Hotel Surprise

Hotel Surprise

Hotel Surprise

Mi presento: mi chiamo Giovanna, ho quarant’anni anni e da circa tre anni sono responsabile ai piani dell’hotel “Surprise”, un grande ed elegante albergo del centro città. E’ un lavoro di grande impegno: dare le giuste direttive al personale ai piani, controllare che tutto sia perfettamente pulito nelle camere con i rifornimenti prescritti, accogliere i clienti e esaudire con gentilezza le loro richieste.
Una sorta di hostes. La mia divisa è composta da un tailleur blu scuro, scarpe mere con tacco 12, calze fumè. Dimenticavo ho una folta capigliatura nera e riccia. Come ben capite sono piuttosto orgogliosa del mio aspetto, anzi in divisa mi sento proprio uno schianto. La riprova c’è: quando passo nei corridoi dell’albergo e incrocio qualche cliente o quando li accolgo, percepisco dalle loro occhiate – principalmente gli uomini, ma spesso anche le donne – il loro particolare interesse. Il mio ruolo però mi costringe ad un atteggiamento cordiale, ma al contempo, piuttosto staccato, soprattutto con il personale.
L’unico che gerarchicamente mi è superiore è il direttore, Aldo. Uomo di grande esperienza – nonostante l’età, infatti è poco più che coetaneo – nella conduzione di un grande albergo, cosa non certamente facile. Non lo si vede quasi mai, almeno così sembra, però è sempre informato su tutto. Improvvisamente ce lo si trova di fronte non appena c’è un problema e allora con decisione e un’aria molto autorevole, affronta ogni questione e trova la soluzione più adatta. E’ certamente severo con il personale, ma mai ingiusto. In fondo una brava persona molto consapevole del suo ruolo.
L’unica persona dell’hotel con la quale intrattengo rapporti di amicizia è Bianca, una bellissima ragazza di trent’anni. La cosa che colpisce maggiormente di lei è l’assurdità del suo nome, infatti è una sinuosa e negretta, molto bella e con la pelle nerissima che contrasta vistosamente con il bianco del suo grembiule indossato su un’abito rosso scuro. Porta i capelli neri lisci a caschetto con gli angoli inferiori ricurvi sul davanti che le sfiorano le labba carnose dipinte con un rossetto rosso corallo.
Spesso con Bianca, la sera quando non siamo di turno, usciamo. Siamo solite cenare, noi due sole, in un piccolo, ma accogliente ed economico ristorantino. Gianni, il titolare ci conosce bene e ormai ci accoglie non come due clienti qualsiasi, ma come due vecchie amiche riservandoci, se disponibile, un tavolo appartato e tranquillo. La cucina di Gianni non è certamente da cinque stelle, ma è genuina e gustosa. Con Bianca si è creato nel tempo un legame piuttosto forte, conosco tutto di lei ed altrettanto lei di me. Poi il cibo, il vino e la piacevolezza di una amicizia reciproca, ci portano spesso a confidenze anche molto intime. Lei mi racconta di un suo fidanzato al quale vuole bene con sincerità. “E’ molto gentile con me” mi dice, “ma lo sento sempre piuttosto staccato, poco affettuoso”. Poi ridendo prosegue: “Però fa all’amore in modo divino… è un vero maestro in quel campo…”
Devo però confessare una mia debolezza. A volte, soprattutto nel primo pomeriggio – quando la gran macchina dell’albergo sembra fermarsi, le stanze rifatte, i clienti quasi tutti in giro per la città o a svolgere i loro affari, mi prendo una breve pausa. Dovete sapere che in ogni albergo c’è sempre una o più stanze poco utilizzate. Sono quasi sempre le meno accoglienti e vengono date solo in caso di particolare affluenza. Una sorta di riserva. Ebbene all’hotel Surprise, quella “riserva” è la stanza 432, al quarto piano, l’ultima in fondo al corridoio. Poco illuminata dall’esterno, infatti aprendo la finestra si accede ad un minuscolo balconcino prospicente ad un palazzone di molti piani che con la sua mole la tiene perennemente all’ombra togliendole la luminosità. Ma è stupendamente silenziosa e fresca e nelle giornate estive diventa il mio rifugio. Non vista, mi faccio una doccia rinfrescante e poi mi allungo sul letto e mi appisolo. Una mezz’ora tonificante, più che sufficiente per rimettermi in sesto completamente.
Circa tre mesi or sono, sentendomi piuttosto stanca, mi sono recata alla camera 432. Mi spoglio in bagno velocemente e regolata la temperatura dell’acqua sto per mettermi sotto la doccia, quando improvvisamente sento aprire la porta della stanza. “Accidenti!” penso, “non ho chiuso la porta”. Mi sento persa, se mi scoprono passerò certamente dei guai. In un attimo chiudo l’acqua della doccia e spengo la luce del bagno. Spero solo che non sia il direttore.
Dalla stanza percepisco un fitto parlottare. Schiudo lentamente e silenziosamente la porta e vedo proprio il direttore con Roberto e Filippo, due dipendenti dell’albergo. Seppure la loro voce sia quasi un bisbiglio, percepisco chiaramente le loro parole. Aldo, il direttore, dice: “Ma chi è che ha lasciato la porta aperta?… Chiariremo.” Poi prosegue “Allora come al solito, cento a testa”. Francesco di rimando con voce un po’ più chiara: “Per me va bene, ma qualcosa in più mi farebbe comodo…”. “Cento!” ribatte con decisione Aldo. Filippo come al solito tace. Egli è infatti conosciuto come un ragazzo particolarmente silenzioso e riservato. A quel punto Aldo trae dalla tasca dei pantaloni alcuni biglietti di banca e li passa ai due uomini che intascano rapidamente. Alla paura e alla sorpresa, ora mi si è aggiunta la curiosità. Quale motivo e per quali traffici spinge questi tre ad appartarsi e perché il direttore dà dei soldi a Roberto e Filippo? Il mistero, con mia grande sorpresa, si svela immediatamente dopo. Aldo si abbassa la cerniera dei pantaloni ed estrae il suo “coso” già in completa erezione, poi si avvicina a Francesco e lo bacia sulla bocca. Lui risponde con impegno, mentre Filippo si china e… si infila in bocca il pene del direttore. “Cazzo!…” penso, “ma è incredibile! Un appuntamento di sesso tra il direttore e gli altri due. Per di più, un incontro prezzolato… e dalle loro parole la cosa deve andare avanti da un bel po’…”.
La preoccupazione di essere scoperta, a quel punto, aumenta. Se venissi scoperta, ora, oltre a dover giustificare la mia presenza “ancora nuda” nella 432, potrei subire le conseguenze per averli così platealmente sorpresi. Spero che si sbrighino presto e lascino la stanza liberandomi da quella situazione. Purtroppo le cose non andarono nel modo che io speravo. Roberto si stacca dalla bocca di Aldo e: “Devo urgentemente andare in bagno”. Mi sento definitivamente persa. Con un rapido balzo mi nascondo dietro la tenda della doccia. Roberto alza la tavoletta del water e comincia a urinare, senonché, data la mia precaria posizione, scivolo e mi ritrovo rumorosamente con il sedere sul piano doccia. “Ma chi c’è…” e così dicendo Roberto con uno strattone fa scorrere la tenda e per un attimo, non realizzando immediatamente la situazione, rimane immobile a guardarmi. Io sono rossa di vergogna e biascico alcune incomprensibili sillabe di scuse. Vorrei sparire.
Attratti dall’esclamazione di Roberto e dal rumore del gran botto che ho provocato, anche gli altri due uomini accorrono e anche loro rimangono per alcuni attimi silenziosi guardandomi. “Che ci fai tu qui?”. Mi chiese imperiosamente il direttore dimenticando che mi aveva sempre dato del lei. Poi: “Che cosa hai visto? Ci stavi a spiare, ma io ti sistemo per le feste…”. “Nulla, veramente…” bisbigliai confusa. “Come nulla. Stai in una stanza nuda a far che? Aspettavi qualcuno forse?”. Poi senza attendere risposte mi afferrò per le braccia alzandomi con violenza. “Ora cosa faccio di te. Ti faccio licenziare immediatamente… Portatela di là!” ordinò agli altri due. Questi mi presero e letteralmente mi scaraventarono su una poltroncina della camera. Ancora attimi di penoso silenzio.
“Sappi che non la passerai liscia, mia cara, prima ti faccio licenziare e poi ti denuncio…”. Così dicendo mi diede un ceffone colpendomi su una spalla. Quel gesto violento diede l’avvio anche agli altri due che cominciarono a strattonarmi e colpirmi tutti insieme. Non erano colpi forti, era come se le loro percosse fossero frenate, quasi indecise. Piccoli e secchi colpi sul corpo, ma che non mi facevano appena un po’ di male. Mi sentivo in balia completa di loro e non riuscivo neppure a pensare. Più che i colpi erano le loro parole di minaccia. Rimanevo rannicchiata sulla poltroncina, incapace di difesa. Mi sentivo la bocca completamente secca e mi mancava completamente la voce. Poi Roberto si sfilò la cintura dai pantaloni e disse: “Ci penso io a darti una lezione, bella signora dalla puzza sotto il naso…”. Mi legò strettamente i polsi, poi con un capo della cintura mi trascinò verso il letto: “Vedrai, ora ti sistemo io…”.
Roberto e Filippo fissarono alla spalliera del letto le mie braccia, poi cominciarono a toccarmi da tutte le parti. “Ora mi violentano tutti e tre” pensai disperata. Roberto si denudò e si coricò sopra di me tentando di allargarmi le gambe. Ero letteralmente terrorizzata e cominciai a piangere. Forse fu la forza della disperazione o chissà cosa, ma quel pianto mi liberò improvvisamente la mente e razionalmente cominciai a riprendere il filo dei miei pensieri.
Erano loro che avevano paura di me. Ero io che conoscevo il loro inconfessabile segreto, eri io che li tenevo in pugno. Non avrebbero certo potuto farmi nulla, né licenziarmi e neppure denunciarmi per un momento di riposo durante il lavoro. Se volevano rendere pubblica la mia mancanza avrebbero dovuto giustificare anche i loro traffici e le loro pratiche omosessuali in albergo e in orario di servizio per giunta. Tutto sarebbe stato certamente a mio vantaggio. Anche Aldo e Filippo si svestirono, ma anzicchè avvicinarsi a me ripresero ad amoreggiare tra loro. Evidentemente ciò che succedeva tra me e Roberto li stava eccitando. Vidi Aldo questa volta impossessarsi con la bocca del membro di Filippo. Poi si baciarono lascivamente coricandosi al nostro fianco. Fu una scossa per me. Ora le mie paure si erano completamente dissolte e con altrettanta rapidità mi stavo eccitando.
Non mi opposi più alle manovre, fino ad ora senza risultati, di Roberto, anzi cominciai a collaborare. Spinsi il bacino verso di lui, allargai le gambe favorendo la penetrazione e avendo il suo viso a pochi centimetri dal mio gli cercai, trovandola, la bocca. Roberto, rimase per un attimo interdetto, non si aspettava questa mia reazione, poi abbandonò ogni velleità di violenza e cominciò a scoparmi con più dolcezza.
“Roberto, Roberto…” pensai. Mi piaceva molto il Roberto. Lo avevo guardato molte volte e avevo anche fatto alcuni pensierini su di lui. Era il ragazzo più bello del personale, alto, moro, colto e con un’aria decisamente interessante. Ora era sopra di me e stavamo scopando in modo consapevole e piacevole. Senza interrompere il ritmo, allungò le mani e mi liberò le braccia. Per un certo verso la cosa mi dispiacque, quel sentirmi legata aumentava la mia eccitazione, ma con le mani libere lo abbracciai forte trattenendolo ancor di più contro di me.
Prima puntata

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