Andrea

Andrea

Racconto basato sulla prima esperienza BDSM di un mio lettore, che ringrazio per la collaborazione. L’estratto conto della mia carta di credito era un lungo elenco d’uscite fatte solo per svago, e che solo un buon stipendio riusciva a sopportare, anche se con sempre maggior difficoltà. Potevo dare sino all’infinito la colpa del mio carattere spendaccione, al fatto d’essere il figlio unico di una coppia divorziata, col risultato che i miei avevano fatto quasi a gara a chi mi viziava di più. L’unica che non aveva mai mostrato segni di cedimenti era stata mia nonna Maria, che anzi me l’avrebbe date se solo avesse potuto farlo, e neanche a mani nude ma col battipanni. Davanti a quei fogli pieni di numeri arrivai alla conclusione che forse aveva ragione lei, e che non sarei mai cambiato se non dopo aver ricevuto una dura punizione per il mio comportamento. Il problema era quindi diventato trovare una donna che m’avesse messo in riga, senza però andare da una professionista che trovavo solo squallido. La ricerca fu all’inizio molto difficile perché non avendo alcuna esperienza nel settore, finivo sempre nell’imbattermi in Mistress si capaci, ma che volevano esser pagate e bene per il loro servigi, o in donne che non avevano alcuna esperienza di dominazione, e alle quali avrei dovuto in pratica fare da cavia. Solo dopo un paio di mesi m’imbattei in Mistress Liliana, una donna che dichiarava 56 anni, e una predilezione per i novizi come me, e poco importava se volevano esser educati a lungo o solo puniti ogni tanto. Fra le sue condizioni c’erano un primo incontro solo conoscitivo in un luogo pubblico, al quale ne sarebbe seguito uno “serio” se avessi superato un piccolo esame orale. Le scrissi subito spiegandole i miei desideri e lasciando senza pensarci troppo il mio numero di cellulare, sperando di sentirla al più presto. Quando mi chiamò andai subito in confusione, tanto da non riuscire a fare un minimo di discorso, ma farfugliando frasi con poco senso, tanto che abbi paura che lei volesse troncare subito credendo di avere a che fare con un cretino. Invece Mistress Liliana fu molto comprensiva, tanto che volle fissare un primo appuntamento da lì ad una settimana nella sua città, che distava dalla mia una buona mezz’ora di macchina. Quelli furono i sette giorni più lunghi della mia vita, pieni solo di dubbi e dall’infinita indecisione se andare oppure no, con mille ripensamenti e altrettante decisioni d’incontrarla se non altro per vedere com’era fatta. Non so perché ma l’immaginavo come una donna se non proprio brutta, perlomeno poco attraente, pronta a dare una lezione a chi non aveva le idee ben chiare, che pensava solo a procurare dolore senza dare alcuna importanza alle sofferenze di chi le era finito sotto i piedi. Alla fine partii un’ora prima dell’appuntamento, che era stato fissato in un bar del centro, mettendo in bella mostra una pochette azzurra che doveva essere il mio segno di riconoscimento. Nell’attesa bevvi un paio di mezze minerali, ma quando mi sentii battere sulla spalla, la mia salivazione era indegna anche di quella del peggior Fantozzi. “Ciao sei Andrea giusto ?” Mi alzai di scatto rischiando di travolgere il tavolino, ma non appena lei si sedette, tutte le mie paure volarono via, lasciando il posto alla curiosità più pura. Lei non era affatto come l’avevo immaginata, anche se i lineamenti del viso non erano proprio dolcissimi, con un gran bel fisico per una donna della sua età. A occhio non arrivava al metro e settanta senza tacchi, in compenso le gambe erano splendide, fasciate da un leggero pantalone azzurro che quasi nascondeva il sedere forse di una taglia di troppo. Quello che non poteva nascondere era invece il seno, non certo abbondantissimo, ma una signora terza tenuto su da un push-up che però non si vedeva, anche se la camicetta era bianca e non troppo abbottonata. Dopo aver ordinato un cocktail analcolico, andò subito al punto parlando in modo deciso, ma allo stesso tempo dolce. “Così vuoi essere punito per non fare il bravo ragazzo.” mi chiese quasi divertita. “Sì signora, e le dico subito che non ho alcuna esperienza in questo campo, ma sono sicuro che è quello che ci vuole per me.” le risposi quasi tutto d’un fiato. “Effettivamente le punizioni corporali hanno sempre la loro efficacia, e poco conta se non ne hai mai ricevuta una, al limite sarà la prima a farti bruciare il sedere dopo averlo reso di un bel rosso acceso.” Parlammo per quasi un’ora, anche se in realtà io dissi ben poco se non quelli che erano i limiti che non volevo superare, mentre lei puntò molto su come sarebbe stato sicuro il nostro prossimo incontro, che a quel punto aspettavo con fin troppa ansia. “Hai un cazzo normale ?” mi chiese a bruciapelo. “Sì insomma non sono Rocco Siffredi ma neanche un sfigato, insomma sono “medio” perché ?” “Era l’ultima domanda, quindi se sei d’accordo ci vediamo fra tre giorni direttamente da me. Ho una stanza completamente insonorizzata dove possiamo fare quello che vogliamo senza problemi che arrivi a suonare qualcuno, quindi adesso dimmi vuoi davvero esser punito da me ?” “Sì signora, mi dica dove e quando e sarò da lei.” Lei prese dalla borsa un portabiglietti in acciaio, per poi scrivere dietro a un cartoncino verdino “Domenica 14 ore 18”. “Conosci la strada ?” “Sì.” “Mi raccomando la puntualità, ora paga il conto e torna a casa tua,” La vidi camminare sinuosamente verso l’uscita, tenendo in mano quel biglietto come se fosse una reliquia, e per paura di perderlo, segnai subito l’indirizzo sul cellulare. Passai tre giorni in trepida attesa cercando di non masturbarmi in alcun modo, anche se avevo il pene che mi stava esplodendo dentro le mutande. Volevo esser a modo mio perfetto, eccitazione compresa anche se quella non mancava mai, e quando finalmente arrivò domenica pomeriggio, mi sentii come liberato da un peso. Indossai una semplice camicia bianca sopra i miei jeans preferiti, dei polacchini fin troppo vissuti, ma in fondo la loro bellezza era anche questa, e per coprirmi meglio un maglione ampio. Durante il viaggio non feci altro che pensare a come mi avrebbe punito, e ogni soluzione m’eccitava e spaventava allo stesso tempo, non riuscendo mai a metter d’accordo dolore e piacere. Quasi senza rendermene conto arrivai davanti a casa sua con tre quarti d’ora d’anticipo, e non sapendo che fare rimasi in macchina ad ascoltare un po’ di musica. Quando suonai al suo citofono lei mi rispose con un secco “Ultimo piano”, così presi l’ascensore per trovarmela bellissima davanti alla sua porta di casa. La giacca a bolero lasciava capire che sotto non portava nulla, ed i jeans molto attillati la rendevano oltremodo sexy, ma come se ciò non bastasse, aveva anche degli stivaletti in pelle con tacco da dodici in acciaio. “Entra t’aspettavo” mi disse facendosi da parte per farmi passare. L’appartamento era grande e arredato in modo semplice ma elegante, e l’attraversai tutto sino a ritrovarmi in una stanza piuttosto ampia con poche e funzionali cose al suo interno. Vidi un divano, una scrivania con dietro una poltrona presidenziale, un piccolo armadio, ma soprattutto in bella vista un cavalletto con tanto di cinghie che sembrava quasi aspettarmi. “Questa è la stanza dedicata alle punizioni, e sono molto contenta tu sia qua oggi dopo il nostro primo incontro perché sono sicura che avrai molto da espiare, quindi oggi sarà sicuramente un inizio.” mi disse con una certa freddezza dopo essersi seduta dietro la scrivania e lasciato in piedi “Devi sapere che prima serviva da sala d’incisione e quindi è perfettamente insonorizzata, di conseguenza puoi urlare quanto vuoi che non ti sentirà nessuno. Se però vorrai che mi fermi ti basterà dire minestrone, anche se dopo dovrai spiegarmi il motivo. Ora andando subito al dunque, perché sei qua e quali sono i tuoi comportamenti deviati.” “Diciamo che sul lavoro sono molto svogliato, si può affermare che faccio il minimo e nulla più, spendo più del dovuto e con la compagna di mio padre vado sempre meno d’accordo, anche se non è che mi sia stata mai molto simpatica.” le risposi imbarazzato. “Va bene d’ora in poi ci vedremo una volta al mese, mi farai un resoconto e vedremo se sarai migliorato. Vedrai che ti farò passare la voglia di essere indisciplinato, adesso inizia a spogliarti sino a rimanere con le sole mutande che iniziamo.“ Quelle parole ebbero l’effetto di farmi passare da una calma apparente, all’agitazione più pura, tanto che feci quasi fatica a spogliarmi, per ritrovarmi coi soli slip tremante come una foglia. “Bene adesso piegati sul cavalletto con le gambe belle aperte ed il culo ben esposto. Ti darò sempre serie di venti colpi, che a volte dovrai contare, altre no in base alla loro importanza. Per punirti userò diversi strumenti, oltre allo sculacciarti a mani nude. Hai domande da farmi ?” “No signora.” le risposi mentre ancora tremante mi sistemavo contro il cavalletto. Sentii le sue mani quasi accarezzarmi il sedere prima d’iniziare a battermi con colpi secchi e decisi, che faceva partire in modo molto regolare ogni tre, quattro secondi. Alla fine di quella prima serie di colpi provavo più vergogna che altro, anche se un leggero bruciore alle natiche iniziava a farsi sentire. “Bene adesso passiamo alla spazzola, e questa volta dovrai contare i colpi. Ti basterà dire il numero senza aggiungere altro, in modo che comprenda a che punto sei della punizione.” mi disse prendendo una grossa spazzola in legno da dentro l’armadio. Ubbidii contando i forti colpi che mi diede per fortuna ancora sugli slip, anche se il bruciore cominciava a farti più insistente e continuo. Pensai a cosa avrebbe mai potuto dire Rossana , la ragazza con la quale avevo intrecciato una relazione e con la quale mi piaceva fare il macho, atteggiamento che lei gradiva anche se a volte mi prendeva in giro quando esageravo, nel vedermi in quel momento. Probabilmente si sarebbe messa a ridere nel guardarmi sculacciare da una donna che poteva esser mia madre, o forse si sarebbe sostituita a lei nel picchiarmi sulle chiappe. “Complimenti, vedo che ancora non ti sei messo a piangere, ma per quello c’è sempre tempo, intanto vediamo quanto hai rosso il culo prima di passare al righello.” Senza dire altro m’abbasso gli slip, ma solo la parte posteriore, mettendomi così le chiappe all’aria, per poi colpirle venti volte con un lungo righello di legno. Non aprii bocca solo per orgoglio, ma quello che era solo un diffuso bruciore divenne puro e semplice dolore. Nonostante ciò sentivo il pene in piena erezione, e un po’ me ne vergognai, sperando che lei non s’accorgesse di quanto ero eccitato. “Bravo, vedo che sai resistere, adesso mettiti faccia al muro e riprendi fiato, ma stai tranquillo che il meglio deve ancora venire.” mi disse quasi irridendomi. Con un po’ di fatica riuscii ad andare verso un angolo della stanza, per poi rimanere una decina di minuti quasi immobile, mentre lei mi guardava seduta sula sua bella poltrona, forse ammirando il suo lavoro alle mie chiappe. “Riposo finito.” mi disse andandosi a sedere al centro del divano “Ora spogliati e mettiti in ginocchio qui davanti a me.” Mi tolsi gli slip per scoprire che nonostante i dieci minuti passati in piedi, l’eccitazione era sempre al massimo, e che era impossibile nasconderle l’erezione, che infatti mi fece notare con un tono ben oltre l’ilarità. “Bene vedo che sei proprio un porco, e scommetto che avresti una gran voglia di scoparmi, col tuo bel cazzo già pronto per il sesso. Peccato che se c’è qualcuno che lo prenderà nel culo sei tu, quindi adesso piegati contro la scrivania, gambe aperte e culo rilassato.” In uno stato di profonda vergogna mi sistemai contro la scrivania, mentre lei prendeva un plug anale e del gel lubrificante. Con estrema calma mi unse il buchetto prima di penetrarmi con quel piccolo cuneo di gomma, che non fece altro che farmi eccitare ancor di più. “Ma guarda te che bravo Andrea, come gli piace prenderlo dietro, e pensare che sei vergine. Bene, bene, oggi ci vado leggera, ma dalla prossima volta strap-on, ora resta così cinque minuti.” Mentre il mio ano s’abituava a quella per me insolita presenza, lei si tolse la giacca, rimanendo così a seno scoperto. Compresi subito che aveva le tette rifatte in quanto non si mossero di un centimetro, e la visione di quelle due bocce così perfette non fece altro per alzare l’asticella della mia eccitazione, che oramai era da troppo tempo al massimo. Senza dire nulla prese un altro plug più grande del primo, che sostituì a quello più piccolo facendomi anche un po’ male. Non paga dell’umiliazione che stavo subendo, iniziò a giocare con quel plug sia roteandolo dentro di me, ma soprattutto facendo diverse volte un dentro e fuori che mi fece sentire meno di una nullità. “Dimmi hai una ragazza ?” mi chiese cogliendomi di sorpresa. “Esco con una, ma non è una storia seria.” le risposi con sincerità. “E glielo hai già messo nel culo ?” “No signora, anche se devo ammettere che mi piacerebbe molto poterlo fare.” “Bene adesso fai qualche passo perché voglio che ti senta bene il culo pieno prima di tornare a punirti.” mi disse prima di rimettersi seduta al centro del divano. Con mia grande sorpresa riuscii a camminare senza alcun problema, sino a quando non mi disse di sdraiarmi sulle sue gambe, cosa che feci cercando di non mettere il pene contro il corpo. “Bravo adesso conta, e sappi che saranno due serie perché sei un porco col cazzo duro.” Dopo i primi colpi fu come avere il fuoco dentro le chiappe per quanto mi bruciavano, ma nonostante ciò arrivai a contare sino a venti cercando di urlare il meno possibile, anche se le lacrime uscivano senza sosta e mi era impossibile nasconderlo. “Alzati perché così sono scomoda e mi serve il mio paddle preferito.” Più che alzarmi scivolai per terra per poi mettermi in piedi, mentre lei si toglieva i pantaloni, rimettendosi subito dopo gli stivaletti. Se prima quella donna stava sollecitando le mie fantasie, ora che avevo addosso solo un tanga sportivo e gli stivaletti era il summa di ogni mia perversione, un’immagine tanto erotica da diventare pornografia pura, tanto che la mia mazza sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro. Lei si dimostro del tutto indifferente al mio stato, così prese un asciugamano che sistemò sulle sue gambe, prima di farmi rimettere su di lei, facendo sì che poggiassi il pene sula sua coscia nuda. “Adesso conta venti a mano nuda e venti con la pala, e sappi che questa ha l’anima di legno.” Se i primi venti colpi furono l’inferno per quanto mi fece male avendo oramai le chiappe martoriate dai suoi colpi, gli ultimi distrussero il mio orgoglio. dato che non feci altro che piangere e urlare per il dolore. Mistress Liliana però sembrava impassibile a tanta sofferenza, anzi sembrava quasi che questa le dava la forza per colpirmi con ancora più forza. Così mentre davanti alla mia faccia si formava una vera e propria pozza di lacrime e bava, il mio sedere diventava quasi viola, ma soprattutto sentivo che nonostante tutto ero sempre più vicino all’orgasmo, e che sarebbe bastato pochissimo per farmi venire anche in quella assurda situazione. Avrei voluto alzarmi e sbatterla su quello stesso divano dove mi stava massacrando le chiappe, e passare così da vittima a carnefice, tirando fuori tutta la mascolinità che lei aveva cancellato fin dall’inizio di quella forse folle punizione. Volevo sentirmi maschio anche se avevo un plug infilato nell’ano ed ero sdraiato sulle gambe di una donna che mi batteva con una pala di legno fasciata di cuoio, ma allo stesso tempo rimanere in quella posizione aspettando la fine dei giochi. Nel mio cervello la vidi messa carponi con me dietro a sodomizzarla senza alcuna pietà, con lei che urlava di piacere, incitandomi a fotterla con ancora più forza, sino a raggiungere insieme l’orgasmo. Nella realtà sentivo solo il dolore quando la pala s’abbatteva sul mio culo, e quel sottile sollievo che provavo prima del colpo successivo. Quando dissi per l’ultima volta “Venti” fu una liberazione, anche perché non sapevo dell’ultima tortura che Mistress Liliana aveva in mente per me. Dopo avermi lasciato il tempo di riprendermi, mi fece alzare per sistemare del riso crudo su una piccola sedia di legno, per ordinarmi quindi di sedermi li. L’effetto fu devastante, tanto che urlai subito per il dolore, ma come se ciò non le bastasse, si sedette sulle mie gambe per spingermi le chiappe ancor di più contro il riso, per poi rialzarsi subito. “Questo è perché mi hai mancato di rispetto rimanendo sempre col cazzo duro per tutta la durata della punizione.” mi disse piano vicino all’orecchio “Adesso se vuoi alzarti fallo pure, ma sappi che dopo subirai l’ultima umiliazione della giornata, anche se sono certa non aspetti altro.” Convinto che non potesse più ferirmi dopo tutto quello che m’aveva fatto, m’alzai barcollante per ricevere subito un paio di manate sul sedere, che fecero cadere i chicchi di riso che erano rimasti attaccati alla pelle. “Visto che hai ancora il cazzo duro fatti una sega, qui in piedi davanti a me, ma poi leccati la mano perché non voglio vedere il tuo sperma in giro chiaro ?” “Sì signora, grazie.” le risposi come un cretino. Credo fu la sega più veloce della mia vita, ma del resto non mi ero mai trovato in uno stato di così continua eccitazione, senza mai potermi toccare il pene. Anche se non avevo mia assaggiato il mio sperma mi leccai quasi avidamente la mano, ripulendola velocemente come mi aveva ordinato. A quel punto lei mi portò fuori dalla stanza, mi diede degli asciugamani ordinandomi di farmi la doccia, che feci anche per rinfrescarmi le chiappe con l’acqua tiepida. Mentre ero in bagno pensai che in quel momento lei si stava masturbando, perché se io ero rimasto in uno stato di perenne eccitazione, lo stesso doveva valere per chi mi aveva dato quella sonora lezione, e così immaginandola a gambe aperte che si masturbava, mi tirai una seconda sega, vergognandomi subito dopo per quello che avevo fatto. Quando tornai da lei era dietro la sua scrivania, coperta da un kimono di raso viola, e m’indicò subito dov’erano i miei vestiti che indossai quasi di fretta. “Oggi sei stato bravo, ma bisogna vedere se hai compreso a fondo il perché ti ho punito.” mi disse alzandosi in piedi e mostrandomi così ancora una volta le sue gambe “Adesso faremo passare un mese, e poi tornerai da me per raccontarmi come ti sei comportato e se meriti un’altra punizione, ma soprattutto se quella dovrà essere più o meno intensa di questa. Per il dolore ti consiglio una crema all’arnica per almeno una settimana, tu richiamami fra una ventina di giorni in modo da fissare un nuovo appuntamento.” “Si signora e grazie di tutto.” le risposi per poi farmi accompagnare alla porta. Inutile dire che dopo un mese ero di nuovo da lei per farmi punire. Per commenti : [email protected] (quelli volgari saranno subito cestinati) Invito tutti a visitare il mio piccolo blog http://serenathemiss.wordpress.com/

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