caso, dato che per 20 anni l’aveva odiata, come aveva odiato e odiava i genitori di lei e zii di lui.

Lei in quel momento lo amava a sua volta, molto più di quanto lui amasse lei; era piena di gratitudine, più di lui, per la grande spruzzata di sperma bollente con la quale le aveva inondato il punto più profondo del suo piacere anale e per essersi sbarazzata di 30 anni d’ipocrisie, e della noia dei 6 mesi di bocchini praticati sistematicamente sullo stesso cazzo circonciso di suo marito.

“Non devi mica pagare..”
“Che vuol dire?”
“Non devi pagare, non mi devi pagare, puoi restare dove sei, non c’è nessuna fretta. Non fai come quando vai con una prostituta, che appena finito ti alzi e te ne vai. A me non mi paghi, quindi non devi andartene.”

Giampaolo mantenne allora i due metri di cazzo e tre di cappella nell’ampolla rettale di sua cugina Roberta, nonostante che fosse già venuto. Si stava ammosciando, per la verità, ma lei non se lo lasciava scappare fuori nemmeno di un millimetro e, anche lui, evitava qualunque movimento che avrebbe potuto agevolare la fuoriuscita del suo fallo dal buco del culo di lei. Moscio, non sarebbe mai più riuscito ad infilarglielo dentro.

C’era, anzi, un racconto di un suo amico ad intrattenerlo, un tale che diceva un sacco di cazzate, e le diceva tutti i giorni, un ubriacone che si chiamava Ivano, il quale gli aveva raccontato di averlo messo spesso nell’ano, nonostante l’unica sua fidanzata fosse poi anche sua moglie, della quale non sovviene il nome. Ivano raccontava di aver fatto il culo a sua moglie, una gallina piena di cellulite impiegata in un’agenzia automobilistica del paese di residenza. Insomma, l’aveva inculata e poi aveva aspettato che il cazzo gli si fosse ammosciato abbastanza per poterle pisciare in culo. Tanto aveva raccontato a Giampaolo di aver fatto. Le aveva pisciato in culo e poi aveva estratto l’arnese e si era goduto lo spettacolo della sua piscia che spruzzava fuori dal culo di sua moglie, come un soffione, “pffffffssssshhhhhh!“

Quante cazzate aveva sparato Ivano. E poi che c’entravano le sue misere storielle con i fatti della vita di Giampaolo? Tanto per cominciare Giampaolo non era stupido come i suoi amici. In secondo luogo non poteva sapere se quella fosse stata una storia vera. Terzo, non aveva nessuna intenzione di bagnare le lenzuola dove poi avrebbe dovuto passare la notte rotolandosi e facendo un sacco di altre porcate addosso a sua cugina Roberta.

Infine, non gli scappava da pisciare e gli era parso che lei avesse avuto un’altra delle sue formidabili intuizioni istintive, se poi fosse stato vero che quella era la prima volta che scopava con il culo. La magia stava per prevalere di nuovo, il miracolo stava per compiersi nuovamente!

“Sei contento?” Gli domandò.
“Mai stato più contento in vita mia.” Lei era sempre in posizione prona, il cazzo di lui moscio ma stretto tra le chiappe e ancora dentro il buco del culo, suo cugino Giampaolo, a cavallo del suo culo, le baciava la schiena e le carezzava i capelli. Quella femmina non andava nemmeno affiancata al ricordo di quel coglione di Ivano. Giampaolo, pieno d’amore e riconoscenza per lei, si malediva per essersi messo solo a pensare al suo stupido amico, che pisciava in culo a sua moglie o che raccontava di aver pisciato in culo a sua moglie. Roberta era una femmina eccezionale, ora lo sapeva, e non si era nemmeno alterata della sborrata che le aveva fatto tra i capelli, un’oretta prima, circa, al buio.

“Il sesso anale è proprio delizioso, delizioso, non sapevo questo” continuò Roberta, con un tono di voce spassionato, tranquillo, senza vergogne o finti pudori.
“Non lo hai mai provato, prima?”
“No, il mio culo è vergine. Anzi, era vergine, ha ha ha.”
“Non dire così, non esiste la verginità al culo.”
“Che vuoi dire, il mio culo è vergine, era vergine, non avevo mai fatto il sesso anale prima, con nessuno.”
“Ma non esiste fisiologicamente la verginità al culo. Ci sono funzioni fisiologiche da espletare più o meno tutti i giorni, fin da quando siamo piccoli, che comportano l’apertura totale dell’orifizio anale”.
“Madonna, come parli difficile, comunque ci siamo capiti, era bello, delizioso, e non lo sapevo”.

Erano passati cinque minuti da quando Giampaolo Maria Sarrantonio era venuto nel culo di sua cugina Roberta.

“Ma non ti è mai venuta la curiosità?”
“Eccome, tante volte, ma non sono mai riuscita a farlo nella pratica.”
“Perché?”
“Credo di aver capito perché, credo di sapere perché.”
“Perché?”
“Perché bisogna essere bravi, bisogna saperlo fare, come te, tu sei bravo, e sei un gran porco. Ma che porco che sei, madonna che porco che sei! Mi hai sedotta! Mi hai sedotta in aeroporto, quando io volevo solo scambiare i soliti bacetti sulle guance, e proprio non mi potevo immaginare che mi avresti abbracciata forte, spingendomi contro quel pacco gonfio e strofinandomelo sulla pancia, e contro il pube, così gonfio, duro, bollente, che porco, madonna come sei porco, sedurre la cugina, fare l’amore con la cugina ed eccitarla fino al punto che lei si lascia anche sodomizzare, tua cugina vergine, cioè, tua cugina con il culo vergine..”

“Non esiste la verginità del culo..”
“Vabbè, ma tu sei proprio un porco, madonna che porco che sei, non sapevo di avere un cugino tanto porco. Porco, che porco.”

Erano passati dieci minuti da quando Giampaolo Maria Sarrantonio era venuto nel culo di sua cugina Roberta.

“Per esempio, il mio ragazzo, mio marito, ha il cazzo che è grande come meno della metà del tuo. Eppure, abbiamo voluto provare, una volta, forse due, a fare un poco di sesso anale. Niente da fare, mi ha fatto subito un male cane.”

“Con me non hai sentito male?”

“Nemmeno un po’, è stato delizioso da subito, e incredibile allo stesso tempo. Come poteva starmi dentro lo strettissimo buco del culo un cazzo tanto grande e grosso, e lungo pure?”

“Quindi non è la prima volta.”

“Ma sì ti dico, non c’è stata penetrazione con mio marito. Volevamo provare, io pure, io VOLEVO provare, ma mi ha fatto male subito, senza nemmeno riuscire a mettermelo dentro.”

Erano passati quindici minuti da quando Giampaolo Maria Sarrantonio era venuto nel culo di sua cugina Roberta e lei ancora gli teneva il cazzo stretto tra le chiappe, dentro il suo prezioso orifizio anale.

“Credo che, perché funzioni, la donna debba essere molto eccitata”.

“Vabbè, ma questo vale anche per il sesso normale, vaginale, qualunque cosa tu voglia fare con una donna, non la farai mai bene se lei non è eccitata”.

“Sai, paradossalmente, il fatto di essere maldestri, incerti, di avere il cazzo a mezz’asta, può essere la ragione del dolore che senti, anche se pare strano.

“Beh, ma adesso il tuo cazzo non è duro per niente” e dicendo così, iniziò a stringere il buco del culo e a strizzargli un poco il pisello “eppure non fa male!”

“Ma questo è perché è già dentro. Il problema si pone prima che si lasci entrare dentro fino in fondo, quando la donna non è ancora completamente rilassata, o potrebbe non esserlo.”

“Ho capito, bisogna essere decisi, disinibiti, senza remore, senza sensi di colpa, con un pisello duro, durissimo, per non fare male. Ma tu che ne sai di cosa si prova a riceverlo?”

“Io, per la verità, ora che ci penso, ho vinto le mie inibizioni andando con i travestiti.”

“Hai fatto pratica con i sederi dei transessuali?”

“Sì ma non vale come quella che si fa facendosi inculare dai travestiti. Loro, molti di loro, sanno come fare e facendo come loro s’impara, soprattutto quelli sudamericani e/o quelli tailandesi, lasciamo stare quelli italiani che, come le puttane italiane, valgono poco e niente. E, una volta che uno prova a prenderlo nel sedere e non gli fa male, anzi, lo fa venire subito, perché il cazzo spinge nel culo contro la questione della prostata e stimola l’eiaculazione… si vince qualunque dubbio sulle eventuali resistenze delle donne. Non dovrebbero resistere, perché non è un sacrificio, dato che piace.”

Erano passati venti, venticinque minuti da quando Giampaolo Maria Sarrantonio era venuto nel culo di sua cugina Roberta e lei ancora gli teneva il cazzo stretto tra le chiappe, dentro il suo prezioso orifizio anale, lubrificato di lubricante vaginale a base d’acqua e da una ricca sborrata che ancora non si era raffreddata.

(“Ma che parliamo a fare?”), pensava Giampaolo. Lei era voltata di lato e gli sorrideva, lui era sopra di lei e anche lui le sorrideva, e le baciava dolcemente la schiena, iniziando a spingere lentamente, gentilmente, come per gioco, come per scherzo, il cazzo dentro l’ampolla rettale, e sentiva qualcosa, qualcosa di piacevole, una meccanica che gli faceva gonfiare il cazzo di nuovo, tanto che iniziava per scherzo una nuova inculata, una nuova inculata che montava sull’inculata precedene, una seconda sborrata senza fede che sarebbe poi avvenuta con una sola inculata, visto che mai aveva tirato fuori il cazzo dal centro perfetto del buco del culo di sua cugina Roberta. Non ci poteva credere. Giampaolo non poteva credere che sarebbe riuscito a venire una seconda volta nel giro di 20-25 minuti e spingendo il cazzo dentro il culo nella stessa inculata con la quale era appena venuto. E invece il miracolo si compì anche quella volta, un’altra volta, e tutto ciò avveniva mentre i parenti di Roberta e di Giampaolo non avevano la minima idea di cosa stessero combinando, come pure non sapeva nulla il padre di Roberta, il prof. Andrea Benazzo, giornalista disoccupato delle inchieste senza richieste. Lui era convinto di essere l’unico ad indurre sua figlia a commettere atti impuri ed incestuosi, occupandosi con maestria del pavimento pelvico di sua figlia. E invece lei era lì, a Roma, in una stanza d’albergo, che si faceva inculare da suo cugino Giampaolo, mentre Benazzo era convinto che sarebbe stata ospite di suo fratello, Luciano Zanini Sarrantonio, il quale invece se ne stava al lavoro, ignaro di tutto. Lui lavorava, almeno, anche se non scopava. Comunque la si volesse mettere, Benazzo non aveva capito un cazzo.
Stralcio della corrispondenza privata delle Vergini Villane Sodomizzate,
https://verginivillanesodomizzate.wordpress.com/

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2 thoughts on “Non potevo non amare mia cucina nell’atto d’incularla

  1. calabrone

    mi faceva scopare solo le leccassi da capo a piedi, la faceva sentire una principessa, io l’assecondavo mi piaceva e non c’era parte del suo corpo che non baciavo o leccavo, si eccitava come una maiala solo in questo modo, io mai avuto problemi a spogliarla toglierle le scarpe e baciarli quei piedini delicati mai puzzolenti, ci fu un periodo che diventò gelosa, non voleva che io andassi con altre ragazze che non baciassi come lei nessun altra, siccome a me piaceva le promisi che non l’avrei solo con lei, però mi doveva ricompensare con qualche bocchino a ingoio, solo quando se la sentiva di farlo non la obbligavo come faceva lei con me a baciarle il corpo nei minimi dettagli, ma dopo settimane quei bocchini con l’ingoio promessi nemmeno uno, allora mi incazzai, le dissi di mantenere la promessa, io la mia la mantenni, furono mesi dove vedevo e scopavo sole lei, non che mi dispiacesse anzi, mi piaceva molto che avrò ingoiato peli pubici e ascellari per quanti baci le davo, aveva e credo abbia ancora un buon sapore il suo corpo, lo dico come se fosse commestibile, secondo me le femmine lo sono, danno la vita ci nutrono per diversi mesi quindi sono buone da baciare e leccare fino ad assaggiarne gli orgasmi, infatti io ne andavo matto non mi perdevo in chiacchiere, ma lei non assecondava il mio desiderio, troncai la relazione per orgoglio maschile, anche se mi dispiacque, ma non volevo diventare il suo zerbino.

  2. luiselle

    sapevo leggevo mi raccontavano storie di sesso tra cugini ma non ne avevo la minima idea, pensavo a frottole esagerazioni ma non che mi potesse capitare, eravamo brilli io più di lui, e non so come sentivo lui accarezzarmi i piedi, ma non capivo molto, gli dissi ma non puzzano? Non mi rispose continuava ad accarezzarmi, non mi dispiaceva quelle scarpe nuove mi davano fastidio e quei massaggi mi gratificavano, poi nel dormiveglia sentii baciarmi sul pube, cercai di scansarlo ma senza riuscirci, era proprio zuppa di birra e bagnata tra le cosce, e ammetto che la cosa mi piaceva, mi sentivo a disagio insomma, dissi di non no voglio rimanere incinta, ripetendolo più volte, sembrò rassegarsi, invece mi trovai il cazzo sulle labbra cercava di infilarmelo in bocca, ero ubriaca ma non abbastanza, gli dissi che non lo avevo mai fatto ma insistette e mi trovai a pomparlo tenendolo con una mano, feci appena in tempo a farlo uscire dalla bocca che mi venne sulla faccia schizzandomi più volte, tentavo di proteggermi con le mano ma ormai il mio viso era imbrattato di sperma, in quegli istanti provai un senso di schifo quasi da vomito, ebbi la coscienza di andare in bagno a lavarmi, tornai in salotto mi sedetti per rimettere la scarpe ma stordita dall’alcol mi adagia sul divano a dormire, l’indomani mi sveglia con un mal di testa stellare, ma sobria e pronta a vendicarmi, presi a schiaffi mio cugino, che non si mosse ne difese, dissi sei uno stronzo, e me ne andai, due gg più avanti ci incontrammo a casa mia, voleva chiedermi scusa, si presentò un mazzo di fiori immenso, dicendomi che non sarebbero bastati per scusarsi ma si sentiva in colpa, ne parlammo perchè come l’alcol ecc… e nel frattempo mi balenavano in mente alcuni ricordi nitidi di quella serata, il suo pene nella mia bocca quell’odore di sperma caldo sul viso mi fecero uno strano effetto al contrario di quella sera mi eccitarono moltissimo sentivo umida e desiderosa, non so nemmeno cosa mi prese e gli diedi uno schiaffo chiedendogli perchè, nemmeno il tempo di aspettare la risposta che lo spinsi sul divano stringendogli le palle imponendogli le mia volontà stavolta e per tutte le volte che avessi desiderato io, farsi spompinare a mio piacimento, e così lo feci non fu difficile volevo provare ancora quella sensazione unica, sentire quell’odore strano ma piacevole molto maschio e assaggiarne qualche goccia per curiosità, mi piacque un casino, ero in trans o estasi con quel coso in mano tutto per me a mio uso e consumo, ed eccolo come quella sera sul mio viso e nella mia bocca, stavolta senza provare schifo ma immenso piacere di assaporare l’essenza di un maschio, l’unica forza di un maschio il suo nettare che entra nelle mente e nel corpo di una donna come altrettanta essenza della vita.

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