Lucy – La grigliata

Lucy – La grigliata

La grigliata

Un veloce giro di messaggi e la giornata alla spa era combinata. Mia moglie, insieme alla moglie di F. avevano approfittato di un’offerta colta al volo su internet e di lì ad un paio di giorni si sarebbero godute una giornata di relax e massaggi in una spa del centro.
Lì per lì non ci diedi tanto peso, ma quando involontariamente mi cadde l’occhio sullo schermo del telefono di mia moglie, capii che qualcosa bolliva in pentola: la moglie di F. aveva inviato alla mia un messaggio dicendo che il marito le aveva suggerito di invitare anche la moglie di Claudio… solo un caso?
Le cose si fecero ancora più chiare quando mia moglie arrivò con la proposta: F. aveva appena suggerito, per quel giorno, che noi mariti andassimo nella sua casa fuori città a fare una grigliata, così magari l’avremmo aiutato anche a fare un lavoretto.
Già, lavoretto. Iniziavo ad immaginare abbastanza chiaramente di che tipo di “lavoretto” si trattasse, e dissi che era senz’altro una buona idea…
Decisi, per l’occasione, di fare un piccolo acquisto in un negozio fuori città, una specie di grande magazzino dell’abbigliamento gestito da cinesi dove puoi trovare dalla t-shirt all’abito da sposa. Là trovai quello che cercavo: un paio di scarpe da donna di una misura inusuale, di vernice nera, eleganti con un po’ di tacco.
Il giorno dell’appuntamento accompagnai mia moglie a casa di F., dove era già arrivata l’altra coppia, e noi tre uomini partimmo alla volta della casa in collina; approfittando dei bagagli da caricare, tra tutto il necessario alla grigliata infilai nel bagagliaio anche la borsa con tutto l’armamentario per la mia trasformazione.
Arrivati, notai con piacere che le tre-quattro casette vicine a quella del mio amico erano deserte: i padroni per quel weekend erano rimasti a Torino, il che ci garantiva la più assoluta riservatezza.
Lasciai ai due il compito di preparare il barbecue, e andai nel bagno a trasformarmi in Lucy; approfittando del fatto che la borgata era tutta nostra, feci quello che a Torino sarebbe inosabile, già per una donna “vera” ma a maggior ragione per una “strana femmina”: uscii di casa nei pochi panni di Lucy, ondeggiando sui tacchi, e raggiunsi i due, con l’accortezza di portare con me i vestiti maschili per posarli accuratamente vicino al barbecue, dove già fiammeggiava la carbonella, affinchè prendessero un po’ di odore di fumo, come si conviene ai panni di chi ha avuto a che fare per ore con costine e braciole.
I due furono sorpresi dal vedermi uscire di casa abbigliata così, ma si tranquillizzarono pensando che comunque nessuno avrebbe potuto vederci.
Il rito della cottura della carne prese ben presto una piega erotica: i due armeggiavano con le costine e, nel mentre, mi palpavano le natiche, mi baciavano infilandomi la lingua in bocca, fino a quando, estraendo i loro membri dai jeans, mi invitarono a succhiarli ora a uno, ora all’altro, mentre di volta in volta quello che non godeva della mia bocca si occupava del barbecue.
Seduta su di un ciocco, leccavo il cazzo che mi veniva offerto, lo succhiavo golosa, suscitando le inevitabili battute dei due: “Guarda come le piacciono le salsicce a questa porcella!”. Da lì a farmele gustare anche dall’altra bocca il passo fu breve: mi fecero alzare e, con l’aiuto di un po’ d’olio, mi infilarono nel buchetto prima le loro dita e poi uno dei grossi wurstel ancora in attesa di essere grigliati.
Chinata a novanta gradi, con una mano mi infilavo da sola quel similfallo, mentre mi sostenevo in equilibrio reggendomi al tronco di un albero lì accanto; mi scopavo furiosamente conscia di costituire un invito palese ai due maschi: quanto ci sarebbe andato prima che uno dei due sostituisse il wurstel con il suo membro?
Dopo pochi attimi, infatti, sentii una mano che mi sfilava l’insaccato dal buco per rimpiazzarlo immediatamente con qualcosa di più voluminoso e più caldo.
Ero lì, abbigliata come la peggior troia da marciapiede, e come una troia mi facevo inculare in piedi, appoggiata ad un albero. E godevo nel sentirmi troia, nel sentirmi usata, tanto da non accorgermi neanche se a scoparmi, in quel momento, fosse F. o Claudio. E non me ne sarebbe comunque importato; ero solamente un buco in cui infilare cazzi, un buco da riempire di sperma.
Cosa che avvenne dopo poco: sentii venire il primo uccello nel mio buco infiammato, sfilarsi da me ed essere sostituito dal secondo cazzo che dopo pochi colpi aggiunse il suo sperma a quello dell’amico in quel pantano che era ormai diventata la mia ampolla rettale.
Il tempo della cottura, anche grazie al mio piacevole diversivo, volò letteralmente, e ci trasferimmo in casa per mangiare; lì mi venne un idea: presi un grembiule che era appeso in cucina, me lo legai in vita e mi atteggiai a camerierina per servire il pranzo ai miei due uomini.
Sculettando sui tacchi porgevo loro costine e salsicce, mentre i due non lesinavano carezze sul mio culo nudo, ma anche al mio arnese che svettava dritto come un fuso sotto il cotone bianco.
Mangiammo insieme, ma dopo il caffè preparato da F., ripresero i giochi: mi slacciai il grembiule e mi sedetti a gambe accavallate sul divano, dove fui raggiunta presto dai due.
Uno a destra e uno a sinistra mi accarezzavano le cosce, mi baciavano la bocca e il collo, mentre io cercavo di liberare dai jeans i due arnesi che sentivo nuovamente turgidi.
Li sentivo duri e caldi nelle mie mani, mentre venivo baciata, palpata, mi venivano infilate delle dita nell’accogliente buchino tra le natiche… e anche il mio sesso era duro e rigido come un ferro, dal momento che avevo accuratamente evitato di venire durante i giochi mattutini. Sapevo infatti che, una volta raggiunto l’orgasmo, Lucy si sarebbe “nascosta” per un po’, e Luca non avrebbe avuto certamente la voglia di giocare con dei sessi maschili. Quant’è complicata la psiche umana!
I due si alzarono in piedi e mi invitarono a trasferirci nella camera da letto. Là si spogliarono e si sdraiarono sul letto, i due cazzi duri e rigidi, puntati verso il soffitto.
Mi inginocchiai sul letto tra i due, ma in direzione contraria alla loro, così da poter succhiare quegli arnesi e nel frattempo porger loro le natiche. L’invito non cadde nel vuoto, infatti mentre passavo con la bocca da un cazzo all’altro, infilandomeli fino in fondo alla gola, sentivo le loro dita che si intrufolavano nel mio buchino ammorbidendolo, forzandolo, dilatandolo.
Una fitta di dolore mi annunciò che uno dei due, dietro, aveva provato a infilarvi ben quattro dita.
“Sei proprio sfondata, Lucy!” sentii dire a Claudio, che stavo succhiando in quel momento.
“Dici?” risposi, interrompendo il pompino “mi piacerebbe tanto che col tempo riusciste ad allargarmi ancora per poter fare una cosa che sogno da tanto… prendervi tutti e due insieme nel culo”
Per tutta risposta, Claudio spinse più a fondo le dita a cuneo nel mio culo strappandomi un urlo di dolore.
“Piano… piano… dovete aver pazienza ma vi prometto che ce la faremo prima o poi”, dissi civettuola trattenendo a stento una lacrima per il male provocato dalla dilatazione eccessiva dell’ano.
Claudio mi chiese scusa e prese a massaggiarmi dolcemente l’ano per lenire il dolore provocatomi, mentre io avevo già ripreso a succhiare il suo arnese e quello di F.
Li leccavo, me li strusciavo sul viso, li ingoiavo fino alla radice, pensando che il destino aveva organizzato il suo copione nel migliore dei modi, mettendo insieme un terzetto così affiatato e così affidabile, con il quale avrei potuto realizzare ogni mia fantasia viziosa. E mi dissi che sì, prima o poi avrei potuto soddisfare il mio desiderio più folle, più estremo, quello cioè di sentirmi penetrata contemporaneamente da due membri di carne nel profondo del mio culo, come avevo già sperimentato con l’aiuto di piccoli falli artificiali di dimensioni ridotte. Sicuramente più piccoli di questi due superbi cazzi che, ora, erano pronti per dare una nuova ripassata al mio buco ingordo. Mi staccai da loro, e mi voltai per baciarli entrambi. Poi, appoggiandomi con le mani alla testiera del letto, dissi maliziosa: “Per ora dovrete accontentarvi di fare uno alla volta… chi vuole essere il primo?”.
I due non si fecero pregare: Claudio si posizionò immediatamente dietro di me, afferrandomi per i fianchi, e spinse il suo cazzo in quel buco che gli offrivo, entrando delicatamente fino all’ultimo centimetro, fino a far aderire il suo addome alle mie natiche arrotondate e glabre di natura.
Mi inculò dolcemente per una decina di minuti, strappandomi sospiri di godimento, poi sfilò il suo uccello da quella tana accogliente e si fece dare il cambio dall’amico, i cui colpi erano più secchi e nervosi.
Continuarono a darsi il cambio, scopandomi per un tempo infinito; le pause di “raffreddamento”, unite alla prima scopata del mattino, ora gli garantivano di durare molto, molto di più del loro standard abituale. E a farne le spese era il mio culo, che era sottoposto a quel pistonamento da almeno un’ora e mezza; me lo sentivo letteralmente in fiamme, ma non volevo assolutamente interrompere quella scopata paradisiaca prima della sua conclusione.
Tutte le cose belle, però, hanno anche una fine, e ad un certo punto sentii i miei due uomini avvicinarsi all’orgasmo.
“Forza ragazzi, riempitemi il culo, dai… riempitemi di sborra!” li incitai, e F. rispose immediatamente all’invito: lo sentii stringermi i fianchi e affondare il cazzo nel mio culo, per poi schizzare il suo sperma in me.
Contemporaneamente vidi Claudio che mi porgeva il suo membro affinchè lo prendessi in bocca; feci appena in tempo a imboccarne la cappella che me lo spinse con un colpo secco fino in gola e mi costrinse a ingoiare i suoi caldi schizzi, mentre anche io venivo scossa da fremiti sborrando sulle lenzuola sottostanti.
Le ginocchia, che mi avevano sostenuto fino a quel momento, mi cedettero e caddi sul letto mentre lo sperma di Claudio mi colava fuori dal buco devastato che non accennava a richiudersi.
Raccogliendo gli avanzi del pranzo, F. chiese se io o Claudio eravamo interessati a portarci a casa parte di quanto preparato in eccesso.
“No, no, per oggi basta salsicce per me!” Gli risposi…

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