La testimone di nozze

La testimone di nozze

Questo racconto è lungo articolato e, probabilmente un po’ verboso, per cui consiglio il lettore che volesse andare subito al ‘sodo’, di non provare nemmeno ad iniziare a leggerlo.

Mi chiamo Sergio ed ho 31 anni. Un lunedì mattina ero al bar e stavo passando il tempo giocando a carte con dei colleghi, pure loro in cassa integrazione a zero ore e mi venne a trovare mio padre, con cui non mi ero sentito dal Natale scorso. Mi stupii che non mi avesse telefonato prima, perciò pensai che fosse successo qualcosa di molto importante. Per un attimo temetti qualche disgrazia in famiglia o per la salute di mia madre che non vedevo da tempo. Ma non fu così. Mi informò invece che sabato prossimo si sarebbe sposata, in Calabria, per la seconda volta mia zia Rebecca, che aveva scelto come testimone la sorella, cioè mia madre che, obbligatoriamente, avrebbe dovuto partecipare. I festeggiamenti per l’evento sarebbero cominciati il prossimo venerdì, con l’addio al nubilato della sposa, mentre al sabato ci sarebbe stata la celebrazione del matrimonio. Infine, domenica gli sposi sarebbero partiti per la luna di miele dopo i saluti dei parenti, liberando i parenti e amici. Ora si poneva un problema perché, in quelle date, mio padre si era impegnato a partecipare con la sua squadra per gli ottavi di finali del campionato regionale raffa di bocce. Quindi, per evitare di ritirarsi dalla competizione a cui tanto teneva, mi scongiurò di essere io ad accompagnare mia madre a quell’avvenimento. Quando gli dissi che oltre a non essere interessato perché avevo molti altri impegni da sbrigare -cosa non vera- lui mi pregò che, non solo, mi avrebbe compensato per il disturbo ma che per il viaggio mi avrebbe prestato la sua nuova fiammante e amata Mercedes. Vista la genera offerta fui alquanto allettato dalla proposta. Ma, sapendo quanto mio padre fosse attaccato ai soldi, gli chiesi quanto era disposto a sborsare per il mio disturbo. Mi disse che per quei tre giorni mi avrebbe dato a saldo 300€, cioè 100€ al giorno più le spese. Benché ritenessi la proposta equa, non fui affatto convinto circa il ruolo e l’impegno che avrei dovuto garantire. inoltre, visto che ci teneva così tanto a partecipare a quel campionato, decisi di prenderlo per il collo e gli risposi che avrei accettato solo e per non meno di 500€ al giorno, cioè per un totale di 1500€, naturalmente oltre alle spese; ed il pagamento doveva essere cash ed anticipato. Malgrado le condizioni capestro che gli proposi, accettò perché non aveva nessun’altra alternativa e, prima che mi pentissi di avergli detto di sì e reclamassi qualcos’altro, tirò fuori il portafoglio, mi diede tre banconote da 500€ dicendomi che, però, in quella somma dovevano comprendersi le spese. Poi mi consegnò con una smorfia di dispiacere le chiavi della sua nuova e beneamata Mercedes. Soddisfatto dell’accordo raggiunto, per non farlo rientrare a casa a piedi, gli diedi le chiavi della mia Panda vecchia serie, color verde vomito. Prima di accomiatarci, rimanemmo d’accordo che mi avrebbe avvisato il giorno prima della partenza per la Calabria. Ovvio che sarebbe stato lui ad informare mia madre del cambio di accompagnatore. Benché ormai rassegnato ad impersonare il ruolo di cavalier servente di mia madre, donna avanti con l’età, pensai a cosa avrei potuto fare con i soldi di quel compenso; probabilmente una vacanza. Ripensai all’ultima volta che avevo vista mia madre Laura, donna di anni 51, sposata da 32 anni con mio padre Filippo di 69. L’ultima volta era stata per il pranzo di Natale di due anni fa e di quell’occasione avevo solo un vago ricordo di lei. Sebbene mi sforzassi di ricordarmela fisicamente, mi resi conto che mi era alquanto difficile descriverla in modo dettagliato perché non l’avevo mai osservata con l’occhio critico con cui, generalmente, un maschio guarderebbe una femmina. Se proprio avessi dovuto pronunciarmi avrei detto che aveva l’aspetto di una normale madre di famiglia. Ciò non di meno, avendo preso quell’impegno, decisi di onorarlo come si doveva fino in fondo. Perciò, con i soldi ricevuti da mio padre, acquistai in un outlet appena fuori città, ad un prezzo stracciato, probabilmente perché fuori moda o rimanenza di magazzino, un vestito scuro da cerimonia griffato Armani che mi stava d’incanto nonché delle scarpe di vernice. Sperai che mia madre provvedesse anche lei ad indossasse degli abiti adeguati all’evento, in modo tale da presentarci eleganti e fare così bella figura. Il giovedì sera, mio padre mi avvisò telefonicamente che sarei dovuto venire a prendere mia madre, a casa loro, alle 5 dell’indomani. Ciò per evitare il traffico uscente in autostrada e per arrivare a destinazione, viaggiando in tutta sicurezza, verso le 14. Ed io così feci. Mi presentai sotto casa dei miei che mancava qualche minuto alle 5. Dopo aver suonato al citofono attesi pochi minuti, prima che apparisse mia madre sull’uscio del condominio. Era agghindata e truccata di tutto punto per cui feci fatica a riconoscerla. Vestiva un tailleur blu scuro di lana leggera, una camicetta azzurra scollata e trasparente sotto la quale si intravedeva un reggiseno a balconcino di colore nero che conteneva due consistenti tette e poi scarpe con i tacchi alti e calze nere dello stesso colore; insomma per essere una donna oltre i cinquanta, sembrava davvero un gran bel pezzo di figa che dimostrava almeno 10 anni di meno. Mio padre la seguiva trascinando una grande valigia che poi mise nel bagagliaio. Quando lei salì in auto e si avvicinò a me per salutarmi, mi baciò sulla guancia e mi sfiorò il braccio con una soffice tetta inebriandomi, nel contempo, con quel delicato profumo di femmina appena uscita dalla toilette. Non appena sedette e mise la cintura di sicurezza, la gonna le risalì su, di un bel po’, scoprendole le ginocchia e l’inizio delle belle cosce polpose. Poi, dopo le solite raccomandazioni di mio padre di non correre e di fare attenzione alla macchina nuova,partimmo. La presenza di quella femmina seduta accanto a me, che in quel momento non stavo considerando più come madre, mi aveva esaltato talmente i sensi che mi sentii pervaso da evidenti stimoli sessuali. Cercai di scacciare quegli inappropriati impulsi, ma non ci fu verso; come può resistere un gatto affamato al richiamo del profumo della trippa fumante? Durante il viaggio chiacchierammo del più e del meno ma anche del fatto di come lei ci fosse rimasta male quando il marito le aveva detto di non poterla accompagnare al matrimonio.
-Meno male che c’eri tu disposto a farmi da cavaliere, perché non era possibile presentarmi alle nozze da sola. Avremmo fatto una figuraccia che non ti dico.-
Era evidente che non sapeva dell’avvenuta transazione economica intercorsa tra mio padre e me; cosa di cui, naturalmente, non feci menzione. Dopo circa tre d’ore di viaggio ci fermammo per sgranchirci le gambe e per fare colazione in un autogrill. Faceva così caldo che lei si tolse la giacchetta del tailleur e rimase con la gonna e la camicetta scollata e trasparente. Nel suo incedere lento e molleggiato verso il bar, dovuto ai tacchi alti e con quella mise abbastanza seducente, era talmente provocante che chiunque incontravamo si metteva a squadrarla. Quando, poi, fu al bancone del bar per sorbirsi il cappuccino, il barista le fissò le tette con aria arrapata per tutto il tempo. Sebbene, l’atteggiamento del barista, fosse del tutto comprensibile per l‘avvenenza della visione, sentii una punta di gelosia e di fastidio emergere dal profondo del mio essere. Riflettendoci, però, sopra mi chiesi sul perché non mi fossi mai accorto che mia madre, con i giusti accorgimenti, potesse trasformarsi in un così gran bel pezzo di figa? Quando uscimmo dal bar feci in modo che lei, per raggiungere la Mercedes, mi precedesse con lo scopo di osservarla meglio da dietro. Ciò che mi risaltò subito all’occhio fu che aveva un gran bel culo rotondo e teso, evidenziato dal fatto che, indossando scarpe con i tacchi alti, i muscoli dei glutei irrigidendosi, non solo le alzavano le chiappe ma davano più slancio alle gambe ben affusolate. Poi, grazie all’andatura molleggiata e fluida, la silhouette di donna formosa, si evidenziava maggiormente. In breve, mi ero reso conto di stare riscoprendo mia madre come una femmina degna di essere ancora concupita. A rifletterci sopra pensai i miei giudizi potevano essere stati influenzati dal fatto che era da un po’ di tempo che non facevo sesso e che, quindi, essendo in crisi di astinenza mi ritrovavo allupato. Ricordai che l’ultima volta che mi ero chiavata qualcuno, era stato in occasione dell’ultimo veglione di capodanno al teatro Astoria; avevo bevuto parecchio ed ero su di giri, tanto da ingropparmi, senza tanti complimenti, in uno sgabuzzino di un sottoscala, una attempata carampana che quella notte, pur di fare sesso, l’avrebbe data a chiunque. Dopo esserci rifocillati e rinfrescati alla toilette, riprendemmo il viaggio. Verso le 11, quando il caldo già si faceva sentire, un odore particolare mi ricordò gli effluvi della femmina accaldata. Era come annusare la fragranza di sudore femminile mista a profumo di classe. Quell’olezzo così arrapante contribuì a stimolarmi i sensi già surriscaldati; per cui, naturalmente, ebbi un’erezione di cui sperai che lei non si accorgesse.
Ad un tratto Lei mi disse: -Sento caldo, ti dispiace se mi tolgo le calze? –
-Ok, alla prima piazzola di sosta che incontreremo mi fermerò.-
-No, non c’è bisogno di fermarsi. Mi alzerò un po’ la gonna e tirerò via le autoreggenti. Farò in un attimo. Basterà che tu non guardi.- E ciò detto, eseguì. Alzò la gonna fino a metà coscia e, ad una ad una si mise a tirare giù le calze nere. Apparvero così le sue bellissime, carnose ed arrapanti cosce pallide. Malgrado mi avesse raccomandato di non guardare mentre se le toglieva, non potei fare a meno di osservare tutta la scena. Aveva delle belle cosce seducenti ed invitanti. Vedendomi interessato da quella visione mentre cercava di sbrigarsi far scendere dalle cosce le calze per coprirsi tirando in fretta giù la gonna, mi disse: -Guarda la strada e non ti distrarre sennò va’ a finire che andremo a sbattere.-
Con le calze ormai arrotolate alle caviglie, adesso per toglierle del tutto doveva levarsi le scarpe dai tacchi alti. Non riuscivo a distogliere gli occhi da quell’inaspettata scena dal contenuto raffinatamente erotico.
-Sai mamma che hai delle bellissime gambe? E d’impulso le accarezzai la coscia ancora scoperta.
-Ehi, per caso ti sei ammattito? Sono cose da fare alla propria madre?-.
-È stato per vedere come fossero al tatto.-
-Queste cose le fanno i debosciati, lo sai vero?-
-Ma è stato solo per un attimo ed era solo per vedere com’era la pelle al tatto.-
-E allora, sporcaccione, come ti è sembrata al tatto?-
-Liscia, calda e morbida, molto gradevole.-
-Son contenta che ti sia almeno piaciuta. Comunque non rifare più una cosa simile, capito?!- rispose levandosi le scarpe e subito dopo le calze, per rimanere con le gambe e i piedi nudi dalle unghie laccate di un rosso scuro metallizzato. Oltre allo stimolo sessuale innescato dal ricordo tattile della pelle della sua coscia e dall’odore che emanava ero tormentato sia dalla visione di quelle pallide gambe nude e sia dalla parte superiore delle sue tette che dalla scollatura dell’impalpabile maglietta azzurra vedevo gonfiarsi e sgonfiarsi ad ogni suo respiro.
-Ma dico, non ce l’hai più la ragazza?-
-Ce l’avevo, ma non appena ha saputo che mi avevano messo in cassa integrazione a zero ore, se n’è andata via.-
-Come disse non so quale scrittore ‘quando l’indigenza ed il bisogno entrano dalla porta, l’amore fugge dalla finestra.’ Perciò sei rimasto all’asciutto, è così?-
Non le risposi edistolsi lo sguardo da lei che mi fissava accigliata per cercare di pensare ad altro, nella speranza che quel viaggio finisse al più presto. Dopo quasi 7 ore di viaggio complessive e più o meno all’orario previsto, giungemmo a destinazione. Mia madre, prima del nostro arrivo, anticipò telefonicamente alla sorella il nostro arrivo cosicché, nel luogo d’incontro che ci venne indicato, trovammo diversi parenti ed amici ad accoglierci. Il luogo indicato era un agriturismo poco distante dalla chiesetta in cui si sarebbe celebrato il matrimonio, dove poi avremmo anche alloggiato. Dopo i saluti con chi era venuto ad accoglierci, facemmo check-in e la direzione ci assegnò la stanza 212 che era una matrimoniale. Lì ci fu l’intoppo perché Rebecca, sapendo che mia madre sarebbe intervenuta alla cerimonia accompagnata dal marito e non dal figlio, aveva prenotato una matrimoniale. Mia madre, Laura, insistette per avere due camere separate o, in alternativa, una camera con due letti, ma non poté essere accontentata perché la struttura era già al completo.
-Se per voi è un problema condividere il letto per tre giorni, cercherò di farvi sistemare in qualche altro albergo.- disse Rebecca infastidita dall’insistenza della sorella, la quale, facendo buon viso a cattivo gioco, le rispose: -No, certo che no. Non sarà certo un problema. Insistevo solo per avere po’ più di privacy.-
Assistetti alla discussione con l’espressione neutra di chi non è interessato al problema, senza azzardarmi a dire una parola. Probabilmente fu il mio atteggiamento remissivo a convincere mia madre a rassegnarsi e ad accettare la sistemazione che ci veniva offerta.
-Se, prima si salire su in camera a rinfrescarvi, volete farvi uno spuntino, visto che ormai l’orario per il pranzo è passato ed hanno chiuso la cucina, vi farò portare qualche sandwich e qualcosa da bere.- disse Rebecca e prima di andare via, mi abbracciò e mi baciò sulla bocca. Nello stringersi a me mi aveva fatto sentire quanto fossero consistenti e sexy le sue tette e mi disse: -Se sapevo che eri diventato un così gran bell’uomo avrei sposato te!- E andò via sculettando, mentre mia madre scrollava la testa.
Alla fine, dopo avere mangiato alcuni panini e bevuto della birra fresca, ci recammo nella camera 212, esposta a nord e prospettante sul parcheggio. Malgrado che la veduta dal minuscolo balcone non fosse un granché, la camera era pitturata di recente ed era pulita, ampia e luminosa. Il letto era del formato maxi e le lenzuola odoravano di bucato fresco e odoravano di lavanda Era, inoltre, una camera climatizzata, col frigo bar, la tv satellitare, l’illuminazione notturna e bagno interno. Una volta posati i bagagli, mia madre mi chiese se volessi farmi per primo la doccia. Le risposi che fosse lei per prima e che nel frattempo sarei andato giù a curiosare. Risposi così per metterla a proprio agio e per darle la possibilità di avere quella giusta privacy di cui aveva bisogno. Lei accettò di buon grado e, per ringraziarmi mi fece una carezza affettuosa, seguita da un dolce sorriso. Non appena accennò a spogliarsi, uscii dalla stanza. Sul lato sud dell’agriturismo, probabilmente di recente costruzione, c’era una grande piscina, al momento fruita da diversi ospiti. I più giovani giocavano sguazzando chiassosi nell’acqua altri ancora, invece, distesi sui lettini prendevano la tintarella. Tra di essi c’erano tante donne di tutte le età, dalle adolescenti alle ottuagenarie. Rimasi per un po’ a guardare e, quando stimai che mia madre potesse avere espletato le sue abluzioni, tornai in camera. Quando entrai in camera lei indossava l’accappatoio ed era seduta davanti alla toilette. Si stava ritoccando lo smalto delle unghie dei piedi. Aveva messo il tallone di un piede sullo sgabello su cui sedeva per cui, da mi trovavo e nella posizione assunta da lei, vidi riflessa nello specchio della toilette l’immagine dell’interno delle sue pallide e polpose cosce dischiuse e mi sembrò anche di vedere che non indossava le mutandine. Quell’inaspettata visone oltre a farmi mancare l’aria fu seguita poi da un’immediata quanto incontenibile erezione. Per cui, prima di spogliarmi per andare sotto la doccia, ebbi cura di ritirarmi velocemente in bagno per non farle vedere lo stato in cui mi trovavo. Non appena sotto il getto dell’acqua calda, con ancora negli occhi l’immagine del centro di convergenza delle pallide cosce nude di mia madre, mi sparai una sega mega galattica. Sega che mi risucchiò ogni energia dal corpo. A fine doccia, indossai l’accappatoio e rientrai in camera. Lei si era già pettinata i capelli freschi di permanente e di tinteggiatura e si stava truccando davanti allo specchio. Aveva indossato un abito da sera verde acqua con un corpetto molto scollato che le lasciava le spalle completamente nude, sorretto da sottili bretelle, ma che aveva ancora la cerniera di dietro abbassata.
-Mi aiuteresti con la cerniera? Con questo corpetto rigido, mi è piuttosto difficile tirarla su da sola.-
Benché fosse una donna di oltre 50 anni e affaticata dal viaggio, mi resi conto che era ancora molto desiderabile e con il sapiente trucco messo, era riuscita a valorizzare di molto la propria femminilità, tanto da sembrare molto più giovane della sua età. Le sole rughe visibili le aveva non sul viso ma sul collo. Mi avvicinai a lei e osservandole la schiena nuda fino alle reni, fui ammaliato dall’odore che emanava, così infilai le mani tra il vestito e i fianchi morbidi e cedevoli, l’attirai a me e d’impulso la baciai sul collo che profumava di rose.
-Sai che sei una donna bellissima ed affascinante?- Le dissi d’un fiato.
-Grazie, sei molto caro. Non mi aspettavo un complimento simile detto da te.- Rispose girando il volto verso di me e baciandomi sulla guancia, molto vicino alle labbra. Spinto da questa sua manifestazione d’affetto, osai di più e risalii con le mani dai suoi fianchi con una lenta carezza fino all’attaccatura dei seni.
-Oh! Ma cosa stai facendo stupidotto, devi tirare su la cerniera e non massaggiarmi con le mani, null’altro.-
Le tirai su la cerniera come aveva chiesto e mentre lo facevo le accarezzai la pelle serica delle spalle. Per non strafare, anche perché non sapevo ancora cosa potessi azzardarmi di fare con lei, non appena tirata su la cerniera, mi scostai e mi ritirai in bagno per rivestirmi. Una volta vestito rientrai in camera e la trovai che ormai era pronta per uscire.
Mi disse: -Stasera sarò impegnata con la festicciola di addio al nubilato di mia sorella Rebecca. Sarà una serata esclusivamente per sole donne, per cui non potrai partecipare. Hai idea su come potresti passare il tempo senza annoiarti?-
-Ancora non lo so. Credo, però, che rimarrò qui. Ci sarà pure qualche cosa da fare.-
-Allora divertiti e cerca di passare una buona serata. Non so dirti quando potrò tornare, ma sicuramente sarà molto tardi, per cui non aspettarmi alzato.-
Detto ciò, prese la borsetta, si girò ed uscì. Davanti alla porta, la seguii con lo sguardo mentre si avviava all’ascensore ondeggiando il culo. Non potei fare a meno di guardarle le spalle nude e, dallo spacco posteriore del vestito, le gambe tornite e le caviglie ancora sottili. Dovette sentirsi osservata perché, ad un tratto, si voltò e mi sorrise soddisfatta e, con aria complice, mi fece l’occhiolino. Ciondolai per l’agriturismo fino alle 19, ora in cui il ristorante venne aperto. Dopo cena rimasi in soggiorno a leggere un quotidiano e, quando stavo per ritirarmi in camera, la moglie del gestore mi si avvicinò e, con fare circospetto ma senza tante cerimonie, mi si offrì. Era una piacente donna bionda, piuttosto in carne, dagli occhi grigi truccati pesantemente e dalle labbra scarlatte di rossetto. Femmina dai lineamenti del volto gradevoli, dalle grandi tette e dai fianchi larghi, ma con diverse rughe agli angoli della bocca e sulla fronte. Le risposi che pur essendo molto lusingato della sua offerta, a causa del lungo viaggio, mi sentivo così stanco che preferivo andare a riposare. Fosse stato in un’altra circostanza non avrei di certo rifiutato, perché come si dice ogni scopata lasciata è una scopata persa. Dopo di che mi ritirai in camera, mi misi comodo a letto a guardare la tv, facendo zapping. Dovetti essermi addormentato, perché mi svegliai con il baccano che fece mia madre rientrando. Erano le 3 passate e lei era visibilmente brilla e canticchiava un motivo di chissà quale canzonetta. Teneva la borsetta con una mano e con l’altra reggeva una bottiglia di spumante.
-L’ho portata proprio per te. Hai visto come ti penso? Adesso perché non la stappiamo e ce la beviamo? È ancora fresca.- Mi disse porgendomi malferma sulle gambe la bottiglia. Avrei potuto dirle che non era il caso di bere ancora visto che era già piuttosto brilla, ma mi balenò l’idea di sfruttare la situazione a mio vantaggio per fare un po’ il lumacone con lei, così accettai. Stappai lo spumante lo versai in due bicchieri che avevo preso in bagno e gliene porsi uno. Lei lo svuotò in un sol lungo sorso e incominciò a ridere senza potersi fermare.
-Ancora un ultimo bicchiere, quello della staffa e poi, finalmente, andrò a nanna.- disse traballando. Le riempii di nuovo il bicchiere di spumante fino all’orlo che, non appena portò alla bocca per bere, essendo piuttosto barcollante sulle gambe per via dei sandali con i tacchi alti, nonché dell’incipiente sbronza, si versò tutto addosso. Il liquido le bagnò tutto il davanti del vestito, inzuppandolo. Il corpetto così zuppo lasciava ben vedere le tette che sosteneva. Tette di una quarta misura, dalle grandi areole, con al centro evidenti capezzoli bruni; insomma, un vero spettacolo che avrebbe fatto allupare anche un morto. Una simile visione mi provocò una subitanea quanto violenta eccitazione che, dopo alcuni secondi, determinò il completo inturgidimento del cazzo fino a farlo diventare consistente come il marmo. Mentre lei era scossa da altre incontenibili risate. Con la scusa che non potevo lasciarla col vestito bagnato, la feci sdraiare sul letto prona, le abbassai le spalline del corpetto le tirai giù la cerniera posteriore e tirando dal basso il vestito bagnato glielo tolsi. Con il vestito vennero via anche le mutande. Ad eccezione delle reggenti e delle scarpe, rimase nuda con il bel culo al vento mentre continuava a ridere come una matta. In bagno presi un asciugamano umido per detergerla e asciugarla dallo spumante che si era versato addosso. Ma, al mio ritorno la trovai che già dormiva. Le tolsi anche le autoreggenti e le scarpe, la girai supina e con l’asciugamano le asciugai il petto la pancia, il basso ventre e le cosce. Era rimasta completamente nuda davanti a me. Aveva delle ampie tette calde e morbide e una figa polposa interamente rasata. Visto, però, il suo stato di completa incoscienza, non mi sentii di palpeggiarla oltre, così la feci rotolare su un lato e la coprii con il lenzuolo. Infine, mi spogliai anchio e completamente nudo mi rimisi a letto accanto a lei. Nonostante nel letto maxi ci fosse tanto spazio per tutti e due, verso le 4 lei si avvicinò a me e, scambiandomi forse per il marito, mi abbracciò e, nel contempo, mi mise una gamba flessa sulla mia. In quella posizione la sua figa si venne a trovare molto vicina al mio cazzo che non perse tempo a ringalluzzirsi. Mi sembrò che quella figa oltre ad essere calda fosse anche rorida di umori. Scostai il lenzuolo ed alla debole luce notturna di servizio mi parve di vederle la figa accuratamente rasata che pareva bramasse particolari attenzioni. Mi venne subito l’acquolina in bocca ed il cuore incominciò a battermi all’impazzata. Mi fermai ad ascoltare il ritmo del suo respiro. Quando poi lei si accucciò di più a me, spinto dal raptus erotico, pensai che fosse arrivato il momento giusto per osare. Così cominciai ad accarezzarle dolcemente le morbide e calde tette. Dopo qualche fievole carezza, sentii che i suoi capezzoli si erano inturgiditi e, nonostante dormisse, si era mise a miagolare come una gatta in calore. Scivolai nel letto con il corpo un po’ più giù e la baciai sul collo e dietro l’orecchio, lei si strinse di più a me. Quando poi decisi che era tempo di toccarle la vulva, misi una mano tra la sua coscia e la mia e le accarezzai dolcemente quel morbido, grassoccio e succulento pube. Trovai il clitoride che mi misi a vellicarglielo dolcemente con un dito e, sebbene lo stessi facendo in modo molto delicato, l’effetto che produsse su di lei fu pressoché immediato. Rispondeva alla stimolazione stringendosi ancora di più a me e gemendo roteò il bacino fino a porlo sul mio. In tale posizione il mio cazzo teso a dismisura si fece agevolmente strada all’imboccatura della sua figa rorida di umori caldi e vischiosi, già pronta ad accoglierlo. Poi, in un improvviso raptus erotico, mossi il bacino in avanti ed il mio cazzo, come se fosse stato risucchiato, scivolò agevolmente dentro quella figa ben lubrificata. Non appena il mio cazzo ci si sprofondò dentro, lei emise un intenso gemito.
-Agghhrr! – e trattenendo il respiro, aprì gli occhi e mi vide. Dopo qualche attimo d’incertezza si rese conto di quello che stava succedendo e con un’espressione sdegnata esclamò: -Ehi, ma ti rendi conto di quello che stai facendo?
Intimorito da quel tono di voce e, sentendomi un po’ in colpa, anche se non più di tanto, mi sfilai da lei; che stavolta emise un: Ohhhh! – e si girò di lato tirandosi il lenzuolo fin sotto il mento.
Per giustificarmi le dissi: -Guarda che sei stata tu che mi sei montata sopra! Anche se non avrei dovuto approfittarmi della situazione.-
-Non ricordo, però, di essermi coricata nuda. E poi, che ci fai anche tu nudo accanto a me?-
A questo punto, per chiarire la situazione le raccontai cosa era accaduto, tacendo sul fatto del perché io fossi nudo.
-Ecco spiegato perché mi ritrovo così intontita! Devo aver bevuto troppo. Tuttavia ciò non ti giustifica perché hai sfruttato questa situazione e, inappropriatamente, mi abbia infilzata! –
-Scusami, ma in quel momento non stavo ragionando più. Non vedevo più in te mia madre, bensì una bellissima femmina desiderabile dal profumo inebriante che mi stava abbracciando come se fossi il suo amante. Perciò ho perso il lume della ragione e non ho più riflettuto su cosa stessi per fare. Ti chiedo perdono. –
Rimase qualche attimo pensierosa e poi si mise a ridere e mi disse: -Comunque sia, ciò che è accaduto dovrò rimanere un segreto tra noi e che non dovrà mai essere reso noto ad alcuno, proprio nessuno, mi sono spiegata?!-
-Certo che sì. Risposi girandomi dall’altro lato e dandole le spalle.
-Sono curiosa di sapere, perciò dimmi, ma davvero se non mi fossi svegliata in tempo avresti approfittato di me fino in fondo? Cioè fino a fotterti tua madre?-
-Ti confesso che sì, sarei andato fino in fondo. Anche perché stasera dopo aver rifiutato la moglie del gestore che mi aveva proposto una sveltina, ero rimasto talmente intasato che mi faceva male il basso ventre.-
-E come mai hai rifiutato? Non ti piaceva la signora? Forse per te era troppo vecchia? Se ben ricordo, dovrebbe avere circa la mia età ed è ancora una bella e piacente donna. Quindi non era abbastanza giovane per te?-
-Non saprei, ma non mi ha entusiasmato per niente. Forse perché inconsapevolmente l’avevo paragonata alla tua figura di donna elegante, attraente, desiderabile e sexy che si stava recando a quella stupida festa di nubilato. –
-Ma dici davvero? Mi hai veramente trovata così attraente?-
-Certo che sì. Ma adesso però dormiamo perché sono le cinque e tra non molto dovremo andare al matrimonio di tua sorella e perciò dovremo essere riposati.- Le dissi irritato per l’andazzo che aveva preso quella discussione.
-Io, invece, adesso non ho più sonno. Ho solo un leggero cerchio alla testa, probabilmente per gli alcoolici che mi hanno fatto bere stasera. –
-In bagno dovrebbe esserci dell’aspirina. Te la vado a prendere.- Dissi alzandomi, consapevole che, in quel momento, ero completamente nudo ma confidavo nella scarsa illuminazione emanata dalla luce notturna. Quando tornai con un bicchiere d’acqua e l’aspirina, lei era sdraiata su di un fianco, rivolta verso di me, con il mento su una mano, che mi guardava con interesse. Prese l’aspirina, mi ringraziò e mi disse: -Ma non è che si potrebbe spegnere questa lucetta di servizio? –
Pur non distinguendola bene per la fioca luce, mi parve di vedere l’aspetto dei suoi capezzoli irrigiditi sotto il lenzuolo, perciò dedussi che era rimasta nuda. Non di meno, tramite il telecomando posato sul comodino spensi la lucetta di servizio posta dietro la tv. La stanza piombò nella più completa oscurità.
-Hai sonno? –
-No -risposi- ormai mi è passato.-
-Parliamo un po’, ti va’? –
-Di cosa vorresti parlare? –
-Volevo che chiarire definitivamente quanto è successo poco fa.-
-E, secondo te cosa ci sarebbe ancora da chiarire? Ho già capito di essermi comportato male, anzi malissimo, perché mi sono fatto trasportare da un’inappropriata e scellerata esaltazione sessuale. Nel momento in cui mi sei venuta sopra, mi hai abbracciato e hai messo la coscia sul mio grembo, non ti ho riconosciuta più come la mia mamma ,ma una meravigliosa femmina che emanava un intenso profumo di sesso. Insomma, una femmina da concupire immediatamente. Perciò, non sono più riuscito a frenare quell’istinto primordiale che, poi, ha determinato ciò di cui stiamo parlando alle 5 di mattina. –
-Davvero mi hai trovata così irresistibilmente attraente, o è una balla?- disse lei accarezzandomi una mano con la sua calda e morbida.
-Certo che sì. A dirtela tutta, senza alcun pudore, visto che siamo immersi nell’oscurità più completa, al solo pensiero del ricordo del tuo meraviglioso caldo e morbido corpo, che non avevo mai considerato sessualmente, mi sono eccitato nuovamente.-
-Non ci posso credere! Sei davvero giunto a questo punto?-
-Sono abbastanza afflitto da tutto ciò, per cui adesso basta affondare il coltello nella piaga, finiamola qui e non ne parliamo più e mettiamoci a dormire. Per distrarmi cercherò di pensare ad altro, magari conterò le pecore, in attesa di un sonno riparatore.-
-Da come si sono svolti i fatti, ho capito che, anche se inconsapevolmente, possa essere stata colpa mia averti attratto. Perciò, dammi un bacio e facciamo la pace.-
Mi girai verso di lei e avvicinandomi, cercai il suo viso per baciarla. Anche lei aveva fatto la stessa manovra, cosicché i nostri corpi vennero a contatto e il bacio che doveva essere lieve e breve, per via dell’attrazione che si era venuta a creare tra di noi divenne invece lungo ed appassionato. Le passai la lingua sulle morbide labbra e lei, in risposta, aprì la bocca permettendomi che gliela ficcassi dentro. La risposta naturale fu immediata, il suo corpo cedevole e caldo si avvinse al mio ed istintivamente lei alzò la gamba per portarla sul mio fianco. Fu ovvio che in tal modo la sua figa si schiudesse e sbrodolasse quei fluidi corporei che annunciavano la voglia della femmina di essere penetrata. Poi, continuando a baciala con quel trasporto passionale che in questi casi è indispensabile per far divampare ulteriormente gli stimoli erotici del partner, le titillai i capezzoli e mossi il bacino fino a che il mio cazzo non si trovò nella migliore posizione per infilzarla. Stavolta, però, non persi tempo, perché non volevo che ad un certo punto lei ci ripensasse e si ritraesse, per cui con una spinta decisa delle reni le affondai il cazzo nella figa già zuppa di umori caldi e vischiosi. L’affondo della penetrazione provocò una specie di rumore, come quello che fa un sasso gettato nell’acqua.
-Ohmioddio! Strillò lei, quando il mio cazzo le penetrò fino in fondo all’utero. E aggrappandosi alle mie spalle spinse il suo ventre in avanti per meglio accogliere il mio cazzo che al massimo della sua estensione era diventato duro come il marmo. Poi con un gesto deciso mi girò, in modo tale da sovrastarmi. Mi montò sopra e oscillando col bacino e curvandosi in avanti si sbatté le grandi tette in faccia affinché le leccassi e ciucciassi i capezzoli irrigiditi dalla passione. Dalla furia di come si era messa a ballonzolare su di me sembrava una vera e propria invasata in astinenza di sesso. Era talmente coinvolta ed appassionata che il suo amplesso si manifestò di lì a poco. Me ne accorsi nel momento in cui il mio cazzo venne inondato da un liquido viscido e bollente. Dopo di che intrecciò le mani alle mie si irrigidì e si mise a vibrare e sussultare come un virgulto scosso da un violento vento mentre, uggiolava di piacere. Appena venne, pur restando infilzata dal mio cazzo che ancora non aveva avuto modo di avere la giusta parte di soddisfazione, si abbatté su di me come una marionetta a cui hanno tagliato i fili che la reggevano. Benché in quella posizione scomoda, il mio cazzo stimolato dalle continue contrazioni del suo utero che sembrava lo stesse mungendo, pochi istanti dopo, esplose in una sborrata così violenta e continua che la fece sobbalzare e gemere di piacere. Ad ogni schizzo di sborra che colpiva con violenza il fondo del suo utero lei si avvinceva sempre più stretta a me. Dovette essere così tale e tanto il suo piacere che, presa da un raptus erotico, mi diede un morso così forte alla spalla che mi lasciò il segno dei denti. Alla fine di quella memorabile chiavata che ci aveva risucchiato ogni energia, rimanemmo avvinti e stremati l’una sull’altro. Ci volle del tempo prima che lei si riprendesse e parlasse.
-Malgrado sia cosciente che abbiamo fatto una cosa che non sarebbe mai e poi mai dovuta accadere, non me ne pento assolutamente.- Disse baciandomi sulle labbra teneramente e sfilandosi languidamente da me.
-Anche per me è stato così. Aggiungo anche che è stata la più bella chiavata della mia vita.-
-Concordo, adesso però, dormiamo.-
L’estrema spossatezza ci aiutò ad addormentarci. Quel mattino mi svegliai tardi e vidi che accanto a me lei non c’era. Guardai l’ora, erano quasi le 11. Sentii l’acqua della doccia scorrere. La cerimonia avrebbe avuto inizio, nella chiesetta vicino all’agriturismo, a mezzogiorno e, quantunque fosse raggiungibile a piedi, dovevamo sbrigarci. Dopo qualche minuto, Laura, mia madre, uscì sorridente dal bagno avvolta da un telo spugna che le fasciava il corpo florido. Mi fece una carezza e mi disse: -Adesso il bagno è tutto tuo.-
A dire il vero mi sarei aspettato qualche discorso incentrato su quello che avevamo fatto durante la notte, ma non ci fu niente di tutto questo. Meglio così, pensai. Tutto procedeva come se nulla di rilevante fosse accaduto. Quando, dopo le mie abluzioni, uscii dal bagno vidi che lei si era già vestita e si stava truccando davanti alla toilette. Non persi tempo così indossai il mio completo Armani, comprato per l’occasione nell’outlet. Quando fummo tutti e due vestiti di tutto punto ci complimentammo per la nostra eleganza e scendemmo giù, dove ormai gran parte degli invitati si erano riuniti per andare in corteo alla messa. La celebrazione fu lunga e noiosa e si svolse in una chiesetta troppo affollata dove faceva molto caldo. Dopo la cerimonia ritornammo all’agriturismo per il pranzo nuziale che incominciò tardi, perché prima si doveva attendere che terminassero le riprese per il book fotografico. Il pranzo si protrasse fino a sera. Dopo la danza augurale, il taglio della torta nuziale, il brindisi finale di commiato e la consegna delle bomboniere i novelli sposi, stremati dalla tensione nervosa e dalla stanchezza andarono via in limousine. Per gli invitati che rimasero si aprirono le danze. Anche noi restammo perché mamma aveva voglia di ballare. Ad invitarla per primo fu il suocero della sposa; un ottuagenario basso e rubizzo. Poi venne la volta di un lontano cugino di mamma e, infine, quella del suo primo amore, un vecchio compagno di scuola da cui -lo venni a sapere dopo- era stata sverginata. Mi accorsi che mentre ballavano chiacchieravano fittamente ma non in modo amichevole. Vidi che quell’uomo l’aveva presa per i fianchi e cercava di stringerla a sé e lei, per non farlo avvicinare gli aveva appoggiato gli avambracci sul petto. Finito il ballo lei cercò di svincolarsi dall’abbraccio ma lui non la mollò fino a che l’orchestrina non iniziò a suonare un altro motivo per costringerla a continuare ballare con lui. Mia madre non sorrideva più e, dalla sua espressione, si vedeva chiaramente che era preoccupata e a disagio. Perciò, decisi di recarmi in suo aiuto. Mi avvicinai alla coppia e bussai sulla spalla di quel maleducato cavaliere e gli dissi: -Adesso tocca a me, se non ti dispiace.-
Mi guardò seccato, e mi rispose secco: -Vai via sbarbatello.-
Al che lo presi fermamente per un braccio e gli dissi: -Se non la smetti subito, ti pianto una scenata tale da farti fare la figuraccia del molestatore, cosa che i presenti ricorderanno finché campi.-
A questo punto, visto come si erano messe le cose e di come le persone vicine che ballavano accanto a noi si erano messe a guardare con interesse quella scena lui, lanciandomi l’espressione più truce che gli riuscì di fare, mollò mia madre ed andò via. Presi Laura tra le mie braccia e ci mettemmo a ballare. Lei mi abbracciò e mi strinse forte a sé, ringraziandomi per averle risolto quella situazione spiacevole. Il suo corpo così avvinto al mio mi evocò subito lo scenario erotico della nottata e, ballando guancia a guancia, respirai a piene nari l’eccitante profumo di femmina che emanava, con le conseguenze immaginabili. Lei se ne accorse subito e mi disse: -C’è un soldatino sull’attenti o sbaglio?-
Le chiesi scusa, diventai rosso dalla vergogna e cercai di scostarmi da lei che, però, mi trattenne dicendomi: -Sei l’eroe che stasera mi ha salvata. Non sai quanto ti sia grata, perciò un minimo di ricompensa dovresti pure averla, no?!-
Non sapendo cosa dirle spinsi il bacino in avanti e mi strinsi di più a lei.
-Caspita, a quanto sento, il soldatino è stato promosso sul campo al grado di capitano!- disse lei scherzando non sottraendosi, però, da quell’inappropriata aderenza. Continuando a ballare la condussi verso la parte periferica della pista, molto meno illuminata. Appena ottenemmo quella che poteva considerarsi la necessaria privacy di intimità lei, d’impulso, mi baciò sulle labbra. Assaporai il gusto di rosa e fragola del suo rossetto. E, benché fosse stato un bacio lieve e fuggevole mi fece ben sperare per il poi in camera. Ci dilungammo nella sala con gli altri invitati ancora un po’ ballando, per poi ritirarci nella 212, solo quando l’orchestrina finì di suonare. Laura, la prima cosa che fece fu quella di togliersi le scarpe dal tacco 10 che, essendo nuove, le avevano martoriato i piedi fin dalla mattina. Poi mi disse di aprire il finestrone che dava sul balcone e di spegnere ogni luce. Al chiarore esterno si spogliò dei vestiti di cerimonia per rimanere in mutandine e col reggiseno a balconcino che a malapena riusciva a contenerle le tette; aveva tenuto su le autoreggenti traslucide.
-Prendo un po’ d’aria fresca. – disse affacciandosi sul balconcino che prospettava sul parcheggio. Vista da dietro, anche con quella penombra mi sembrò un vero e proprio spettacolo erotico. Quella pur semplice visione ebbe la capacità di alterarmi così tanto i sensi da farmi ingrifare senza ritegno. Così, anch’io mi spogliai degli abiti da cerimonia e rimasi con gli slip. La serata era calda e intorno a noi non si vedeva anima viva. Le andai accanto e le passai un braccio attorno alla vita. Le palpai i morbidi fianchi. Lei si volse verso di me e mi sorrise. Mi guardò gli slip e non appena vide il bozzo del mio cazzo inturgidito si mise a ridere e disse: -Ma ce l’hai sempre così, pronto all’uso?-
-A dire il vero solo quando ho accanto a me una femmina bella e sexy come te che desidero tanto fottermi.- Le risposi senza fare tanti giri di parole.
-Anche qui e in questo momento?-
-Certo che sì.-
-Ne saresti capace?-
-Certo che sì.-
-No, non posso crederci.-
Lei appoggiata con le braccia alla balaustra, mi guardò e sorrise ironica, quasi a sfidarmi.
-Vuoi che te lo dimostri?- dissi.
Lei si mise a sghignazzare e lo sguardo le si appannò. Le andai dietro le feci scivolare a terra le minuscole mutandine e le divaricai le gambe. Poi mi tolsi gli slip e le puntai il cazzo teso come un pennone all’ingresso della sua figa già abbondantemente lubrificata di umori -segno che anche lei si era molto eccitata- e in un sol colpo la penetrai con decisione. A seguito di quell’impatto violento, sebbene atteso e desiderato, emise un forte gemito di sorpresa e sobbalzò. Poi, con le mani dietro di sé, mi prese le chiappe per attirarmi ancor di più a lei per essere meglio trafitta. Aggredito dal raptus sessuale le strappai il reggiseno per aggrapparmi, mentre la chiavavo, alle sue turgide mammelle. L’impistonai con rozza vigoria imprimendo al mio cazzo penetrazioni secche e profonde. Sotto quei colpi così decisi e brutali lei mugolò e si contorse di piacere. Poi, dopo qualche altro minuto, si irrigidì sulla schiena e venne sussultando come scossa da un terremoto mentre, contemporaneamente le eiaculai in nella figa brodosa fiotti di densa e cocente sborra. Esaurito l’amplesso, lei rimase china e ansante con la testa appoggiata alle braccia posate sulla balaustra ed io, stremato, mi abbattei su di lei. Appena riprese fiato, mi scrollò di dosso e guardandosi attorno mi disse: -Non sfidiamo più la sorte, rientriamo, perché qualcuno potrebbe vederci.-

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