Debora (le ultime due parti)…se vi va di consigliarmi, vi ringrazio

Debora (le ultime due parti)…se vi va di consigliarmi, vi ringrazio

Ed eccoci alle ultime due parti del racconto, all’inizio era stato pubblicato in sei puntate diverse, su un altro sito, qui ho pensato di unirne alcune…questa è la fine (per ora) della vicenda, chi vuole può commentare e/o consigliare, grazie a tutti!

Cos’è il Festival di Sanremo? Una rassegna in cui vengono cantate molte canzoni (non so se l’avete capito ma sono romantico, molto romantico, di canzoni sentite a Sanremo che mi hanno colpito, emozionato ecc. potrei farvi una lista lunga decine di pagine). Cos’è un Festival erotico (ma sì, usiamo la maiuscola anche per lui)? Una rassegna in cui vengono messi in scena diversi spettacoli erotici. Come a Sanremo ci sono molti cantanti e ognuno porta un brano, fa la sua esibizione, così in un Festival erotico ci sono molte pornostar e ognuna fa il suo numero…solo che non ci sono vincitori, non ci sono premi, ma ci sono corpi, musiche, sogni. Così un sabato sera sono andato al locale, traboccava di gente e io mi sono seduto vicino al palco, non vicinissimo se no rischiavo che qualche star durante il suo numero mi facesse salire vicino a lei. C’è qualcosa di magico quando in un teatro si apre il sipario ed entrano in scena gli attori, quando l’orchestra attacca una musica e il cantante segue le prime note: c’è qualcosa di magico anche quando sale un fumo denso nel buio, e di colpo le tendine si aprono ed entra lei, una donna bellissima, vestita come una principessa, una tunica di stoffa bianca con ricami dorati, e lei inizia a danzare… E poi la musica diviene più incalzante, la donna si avvicina al palo ma i suoi occhi girano intorno quasi aspettassero qualcosa, e in quel momento un tamburo irrompe nel ritmo senza più aspettare, e allora lei si toglie la tunica e sotto ha un costume rosso, e di scatto piega la testa all’indietro e si porta una mano alla nuca e di colpo i capelli le ricadono sulla schiena, fioriscono splendidi e sensuali come il rigoglio dell’acqua in una cascata, dei fiori in un giardino d’estate. Allora gli occhi di tutti guardano lei che danza indemoniata, vola sul palo e ci gira intorno come una trottola, come se quel palo lucido d’acciaio, alto fino al soffitto, fosse il centro stesso del mondo, poi lei rimane a seno nudo, rimane nuda, scende dal palco senza che la musica smetta un solo istante, senza che gli occhi rinuncino alla calamita del suo corpo. Adesso però non è più un ritmo da discoteca, risuonano i sussurri di “Je t’aime” mentre la star cammina tra le sedie, si siede in grembo ad uno spettatore, scompiglia con gesto quasi tenero i capelli di un altro, torna sul palco: adesso i suoi gesti sono più lenti, più morbidi mentre fruga in una borsetta, ne estrae una bottiglietta d’acqua, la apre lentamente, lascia che il liquido sgoccioli sui suoi seni, poi fa la stessa cosa con del latte. Sui suoi seni c’è un prisma di miele, denso e dolcissimo, che diventa fuoco nelle nostre viscere, dico nostre perché so che tutti, in questo locale che frequento da anni, che a volte è semivuoto a volte pieno e oggi è semplicemente è una bolgia, tutti pensano le stesse cose che penso io, tutti, esattamente come me, sono qui a contemplare la donna, la sua grazia il suo incanto la sua furbizia, la donna che se non ci fosse non piangeremmo, se non ci fosse saremmo soli al mondo, se non ci fosse non saremmo capaci di accorgerci che il mondo esiste, e magari per causa sua piangiamo, rispondiamo male ad un sms, però per merito suo viviamo. Vivo mi ci sento proprio stanotte, è la terza pornostar che vedo, una pantera vestita di blu che scuote i capelli e danza, e si struscia, e ride, e intorno le ragazze del locale ci sono, vanno e vengono dai tavoli, tengono la mano ai clienti incantati dagli spettacoli, aspettano con furba pazienza che anche questo spettacolo finisca: perché fra uno show e l’altro, loro lo sanno bene, gli ormoni si scatenano e fioccano i prive, gli uomini si abbandonano a sfogare i loro istinti, a vivere i loro sogni se preferite, e io ho già visto una bionda con le tette stratosferiche, ma non è mai libera ha sempre un cliente vicino, ed è già iniziato un altro show.
Adesso la stanchezza inizia a farsi sentire, sono le quattro di notte sono qui dalle undici, lo spettacolo è meno bello di quello precedente, il corpo della star di turno è troppo legnoso, o forse sono io un po’ addormentato o magari è che, ormai, mi interessa solo la bionda. Mi passa davanti, sta parlando con due ragazzi dietro di me, giro lo sguardo. “Ciao”, mi dice vedendo che la fisso, era quello che aspettavo. Mi alzo e la seguo, certo che voglio fare un prive. Entriamo, inizia a danzare, lenta, sinuosa, calda, è moldava mi dice, si chiama Irina, “Surprise” ride quando sgancia il reggiseno, ci tuffo il viso in quei due mondi favolosi, respiro a fondo come se lì, su quella carne, ci fosse tutta l’aria dell’universo, come se dovessi farne riserva da qui all’eternità. “Madonna come ce l’hai duro, ce l’hai durissimo” mi fa mentre la gamba struscia sul mio cazzo, quasi non sento i pantaloni che, lo so, dovranno restare allacciati: ma la stringo a me con tutte le mie forze, non vorrei più lasciarla perché qui, dove tutto va a rotoli, dove c’è chi parte per due mesi chi entra nel locale e non respira, chi danza chi ride chi sogna, qui in quest’oceano che continua a fluttuare, assurdo e roboante, la mia ancora è il suo corpo, è Irina che fa la manicure in una città poco lontana, “ci ho fatto l’università” dico, mi spiega che faceva la lap dancer qualche anno fa ma adesso non più, fa l’estetista e purtroppo non mi fa nessuna proposta, se dicesse “vuoi il mio numero ci vediamo in albergo” accetterei subito, partirei domani partirei anche adesso, invece devo salutarla, invece esco dal locale, recupero la bicicletta vicino alla sala slot, Debora è nel suo paese e io continuo a ricordarla, ma stasera non ho pensato solo a lei.
Lentamente, nei giorni successivi, si è calmato il fuoco, s’è fatto più calmo il vento, e dentro di me è rimasto il ricordo più vero, è rimasta Debora, che è in tutto quello che faccio, nei miei gesti, nei miei pensieri, nella mia abitudine di guardare il cellulare ad intervalli nella folle speranza di leggere un suo messaggio. Mi basta vedere una donna vestita come lei, mi basta il colore dei suoi capelli e dentro mi sento rimescolare, morire o rinascere non saprei spiegarvelo, ma sento che tutto è ancora in gioco, che è lei il mio vero gioco. Per giocare ancora ho dovuto superare molte cose, il dente del giudizio tolto, gli esami del sangue fatti due volte perché il ferro era alto, ma la seconda volta andava bene (“adesso siamo sicuri che non ci sono tumori” mi dice il medico, non me l’aveva detto quando ha deciso di rifarli, “giusto per scrupolo” aveva sorriso)…Poi è arrivata l’estate, i Mondiali senza l’Italia, nel mezzo sono tornato al locale, ho rivisto Debora…e la prossima volta vi racconterò com’è andata.
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Ho rivisto Debora, vi dicevo. A dire il vero viene da chiedersi quando io l’abbia vista davvero. Perché se a distanza di alcuni mesi mi rendevo conto di ricordare a fatica i lineamenti esatti del suo viso, forse non l’avevo vista davvero…ma se avevo ancora voglia di vederla e avevo paura e insieme voglia di parlare con lei, forse avevo visto abbastanza chiaramente, se non nei suoi occhi almeno dentro di me. Già, dentro di me: cosa c’era davvero, voglia di vederla per passare una mezzora divertente, per dirle ti amo, per darle il regalo? Tutto questo e molto di più c’era, ma non potete pretendere che io sappia dirvi cosa. Se fossi in grado di dirlo non mi chiederei ancora adesso “cosa devo fare con lei”, non avrei programmato le ferie in un certo modo…ma andiamo con ordine. Una sera sono uscito per buttare i rifiuti, pensavo “scendo un attimo, poi vedo se fare una passeggiata o risalire”, invece dopo aver buttato l’immondizia sono salito sulla bicicletta e, quasi senza pensare, sono arrivato al locale di lap dance Era fine giugno, una sera mite di brezza e densa di pensieri, di paure, di voglie, e davanti al locale ho pensato che ancora non erano passati davvero due mesi, cioè magari erano passati ma lei forse non c’era nemmeno, e solo per questo ho avuto la forza di entrare. Dopo neanche mezzo minuto, tra i volti all’angolo opposto del bancone, vedo un volto fissarmi, lo guardo un paio di volte, la mano si agita a salutare e la faccia si apre in un sorriso, Debora mi si avvicina. “Ciao, come stai? Sono felice di vederti”, non posso non chiederle se adesso il telefono funziona, “certo, il numero è sempre quello”, “posso chiamarti?”, “sì tesoro” ma non so se lo dica perché in quel momento stiamo andando a sederci e non vuole rischiare che me ne vada. Ci sediamo, parliamo un po’, è stata via per la patente ma anche perché in Romania si è operata di appendicite, è tornata da un paio di settimane. Io le dico che è dolce, o qualcosa del genere e lei mi dice “Ma anche tu sei molto dolce”, riesco a farla ridere: “È la prima volta che una donna mi dice che sono dolce dopo un sms del genere…”, le chiedo se vuole essere mia amica su Facebook, mi dice di sì che poi mi dirà come si chiama lì. Mi propone di fare un prive, esito, “sì le coccoline” mi dice sorridendo ma senza leziosità, con tranquilla tenerezza, accetto ma solo venti minuti “perché domani mi alzo alle 7”(è vero, è mercoledì e domani lavoro). Quando mi siedo e si avvicina a me la abbraccio, lei si spoglia pian piano, si siede su di me, sono gli stessi gesti compiuti altre volte, da lei e da tante altre donne, gli stessi gesti di Irina, ma fatti da Debora adesso, dopo mesi che penso a lei, che (l’ho negato anche troppo a lungo) brucio per lei, è un’altra cosa, io spero di conoscere questa donna, di parlarci e per questo abbracciarla ha un altro significato, per questo stare con lei è già viverla. Mentre si spoglia ha un sorriso quasi ironico ma forse è solo sensuale, anni fa mi era sembrato che una donna in questo locale sorridesse ironica, compiaciuta di vedermi così preso da lei e ho avuto paura di soffrire, e me ne sono sempre pentito da allora in poi, perché ho capito che lei era una persona seria ma l’ho capito tardi, adesso invece non me ne frega niente se Debora sia ironica o dolce, o calda o insensibile o sensuale, ho solo voglia di stare con lei.

Quando esco dal locale le mando un sms, quasi troppo stupido per essere vero: “Ciao Debora, mi ha fatto piacere vederti, se mi dici come ti chiami su Facebook ti chiedo l’amicizia, spero di vederti presto magari in pizzeria”…ma cosa vado a scrivere, mi dico mentre salgo sulla bicicletta, al suo posto non mi risponderei neanch’io…E infatti non mi ha risposto, ma il giorno dopo, anzi la sera dopo, mi sono trovato ad un concerto, trascinato da un amico, e le parole di una canzone mi hanno rapito, portandomi non nel melodramma ma nel sogno d’amore, nella musica dolce che a tratti si sente nei film, lo so di essere più scemo di quei protagonisti ma stasera sento che va bene così:

Ho capito che forse l’errore non sei stato tu,
e con tutta la forza che ho dentro ti voglio di più

Canta una donna, ma se usassi il femminile nel primo verso potrei dedicare queste parole a Debora, e mi dico mentre la voce di Silvia Mezzanotte risuona nel parco, che devo chiamarla, domani devo chiamarla assolutamente…e domani, assolutamente, vi scriverò come continua questa storia, non come finisce perché, anche se il mio racconto, questo racconto, finirà domani, non finirà la storia che sto vivendo: ve l’ho detto che è una storia vera, cioè forse ve l’ho detto adesso non ricordo con precisione, dovrei rileggere i capitoli precedenti, in ogni caso se l’ho detto non scherzavo. Non scherzavo perché Debora è dentro di me, e se sto scrivendo è sempre e solo per lei, perché spero che qualche lettore o lettrice mi scriva una mail per dei suggerimenti…e se scrivo è anche solo per voi, perché spero possiate apprezzare questo modo di raccontare, di parlarvi di me.
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La fine dunque, siamo alla fine, il problema non è mai finire il viaggio ma è sempre capire dove si è arrivati…e io come ormai saprete non so neanche bene da dove sono partito, da un desiderio da un bisogno d’affetto da un momento di stupidità, da un sogno romantico da una follia dei sensi fate voi, io so solo che due giorni dopo aver visto Debora, cioè il giorno dopo aver sentito cantare Silvia Mezzanotte, ho provato a chiamare Debora. Silenzio totale, squilli a vuoto e poi segreteria, le mando un sms poi subito dopo riprovo a chiamarla, ancora squilli a vuoto e poi la segreteria. Rincorreva già da tempo un bel sogno d’amor, cantava Enzo Jannacci, lo sto rincorrendo (a vuoto?) anch’io e, non arrivando a viverlo, mi ritrovo a piangere ancora, a piangere oceani di lacrime, Debora è indifferente a me, chiamarla non è solo vincere un muro di paura, di soggezione, di timidezza, è anche inutile perché tanto lei non c’è, le scrivo e non mi risponde, la chiamo e il telefono squilla a vuoto: sarà per questo che per strada quasi sbando, cammino nella città caldissima e non faccio che piangere, sarà per questo che negli ultimi mesi sono dimagrito, e di molto. Sarà per questo anche che decido di reagire, lo so che è sempre il solito modo, so tutto però devo tirarmi su, così vado a casa e accendo il computer, chiamo un numero “ho letto l’annuncio”; parte da 70 Euro ok, salgo in bici, ancora la bici rossa, quella che ho comprato quando mi hanno rubato l’altra mentre ero con Debora nel locale, quella che l’altro giorno nel locale le ho fatto vedere sulla foto del cellulare, salgo in bici quindi e vado dalla prostituta, si chiama Vanessa ed è bionda, bella, rumena. Non sono ispiratissimo, non per lei che è figa davvero, ma per me. Lei lavora un po’ di bocca poi con la mano, di colpo è così brava che non mi controllo più, va bene così volevo solo liberarmi, poi le dico “è che sono un po’ agitato in questi giorni”, “cos’è successo” mi chiede e le racconto di Debora. La ragazza mi dice di stare attento, che le rumene ti fanno innamorare e poi ti lasciano senza soldi, che non bisogna perdere la testa, mentre esco dico a Vanessa “scusa se ti ho fatto fare anche da psicologa”, “non preoccuparti mi capita spesso”. Il giorno dopo sono ancora più in tilt, dopo pranzo provo ad andare in centro tanto non riesco a dormire, non ne posso più e scrivo a Felicia, “ti scrivo da amico non da cliente, c‘è una donna di un lap dance che mi fa soffrire possiamo vederci per un caffè? Ho bisogno di parlare con qualcuno”, lei risponde che è un po’ che non riesce a lavorare molto e mi chiede almeno una ricarica per il cellulare da 20 Euro, accetto. Sì avete capito bene, Felicia lavora a pagamento, lavora in un night che frequento volentieri e la conosco da 10 anni, è sudamericana e una volta sono anche andato a casa sua, non abbiamo scopato in modo selvaggio, perché io ero agitatissimo, ma lei è stata straordinaria, dolce e bellissima, ci ho messo un po’ ad ingranare ma poi sono impazzito di gioia. Ci salutiamo come vecchi amici quando ci vediamo per strada, sorride sempre Felicia e io, credetemi sono sincero, considero un dono della sorte il tempo che, nel night o altrove, ho passato con lei.
Quando arrivo sotto casa di Felicia le faccio uno squillo, lei scende e ci sediamo al bar, mi dice che sono dimagrito “è per il dente del giudizio, l’ho tolto da un mese” rispondo, “e poi” aggiungo con le lacrime agli occhi, “e poi sono dimagrito anche per lei”. Mi dice di non piangere, dico “In teoria non sono innamorato di lei”, “in pratica sì” afferma, e probabilmente ha ragione…Si incazza di brutto quando sente della richiesta del telefono e dice che ho fatto bene a rifiutare, mi dice di stare attento e di stare su, io piango disperato ma con Felicia anche un momento così fa meno male, le dico “se guardo il tuo decollete mi viene voglia di salire a casa tua”, ridiamo insieme, “è che non credo che oggi sarei capace di fare nient’altro che parlare”, Felicia risponde “se vuoi stasera vieni al locale”, “ma devi fare tu perché io sono messo in un modo”…azzardo, “ci penso io” mi assicura, e sento che non mi invita per guadagnare ma perché vuole aiutarmi a stare bene, infatti mi dice “prima che parto” (sta per fare un mese di ferie nel suo Paese) ”se vuoi beviamo un caffè, ma senza soldi, oggi te li ho chiesti solo perché questa settimana non c’è stato lavoro”. Sono disperato, ieri ero da una puttana oggi ho chiamato un’entreineuse che conosco da anni per berci un caffè e per andare da lei stasera, quando non sono con qualcuno e anche quando non sono solo non faccio che piangere…però sto anche vivendo. Torno a casa, a cena mangio pochissimo, vado al cinema (Nicole Kidman è sempre brava e splendida, il film è anomalo, quasi inverosimile, ma almeno mi tiene impegnato), poi con la solita bici vado da Felicia. Quando salgo mi sorride, ci sediamo e mi dice che mi vede un po’ meglio di oggi pomeriggio, andiamo nel prive: Felicia spogliandosi piano mi abbraccia forte, mi lecca l’orecchio mettendomi la mano sul cazzo che già inizia a reagire, si siede morbidamente su di me, sorridendo non per esibirsi ma come invitandomi ad una festa da vivere insieme, mi dice sottovoce “vedi che funziona, tu dicevi che non funzionava senti com’è duro”, è vero è duro ed io sono di fuoco, Felicia mi porge le labbra e la lingua e ci baciamo piano, a fior di labbra ma succhiandoci almeno un po’, ho sempre i pantaloni addosso ma ogni fibra di me sta vivendo di lei. Salutare Felicia è tornare nella notte ricordando che esistono le stelle, capire che la vita ha un suo fluire e noi, più che subirne il ritmo, dobbiamo sentirne la pienezza.
Lentamente passa la domenica, fra pianti slanci silenzi, riesco a vedere mia madre come ogni settimana, riesco a smontare il sifone per sbloccare il saltarello del lavandino, riesco a fare tutto tranne che a non piangere quando sono solo, forse non voglio neanche riuscirci a non piangere: in quattro giorno sono passato dall’euforia di aver rivisto Debora all’angoscia per il suo silenzio, in due giorni ho visto una prostituta e sono andato al night, e nonostante questo oggi, lunedì, non riesco a non pensare a Debora, ho il bisogno fisico di sentire la sua voce. Verso mezzogiorno non ne posso più, mi alzo dalla scrivania ed esco sul balcone, la chiamo. Dopo alcuni squilli mi risponde (allora non ha bloccato il mio numero, non mi ha messo fra gli indesiderati), ha la voce stanca e assonnata, so che non ha lavorato perché domenica il locale è chiuso. “Stavi dormendo?” chiedo, “sì”, ha un’infezione agli occhi e sta prendendo antibiotici, non ha neanche lavorato in questi giorni. Le dico che vorrei vederla quando starà meglio perché vorrei parlarle con calma, mi dice va bene e mi chiede se posso farle una ricarica telefonica anche da 5 o 10 Euro, poi me li ridà quando ci vediamo, perché con l’infezione non può uscire di casa. Penso che o è un’attrice superba e di grande fantasia o quello che mi ha detto è vero, e soprattutto penso che alla peggio perdo solo 10 Euro, così accetto e lei mi ringrazia. La richiamo quando al tabacchino, mezzora dopo (la pausa pranzo può iniziare dalle 12,30in poi), mi dicono che serve sapere quale sia la compagnia telefonica (non ci avevo pensato). Debora non risponde subito poi, probabilmente avendo visto la chiamata, dopo due minuti mi fa due squilli senza risposta. O è così furba da portare avanti bene la messinscena o davvero non ha credito e fa due squilli per dirmi che ha visto la chiamata, la richiamo e le chiedo che compagnia telefonica abbia, me lo dice e mi ringrazia, “un bacio”, mi saluta. La sua voce è esausta, finzione o no dev’essere stanca davvero…però quando dice “un bacio”, assurdamente anche se non è certo questo il momento in cui dovrebbe accadere, mentre chiudo il cellulare dopo averla salutata mi accorgo di un’erezione. Cosa vedo in Debora? Ho sempre avuto la sensazione di avere per lei un vagheggiamento romantico, che l’attrazione fisica non fosse diversa da quella che provo sempre in quei locali per ogni sua collega, ma è evidente che non è così, è evidente che non so ancora cosa fare con lei. Intanto faccio la ricarica, 10 Euro, le scrivo di averla fatta e che la richiamo nei prossimi giorni, sabato se a causa del lavoro non riesco prima. “Riposati” chiudo l’sms, “un bacio”. Mi accorgo di poter respirare di più, come se poter sentire la sua voce avesse calmato una crisi di apnea, o avesse portato liquidi dentro una crisi di disidratazione. Non ho il coraggio di chiamarla fino a sabato, sabato poi c’è anche la cena in famiglia per il compleanno di mia madre…ma nel pomeriggio provo a chiamare Debora. Non mi risponde, “il numero è irraggiungibile” ripete una voce automatica, una voce che in pochi minuti ho imparato ad odiare. È strano ma sono più calmo oggi di venerdì scorso. Forse mi ha fatto bene l’ultimo weekend nel senso che ho capito di dover stare calmo qualunque cosa succeda, forse averla sentita lunedì mi ha fatto capire che non ce l’ha con me (perché dovrebbe?), o forse so che essendoci la cena di famiglia devo essere presentabile e non posso presentarmi con gli occhi lucidi, però sono più calmo, esco a fare due passi anche se non so dove andare, torno a casa e mi faccio una doccia, esco di nuovo per andare da mia madre. Una bella serata, ci sono anche mio fratello con mia cognata e una figlia, gioca la Russia stasera, se almeno ai Mondiali ci fossimo anche noi sarebbe più facile affrontare questo periodo, distrarsi…ma un po’ mi distraggo anche così, fra la pizza e qualche risata, tutto sta procedendo in qualche modo.
Quando torno a casa però non sto più nella pelle, non sto più nei nervi non sto più dentro di me, mi metto addosso un giubbino lungo e un po’ pesante e ci metto dentro il regalo, ricordate quel regalo preso da Stroili? Se non ricordate leggete la prima parte, prendo il regalo quindi e me lo caccio in tasca (ecco perché ho messo il giubbino), pedalo fino al locale di lap dance. Non ne posso più, devo capire qualcosa di questa donna, parlarci, o la va o la spacca si dice in questi casi, l’importante (dico io) è andare oltre la porta d’ingresso del lap dance, guardarsi intorno e…e veder arrivare verso di me una ragazza con gli occhiali e i capelli lunghi. “Ciao”, “scusa ma cerco una tua collega”, “se mi dici chi è posso aiutarti”, “Debora”, “Non c’è”. Sospiro ridendo quasi per non piangere, “come non c’è, è partita?”, “Sì, è andata in Romania”, “oh mamma…scusa tu non c’entri niente, è che…a proposito mi chiamo Davide”, “piacere Luana”, “di dove sei?”, “rumena”… Mi siedo con Luana raccontandole di Debora, del regalo mai dato, del telefono che non ho voluto comprare, raccontandole di Eva e di come abbia pianto per Debora. Luana dice che è bella questa mia sensibilità, è bello che io abbia preso un regalo, poi mi chiede cosa vogliamo fare visto che il tempo del primo drink è scaduto, chiedo di fare se le va di fare dieci minuti di prive (ormai sono qui, mi servirà a calmarmi). “Certo che mi va” sorride, e appena entriamo mi rendo conto che dieci minuti non basteranno. Luana è dolcissima, ma è anche una furia della natura, ha due tette meravigliose, mi tocca il pacco (lasciando chiusa la lampo dei pantaloni) con le mani e con i piedi, mi soffia nell’orecchio. “Non mi sembri così innamorato” scherza accorgendosi della mia erezione, andiamo avanti così per un bel po’ perché poi decido per altri dieci minuti…poi arriva il momento di salutarsi, io esco dal locale con il regalo in tasca, Debora tornerà, mi dicono alla cassa, fra un mese o poco più, dopo Ferragosto.

Ecco, in teoria siamo alla fine, non ho altro da raccontarvi…ma ho qualcosa da chiedervi: come devo far continuare la storia? Non il racconto ma la storia vera, cioè secondo voi cosa devo fare adesso? Ho conosciuto Debora a metà gennaio, sono tornato da lei a febbraio, mi ha dato il suo numero dopo tre giorni mi ha chiesto aiuto per comprare un telefono e ho risposto furioso, poi l’ho richiamata poi lei è partita, l’ho rivista le ho parlato al telefono per pochi minuti, lei era malata (così ha detto e credo sia vero) e ho accettato di farle una ricarica di 10 Euro, poi lei è ripartita…cosa devo fare quando torna, dirle di Eva (cfr. prima parte del racconto) così capisce perché mi ero arrabbiato del telefono, tornare al locale con il regalo, dirle “quanto vuoi per bere un caffè fuori di qui”, cancellare per sempre il suo numero di telefono dalla rubrica e (provare a) dimenticarla, semplicemente tornare al locale per bere un drink, fare un prive e dire “allora ti chiamo nei prossimi giorni” e poi chiamarla? Se vi va scrivetemi, accetto consigli, intanto spero abbiate gradito, o che non vi abbia deluso troppo, questo racconto che è quasi una confidenza, nato come sfogo e continuato come forma di scrittura, come testimonianza di vita…non sono perfetto ma ogni giorno, come posso, provo a vivere nel modo migliore, e Debora fa parte del tempo che vorrei provare a vivere anche nei prossimi mesi.

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