La prima, calda estate di Mirko (II) – Le origini della mania

La prima, calda estate di Mirko (II) – Le origini della mania

— riprende dalla prima parte —

Ripensando a quanto appena accaduto, stavo chiedendomi i motivi di questa.. caduta di stile… se così si può dire. Dopotutto a quasi diciott’anni è normale “intrattenersi” in questo modo, ma non avrei mai pensato di poter mettere mamma al centro di una tale fantasia.

Non ho ancora mai avuto una ragazza, non conosco il sesso vero e proprio, al massimo mi è capitato di baciare un’amica. C’è scappata anche una palpatina, del tutto insoddisfacente vista la scarsa massa all’interno della sua maglietta. Grazie al porno conoscevo abbastanza bene l’anatomia femminile ed avevo una mezza idea di come si facesse sesso… anche se fino ad ora lo avevo solo visto fare dallo schermo.

Quello che non riuscivo a spiegarmi, tornai a pensare, è perchè abbia reagito in quel modo verso mia madre, quella curiosità morbosa e quelle sensazioni così forti, mai provate prima. Dopotutto sapevo che mia madre è una bella donna, non c’era bisogno che me lo facessero notare altri, ma provare certe emozioni nei suoi confronti era una cosa proibita… che fosse proprio questo ad eccitarmi ?

Poi un lampo mi trafisse il cervello, come a scardinare serrature emotive al di là delle quali erano chiusi segreti inviolabili e dimenticati.

Bastò un istante….e la mia mente rievocò una serie di episodi che avevo sepolto, accompagnati dalle strane sensazioni di allora:

una mattina di scuola come tante altre, a scuola. E’ passato molto tempo, in relazione alla mia età, i ricordi sono sfocati ma lentamente stanno riprendendo colore e definizione.

Un argomento non precisato, una discussione tra compagni: si parlava delle compagne di classe carine. Poi uno di loro, non ricordo chi, se ne uscì dicendo che una delle sue amiche aveva la “mamma bona”. Altri due, che evidentemente la conoscevano, annuirono. Ad un tratto il mio migliore amico dell’epoca si intromise nel discorso e disse: “Anche la mamma di Mirko è bona”.

Io faticai a comprendere il senso di quelle parole e rimasi di stucco. Due o tre compagni si voltarono verso di me e mi chiesero conferma. “Mirko davvero tua madre è bona?” Io non sapevo che cosa rispondere, quasi frastornato. Me ne uscì con un banalissimo: “Non lo so, è … normale.” Il mio amico Andrea rincarò la dose. “Sì, sì è bona, ve lo dico io.”

Altri ricordi, adesso, mi portano nel salotto di casa mia. E’ estate e ci siamo io, Andrea e mia madre. Lei è occupata nel suo hobby del momento, intrecciare fili con uno spillone uncinato ricamando una qualche figura sulla telaida bianca. Il mio amico era appena arrivato e lo invitai in camera mia per giocare ai videogiochi. Dapprima prese inspiegabilmente tempo, poi mi chiese di prendere un gioco di società, avremmo giocato lì in salotto.

Trovai la cosa stranissima; conoscevo Andrea praticamente da sempre e lui odiava visceralmente i giochi da tavolo, soprattutto con quelle giornate di sole.

Scelsi con fatica un gioco che si potesse fare in due e tornai in salotto. Preparammo la partita e cominciammo a giocare, ma notai come lui fosse perennemente distratto.

E poi capii.

Le mie giovani sinapsi avevano fatto due più due, ricollegando la sua distrazione con quanto successo quella mattina a scuola. Mi voltai e mi focalizzai su quello che lo distraeva così tanto.

Mia madre era seduta sul divano poggiando il sedere all’inizio della seduta; indossava un vestito bianco e leggero ed aveva le gambe leggermente divaricate, i gomiti poggiati sulle ginocchia, mani intente a sferruzzare.

Niente di particolare, forse aveva notato come non indossasse il reggiseno, lei solitamente evitava di metterlo dopo una mattinata passata in spiaggia ed una doccia, ma non mi sembrava un motivo tanto importate da destare tutto questo interesse.

E poi me ne accorsi… ed un brivido di vergogna misto a risentimento mi pervase.

Davanti al divano era da sempre sistemato un basso tavolino, completamente di vetro. Anche dal mio punto di vista il tavolino rifletteva molto chiaramente quello che mamma nascondeva sotto il vestito. Si vedeva benissimo l’immagine specchiata delle sue cosce terminare all’interno di un paio slip chiari. Le sue mutandine erano bianche, ma la parte centrale traspariva in modo evidente il colore più scuro del suo… pelo, rendendo il colore di quel leggerissimo strato di cotone di un delicato grigio.

Lo sguardo di Andrea era perennemente incollato alle mutandine di mia madre, inconsapevole di tutto. Il mio amico cercò di dissimulare l’interesse fino a quel momento, ma quando capì di essere stato scoperto, mi fece un cenno d’intesa. Io mi sentì indispettito ed offeso e nell’intento di proteggere l’intimità violata di mamma mi spostai per potergli coprire il campo visivo, lui non si diede per vinto e si spostò a sua volta per poter continuare a guardare. Sarebbe stato inutile proseguire a contrastarlo, lo lasciai guardare finchè potè, macerandomi di rabbia.

D’un tratto scese dalla sedia e di diresse verso la mia cameretta, facendomi cenno di seguirlo. Una voltà dentro diede una rapida occhiata al corridoio, per accertarsi che non ci fosse nessuno.

“Oh ma l’hai vista tua mamma ?”, disse sussurrando, la sua voce tradiva un forte trasporto emotivo, “…gli si vede la passera.”

Tralasciai il suo errore nel pronome personale, non ero proprio in vena in quel momento e non seppi far altro che sbottare.

“humpf”.

Lo vedevo toccarsi continuamente tra le gambe, quasi ci fosse qualcosa che lo mordesse, e si muoveva come quando hai le mutande di traverso e cerchi di sistemarle. Guardò di nuovo verso il corridoio e si spostò di un paio di metri dalla luce della porta. Poi fece un gesto che mi colse di sorpresa.

Infilò entrambi i pollici all’interno dell’elastico dei suoi calzoncini ed in un colpo solo si abbassò questi ultimi assieme alle mutande. Ne fuoriuscì un cazzetto di dodici centimetri piuttosto esile. Il gesto mi colpì.

Il suo pene era dritto e proteso in avanti, la pelle della punta ritratta lasciava uscire una cappella rosa. Rimase così per qualche attimo, tenendo gli elastici abbassati e inarcando il bacino in avanti come ad amplificare la sua giovane erezione. Io distolsi lo sguardo più volte dalla sua zona nuda.

“Andrea ma che fai ?” chiesi io,

“Dai..”, fece lui “… fallo pure tu.“

“Io cosa ?” chiesi pur avendo già capito che cosa intendesse.

“Tiralo fuori pure tu, dai.”

Io ovviamente risposi di no e gli diedi pure dello scemo. Ah sì… anche del frocio.

Lui insistette: “Dai.. mica sono frocio, scommetto che non lo tiri fuori perchè ce l’hai moscio.”

Andrea non brillava per intelligenza, ma era molto sveglio e quando voleva… sapeva colpire nel punto giusto. Stuzzicato nell’orgoglio decisi di raccogliere la sfida e lo tirai fuori anche io, ed in quella cameretta c’erano due giovani peni eretti in competizione. Fui contento di averlo smentito, visto che il mio non era affatto moscio come lui si aspettava. I due piselli avevano piu o meno le stesse dimensioni, il suo perfettamente dritto mentre il mio mostrava già la peculiare curva verso sinistra, cosa che lo contraddistingue anche oggi.

Non fu una cattiva idea, dopotutto. Il senso di freschezza che sentivo alle parti basse, il senso di libertà, l’ebbrezza di vivere assieme un momento segreto ed eccitante.

Non c’era niente che ci attraeva l’un l’altro, niente di “frocioso”. Fu semplicemente la condivisione di una delle nostre prime pulsioni erotiche di un certo livello.

Li ricoprimmo e li estraemmo più volte, nel terrore che la mamma ci potesse sorprendere. E nei brevi momenti in cui erano fuori, ci divertivamo ad ancheggiare per farli dondolare, o facevamo a gara a chi ce l’avesse più lungo. In quel momento potevamo parlare di qualsiasi cosa , mi sentivo come un libro aperto e mi aspettavo da lui lo stesso.

Per cui decisi di parlargli di quello che mi tormentava da un po’.

“Andry, ma perchè hai detto che mia madre è bona ?”, gli chiesi d’un tratto.

“Perchè è vero, tua madre è proprio bona”, rispose lui.

Io la pensavo diversamente, non mi faceva nessun effetto.

“E ma ci credo”, disse Andrea “A te non ti dice niente perchè è tua madre, invece a me tua madre mi piace, guarda qui!”

Tornò a mostrare il suo pisello eccitato a conferma di quanto appena detto, lasciandomi intendere che la sua erezione fosse proprio causata dalla mamma e dalle sue mutandine in vetrina.

Poi aggiunse “Tua mamma di faccia.. è bella, di corpo…pure di più. Soprattutto le pocce, hai visto che pocce che c’ha?”. Ovviamente le avevo notate, ma le avevo sempre guardate in maniera differente da come lo faceva lui.

Tornò a darmi di nuovo fastidio il fatto che violasse il “campo di forza” che proteggeva mia madre dagli argomenti di natura sessuale, anche se continuavo a non spiegarmi perchè anche io avessi il pisello di marmo.

Decisi di ribattere sullo stesso piano.

“Pure a me piace un po’ tua madre”, e poi rafforzai la mia tesi: “l’altra volta a casa tua che abbiamo studiato storia, non hai visto che aveva la gonna tutta sbottonata?” Lui fece un cenno di diniego, abbastanza disinteressato. “Sì, si vedevano le coscie quasi fino alle mutandine, c’aveva le calze nere”. Il racconto corrispondeva a verità, anche se lo avevo un po’ amplificato per mettermi alla pari con lui.

La cosa non funzionò.

“Ma dai, ma mia madre è ciccia”. Che fosse stata un po’ rotondetta era vero, ma a me comunque piaceva. O meglio aveva cominciato a piacermi dopo quell’episodio.

“Oh ma a te..” Andrea chiuse il mio argomento aprendone uno nuovo “… tua madre te l’ha mai toccato?”

Il dialogo salì di livello e la cosa mi trovò complice.

“Toccato cosa? Il pisello? Sicuro, tutte le volte che mi ha fatto il bagno da piccolo.”

Risposi io, sapendo già che non era quello che voleva sentirsi rispondere.

“Ma no, scemo. Intendo adesso, da grande”. Sì, all’epoca ci sentivamo grandi.

Negai. Lui negò a sua volta. E pensai che, dopotutto, fosse una cosa normale.

Andrea continuò con le sue cose sconce: “A me piacerebbe un sacco se tua madre me lo toccasse. Te ti arrabbieresti ?”

Ed io: “ Humm… “, cercai di trovare una risposta sensata in quei brevi attimi, ma provai delle sensazioni contrastanti. Immaginai mia madre toccarlo nella zona intima, e viste le mie limitate conoscenze dell’argomento dell’epoca, lo figurai in maniera piuttosto asettica e distaccata.

L’eccitazione del momento mi fece trovare la cosa interessante, ma al tempo stesso non volevo che Andrea esagerasse nei confronti di mamma.

Decisi di essere sincero. “… Andry non lo so.”

Lui rincarò la dose: “Eddai, se me lo tocca siamo sempre amici ?”.

Io annuì, non troppo convinto, l’amicizia era una cosa sacra e niente avrebbe potuto intaccarla.

Lo vidi abbassarsi di nuovo le mutande e darsi un forte pizzico con le dita qualche centimetro a destra del pisello.

“Ahia .. cazzo!!” Soffrì sottovoce. Se lo diede davvero forte perchè la zona rimase molto arrossata e lasciò due brutti segni fatti le unghie.

“Ma che cacchio fai?” chiesi io stupefatto.

Andra si controllò la zona accertandosi che fosse rimasto almeno un segnetto sulla pelle e si ricoprì. Poi uscì rapidamente dalla stanza.

“Manuelaaaa…. “ Andreà chiamò mia madre ad alta voce, mentre percorreva il corridoio verso il salotto.

Io lo seguì a qualche passo di distanza.

“Manuela… “ disse Andrea con tono spaventato. “… mi ha punto qualcosa, mi sa un ape o una vespa, non lo so…”.

Il mio amico ebbe subito tutta l’attenzione di mamma. Lei era ancora seduta nell’identica posizione di prima, ma appena fu allarmata dai lamenti di Andrea poggiò le sue pezze e fece cenno al ragazzino di avvicinarsi. Finalmente si accese una lampadina nel mio cercello e tutto mi fu più chiaro.

“Che stronzo!” pensai.

Mamma lo chiamò a se: “Vieni qui, fa vedere.. dove ti ha punto ?” emettendo un sospiro a metà tra il fastidio e la preoccupazione.

“Qui, sotto la pancia.. Ahioo”. Piagnucolò, avvicinandosi a lei.

La mamma gli fece posto tra le sue ginocchia, ancora un po’ divaricate. Dalla sua posizione seduta era all’altezza ideale per controllare la zona del misfatto.
Andrea scostò l’elastico di pochissimo, emettendo qualche altro fasullo lamento di dolore.

La mamma controllò meglio, senza toccare niente. Avvicinò lo sguardo alla presunta zona dolorante e chiese:

“Avete visto che cosa ti ha punto ? Non credo sia un ape, ci sarebbe rimasto il pungiglione, forse… “.

Andrea, ancora lamentoso, rispose di no. La mamma guardò anche me in attesa di un cenno.

Negai anche io.

Manuela scostò Andrea per potersi alzare. Si diresse in bagno a passo sostenuto.
Approfittai della sua assenza per rivolgermi sommessamente al mio amico:

“Andry, ma si può sapere che combini ?”.

Lui smise di recitare per un attimo, mi fece l’occhiolino e liberò di nuovo il suo pisello eretto dalla guisa delle mutande. Lo espose solo un attimo, prima di rimetterlo a cuccia, ma fu un gesto inequivocabile. Si portò l’indice alla bocca, esortandomi di stare zitto, quantomeno.

Mamma riapparve quasi subito, aveva portato con se la confezione del cotone e la bottiglietta verde del disinfettante, quello che non avrebbe bruciato. Si sedette nuovamente sul bordo del divano, protesa verso il mio amico attore, e lo fece di nuovo avvicinare. Mi avvicinai anche io, volevo guardare.

“Andrea tira un po’ giù, qui.” chiese la mamma.

Il mio amico denudò di nuovo la zona arrossata, allontanando gli elastici dei suoi indumenti verso l’esterno, in questo modo aveva sì scoperto la finta puntura, ma era chiaramente visibile una parte del suo cazzo indurito, ripiegato però dentro i vestiti ancora a posto.

Io me ne accorsi chiaramente, ma la mamma non lo vide ancora, intenta ad aprire la bottiglietta e rovesciare qualche goccia verde sul batuffolo. Cercai lo sguardo di Andrea, e lo vidi attratto da ben altro.

Da quella posizione sopraelevata aveva una visuale in pole position sulla scollatura sul petto di mamma, e visto che sapevamo già non portasse il reggiseno, capì presto che sarebbe stato difficile distrarlo.

Una volta pronto il batuffolo, mia madre cercò di applicarlo ma desistette subito perchè con gli abiti di Andrea scostati in quel modo non era possibile riuscirci.

“No Andrea così non ce la faccio, tira un po’ più giù… ti vergogni tesoro ?”, chiese lei con dolcezza.

Andrea non aspettava altro, e lasciando inalterata la distanza degli indumenti, lì abbassò ancora di qualche centimetro.

“Un po’ sì ..” mentì spudoratamente Andry.

La zona adesso era più libera ed accessibile, ma assieme a quella scoprì anche buona parte del suo pisello duro, oramai visibile per una buona metà.

Mamma non poteva non averlo notato, ma probabilmente non la colpì, visto che con delicatezza cominciò a strofinare il batuffolo sulla parte arrossata. Andrea fece un piccolo sussulto, forse per il tocco freddo dell’alcol sulla pelle.

Immagino che sia stato davvero bene in quel momento, le mani di mamma erano a pochissimi centimetri dal suo cazzetto voglioso ed eccitato e mentre lei si prendeva cura della sua finta situazione, poteva annegare lo sguardo nelle sue voluminose mammelle seminude.

Qualche secondo di massaggio, poi la mamma chiese preoccupata:

“Andry, sei allergico alle punture d’insetto ? Sei mai stato punto prima ?”.

Il mio amico apparve distratto, distogliendo lo sguardo dalle sue “pocce” non appena capì che lei lo avrebbe guardato in faccia. Unendo le ultime due cellule cerebrali non impegnate a spogliare mia madre, rispose con un laconico: “Non so”.

Conoscevo mia madre e sapevo che non avrebbe voluto correre nemmeno il minimo rischio, se avesse potuto. Per cui non mi sorprese quando mi chiese di recuperare la pomata:

“Nell’armadietto c’è una scatolina con la pomata, c’è scritto “bepantenol”, la vai a prendere per favore ?”. Sapevo anche che sarebbe stato completamente inutile protestare, per cui mi catapultai in bagno e cercai nervosamente tra le scatoline colorate.

Non mi sarei perso nemmeno un secondo dell’oscuro piano.

Dovevo ammettere che era stato furbo come una volpe ed aveva avuto un bel coraggio. Una parte di me sapeva che era tutto sbagliato, che stava trattando la mia mamma come una di quelle donne da “giornalino porno” e la stava mettendo in mezzo ad una sua fantasia erotica, approfittando della sua amorevolezza…. Ed io ne ero totalmente complice. Un’altra parte di me però stava facendo il tifo per lui, aveva annullato la figura di mamma in quanto tale e vi aveva sovrapposto la “mamma bona” che Andrea voleva che vedessi.

Trovai la pomata quasi subito.

Loro erano nell’identica posizione di quando li avevo lasciati, fortunatamente non mi persi nulla.

Passai la pomata avvicinandomi a mia madre e non appena lei prese il tubetto per aprirlo, ebbi finalmente il coraggio e l’opportunità di sporgermi sopra di lei, per dare anche io un’occhiata all’interno della scollatura.

Vidi le sue mammelle morbide e libere che si stringevano l’una con l’altra, accomodate all’interno del vestito. Il colore della pelle abbronzata del petto si schiariva in direzione delle areole scure, circondate da una zona di pelle candida come il latte. Qua e là qualche banda di colore diverso, segno di diversi costumi da bagno. La scollatura permetteva di scorgere gran parte di quelle perfette sfere, ma non così tanto come mi ero immaginato.

Rimasi un po’ deluso e mi ritrassi subito, terrorizzato dall’idea che mi avesse visto sbirciare.

Andrea si teneva ancora gli elastici di calzoncini e mutande in quel modo equivoco, senza tornare indietro di un centimetro. La mamma strinse delicatamente il tubetto facendo uscire sull’indice una pallina di pomata grande un cece, lucida e dall’odore subito pungente.

Dovendo applicarla con la mano opposta trovò spazio con difficoltà e mentre con l’indice roteava con dolcezza sopra la zona dolente, il resto delle dita invadevano la zona centrale del pube del mio amico.

Non potevo averne la certezza assoluta ma avrei giurato che il mignolo ripiegato di mamma fosse a contatto con la base del suo cazzo.

Ne fui sicuro quando lei cercò più volte di cambiare posizione, cercando di evitare nuovamente quell’imbarazzante contatto. Il polso ed il gomito di mamma provarono diverse combinazioni per poter spargere la pomata senza doversi avvicinare troppo alla rigida stecca di Andrea.

La pasta si seccò presto, e mamma prese di nuovo il tubetto della pomata applicando nuovamente un po’ di unguento sulle sue dita umide. A quel punto notai Andrea, che teneva entrambe le mani sui fianchi, spostare quasi impercettibilmente quella sinistra, agganciando la parte posteriore dei suoi vestiti. Aveva preso ancora coraggio, l’avrebbe fatto.

Lentamente cominciò ad abbassarsi il retro di calzoncini e mutande, dal lato dove ancora davanti era coperto. Un millimetro per volta, la tensione degli elastici aumentò progressivamente senza che davanti si notasse nulla.

La mamma poggiò nuovamente le due dita sulla pelle già unta di Andrea.

Lui continuava ad esercitare una lenta e costante pressione sull’elastico, abbassandolo segretamente fino quasi a scoprire metà della sua candida natica.

E poi, fu un attimo. La corda fu tesa tanto da raggiungere il punto di non ritorno.

L’elastico, carico di energia, si schiantò con forza a lato della coscia emettendo un sordo schiocco. Il rigido pisello del mio amico, oramai libero da ogni intralcio, saltò fuori di scatto e potè mostrarsi in tutta la sua fiera eccitazione, erigendosi nudo e fiero a pochi centimentri dal volto di mamma.

Lei ebbe un rapido sussulto ed allontanò il volto di qualche centimetro, spalancò gli occhi e soppresse malamente una tenera espressione imbarazzata, sorpresa e divertita.

“Ma.. Andry… !?” protestò lei con un sorridente disappunto, riprendendo a massaggiare la pomata dopo essersi fermata per un istante.

Mamma lo guardò dal basso all’alto ed aveva ancora dipinta in volto una tenera espressione di ammonimento, mimando poi uno scoraggiato diniego col capo.

Andrea balbettò una scusa quasi incomprensibile, evidentemente intimorito dalla situazione in cui si era cacciato e spaventato dalla possibile reazione di mamma.

Ma ancora una volta ebbe il gran coraggio ed il sangue freddo di non fare nulla per sistemare le cose. Rimase lì, immobile. Il suo cazzo al massimo della dimensione possibile sembrava respirare assieme a lui, la pelle della cappella completamente rannicchiata dietro la cornice.

In quel lungo attimo di silenzio ci aspettammo entrambi che la cosa sarebbe terminata con una sculacciata, una brutta gridata, oppure semplicemente terminata e basta.

Nonostante l’imbarazzo del momento, la mamma continuò il massaggio come se nulla fosse accaduto.

La prossimità del sesso di Andrea al suo viso non sembrava turbarla. Le dita unte di mamma continuavano a roteare su quei due centimetri di pelle sul pube, ma ora il suo massaggio trasmetteva energia cinetica al pisello del mio amico, generando un lieve movimento ondulatorio della sua punta, destra.. sinistra… destra.

Dal mio punto di vista leggermente defilato, la prospettiva giocò un brutto scherzo. Parte del “coso” di Andrea spariva dietro il viso di mamma, come se questo fosse a contatto con le sue guance.

Era soltanto un’illusione ottica, ma la sensazione di aver visto quel che non era, non passò.

In quell’attimo qualcosa si insinuò nella mia mente e fortemente desiderai anche io denudarmi davanti a lei. Avrei dato qualunque cosa possedessi per avere il coraggio di tirarlo fuori contro il suo viso come aveva fatto Andrea e metterla al centro della nostre impacciate pulsioni amorose.

“Guarda mamma”, fantasticai, “anche io sono eccitato, guarda com’è lungo.” E fiero del suo compiacimento la immaginai cominciare a massaggiare anche me, riempiendomi di complimenti.

Mi risvegliai presto dall’incanto, rammaricandomi di non avere la faccia tosta (e non solo quella) di Andrea.

Tutto durò solo qualche secondo, perchè mamma smise di massaggiarlo e si scostò, gli diede un leggero colpetto al lato della coscia e prendendolo un po’ in giro disse:
“Dai.. apposto.. chiudiamo tutto qui davanti… “

Mamma prese con delicatezza i bordi dei vestiti accostati sotto il sesso del mio amico e li tirò a se per allargarli. Li sollevò superando la cuspide del suo attrezzo e li rilasciò con attenzione, accertandosi che questi non lo schiacciassero frontalmente, lasciando invece che si piegasse dalla stessa parte da cui era schizzato fuori.

“Ecco qua.. dai che adesso telefono a tua madre e la avviso.”

Andrea rimase ancora qualche attimo a godersi il momento, poi si ricompose e non appena realizzò che sua madre sarebbe stata informata di pizzico, pomate e massaggi, cercò di opporsi:

“Ma no… non c’è bisogno di chiamare mamma, mi è passato. Grazie.”, minimizzò Andrea.

“Sicuro, tesoro ? Tutto a posto ?” insistette mia madre.

Andrea annuì, dirigendosi di nuovo in cameretta. Io lo seguì come un cagnolino, e non appena fummo di nuovo soli, mi colpì giocosamente con una gomitata e mi guardò con aria soddisfatta.

“Visto.. me l’ha toccato!” si vantò.

“Non è vero non te l’ha proprio toccato”. Cercai di sminuire la cosa, sapendo di mentire.

“Sì che l’ha toccato, te non hai visto bene… e secondo me l’ha pure fatto apposta! E poi se anche così non fosse.. gliel’ho praticamente sbattuto in faccia“.

Andrea non addolcì certo la pillola, ma non potevo certo negare quanto avesse detto.

Gliel’aveva sbattuto in faccia veramente.

Io ero rosso di rabbia, ma non ero offeso o imbarazzato.

La mia era tutta invidia.

Invidia del suo coraggio e della sua avventura con mamma.

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