La storia con mia suocera

La storia con mia suocera

Seguito di “Tu con tuo zio, io con tua madre e tua cognata” e “Katia la vedova”.

Alle illazioni di mia moglie su mia cognata non avevo voluto ribattere perché non c’era nulla di vero, ma a quelle sulla madre, avevo taciuto perché erano vere ed io avevo voluto proteggere col silenzio quella storia.
Con Sara, mia suocera, avevo sempre avuto un ottimo rapporto consolidato dalle attenzioni che non mi aveva mai fatto mancare. Attenzioni le sue che io ricambiavo usandole gentilezze, sostenendola con consigli sui problemi familiari e aiutandola in molte commissioni esterne quando la vedevo in difficoltà con i tempi, soprattutto dove valutavo si sarebbe sentita a disagio. Questo lei che era persona intelligente e sensibile lo seppe sempre apprezzare. Purtroppo era succube di tutta la sua famiglia: di un marito incapace che limitandosi a consegnarle lo stipendio metteva fine al suo ruolo di capofamiglia facendo gravare su di lei ogni cosa: dalla casa, alla spesa, ai problemi di danaro, alla scuola per i figli e terminati i loro studi ai loro problemi di lavoro e di vita. Teneva tutto dentro e quando questa sua condizione di solitudine mi fu chiara, fui l’unico a propormi perché condividesse con qualcun altro una minima parte di quel suo affanno cosa che contribuì parecchio a creare tra di noi una confidenza ed una intesa autentica. Era vero che spesso proseguivamo i nostri discorsi in camera sua quando andava a cambiarsi d’abito per uscire. Si accomodava su una poltroncina bassa per infilarsi le sue calze trasparenti color carne o bianco opaco che fermava alla giarrettiera. Non rammento di averla mai vista con calze scure, né con i collant e neppure di averle mai visto indossare pantaloni che, diceva, trovava scomodi “in mezzo alle cosce” e inadatti, “ai suoi fianchi”. Compiva comunque quell’operazione con naturalezza senza mai avermi chiesto di uscire, anche se non poteva non accorgersi che quelle bellissime gambe diritte, magre sotto e con cosce magnifiche, tonde, lunghe per il giusto e prive di cellulite, io gliele guardavo con insistenza. Era ancora una bella donna con un seno florido, da quarta misura ed un culo che pur leggermente largo, tuttavia restava sodo e con la curva giusta.
La svolta ci fu quando dopo poco più di un anno di matrimonio. Mia moglie fu costretta a trasferirsi in Lombardia per l’anno scolastico avendo avuto un incarico annuale, trovando fortunatamente alloggio da sua zia. In quello stesso periodo dovemmo ricoverare in ospedale nel capoluogo di Provincia mio suocero per un intervento chirurgico delicato che richiese una degenza operatoria lunga. Vi restò per oltre un mese durante il quale io, barcamenandomi al meglio col lavoro, fui molto presente per accompagnare Sara che non aveva la patente o andare a riprenderla la sera per riportarla a casa. Il figlio da pochi mesi aveva trovato lavoro in Calabria dove si era trasferito. Vivevo ancora a casa dei miei suoceri ed in quelle settimane avrei dovuto trasferirmi nella nostra casa dove erano finalmente ultimati i lavori di ristrutturazione, ma dovemmo rinviare il trasloco.
Era inverno pieno ed una sera che Sara per tornarsene dall’ospedale aveva profittato del passaggio offertole dal fratello in visita al cognato, rientrando trovai la casa piuttosto fredda. In cucina dove Sara terminava di cenare mi informò di un problema all’impianto centralizzato dei termosifoni. Era venuto meno un pezzo che, a detta del manutentore prontamente intervenuto, non sarebbe stato possibile sostituire prima di martedì e purtroppo eravamo solo a giovedì. Mi riferì che aveva recuperato due vecchie stufe elettriche, una delle quali avevo già visto in cucina e l’altra invece l’aveva collocata in quella che era stata la camera da letto di mia moglie prima di sposarci e dove dopo il matrimonio avevamo sistemato il nostro letto. Aggiunse anche che aveva sistemato nei letti, delle vecchie borse per l’acqua calda dismesse ma conservate. Spostai la stufa nella sua camera da letto e tornai in cucina per cenare trovandola in apprensione. Ricordai che il giovedì c’era la sua trasmissione preferita e la invitai a spostarsi in salotto dove c’era il televisore portandosi la stufa, tanto l’ambiente era stato riscaldato e per la cena avrei fatto da solo visto che lei mi aveva comunque approntato tutto in maniera impeccabile come sempre. Aveva rinunciato a malincuore alla sua trasmissione pensando di dovermi fare compagnia a tavola e comprendendo di averla recuperata mi ringraziò, baciandomi inaspettatamente su una guancia ed allontanandosi con la stufa. Terminato di cenare sparecchiai, e raggiunsi mia suocera davanti al televisore più che altro per farle compagnia. Quando mi vide, conoscendo la mia preferenza per la poltrona, mi invitò ad accomodarmi accanto a lei sul divano per non disperdere il calore proveniente dalla stufetta che tuttavia era troppo vicina alle sue gambe. Per consuetudine utilizzava in casa abiti vecchi prima di disfarsene una volta che quegli indumenti si fossero arresi alle leggi del tempo. Così mi accorsi soltanto in quel momento che indossava una vecchia gonna di lanetta color caffelatte della figlia già di partenza sensibilmente più corta e stretta rispetto a quelle da lei ordinariamente indossate (tra mamma e figlia v’era una taglia di differenza). Nel sedersi era risalita accorciandosi ulteriormente al punto da scoprirle per intero le cosce. Mi abbassai a sfiorarle le gambe in direzione della stufa trovandole eccessivamente calde essendo centrate in pieno dal raggio di calore. Allontanandogliela di un mezzo metro la rimproverai per quella eccessiva vicinanza aggiungendo che quel tipo di stufe bruciando l’ossigeno, provocavano mal di testa, patologia della quale lei già soffriva. Sedendole accanto sulla sinistra, mi abbracciò. Le chiesi cosa le capitasse e mi rispose che era un modo per dirmi quanto apprezzasse le cure e le attenzioni che in quel periodo io assicuravo alla sua persona ed alla sua famiglia. Risposi che stavo solo facendo quanto andava fatto e confidenzialmente le posai una mano sulla gamba, appena sopra il ginocchio, ritraendola però subito perché lei a quel gesto era sobbalzata lamentando di averla trovata fredda. Inaspettatamente tuttavia me la riprese e senza distogliere lo sguardo dalla TV, la tenne tra le sue mani dicendo “ora te la riscaldo io”, riposandola sulle proprie gambe in alto tra le cosce scoperte così che potevo toccarle le mutande che scoprii umide. Con le dita iniziai piano a massaggiarle le mutande all’altezza della vulva. Non si scompose anzi, senza distogliere lo sguardo dal televisore, allargò con garbo le gambe così da rendere più agevole il movimento della mia mano. Terminata la trasmissione, si alzò per andare in bagno dove d’abitudine svolgeva alcune ripetitive operazioni prima di andare a dormire. Si lavava e si spogliava completamente liberandosi di reggiseno e mutande, dopo di che andava a dormire una volta indossata una camicia da notte che a seconda delle stagioni cambiava per tessuto e lunghezza: lana e lunga alla caviglia d’inverno, cotone molto leggero e al ginocchio d’estate. Io mi ero trattenuto sul divano per seguire il telegiornale. Accortasi della presenza della stufa in camera sua, venne a chiedermene spiegazioni. Le risposi che la mia stanza era già riscaldata essendo più piccola della sua. “Ma avrai freddo ugualmente, non dovevi anche perché nella situazione in cui ci troviamo se c’è uno che non può e non deve ammalarsi, quello sei tu. Se succedesse non so come faremmo.” Senza distogliere lo sguardo dal televisore, le dissi la prima cretinata che mi venne in mente “vuol dire che per avere più caldo stanotte dormirò con te”. Sorrise e se ne tornò a completare le sue operazioni per la notte. Ignoro come abbia inteso quella frase. Probabilmente dovette intenderla come un invito considerando maturi i tempi perché accadesse quello che poi accadde, cosa alla quale pensava già da un po’, come poi mi avrebbe confessato, e quella sera, considerato che quelle manovre sul divano probabilmente avevano eccitato entrambi, dovette concludere che l’occasione attesa fosse giunta ed andava colta. Trascorsi meno di 15 minuti, terminato il TG andai a mia volta in bagno che era posizionato in fondo al corridoio per entrare ed uscire dal quale bisognava passare davanti alla sua camera da letto già avvolta dal buio della notte come constatai dalla porta aperta. All’uscita passando davanti sentii la sua voce flebile che tagliava il buio “A che ora la sveglia?”. Sorpreso, seguirono alcuni attimi di silenzio che vennero finalmente interrotti dall’accendersi di una luce assai fioca posta sul comodino non abbastanza fioca tuttavia da non consentirmi di scorgerla a letto nell’istante in cui scoprì le lenzuola. Era completamente nuda, priva anche della goffa camicia da notte invernale. Mi apparve nella sua bellezza giunonica con quelle sue forme generose e le più belle gambe che avessi mai guardato. Pensai alla Maya Desnuda del Goya. Mollai ogni freno inibitorio e, complice la prolungata astinenza matrimoniale, mi liberai in fretta degli abiti infilandomi nel letto dove venni riscaldato immediatamente da quell’ospitale corpo caldo. Fu la prima volta che facemmo l’amore e lo facemmo bene, con i preliminari, le coccole, la dolcezza, la lentezza, i baci, la felicità dell’orgasmo che l’uno seppe regalare all’altra e viceversa, senza grida ma solo bisbigli, gemiti e sorrisi intuiti nel buio. Fra di noi c’erano 19 anni di differenza, ma né io né lei ci facemmo mai caso, né allora, né dopo. Col tempo mi confessò che col marito oramai non aveva più rapporti da tempo, senza tuttavia essere stata abbandonata dalle sue pulsioni sessuali che l’avevano portata a sognare tante volte quello che finalmente era accaduto quella sera. Mi confidò che spesso di notte pensando a me, le era accaduto di toccarsi.
Dopo di allora continuammo a farlo appena possibile, a volte con quella stessa lentezza altre con furia quando il tempo era poco, ma sempre con passione. Lo facemmo su una branda nella villetta di campagna del fratello dove le avevano chiesto di andare ad organizzare gli ambienti nei quali a fine settimana le famiglie si sarebbero riunite per il rito estivo della preparazione della salsa di pomodoro, affidando a me il compito di accompagnarla. Un’altra volta la sorpresi nella doccia nella quale entrai subito dopo essermi spogliato. Fu memorabile. Ho ancora negli occhi il suo corpo nudo e bagnato con viso e mani schiacciate sulla parete della doccia mentre la prendevo da dietro, abbracciando quelle sue tette incredibilmente ancora sode.
Scoprii ben presto che aveva avuto due figli ma in fatto di sesso era una scolaretta. Sono stato l’unico che le ha ficcato il proprio cazzo in bocca e le prime volte mi faceva anche male con i denti finché non imparò. Mi confessò che una volta dalla porta della nostra camera semichiusa, ci aveva sorpreso mentre la figlia mi spompinava restando imbambolata ma anche incuriosita. Sono stato anche quello che rubò la verginità … alla sua retroguardia, pratica che lei appezzò tantissimo così che della sua sodomizzazione, che le piaceva un sacco, da farla impazzire, non finì mai di ringraziarmi al punto che non mancò mai in seguito di chiedermene un passaggio. Con la crescente confidenza in effetti ebbe modo di confessarmi che mai le era stato richiesto di praticare un pompino o il 69. Cominciò a sentirsi con me sempre più a proprio agio al punto che lei sempre così attenta nel linguaggio di ogni giorno (parole poche e comunque quelle giuste) durante i nostri amplessi, quando si sentiva al culmine dell’eccitazione sovente mi sussurrava all’orecchio “Chiavami”. Credo che per lei quell’espressione costituisse il massimo della perversione verbale, ma anche il segnale del suo completo abbandono ai sensi ed al piacere finalmente conosciuto in età matura, mostrando una voglia sfrenata che la faceva apparire assatanata ed insaziabile. Comunque non cambiai mai l’opinione che da sempre di lei avevo avuto e che ho continuato a conservare: quello di una donna per bene. Ciò che era accaduto tra noi, fu sesso, ma non fu solo sesso.
La storia durò 4 anni. Lo facevamo anche due volte a settimana, inventandoci appena possibile il tempo ed il luogo per farlo, fino a che si ammalò. Smettemmo essendo iniziato il suo personale calvario che per sua fortuna non durò a lungo. Ma di questo non intendo far parola alcuna.

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2 thoughts on “La storia con mia suocera

  1. giulio

    Si anche io sin molto perverso nel sesso ma da mia suocera purtroppo x me ho subito solo una lunga masturbazione quando la figlia ha preso il posto di lavoro al nord Italia x tastare visto la tanta impotenza e iaculazione precoce che si trova in giro se ro adatto(buono) x la figli ma promosso dopo un ora di sofferenza solo le sue mani che brandavono il mio spezzone di carne e le mie che stringevono la sua 10 c mia suocera a 77 anni faccio di tutto x scoparla ma niente sto meditando quando mi sega di scoparla con la forza vi dico la verità’ non c’ e la faccio più solo ad essere segato da lei 3 volte la settimana la mia suocera e cattiva beato lui del racconto se le chiamata.

  2. Priapo

    Anche io ho scopato quella gran troia di mia suocera fino alla fine dei suoi giorni…mia moglie ancora mi ringrazia per l’assistenza notturna che ho fatto a sua madre in ospedale…Riuscì a farla mettere in una cameretta singola…il nostro ultimo nido d’amore…

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