Lucy – Un nuovo inizio – Lucy takes over

Lucy – Un nuovo inizio – Lucy takes over

A scuola, tutto sembra procedere nei canoni della normalità.
Con Lele ci limitiamo al consueto scambio di sguardi con cui siamo abituati a comunicare, ma senza quasi mai entrare nemmeno in contatto per tutte le ore di lezione.
Un po’ per non destare sospetti con il resto dei compagni, un po’ perché nei panni di Luca mi è difficile avere contatti con un altro maschio, anche solo per una carezza o un bacio tenero.
E’ come se Luca e Lucy fossero due personalità diverse e distinte. Maschio e maschile fino al midollo l’uno, Femmina passionale e vogliosa l’altra.
E quando compio la trasformazione, Luca sparisce e con lui tutte le mie reticenze maschili, lasciando campo libero a questa strana creatura che forse da sempre era nascosta dentro di me.
Gianni mi capita di incontrarlo di rado, non essendo nella stessa classe, e all’uscita lo vedo dall’altro lato della strada a cavallo del suo cinquantino, come se aspettasse qualcuno.
Non appena mi vede, mi fa un cenno inequivocabile: “Là” con un gesto della mano, e poi mi mostra la mano aperta con il pollice ripiegato, a formare il numero quattro.
Rimane a guardarmi con l’aria corrucciata, aspettando una mia risposta, e guardandolo negli occhi faccio un cenno di assenso col capo, dopo di che lui infila il casco e se ne va.
Non mi preoccupano più di tanto i suoi modi sgarbati, ci stanno, è il personaggio da cui non può uscire.
Alle quattro meno dieci sono già nelle vicinanze del suo box-scannatoio; memore dei comfort non proprio da albergo a cinque stelle ho pensato di facilitarmi la vita indossando sotto i vestiti maschili le autoreggenti, un tanga e un toppino di pizzo neri.
Arrivo da una via laterale e, prima di voltare l’angolo, noto il motorino di Gianni parcheggiato in mezzo ad altri due catorci. Cautamente tocco con le dita la testa del motore, sentendola calda, e faccio la stessa cosa con gli altri due.
Quando arrivo al box Gianni è già lì fuori ad aspettarmi. Con fare da vero anfitrione mi apre il portone e mi invita ad entrare per cambiarmi.
Dentro, mi guardo intorno, e dopo aver posato lo zainetto sul materasso, mi spoglio con movenze quasi femminee, come se stessi improvvisando uno strip tease per rivelare ciò che porto sotto i vestiti: non la mia nudità, ma qualcosa di ancora più provocante.
Quando mi chino a prendere le altre cose nello zainetto, lo faccio sporgendo bene in fuori le mie natiche verso la tenda che separa il box dal sottoscala che è unito allo stesso, rendendolo quasi doppio.
Mi trucco, indosso la parrucca, i tacchi e un caffettano nero ripensando con un sospiro al mio amante cinese che me li aveva donati, e chiamo Gianni.
Lui entra e fa come per buttarmi sul materasso, secondo lo stereotipo del maschio dominatore, ma gli resisto. Mi siedo comodamente e con un cenno lo invito a sedersi accanto a me.
“Vedi, Gianni, tu sei convinto che io sia un “ricchione”… che lo sia sempre stato. In realtà fino a quel casino nel magazzino della scuola, che tu ci creda o no, non ho mai avuto nessunissimo desiderio verso altri maschi. Anzi… come te lo spiego? Come Luca mi attirano le ragazze, mi farei qualsiasi ragazza della scuola. Ma da quel giorno è come se si fosse rivelata un’altra persona, un essere femminile…”
Gianni mi ascoltava, non capendo dove volessi andare a parare, e continuai: “All’inizio la cosa mi ha spaventato, ma col tempo ho imparato ad accettarla. E questa cosa forse la portavo già dentro di me, ma è venuta fuori quel giorno lì. L’hai fatta nascere tu… anzi, voi. E in un certo senso posso dire che ve ne sono grata”.
Poi, guardando Gianni negli occhi e alzando volutamente il tono della voce, aggiunsi: “Perciò glielo vuoi dire tu, o li fai uscire da là dietro così glielo dico io?”
Gianni avvampò in viso, e dopo un attimo, come bambini colti con le mani nella marmellata, i due fecero capolino da dietro la tenda.
“Bene… non so quali fossero le vostre intenzioni… se pensavate di rifarvi solamente gli occhi con lo spettacolo o se intendevate saltare fuori sul più bello e unirvi alla festa…” dissi severa, lasciando volutamente la frase in sospeso.
Usai quel momento di silenzio per riflettere… ero sicura di quello che stavo facendo? E la voce dentro di me rispose laconicamente “Sì”.
“…quindi devo pensare che volevate approfittare della situazione come l’altra volta. Ma se avete ascoltato avete capito che in fondo devo esservi grata per quello che è successo…” continuai alzandomi in piedi fra di loro, dopodiché superai orgogliosamente il punto di non ritorno, abbassandomi e sfilandomi il perizoma e chiedendo maliziosa: “Chi vuol essere il primo?”
In un attimo i tre mi furono addosso, ma a differenza del precedente incontro non si trattava della sottomissione forzata di un ragazzo che cercava di respingere l’assalto dei bulli. No, questa volta erano tre giovani ragazzi che palpeggiavano una strana ragazza cazzuta, che le toccavano le natiche glabre e tonde, che ne accarezzavano le cosce avvolte dal nylon, che le offrivano tre membri turgidi da prendere in mano o che glieli strusciavano sulla pelle nuda.
Fino a che mi inginocchiai, prima ancora che mi venisse chiesto, al centro di quel cerchio di gambe trovandomi circondata da tre robusti cazzi che mi colpivano sul viso e sulle guance.
Leccai e succhiai il membro di Gianni, che stava davanti a me, mentre impugnai gli altri due sessi alla mia destra e alla mia sinistra, poi iniziai una girandola dove in ogni momento avevo un cazzo in bocca e due tra le dita, gustandomi le diverse dimensioni, i diversi volumi e anche i diversi sapori di quei tre bastoni di carne.
Com’è strana la vita! Pochi mesi orsono cercavo di divincolarmi e tentavo inutilmente di respingere quei tre membri virili. Quegli stessi membri che ora succhiavo come un’invasata passando da uno all’altro senza sosta.
Questo ragionamento filosofico fu però interrotto dall’improvviso scatto di uno dei due amici di Gianni: presa la mia testa tra le mani, mi affondò il suo membro fino in gola senza darmi la possibilità di sfuggire, e mi riempì la bocca di sperma con un lungo gemito.
Deglutii a fatica, mentre il sesso del ragazzo usciva dalla mia bocca con lunghi filamenti di bava e sborra; contrariamente a quanto sarebbe stato logico, però, non ero incazzata. Anzi, colsi l’occasione per dire a quel tizio (di cui non conoscevo nemmeno il nome, a pensarci bene!) che “Se non ricordo male l’altra volta hai avuto tu il mio buchetto, per giunta vergine, quindi questa volta è giusto che ti sia accontentato di un pompino!” tra le risate dei suoi amici.
Diedi un ultimo bacio sulla cappella di quell’uccello e mi alzai in piedi.
Continuando il ragionamento, mentre mi appoggiavo ad uno scaffale, mi voltai verso l’altro amico di Gianni e, tendendo una natica con la mano libera in modo da mostrargli il mio buchetto, gli dissi: “Gianni si è già servito l’altra volta… direi che ora la precedenza tocca a te”
Il ragazzo non si fece pregare e subito appuntò la sua cappella a quel buco che, come una minuscola bocca, si aprì per accoglierla. Fortunatamente lui era il meno dotato dei tre, per cui mi penetrò a fondo senza causarmi particolare dolore, anche quando iniziò a muoversi dentro e fuori da quella guaina che gli stringeva il membro.
Mi ero fatta sborrare in gola ed ora mi stavo facendo inculare da due ragazzi di cui non conoscevo neppure il nome, sotto gli occhi del terzo. Le stesse persone che mi avevano aggredito in quel magazzino e a cui devo la mia nascita, la venuta alla luce di questa strana femmina affamata di sesso.
E ne godevo. Godevo per il sapore dello sperma rimastomi in bocca, godevo dei colpi che mi stavano squassando l’ano, godevo a vedere Gianni che si masturbava attendendo il suo turno…
Turno che arrivò poco dopo, infatti dopo lunghi minuti di vai e vieni tra le mie natiche, anche il secondo amico raggiunse l’orgasmo sfilando appena in tempo il suo sesso dal mio culo e schizzando il suo seme sulla mia pelle nuda.
Il mio buco allentato non ebbe tempo di richiudersi, perché Gianni vi infilò subito il suo cazzo trovando la strada spianata dalla precedente penetrazione. Con un sol colpo mi risalì fino alla prima ansa rettale levandomi il fiato e facendomi accasciare con tutto il peso sullo scaffale.
Gemevo di godimento nel sentirmi usata a quella maniera, e se prima di iniziare avevo messo in preventivo di fare un po’ di scena per ingraziarmi i ragazzi, ora dovevo ammettere che non ce n’era davvero il bisogno.
Gianni, anche per ribadire con gli altri la sua figura di leader, mi stava scopando furiosamente nel culo, sbattendo ad ogni colpo contro le mie natiche con un osceno rumore, mentre i suoi due complici si godevano lo spettacolo.
“Guardala… perde le bave” sentii dire a qualcuno, e poi sentii la mia voce che, come da un posto lontanissimo, biascicava deliranti incitamenti: “Sì… il culo… sfondatemi il culo… rotto… tutto… ancora dentro…”
Poi me ne venni, proprio mentre Gianni mi riempiva le budella con il suo seme caldo…

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