Zerbino

Zerbino

Ieri è stata la prima volta seria, Love. Si ho cominciato dopo che te ne sei andato. So che stai pensando: quasi un anno insieme ad insegnarti l’appartenenza e tu lo fai ora! Lo sai Love che tu mi mandi in agitazione. Come quella volta ricordi? Quando incontrai il mio primo slave e tu mi telefonasti a sorpresa per poter assistere o comandare o qualsiasi cosa avessi intenzione di fare.. ma io ti risposi scocciata e tu mi chiudesti il telefono in faccia. Il risultato fu che non riuscii a gestire la cosa perchè non feci altro che pensare a te e a quanto ti avessi deluso.
Se fossi qui, Love, starei accovacciata tra le tue braccia, e ti racconterei tutto mentre tu mi accarezzi il viso. Ma non ti guarderei negli occhi… lo sai che effetto mi fanno. Guarderei solo la tua deliziosa fossetta.
Insomma ieri sono andata a casa dello Zerbino. Non l’ho umiliato. Non ho voluto usare questo gioco per ora. L’umiliazione verbale bisogna attuarla dopo uno studio un pò più profondo dell’altra persona. Ho studiato e ho provato. Avevo con me una borsa in cui ho messo qualcosa per organizzare un gioco che connubiasse quello che so piacere a lui, con quello che sto scoprendo piacere a me. C’è ancora tanto da provare su questo, e quella sera ho steso le basi per cominciare. Ho preso delle cinture. Una classica cintura di cuoio da uomo, un pò ruvida e cucita ai lati. Tirare fuori gli oggetti dalla borsa è stato sublime. Lui intanto era di fronte a me in ginocchio, come gli avevo ordinato. E mentre accarezzavo la cintura, la piegavo e la provavo prima sul tavolo, ascoltavo il suo respiro. Poi ho dato la mia prima frustata. Sul braccio. E non è andata bene quindi nella seconda ci ho messo più grinta e ….. quel rumore secco netto e deciso mi ha fatto bagnare. Gli ho fatto tirare su le maniche ed ho continuato su entrambe le braccia. L’interesse è passato così hai segni. La smania di trovare il rumore perfetto mi ha convinto a cambiare cintura. Ne avevo più di una nella borsa. Le altre erano mie, personali.
La prima volta che mi hai sussurrato questa parola avevo la terga di legno in bocca, in piedi, la faccia rivolta verso il muro e le mani dietro la schiena, mentre tu dietro di me sussurravi che era stata fatta su misura, che era stata lavorata con un olio e poi hai detto: personale. Ed io non so perchè ancora oggi quando sento quella parola o quando la pronuncio… beh ho un fremito lungo la schiena.
Con lo Zerbino ho provato una mia cintura, ampia, scamosciata da un lato di cuoio dall’altro. L’ho piegata dal lato di cuoio e mi è sembrata perfetta per le cosce. Ed ha superato le mie aspettative. Faceva un suono ancora più eclatante. Era una gioia sentirlo. Il suo respiro era affannoso ora. Si era mantenuto con una freddezza che non capivo se mi irritava o mi faceva piacere. In realtà non sono tanto interessata alle sue reazioni. Quello che mi eccita è più materiale. Anche se guardarlo stringere gli occhi mentre mi dirigevo da una coscia all’altra, poi da un braccio all’altro, mi appagava non poco.
Ho cominciato a farlo contare e intanto ero così contenta di aver trovato la cintura che lasciava i segni migliori che non ho avuto remore ad esprimerlo con esclamazioni di compiacimento. Siamo arrivati oltre i cinquanta. Ma poi mi sono annoiata. Ho provato una cintura bianca, stretta. Faceva delle belle strisce rosse. Gliene ho date una ventina, poi mi sono accovacciata ed ho osservato più da vicino le striature sulla pelle. Gliele ho toccate, volevo sentire il calore, e lui ha annuito quando gli ho chiesto se bruciavano ma mi ha detto di continuare. In effetti non ho esagerato, c’era qualcosa dentro di me che mi fermava. La mia mente si è affacciata sul piacere che si prova a frustare e si è ritratta per paura di cadere.
Infine, ho provato la cintura intrecciata. L’avevo lasciata per la fine perchè ho pensato che avrebbe fatto un bell’effetto sulle braccia già arrossate. Lo stesso effetto che ho provato quando tu usi quella rotellina piccola e sottile simile ad uno strumento medico.
Ma ormai mi ero annoiata. E ci siamo fermati per una pausa. Lui aveva l’erba ed era quello che ci voleva per rilassarsi un attimo e recuperare l’entusiasmo.
Quello che ti ho appena raccontato è la seconda parte della serata, non ho resistito nel dirti subito quello che mi ha dato più piacere. L’inizio della serata è cominciato con il cosiddetto trampling. Nella borsa c’erano anche due paia di scarpe. L’ho fatto sdraiare sul pavimento della cucina. Lui ha scelto di sdraiarsi sulla schiena. Il suo respiro si interrompeva ad ogni paio di scarpe che tiravo fuori dalla borsa e quando mi sono avvicinata alla sua faccia con le scarpe che indossavo. Ho scelto le scarpe con il tacco spesso ed ho cominciato dalle cosce fin sull’addome. Lui mi ha raccontato che le ragazze di solito gli saltano sopra ma a me non interessa questa pratica ed ho già ideato che la prossima volta dovrò trovare una posizione giusta per poterlo frustare mentre lo calpesto.

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