La potenza di un nome

La potenza di un nome

LA POTENZA DI UN NOME

Può un nome essere così evocativo da suscitare per sé stesso l’eccitazione, sommuovere l’ormone? Per me lo è, ancora oggi ed “Anna” mi ha accompagnato per tutta la vita con il suo magico suono. Un suono che mi ha sempre fatto sentire desiderabili anche le Anne non belle, non parliamo poi delle altre. La prima è stata una mia coetanea di otto anni conosciuta al mare nei lontani anni ’50. Festeggiavamo, tra l’altro, insieme, per la vicinanza delle date, il mio compleanno e il suo onomastico e insomma quella Anna è stata la prima a farmi “sentire” sulla pelle la differenza tra un maschio e una femmina, a farmi percepire quell’aura speciale che loro, dolcissime, hanno e che tanto ci attrae.
C’era fino a qualche mese fa un’Anna anche nel mio paese, molto carina e ben fatta, per cui inevitabile e automatico fu quello “scatto” particolare quando la conobbi. Era molto giovane ma già sposata e se fortissima è stata da subito la tentazione di “averla”, questa possibilità aveva scarse possibilità di realizzarsi. Un bel visetto tondo e delicato il suo, incorniciato da bruni capelli a caschetto che le stavano davvero un incanto, un corpicino ben fatto che le piaceva mettere in evidenza e soprattutto un culetto troppo appetitoso. L’approccio non fu difficile, era molto socievole, incline alla conversazione ed aperta. Era anche molto devota, immancabile alla Messa domenicale, e propensa alle opere buone; gravitava in questo senso in un’orbita sociale diversa dalla mia e questo costituiva un ‘altra attrazione e un ostacolo nello stesso tempo. Bisognava studiarla e lo feci con discrezione. Intanto la sua devozione non le impediva la vanità. Sapeva di essere così carina e guardata e la cosa, si capiva, non le dispiaceva affatto. Il marito, in tutt’altre faccende affaccendato, non le stava davvero molto accanto e l’idea che mi ero fatto mi diceva che non le dovesse piacere poi molto. Aveva studiato e il dover fare la casalinga le pesava non poco. Me ne accorgevo perché quando mi capitava di parlarle, la conversazione scivolava spesso verso gli studi che aveva fatto e che però non le erano serviti molto, che le piaceva il teatro, l’arte e insomma era lei che toccava questi argomenti, sapendo bene chi fossi e quasi volendo ai miei occhi valorizzarsi, mettersi all’altezza e alla fine piacermi. Se uno ha un po’ di sensibilità queste cose le capisce.
Così, pian piano e con discrezione mi feci sotto. Mi muovevo per incontrarla come per caso e ogni volta vedevo che lei era tutt’altro che sfuggente. Toccavamo parlando argomenti di vario genere, facevo domande che stuzzicassero la sua vanità, qualche delicato complimento al quale non si sottraeva e da parte sua un linguaggio del corpo rivelatore: si avvicinava, si aggiustava i capelli, si accomodava l’abito, sfuggiva al mio sguardo attirato dalle sue grazie. Dovevo però alla fine rompere gli indugi e farmi sotto (tra qualche tempo se ne sarebbe andata), trovando o cercando l’occasione giusta.
Salii un giorno in casa sua, sapendo che era sola, per ritirare un libro che mia aveva detto di avere e che mi sarebbe piaciuto leggere. Mi aprì e fu colta di sorpresa ma si riprese subito e andò a cercare il libro mentre io studiavo la situazione. Ora o mai più. Rieccola con il libro in mano, ha la mascherina anti Covid, io no, mi porge il libro e io improvvisamente le alzo il velo e la bacio sulla bocca, non si ritrae, anzi, risponde di gusto facendo cadere l’inutile libro. Non voglio che abbia il tempo per un ripensamento, la giro di scatto perché voglio sentire il suo culo aderire al mio cazzo già in erezione. Ci sta è eccitata e si appoggia sul tavolo vicino, ancor più premendo su ciò che le piace. Allora le abbasso senza indugio la tuta che indossa e che sembra fatta apposta per favorire l’azione, lei gira un po’ la testa e sussurra “dai, ancora”. Sono sovraeccitato, eccolo finalmente il suo sederino bello, le sue deliziose natiche! Mi inginocchio, ora l’ho all’altezza della mia bocca e così lo accarezzo, lo bacio, lo mordo tra i suoi gemiti e sussurri: “sì, così, bello, l’adoro”. Infine, le apro i glutei e penetro con la bocca nelle sue estreme intimità, leccandola, baciandola sulla fica, poi sul buchetto vicino che sussulta voglioso di essere aperto. Non so trattenermi, lo inondo di saliva e lo attacco penetrandolo con un dito, poi con il cazzo senza pietà, senza pietà. Le fa male ma gode anche, poi ad un tratto si stacca, mi vuole in piedi, si inginocchia ed è lei a leccarlo baciarlo per tutta la sua lunghezza soffermandosi poi sul glande ed infine scendendo alle palle. Ecco che ora il mio seme esplode inondandole la bocca, sporcandole il viso, colando giù sul petto che ha voluto scoprirsi per poterlo sentire anche lì, così turgido e “bello”. Proprio così, continua a dirselo a dirmelo a dirglielo: “bello, bello”. È fatta, siamo felicemente esausti, tutti e due distasi sul pavimento mentre ci guardiamo e sorridiamo gioiosamente maliziosamente.
Anna, gioia dei miei lombi, non si presentò più un ‘altra occasione, dopo un po’ ti trasferisti e io sono ancora qui che attendo un’altra tua “omonima” ad eccitare i miei sensi stanchi.

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